Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33651 Anno 2024
Oggetto:Tributi
Tardività appello
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33651 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 16627 del ruolo generale dell’anno 202
3, proposto Da
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa, giusta procura speciale su foglio separato allegato al ricorso, dall’Avv.to NOME COGNOME e dall’Avv.to NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica de i difensori:
NOMEEMAILpec.ordineavvocatitrani.it EMAILpec.ordineavvocatitrani.it;
-controricorrente – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, n. 2105/03/2022, depositata in data 1° agosto 2022;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 novembre 2024 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
L’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , propone ricorso, affidato a un motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Commissione Tributaria Regionale della Puglia aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, avverso la sentenza n. 1604/01/2016 della Commissione Tributaria Provinciale di Bari che aveva accolto il ricorso proposto dalla suddetta società avverso l’avviso di accertamento emesso ai fini Ires, Irap e Iva, relativo all’anno di i mposta 2009.
In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR -a fronte della sentenza di primo grado depositata in data 6.5.2016 -ha dichiarato l’inammissibilità per tardività , ai sensi dell’art. 327 c.p.c., del l’appello d e ll’Agenzia delle entrate notificato ‘in data 12.12.2016, o al più, come emergeva dall’avviso di ricevimento prodotto dall’Ufficio, il successivo 9.12.2016 ‘ , atteso che la precedente notifica tentata dall’Ufficio in data 28.11.2016 , non si era mai perfezionata, avuto riguardo alla attestata ‘irreperibilità del destinatario’ come si evinceva dall’avviso di ricevimento in atti .
3.Resiste, con controricorso, la società contribuente.
CONSIDERATO CHE
1.Con l’unico motivo l’Agenzia denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 149, 291,325 e 327 c.p.c.
nonché dell’art. 16 del d.lgs. n. 546/92 per avere la CTR dichiarato l’inammissibilità per tardività del gravame dell’Ufficio essendosi la relativa notifica perfezionata – a fronte della sentenza di primo grado depositata in data 6.5.2016 -‘ in data 12.12.2016 o al più…il successivo 9.12.2016 ‘ ritenendo irrilevante la notifica tentata, con raccomandata, con avviso di ricevimento spedita in data 28.11.2016, al difensore domiciliatario (dott. NOME COGNOME) presso l’indirizzo (INDIRIZZO San Ferdinando di Puglia) risultante dalla sentenza di primo grado ed indicato anche nel ricorso introduttivo, e non perfezionatasi per irreperibilità assoluta del destinatario (di cui si dava atto nell’avviso di ricevimento in data 30.11.2016); con ciò , ad avviso della ricorrente, violando il principio di scissione degli effetti temporali della notifica tra mittente e destinatario e la sostanziale unitarietà del procedimento notificatorio nell’ipotesi – come nella specie- di tempestiva rinnovazione del primo tentativo di notifica non andato a buon fine.
2.Il motivo è infondato.
2.1. Occorre in primo luogo evidenziare i seguenti fatti processualmente rilevanti: a) la sentenza di primo grado è stata pubblicata il 6.5.2016 per cui il termine lungo semestrale per impugnare ex art. 327 c.p.c. (essendo il giudizio di prime cure iniziato successivamente alla data del 4.7.2009) scadeva il 7.12.2016; b) la notificazione dell ‘ appello è stata tentata una prima volta con atto spedito tempestivamente, a mezzo servizio postale, in data 28.11.2016, al dott. NOME COGNOME – procuratore costituito in primo grado della contribuente – presso lo studio (ove la società aveva eletto domicilio come risultante dalla sentenza di primo grado e dal ricorso originario, trascritti in ricorso) in INDIRIZZO San Ferdinando di Puglia con esito negativo per irreperibilità del destinatario (come da avviso di ricevimento riprodotto in ricorso, circostanza, peraltro, evidenziata anche nella sentenza impugnata); c) riattivazione del processo notificatorio con atti spediti, a mezzo servizio postale, il 9 dicembre 2016, al medesimo dott. NOME COGNOME agli indirizzi: 1) in INDIRIZZO a San Ferdinando di Puglia (risultante dall’Anagrafe tributaria come luogo di
esercizio dell’attività) con esito negativo per irreperibilità del destinatario; 2 ) in INDIRIZZO a San Ferdinando di Puglia (risultante dall’Albo nazionale dei dottori commercialisti) con esito positivo mediante consegna dell’atto, a mani del figlio, in data 13.12.2016; 3) in INDIRIZZO, a San Ferdinando di Puglia (domicilio fiscale del difensore) con esito positivo mediante consegna dell’atto al suo destinatario in data 13 dicembre 2016 (v. avvisi di ricevimento riportati in ricorso).
