Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20853 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20853 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23724/2016 R.G. proposto da:
NOME , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
nonché
contro
RAGIONE_SOCIALE (incorporante RAGIONE_SOCIALE ), elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. BOLOGNA n. 590/2016 depositata il 07/03/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La Commissione Tributaria Regionale (CTR) dell’Emilia Romagna, con la sentenza in epigrafe, ha accolto parzialmente l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Bologna che aveva accolto il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso una cartella di pagamento, notificatagli il 9.9.2010, per i debiti tributari della RAGIONE_SOCIALE, cancellata dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese il 31.12.2004, di cui il ricorrente era stato socio, fondati su avvisi di accertamento per il 1993 e il 1995 e atto di contestazione per il 1999 non impugnati.
Il contribuente aveva eccepito, tra l’altro, la decadenza dalla riscossione poiché la cartella era stata notificata alla società tardivamente in data 20.12.2000, mentre i ruoli erano stati consegnati al Concessionario in data 05.04.2000 (gli avvisi di accertamento) e in data 10.08.2000 (l’atto di contestazione) . Secondo la CTR era ammissibile l’impugnazione da parte del socio degli atti pregressi di cui non aveva ricevuto la notifica, ma il mancato rispetto del termine di quattro mesi dalla consegna del ruolo, di cui all’art. 25 d.P.R. n. 602/1973 (come modificato dall’art. 11 del d.lgs. n. 46/1999) non era previsto a pena di decadenza; ha aggiunto che la infruttuosa escussione della società era dimostrata dalla intervenuta cancellazione della società dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese e che l’COGNOME, receduto dalla società nel 1997, non doveva rispondere comunque del debito relativo al 1999.
Contro questa sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi, illustrati con memoria.
Si sono costituite con controricorso sia l’RAGIONE_SOCIALE sia RAGIONE_SOCIALE, incorporante RAGIONE_SOCIALE, che ha proposto ricorso incidentale fondato su un motivo.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 17 e 25 d.P.R. n. 602/1973 vigenti ratione temporis nonché degli artt. 2291 e 2495 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. in quanto la cartella doveva essere notificata, a pena di decadenza, entro quattro mesi dalla consegna del ruolo al concessionario (avvenuta il 20.4.2000) e cioè il 31.8.2000 e, invece, venne notificata alla società soltanto il 20.12.2000.
Con il secondo motivo deduce nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., degli artt. 36 e 53 d.lgs. n. 546/1992, degli artt. 17 e 26 d.P.R. n. 602/1973 vigenti ratione temporis nonché degli artt. 2291 e 2495 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. perché la motivazione della decisione sul punto controverso, relativo proprio al mancato rispetto del termine di quattro mesi di cui all’art. 25 cit., era « criptica non chiara e comunque insufficiente ».
Con l’unico motivo di ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALE deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 21 d.lgs. n. 546/1992 in quanto l’eccezione di decadenza ex art. 25 cit., in relazione alla notifica della cartella nei confronti della società, doveva esser fatta valere da quest’ultima con impugnazione entro il termine perentorio previsto dall’art. 21 cit..
E’ prioritario l’esame del secondo motivo del ricorso principale che è infondato.
4.1. Non essendo più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza -di ‘mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata (Cass. n. 23940 del 2018; Cass. sez. un. 8053 del 2014), a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (v., ultimamente, anche Cass. n. 7090 del 2022). Questa Corte ha, altresì, precisato che « la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture » (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016; v. anche Cass. n. 9105 del 2017, secondo cui ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi in modo da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento).
4.2. In questo caso la motivazione della sentenza attinge il minimo costituzionale e riporta una chiara ratio decidendi sulla questione controversa: pur ritenuta ammissibile l’eccezione sollevata dal
ricorrente, perché il contribuente « può far valere ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, il proprio diritto di difesa impugnando insieme all’atto notificatogli anche quelli pregressi di cui non ha ricevuto notificazione », la stessa è stata rigettata nel merito in quanto « non era prevista, ai sensi dell’art. 25 DPR 602/1973, la notifica della cartella entro l’ultimo giorno del quarto mese successivo a quello di consegna del ruolo, a pena di decadenza ».
Il primo motivo del ricorso principale, invece, è inammissibile.
