Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 677 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 677 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/01/2025
Cartella di pagamentocontrollo automatizzatonotifica-comunicazione irregolarità
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1074/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dal l’Avv . NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato,
-controricorrente –
AGENZIA DELLE ENTRATE-RISCOSSIONE
-intimata –
avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA, n. 2329/2018, depositata il 22/05/2018;
Nonché sul ricorso iscritto al n. 17294/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE e AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, rappresentate e difese dall’Avvocatura generale dello Stato,
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA, n. 5257/2018, depositata il 29/11/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12
dicembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Stimind RAGIONE_SOCIALE di COGNOME, con un primo ricorso (RG. 1074 del 2019), impugna nei confronti dell’ Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, e della Agenzia delle Entrate-Riscossione, che non ha svolto attività difensiva, la prima sentenza di cui all’epigrafe (C.t.r. Lombardia n. 2329 del 2018). Con quest’ultima la C.t.r ha rigettato l’appello del la società avverso la sentenza della C.t.p. di Milano che, a propria volta, aveva rigettato il ricorso della stessa avverso due cartelle di pagamento (n.NUMERO_CARTA e n. NUMERO_CARTA) emesse per il recupero delle imposte (Iva ed altri tributi) dovute per l’ anno 2011, nonché avverso gli eventuali atti e ruoli prodromici alle stesse.
1.1. La C.t.r. – evidenziando che le cartelle impugnate erano state emesse ai sensi dell’art. 36 -bis d.P.R. n. 600 del 1973 a seguito di controllo automatizzato – rilevava che nessuna comunicazione di irregolarità o avviso bonario era dovuta e che la cartella costituiva il
primo atto con il quale il contribuente era messo a conoscenza della pretesa tributaria; che l’eccezione di nullità, inesistenza, illegittimità degli atti prodromici, stante anche quanto detto in ordine ai controlli automatizzati, era del tutto generica; che le cartelle erano state regolarmente notificate direttamente dal Concessionario per la riscossione a mezzo posta, ex art. 26, primo comma, d.P.R. n. 602 del 1973; che, trattandosi di cartelle emesse a seguito di controllo automatizzato, l’onere di motiv azione gravante sull’Ufficio era assolto mediante riferimento alla dichiarazione dei redditi della contribuente; che le stesse erano conformi al decreto ministeriale; che non rilevava la mancanza di sottoscrizione o di legittimazione del sottoscrittore, contando solo la loro riferibilità all’Ufficio.
La medesima società, con un secondo ricorso (RG. 17294 del 2019), impugna nei confronti dell’ Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, che resistono entrambe con controricorso, la seconda sentenza di cui all’epigrafe (C.t.r. Lombardia n. 5257 del 2018). Con quest’ultima la C.t.r ha rigettato l’appello della società avverso la sentenza della C.t.p. di Milano che, a propria volta, aveva rigettato il ricorso della stessa avverso l’intimazione di pagamento (n. 06820169023157436 dell’imp orto di euro 478.590,26) relativa a quattro cartelle di pagamento (e precisamente, oltre alle due di cui al primo ricorso, anche le cartelle n. NUMERO_CARTA e n. NUMERO_CARTA) emesse per il recupero delle imposte (Iva ed altri tributi) dovute per l’anno 2010 e 2011 e fondato sul presupposto che alcun atto prodromico fosse stato notificato.
2.1. La C.t.r. -disattesa l’eccezione preliminare di inammissibilità dell’appello e rigettato il motivo con il quale la contribuente censurava la sentenza di primo grado per omessa pronuncia -rilevava che l’intimazione di pagamento era stata tempestivamente impugnata, sicché l’eventuale nullità della notifica risultava sanata per
raggiungimento dello scopo; che le quattro cartelle erano state tutte notificate a mezzo pec il 6 dicembre 2013, il 17 giugno 2014, il 16 aprile 2015 e il 5 giugno 2015 e, comunque, che la società ne era venuta certamente a conoscenza avendo anche chiesto ed ottenuto una rateizzazione; che la notifica delle cartelle, emesse ai sensi dell’art. 36bis d.P.R. n. 600 del 1973, aveva interrotto la prescrizione (sia quella decennale rispetto ai tributi che quella quinquennale rispetto a sanzioni ed interessi); che, di conseguenza, alla data del 29 luglio 2016, di notificazione dell’intimazione , i termini non erano decorsi.
