Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30842 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30842 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7011 -20 22 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME rappresentata e difesa per procura speciale in atti dall’avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL);
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
Oggetto: cartella di pagamento – notifica
avverso la sentenza n. 5715/10/2021 della Commissione tributaria regionale del LAZIO, depositata in data 14/12/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 7 novembre 2024 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
L a controversia ha ad oggetto l’impugnazione di alcune cartelle di pagamento per IRAP, IRPEF ed IVA relativi ai periodi dal 2007 al 2010, che la società contribuente sosteneva non esserle mai stata regolarmente notificate e di cui era venuta a conoscenza tramite un estratto di ruolo rilasciato le dall’agente della riscossione , la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) del Lazio, con la sentenza impugnata, pur ritenendo ammissibile l’impugnazione dell’estratto di ruolo, accoglieva l’appello dell’Agenzia delle entrate -Riscossione, sostenendo la regolarità della notifica delle cartelle effettuate una a mezzo pec da indirizzo inequivocabilmente riferibile all’agente della riscossione e le altre direttamente a mezzo raccomandata postale, con consegna al portiere e, quindi, senza necessità del successivo invio della raccomandata informativa.
Avverso tale statuizione la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui replica l’ intimata con controricorso. La ricorrente deposita memoria.
Considerato che:
Pare necessario premettere che la statuizione d’appello di rigetto del motivo di impugnazione con cui l’Agenzia delle entrate Riscossione aveva dedotto l’inammissibilità dell’impugnazione dell’estratto di ruolo, non è stata fatto oggetto di impugnazione incidentale, sicché sulla questione si è formato il giudicato interno intangibile.
1.1. Sempre in via preliminare, va evidenziato che l’atto di costituzione dell’Agenzia delle entrate Riscossione pur intestato
«controricorso con ricorso incidentale» integra solo un controricorso, restando assente ogni domanda in via incidentale sia nel corpo dell’atto che nelle sue conclusioni, per cui la detta indicazione costituisce mero refuso.
Con il primo motivo di ricorso viene dedott o l’«omess, insufficiente e contraddittori motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c. con riguardo all’art. 2948 com ma 4 c.p.c.». La ricorrente sostiene nel motivo che la CTR aveva omesso di pronunciarsi sull ‘eccezione di prescrizione del credito erariale per essere decorso il termine quinquennale, applicabile comunque alle sanzioni e agli interessi.
Il motivo è inammissibile, da un lato, per l’erronea deduzione del vizio di omessa pronuncia, quindi in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., come vizio logico di motivazione ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. contestualmente ed inscindibilmente alla violazione dell’art. 2498 cod. civ. ; dall’altro , per difetto di specificità non avendo la ricorrente trascritto il contenuto delle cartelle di pagamento, che neppure ha allegato al ricorso o ha localizzato negli atti di merito, onde consentire la verifica della violazione del principio affermato delle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 22281 del 14/07/2022 (Rv. 665273 – 01), secondo cui «la cartella di pagamento, allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il “quantum” del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata – con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati – attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 7 della l. n. 212 del 2000 e dall’art. 3 della l. n. 241 del 1990; se, invece, la cartella costituisce il primo atto riguardante la pretesa per interessi, al fine di soddisfare l’obbligo di motivazione essa deve indicare, oltre all’importo
monetario richiesto, la base normativa relativa agli interessi reclamati – la quale può anche essere implicitamente desunta dall’individuazione specifica della tipologia e della natura degli interessi oggetto della pretesa ovvero del tipo di tributo a cui questi accedono – e la decorrenza dalla quale gli accessori sono dovuti, senza che sia necessaria la specificazione dei singoli saggi periodicamente applicati o delle modalità di calcolo».
3.1. Pare, in ogni caso, opportuno precisare che la prescrizione dei tributi richiesti in pagamento (IRPEF, IRAP ed IVA) è decennale e non quinquennale, come erroneamente sostiene la ricorrente (cfr., ex multis , Cass. n. 12740 del 2020; Cass. n. 33213 del 2023).