3. Questa Corte, a sezioni unite, già con la sentenza n. 17352 del 2009, ripercorrendo le posizioni emerse progressivamente nella giurisprudenza negli anni precedenti, aveva affermato esplicitamente il principio secondo il quale ” In tema di notificazioni degli atti processuali, qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere – anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio -di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento, notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sempreché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie “; sul concetto di “termine ragionevolmente contenuto” entro il quale dovesse essere ripresa la procedura notificatoria, sono nuovamente intervenute le Sezioni Unite (n. 14594 del 2016), secondo le quali “In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa”; l’attività del richiedente, quindi, da “onere” passa a “dovere”,
così chiarendo definitivamente il contenuto dei compiti del notificante; inoltre viene quantificato il termine “ragionevolmente contenuto”, che viene determinato – in una prospettiva ordinaria (tenuto conto che, in fondo, si tratta di rinnovare una sola delle attività per le quali il termine complessivo è riconosciuto) – nella metà dei termini ex art. 325 c.p.c., ossia, per quanto concerne il ricorso per cassazione, in trenta giorni. È conservata invero, né poteva essere diversamente, la facoltà per l’interessato di dimostrare che tale dilazione è insufficiente in ragione di circostanze eccezionali, della cui prova resta onerato (Cass. n. 5974 del 2017; Cass. n. 32852 del 2019; Cass., sez. 6-5, n. 13493 del 2022).
4. Nella specie, avendo il notificante riattivato tempestivamente il procedimento notificatorio, si impone la verifica della condizione, imprescindibile, della non imputabilità al notificante del mancato perfezionamento della prima notifica, posto che, in difetto di tale condizione, la seconda notifica, intervenuta oltre il termine di decadenza di cui all’art. 325 c.p.c., non consentirebbe comunque di sanare la decadenza ormai consolidatasi. Qualora risulti il trasferimento del difensore domiciliatario della parte destinataria della notifica, al fine di stabilire se il mancato perfezionamento sia imputabile al notificante, occorre distinguere a seconda che il difensore al quale viene effettuata detta notifica eserciti o meno la sua attività nel circondario del tribunale dove si svolge la controversia, essendo, nella prima ipotesi, onere del notificante accertare, anche mediante riscontro delle risultanze dell’albo professionale, quale sia l’effettivo domicilio del difensore, a prescindere dalla comunicazione, da parte di quest’ultimo, nell’ambito del giudizio, del successivo mutamento (tra le altre, Cass., S.U., 24 luglio 2009, n. 17352; Cass., S.U., 15 luglio 2016, n. 14594; Cass., 30 agosto 2017, n. 20527; Cass., 11 giugno 2018, n. 15056; Cass., 27 giugno 2019, n. 17336; Cass., 28 ottobre 2020, n. 23760; Sez. 3, Sentenza n. 19379 del 2021; Cass., sez. 6-5, n. 13493 del 2022). Al riguardo, la consolidata giurisprudenza di questa Corte ha operato una chiara distinzione fra l’ipotesi in cui la parte elegga domicilio presso il suo difensore e questi appartenga al foro del luogo dove presta la sua attività professionale e il caso in cui, invece, la parte nomini
un difensore appartenente a un foro diverso da quello del luogo dove è chiamato a svolgere il suo mandato difensivo e tale difensore a sua volta elegga domicilio (ai sensi dell’ art. 83 r.d. 22.1.1934 n. 83) nel luogo dove ha sede il giudice; nel primo caso, i successivi mutamenti di domicilio del difensore debbono presumersi noti alle altre parti, le quali possono averne contezza consultando l’albo professionale, mentre nel secondo caso il difensore ha l’obbligo di comunicare alle controparti il mutamento del domicilio eletto extra districtum (cfr. Cass., Sez. U., 24/7/2009 n. 17352). In proposito, deve evidenziarsi che le Sezioni Unite di questa Corte (n. 14594/2016), nel ribadire il precedente citato hanno affermato nuovamente che, in caso di errore nel domicilio preso il quale effettuare la notificazione (nella specie, dell’atto di appello), occo rre tenere differenziate due