Con ordinanza interlocutoria n. 3049 del 2024, resa nel giudizio di cui al secondo ricorso, questa Corte, ravvisando connessione fra i due giudizi -pendenti fra le stesse parti, aventi ad oggetto l’impugnazione di atti in parte identici ed in parte correlati ad un’unica vicenda complessiva e postulanti il medesimo nucleo decisorio disponeva rinvio a nuovo ruolo per la riunione.
In vista della odierna udienza camerale il difensore della società, nel primo dei due giudizi, ha depositato memoria.
Considerato che:
Motivi di cui al ricorso n. 1074 del 2019.
1.1. Il primo motivo è così rubricato: «nullità della sentenza o del procedimento in relazione all’art. 360 n. 4) c.p.c. per omesso esame di motivi d’appello e carenza di motivazione – omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti in relazione all’ art. 360 n. 5) c.p.c .»
La società assume che «la sentenza impugnata risulta carente di motivazione e, comunque, illegittima per aver omesso di pronunciarsi su punti rilevanti al fine di dirimere la controversia»; aggiunge che nel ricorso introduttivo era stata eccepita l’inesistenza e/o nullità e/o annullabilità dell’intimazione di pagamento e di tutti gli atti prodromici , asseritamente notificati, per violazione degli artt. 36bis , 36ter , 43
d.P.R. n. 600 del 1973, dell ‘art. 26 d.P.R. n. 602 del 1973, degli artt. 54bis , 57 d.P.R. n. 633 del 1972; che, tuttavia, la C.t.p. adita non si era pronunciata sulla omessa notificazione degli atti prodromici all’intimazione di pagamento, in particol are delle cartelle di pagamento; sulla notifica delle cartelle effettuata direttamente da Equitalia; sulla mancanza del dettagliato conteggio di interessi e aliquote in violazione dell’art 7 legge 27 luglio 2000 n. 212; sulla decadenza dalla possibilità di emettere alcun ulteriore avviso di accertamento o di atti impositivi di qualsiasi genere stante il decorso della data di tutti i termini di prescrizione e di decadenza.
1.2. Il secondo motivo è così rubricato: «violazione e falsa applicazione degli articoli 26 dpr 602/73, 1335 e 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360 n. 3) c.p.c. -dell’inesistenza e/o nullità delle cartelle di pagamento, dei ruoli e delle iscrizioni a ruolo per omissione e/o inesistenza e/o nullità della notificazione delle cartelle di pagament o; dell’inesistenza e/o nullità e/o annullabilità delle cartelle di pagamento, dei ruoli e delle iscrizioni a ruolo per omissione e/o inesistenza e/o nullità della notificazione degli atti prodromici alle cartelle di pagamento – violazione e falsa applicazione degli articoli 22 e 23 d.lgs. 546/92 in relazione all’art. 360 n. 3) c.p.c. – mancato rilievo della decadenza per il tardivo deposito della documentazione».
La ricorrente ribadisce la «omessa notifica di tutti gli atti necessariamente prodromici» alle cartelle e la conseguente nullità di queste ultime, oltre che, a propria volta, per l’ omessa notifica anche di dette ultime. Fa riferimento, in proposito, alla omessa notifica dell’avviso bonario, dell a comunicazione di irregolarità, della comunicazione di riliquidazione. Aggiunge che l’Agenzia delle entrate aveva prodotto la documentazione «inerente il caso in esame» solo il 10 novembre 2015, dopo l’udienza 9 ottobre 2015 , incorrendo, pertanto, in decadenza.
1.3. Il terzo motivo è così rubricato: «3) violazione e falsa applicazione degli articoli 26 dpr 602/73, art. 12 comma 1 d.lgs 46/1999, art. 1 comma 1 lett. c) d.lgs 193/2001 e art. 38 comma 4 lett. b) d.l. 78/2010, art. 156 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3) c.p.c. – inesistenza e/o nullità delle cartelle di pagamento per omissione della relativa notifica e/o per inesistenza e/o nullita’ della notificazione medesima – violazione e falsa applicazione degli articoli 22 e 23 d.lgs. 546/92 in relazione all’art. 360 n. 3) c.p.c. mancato rilievo della decadenza per il tardivo deposito di documentazione»
La società censura la sentenza impugnata per aver ritenuto validamente notificate le due cartelle. Deduce che l’esattore non può provvedere direttamente alla notifica a mezzo posta in quanto non abilitato e che non può trovare applicazione l’istituto della sanatoria p er raggiungimento dello scopo previsto dall’art. 156 cod. proc. civ. per gli atti processuali.