Con il secondo motivo, con cui viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 26, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973 in relazione all’art. 139, comma 4 c.p.c., la ricorrente sostiene che la CTR era incorsa in errore nell’avere ritenuto non necessario l’invio della raccomandata informativa in caso di consegna al portiere della cartella di pagamento notificato direttamente a mezzo posta.
4.1. Premesso che nella specie la CTR ha espressamente accertato che la notifica di quattro delle cartelle di pagamento impugnate erano state notificate «direttamente dal Concessionario a mezzo posta» ai sensi dell’art. 26, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, il motivo è inammissibile ex art. 360 bis, n. 1, cod. proc. civ. in quanto il provvedimento impugnato ha deciso la questione di diritto in modo conforme agli ormai consolidati principi giurisprudenziali in materia (cfr. Cass. n. 16949 del 2014; Cass. n. 3254 e n. 12083 del 2016; Cass. n. 29022 del 2017; Cass. n. 802 e n. 28872 del 2018; Cass. n. 10037 del 2019; Cass. n. 20700 del 2020 , non massimata), con l’autorevole avallo della Corte costituzionale che con la sentenza n. 175 del 2018 ha dichiarato la conformità a Costituzione della citata disposizione, senza che,
peraltro, la ricorrente abbia dedotto elementi tali da far per pervenire ad un diverso orientamento.
E’ invece infondato il terzo motivo di ricorso con cui la ricorrente, deducendo ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione della legge n. 53 del 1994 e degli artt. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973 e 16-ter del d.l. n. 179 del 2012, convertito, sostiene l’inesist enza della notifica della cartella di pagamento effettuata a mezzo pec da indirizzo del destinatario non ricompreso nei pubblici registri, in formato ‘.pdf’ anziché ‘.p7m’.
5.1. I giudici di appello hanno, infatti, correttamente applicato il principio giurisprudenziale secondo cui «La natura sostanziale e non processuale della cartella di pagamento non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria, sicché il rinvio operato dall’art. 26, comma 5, del d.P.R. n. 602 del 1973 all’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 (in materia di notificazione dell’avviso di accertamento), il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile, comporta, in caso di irritualità della notificazione della cartella di pagamento, in ragione della avvenuta trasmissione di un file con estensione “pdf” anziché “.p7m”, l’applicazione dell’istituto della sanatoria del vizio dell’atto per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 c.p.c.» (Cass. n. 6417 del 2019; conf. Cass. n. 27561 del 2018; Cass., Sez. U., n. 23620 del 2018 e Cass. n. 7665 del 2016), con la precisazione che una tale irritualità della notificazione non dà luogo ad inesistenza della stessa, ma al più a nullità, ove non intervenga la predetta sanatoria (cfr. Cass., Sez. U., n. 23620 del 2018, citata).
Quanto alla censura formulata con riferimento alla circostanza che l’indirizzo pec utilizzato dal mittente per la notifica della cartella di pagamento non era ricompreso nei pubblici registri, si è affermato che «In tema di notificazione a mezzo PEC della cartella esattoriale,
da parte dell’agente della riscossione, l’estraneità dell’indirizzo del mittente dal registro INI-Pec non inficia “ex se” la presunzione di riferibilità della notifica al soggetto da cui essa risulta provenire, testualmente ricavabile dall’indirizzo del mittente, occorrendo invece che la parte contribuente evidenzi quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa siano dipesi dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento da un indirizzo diverso da quello telematico presente in tale registro» (Cass. n. 18684 del 2023). Pregiudizi nella specie neppure adombrati.
Con il quarto motivo di ricorso viene dedotto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ. per essere infondata la condanna alle spese processuali inflitta con la sentenza impugnata.
7.1. Il motivo resta, all’evidenza, assorbito.
In estrema sintesi il primo, secondo e terzo motivo di ricorso vanno rigettati, assorbito il quarto, e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il primo, secondo e terzo motivo di ricorso, assorbito il quarto. Condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese processuali che liquida in euro 4.300,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 7 novembre 2024