ipotesi, a seconda che il procuratore eserciti o meno la sua attività professionale nel circondario del Tribunale in cui si svolge la controversia, posto che, «nel caso di difensore che svolga le sue funzioni nello stesso circondario del Tribunale a cui egli sia professionalmente assegnato, è onere della parte interessata ad eseguire la notifica accertare, anche mediante riscontro delle risultanze dell’albo professionale, quale sia l’effettivo domicilio professionale del difensore, con la conseguenza che non può ritenersi giustificata l’indicazione nella richiesta di notificazione di un indirizzo diverso, ancorché eventualmente corrispondente a indicazione fornita dal medesimo difensore nel giudizio non seguita da comunicazione nell’ambito del giudizio del successivo mutamento (sez. un., 24 luglio 2009, n. 17352, richiamando sez. un., 18 febbraio 2009, n. 3818). Le medesime sentenze delle Sezioni unite indicano una soluzione diversa per il caso … in cui il difensore svolga le sue funzioni in un altro circondario ed abbia proceduto all’elezione di domicilio ai sensi dell’art. 82 del R.d. 22 gennaio 1934, n. 37. Tali pronunce ricostruiscono il sistema nel senso che, solo in caso di svolgimento di attività al di fuori della circoscrizione di assegnazione, si delinea un obbligo di comunicare i mutamenti di domicilio, che invece non sussiste quando il procuratore operi nel suo circondario (così, in particolare, sez. un., 3818/2009, cit., cui si rinvia per una più completa
ricostruzione della normativa del 1934 e della ratio dell’art. 82)» (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 19475 del 2023).
5.Invero, la verifica della condizione della non imputabilità al l’Agenzia notificante del mancato perfezionamento della prima notifica, alla luce delle circostanze di fatto evidenziate e della enunciata regula iuris , non può avere, nella specie, esito favorevole, avendo l’appellante tentato la prima notifica il 28.11.2016, nel termine di impugnazione, presso l’indirizzo di studio del difensore domiciliatario (in INDIRIZZO, San Ferdinando di Puglia) risultante dalla sentenza di prime cure ed indicato anche nel ricorso di primo grado (entrambi trascritti in ricorso) laddove – appartenendo il difensore domiciliatario al foro del luogo in cui era stato chiamato a svolgere il suo mandato e non essendo perciò tenuto a comunicare alla controparte il successivo mutamento di tale domicilio -era onere del l’Agenzia accertare l ‘ effettivo domicilio del difensore, anche mediante riscontro delle risultanze dell’albo professionale. Ne consegue che -dovendo il mutamento di domicilio del difensore (avvenuto, peraltro, nell’ambito della stessa San Ferdinando in Puglia) presumersi noto all ‘Agenzia , la quale poteva averne contezza consultando l ‘ albo professionale e non risultando agli atti né essendo state dedotte apposite previe ricerche in tal senso stante l’imputabilità al notificante del mancato perfezionamento della prima notifica, non si applica la possibilità di conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria ed è corretta la pronuncia di inammissibilità d ell’appello dell’Agenzia per tardività.
6.In conclusione il ricorso va rigettato.
7.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
Non si ravvisano, invece, i presupposti per la condanna al risarcimento danni da lite temeraria di cui all’art. 96, comma 3 c.p.c. richiesto dalla società controricorrente, discendendo l’accertamento della responsabilità aggravata, ex art. 96 c.p.c., “esclusivamente da atti o comportamenti processuali concernenti il giudizio nel quale la domanda viene proposta, quali, ai sensi del comma 1,
l’aver agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave o’ per quanto riguarda il comma 3, l’aver abusato dello strumento processuale” (Sez. U, Ordinanza n. 25041 del 16/09/2021; da ultimo, Cass. sez.6-5, n. 13116 del 2022).
9.Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714);
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna l’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 2.400,00 per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge, con distrazione in favore dei difensori antistatari.
Così deciso in Roma il 5 novembre 2024