1.4. Il quarto motivo è così rubricato «violazione e falsa applicazione dell’art 7 l 27.7.2000 n.212, art.5 comma 1 d.lgs. 472/97 in relazione all’art. 360 n. 3) c. p.c. – inesistenza e/o nullità e/o annullabilità dell’avviso di accerta mento – inesistenza e/o nullità delle cartelle di pagamento per mancanza del dettagliato conteggio di interessi e aliquote – nullità della sentenza o del procedimento in relazione all’art. 360 n. 4) c.p.c. per omesso esame di motivi d’appello e carenza di motivazione – omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 n. 5) c.p.c.»
La ricorrente rileva che «la sentenza impugnata risulta carente di motivazione e comunque illegittima per aver omesso di pronunciarsi su tale punto che è rilevante al fine di dirimere la controversia». Aggiunge che le cartelle di pagamento sono inesistenti e/o nulle per violazione dell’art. 7 comma 1 , legge n. 212 del 2000, non essendo stati indicati
i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’A mministrazione e non essendo indicato in modo dettagliato il conteggio degli interessi e le aliquote applicate alle varie annualità.
1.5. Il quinto motivo è così rubricato: «violazione e falsa applicazione dell’art. 42 comma 1 d.p.r. 600/73 e dell’art. 7 l. 212/00 in relazione all’art. 360 n. 3) c.p.c..inesistenza giuridica dell’atto impositivo per violazione ed eccesso di potere -carenza del potere dirigenziale del delegante o di chi ha sottoscritto l’av viso di accertamento, in mancanza della sua qualifica di dirigente».
La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che «quanto al difetto di legittimazione del sottoscrittore dell’atto impositivo, è sufficiente richiamare l’art. 42 DPR 600/1973 e le pronunce della Corte di Costituzionale n. 37 del 17.03.2015 e della Suprema Corte n. 220 del 2014. In definitiva ciò che conta per la validità dell’atto è la sua certa riferibilità all’Ufficio da cui promana ossia l’organo titolare del potere nel cui esercizio è stato adottato » .
Assume che «i soggetti che hanno sottoscritto o delegato la sottoscrizione degli atti prodromici alle cartelle di pagamento indicate nell’estratto di ruolo impugnato non sembrano essere dotati dei necessari poteri per sottoscrivere gli avvisi di accertamento e gli atti di contestazione, poiché semplicemente incaricati di funzioni dirigenziali e non dirigenti a seguito di concorso pubblico» ed aggiunge che « l’inesistenza dell’atto prodromico trascina con sé anche l’inesistenza della conseguente cartella esattoriale contenuta nell’estratto di ruolo oggi impugnato».
Motivi di cui al ricorso n. 17294 del 2019.
2.1. Il primo motivo è così rubricato: «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 26, comma I-bis, DPR 602/ 73 ai sensi dell’art. 360 c.p.c. n.3»
La società deduce che entrambi i giudici del merito non hanno sufficientemente valutato che la notifiche dell’intimazione di pagamento e delle precedenti cartelle, avvenute tutte a mezzo pec, non erano conformi a legge ed erano inesistenti, sia per violazione dell’art. 26, comma 1 -bis cit., sia per mancato raggiungimento dello scopo e per mancata prova. Osserva che nelle fasi di merito non erano stati prodotti documenti in originale dai quali desumere la conformità a legge del processo notificatorio. Aggiunge che la notifica a mezzo pec è esclusa per gli atti in contestazione. Deduce, ancora, che per la notifica della cartella di pagamento non può trovare applicazione la sanatoria per raggiungimento dello scopo, trattandosi di atto sostanziale e non procedurale la cui notificazione incide sulla fattispecie costituiva della cartella, sicché la notificazione inesistente rende l’atto affetto da nullità assoluta.