5.1. In tema di procedimento di riscossione a mezzo ruolo, qualora si proceda nei confronti del debitore iscritto a ruolo e del coobbligato, la tempestiva notificazione della cartella a uno di loro impedisce che si produca la decadenza prevista dall’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973 (Cass. n. 27713 del 2022; Cass. n. 2545 del 2018; Cass. n. 24582 del 2022; Cass. n. 20766 del 2021; Cass. n. 24583 del 2021); a questa soluzione si è giunti attraverso l’estensiva applicazione dell’art. 1310 c.c., in tema di prescrizione, alla decadenza, ma recente giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che « Non c’è bisogno al riguardo di far leva sull’art. 1310 c.c., poiché la regola emerge già dal tenore dell’art. 25 del d.P.R. n. 602/73 » (Cass. n. 27713 del 2022, punto 9; Cass. n. 24582 del 2022, punto 7). L’art. 25, cit., infatti, utilizza l’espressione « al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede » al plurale; quindi, si riferisce ad entrambi come destinatari del procedimento; ed usa, inoltre, la disgiuntiva “o”, che segna l’alternatività, quando fissa l’onere, l’inosservanza del quale comporta la decadenza, di notificare la cartella. Il che significa che, quando procede nei confronti del debitore iscritto a ruolo e di uno o più coobbligati, l’agente per la riscossione, notificando la cartella di pagamento all’uno o all’altro (Cass. n. 27713 del 2022, punto 9; Cass. n. 24583 del 2022; Cass. n. 24582 del 2022), evita la decadenza dal potere di riscossione nei confronti di tutti i soggetti
passivi, «di modo che da quel momento inizia a decorrere il termine prescrizionale applicabile» (Cass. n. 27713 del 2022, punto 8.1). Secondo i principi generali del processo tributario, quest’esito si verifica non solo quando la notifica della cartella al debitore principale o al coobbligato sia stata tempestiva, ma anche quando la cartella tardivamente notificata non sia stata impugnata dal soggetto legittimato entro il termine di cui all’art. 21 d.lgs. n. 546/1992, consolidandosi, in questo caso, l’azione di riscossione (arg. ex Cass. n. 18448 del 2015) e restando definitivamente preclusa l’eccezione di decadenza che ha natura personale (Cass. n. 25890 del 2015).
5.2. Né serve evidenziare che, stante la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di procedere alla riscossione coattiva nei confronti del socio illimitatamente responsabile di una società di persone, ancorché receduto, senza notificare a quest’ultimo l’avviso di accertamento o di rettifica dell’imposta dovuta dalla società (Cass. n. 11615 del 2017; Cass. n. 10267 del 2008; Cass. n. 11228 del 2007; Cass. n. 10584 del 2007), il socio ha la facoltà di contestare, in sede di impugnativa dell’avviso di mora, della cartella di pagamento o del primo atto a lui indirizzato concernente debiti della società, la pretesa nei suoi confronti facendo valere l’inesistenza, preesistente o sopravvenuta, del fatto costitutivo ovvero la ricorrenza di fatti impeditivi o estintivi (Cass. n. 11615 del 2017; Cass. n. 28361 del 2013; Cass. n. 29625 del 2008; Cass. n. 19188 del 2006). Tale disciplina si fonda sulla previsione dell’art.19, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992 che consente di impugnare unitamente alla cartella di pagamento (o all’avviso di mora) anche tutti gli atti presupposti (ad es. l’avviso di rettifica) che non fossero stati notificati, facendo valere i vizi propri di quelli (Cass. n. 27189 del 2014; n. 10267 del 2008; n. 11228 del 2007; n. 17225 del 2006; Cass. n. 13113 del 2018; Cass. n. 6531 del 2018), ma la cartella notificata alla società non costituisce atto
presupposto della cartella indirizzata al socio, che è, invece, giuridicamente dipendente dal ruolo già formatosi nei confronti della società quale soggetto passivo d’imposta (Cass. sez. un. n. 28709 del 2020, punto 8.1).
Conclusivamente, corretta la motivazione ai sensi dell’art. 384 comma 4 c.p.c. come sopra riportato, il ricorso principale deve essere rigettato e, assorbito quello incidentale, le spese, liquidate come in dispositivo, vanno regolate secondo soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale; condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.300,00 per compensi, sia in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, oltre spese prenotate a debito, sia in favore di RAGIONE_SOCIALE, oltre 15% spese generali, euro 200 per esborsi e altri accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 13/03/2024.