2.2. Il secondo motivo (§ 3) è così rubricato «sull’istanza di rateizzazione ed il presunto riconoscimento di debito».
Sul presupposto che la C.t.r. abbia ritenuto incompatibile con la proposizione del ricorso le pregresse istanze di rateizzazione, così riconoscendo il debito, osserva che queste non determinano il venir meno dell’interesse al ricorso né implicano riconoscimento del debito.
I due ricorsi vanno riuniti per le ragioni già esposte con l’ordinanza interlocutoria e richiamate nella parte espositiva di questa ordinanza.
Il primo motivo del ricorso 1074 del 2019 è inammissibile.
4.1. In base all’art. 366, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata; ciò comporta l’esatta individuazione del capo di pronuncia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente
le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione, restando estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza non riguardante il decisum della sentenza gravata. (Cass. 21/07/2020, n. 15517). Infatti, il diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale è esercitato in modo idoneo soltanto qualora i motivi si traducano in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere; di conseguenza, il motivo che non rispetti tale requisito deve considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un «non motivo», è espressamente sanzionata con l’inammissibilità (Cass. 20/10/2016, n. 21296).
Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa, condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 cod. proc. civ. (Cass. 14/05/2018, n. 11603).
Si è, altresì, precisato che l’esposizione cumulativa delle questioni non è consentita ove rimetta al giudice di legittimità il compito dì isolare le singole censure teoricamente proponibili; viceversa la formulazione del motivo deve permettere di cogliere con chiarezza le doglianze cumulate, sicché queste devono essere prospettate in maniera tale da consentirne l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo
si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi (Cass. 23/10/2018, n. 26790).
4.2. Il ricorso non risponde a questi principi.
Nel complesso le critiche articolate sono formulate sotto una molteplicità di profili tra loro confusi, inestricabilmente combinati, in violazione del principio di specificità e di chiarezza di cui all’art. 366 cod. proc. civ. (cfr. Cass. 04/02/2020, n. 2477). Si tratta, quindi, di censure non ontologicamente distinte dallo stesso ricorrente e, quindi, non autonomamente individuabili, senza un inammissibile intervento di selezione e ricostruzione del mezzo di impugnazione da parte di questa Corte (Cass. 13/06/2024, n. 16488).
Più precisamente, la ricorrente propone il primo mezzo facendo indistinto riferimento al vizio della sentenza per errores in procedendo e per omesso esame di fatti decisivi, senza distinguere quale parte della motivazione sia viziata sotto l’uno o l’altro profilo; fa riferimento in via alternativa all’omessa pronuncia, all’omessa motivazione vizi già di per sé incompatibili tra di loro -all’omesso esame di fatti, nemmeno articolati; propone un vizio di omesso esami di fatti storici nonostante la preclusione derivante dalla c.d. doppia conforme; fa riferimento ai vizi di un’ intimazione di pagamento che non è oggetto del giudizio (essendo oggetto, invece, del secondo ricorso); censura la statuizioni rese dal giudice di primo grado e, dunque, omettendo di confrontarsi con quanto statuito dal giudice di secondo grado con la sentenza oggetto di impugnazione.
Il secondo motivo del ricorso n. 1074 del 2019 è anch’esso inammissibile, restando assorbito il quinto.
5.1. Quanto alla dedotta omessa notifica degli atti prodromici alle cartelle di pagamento, la ricorrente non si confronta con la sentenza impugnata. Questa, dopo aver rilevato che le cartelle erano state emesse ai sensi dell’art. 36 -bis d.P.R. n. 600 del 1973, e non sussisteva
alcuna incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione, ha precisato che non occorreva né la notifica dell’avviso bonario né la comunicazione di irregolarità e, per altro verso, quanto ad ulteriori atti prodromici, che il motivo era del tutto generico.
Tale assunto è conforme alla costante giurisprudenza della Corte secondo la quale la notifica della cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato è legittima anche se non preceduta dalla comunicazione del c.d. avviso bonario ex art. 36bis , comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973, nel caso in cui non vengano riscontrate irregolarità nella dichiarazione. Il contraddittorio endoprocedimentale, poi, non è invariabilmente imposto dall’art. 6, comma 5, legge n. 212 del 2000 che, infatti, lo prevede soltanto quando sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione; situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti al citato art. 36bis cit., che implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo (Cass. 17/12/2019, n. 33344) Si è aggiunto che in tale ipotesi non è dovuta comunicazione di irregolarità , né, in ogni caso, dall’ omissione di detta comunicazione può derivare la non debenza o la riduzione delle sanzioni e degli interessi di cui all’art. 2, comma 2, d.lgs. n. 462 del 1997 (Cass. 30/06/2021, n. 18405).
5.2. Resta di conseguenza, assorbita, la censura relativa all’inammissibilità della documentazione prodotta dall’Ufficio . Per altro, la ricorrente, nel corpo del secondo motivo, nemmeno indica quale sia la documentazione «inerente al caso in esame», come si legge testualmente in ricorso, ed assume la tardività della produzione in primo grado senza nemmeno allegare di aver proposto il motivo in appello.
5.3. Resta pure assorbito il quinto motivo con il quale si denunciano presunti vizi degli atti prodromici.
Il terzo motivo del ricorso n. 1074 del 2019 (ed anche il secondo motivo nella parte sovrapponibile relativa alla dedotta notifica delle cartelle) è infondato.
6.1. La società assume il vizio della notifica delle due cartelle perché avvenuta a mezzo posta direttamente da parte dell’Agente della Riscossione e l’inapplicabilità sia alle cartelle che all’intimazione del principio di sanatoria della nullità per raggiungimento dello scopo.
6.2. In primo luogo va chiarito che il vizio denunciato, astrattamente valutato, non sarebbe idoneo a determinare l’inesistenza della notifica, ma, eventualmente, la sola nullità.
Questa Corte, a Sezioni Unite, ha chiarito, infatti, che l’inesistenza della notificazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege , eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa (Cass. Sez. U 20/07/2016, n. 14916).
Va rammentato, inoltre, che Ai sensi dell’art. 26, comma 1, d.P.R. n. 602 del 1973, vigente ratione temporis – anche dopo che l’art. 12
d.lgs. n. 46 del 1999 ha soppresso l’inciso “da parte dell’esattore – la notificazione della cartella esattoriale può avvenire mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento (Cass. 22/12/2023, n. 35822)
Va aggiunto che, diversamente da quanto sostenuto in ricorso, questa Corte ha chiarito che la natura sostanziale e non processuale della cartella di pagamento non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria, sicché il rinvio operato dall’art. 26, comma 5, del d.P.R. n. 602 del 1973 all’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 (in materia di notificazione dell’avviso di accertamento), il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile, comporta, in caso di irritualità della notificazione della cartella di pagamento, l’applicazione dell’istituto della sanatoria del vizio dell’atto per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ. (Cass. 05/03/2019, n. 641). L’unico limite, infatti, è che non sia intervenuta medio tempore decadenza dal potere di accertamento; condizione, questa, non dedotta dalla ricorrente.
Il quarto motivo di cui al ricorso n. 1074 del 2019 è inammissibile.
7.1. In primo luogo, vanno richiamati i medesimi principi già esposti nel § 4.1. Il motivo, infatti – facendo indistinto riferimento al vizio della sentenza per violazione di legge, errores in procedendo e per omesso esame di fatti decisivi, senza distinguere quale parte della motivazione sia viziata sotto l’uno o l’altro profilo – è anch’esso articolato sotto una molteplicità di profili tra loro confusi, inestricabilmente combinati e propone censure non ontologicamente distinte dallo stesso ricorrente e, quindi, non autonomamente individuabili, senza un inammissibile intervento di selezione e ricostruzione,
7.2. Per altro, la C.t.r. -così restando escluso sia il vizio di omessa pronuncia che di omessa motivazione -ha espressamente rigettato l’eccezione di difetto di motivazione delle cartelle rilevando che le medesime originavano da una liquidazione automatizzata ed erano conformi al modello ministeriale.
La statuizione, infine, è conforme ai principi affermati da questa Corte in materia. Si è precisato, infatti, che in via generale la cartella esattoriale, che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria deve essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo; tuttavia, tale obbligo di motivazione deve essere differenziato a seconda del contenuto prescritto per ciascuno tipo di atto, sicché, nel caso in cui la stessa sia stata emessa in seguito a liquidazione effettuata in base alle dichiarazioni rese dal contribuente ai sensi degli artt. 36bis d.P.R. n. 600 del 1973 e 54bis d.P.R. n. 633 del 1972, l’obbligo di motivazione può essere assolto mediante il mero richiamo a tali dichiarazioni perché, essendo il contribuente già a conoscenza delle medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa (Cass. 20/09/2017, n. 21804). Inoltre, l’Amministrazione finanziaria può iscrivere a ruolo, in sede di liquidazione dell’imposta dovuta e non versata le somme dovute a titolo di interessi e sanzioni, nella misura stabilita dall’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997, senza che a tal fine sia necessaria la preventiva emissione di un avviso di accertamento o di un avviso bonario, trattandosi di importi il cui computo deriva direttamente dalla legge (Cass. 04/07/2019, n. 17972).
Il primo motivo del ricorso n. 17294 del 2019 è in parte inammissibile ed in parte infondato.
8.1. V a rilevata l’inammissibilità del motivo nella parte in cui si duole di vizi relativi alle due cartelle (delle quattro impugnate), già oggetto del primo ricorso. Il ricorrente, infatti, ha impugnato dette ultime unitamente al successivo atto di intimazione. Va rammentato, tuttavia, che in materia di riscossione delle imposte, la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni . Ne consegue che i vizi dell’atto prodromico (nella specie le due cartelle di pagamento) possono essere fatti valere impugnando l’atto successivo (nella specie l’atto di intimazione) solo laddove il contribuente sia venuto a conoscenza della pretesa impos itiva al momento della notifica di quest’ultimo. Tale condizione, tuttavia, non ricorre nella fattispecie in esame atteso che il ricorrente aveva già impugnato con il primo ricorso le due cartelle di pagamento nuovamente impugnate nel secondo ricorso a seguito della notifica dell’a tto di intimazione, così dimostrando di averne avuto notizia già al momento della introduzione del primo giudizio.
8.2. Il motivo è infondato, invece, nella parte in cui ha ad oggetto le altre due cartelle (non impugnate con il primo ricorso) e l’atto di intimazione per le analoghe ragioni già spese a proposito del primo ricorso.
La ricorrente, infatti, lamenta vizi della notifica – astrattamente idonei a determinarne la nullità e non l’inesistenza, per le ragioni già spese – rispetto ai quali deve rilevarsi anche qui la sanatoria per raggiungimento dello scopo, così come correttamente rilevato dalla C.t.r.
Il secondo motivo di cui al ricorso n. 17294 del 2019 è inammissibile.
9.1. Il ricorrente argomenta sulla impossibilità di dedurre dall’istanza di rateizzazione il riconoscimento del debito, così ponendo
a questa Corte una questione che, dalla sentenza impugnata, non risulta essere stata oggetto del secondo grado del giudizio. La C.t.r., infatti, ha dato rilevo all’istanza di rateizzazione unicamente come circostanza dalla quale desumere la conoscenza delle cartelle.
9.2. E’ noto, invece, che i motivi del ricorso per cassazione devono investire questioni che abbiano formato oggetto del thema decidendum del giudizio di secondo grado, come fissato dalle impugnazioni e dalle richieste delle parti: in particolare, non possono riguardare nuove questioni di diritto se esse postulano indagini ed accertamenti in fatto non compiuti dal giudice del merito ed esorbitanti dai limiti funzionali del giudizio di legittimità. Pertanto, secondo il costante insegnamento di questa Corte, qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere -non assolto nella fattispecie in esame -di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, così dando modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 24/01/2019, n. 2038).
10. I ricorsi vanno, pertanto, complessivamente rigettati.
Le spese del giudizio di legittimità di entrambi i giudizi seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo in favore delle controricorrenti.
P.Q.M.
La Corte riunisce al ricorso n. 1074 del 2019 il ricorso n. 17294 del 2019 e li rigetta entrambi. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese dei giudizi di legittimità – che liquida in euro 3.900.00 per ciascuno dei due giudizi, oltre alle spese prenotate a debito – in favore
della sola Agenzia delle entrate quanto al primo giudizio e di entrambe le controricorrenti in solido quanto al secondo giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per ciascuno dei separati ricorsi a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2024.