Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16862 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16862 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21967/2017 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE), rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOMECODICE_FISCALE unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente e controricorrente incidentale-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CPSSNS51A04D789F)
-controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia sede di MILANO n. 782/2017 depositata il 27/02/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, avverso l’ingiunzione di pagamento emessa dalla concessionaria del servizio di accertamento, liquidazione e riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni, in nome e per conto del Comune di Corsico, notificata in data 04.04.2014, affermando che solamente con detta ingiunzione fiscale sarebbe stato notificato anche il prodromico avviso di accertamento numero 182 per l’anno 2013, che la pretesa tributaria esercitata sarebbe illegittima ed infondata, in quanto, relativamente al mezzo pubblicitario denominato “maxi tela” della superficie di mq. 97,50, la società contribuente avrebbe inoltrato raccomandata a.r., risalente al 29.01.20.13, per mezzo della quale avrebbe comunicato l’avvenuta rimozione dello striscione.
All’opposizione all’ingiunzione di pagamento, rubricata presso la C.T.P di Milano, è stata poi riunita una successiva opposizione al preavviso di fermo amministrativo, emesso successivamente all’ingiunzione di pagamento, nell’ambito della quale la società contribuente ha sollevato le medesime eccezioni.
La CRAGIONE_SOCIALE di Milano, con la sentenza numero 5472116/15 depositata in data 17.06.2015 ha accolto i ricorsi riuniti.
Avverso la sentenza emessa dalla C. T. P. di Milano, l’odierna ricorrente ha proposto impugnazione, e la C.T.R. della Lombardia ha emesso la decisione oggi impugnata, meglio indicata in epigrafe, con la quale, rigettate le eccezioni pregiudiziali di tardività dell’impugnazione e di asserita omessa certificazione di conformità
delle copie dell’impugnazione all’originale, nel merito ha rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE, confermando la sentenza impugnata e condannando al pagamento delle spese di lite del grado.
Avverso la suddetta sentenza di gravame RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 2 motivi, cui ha resistito con controricorso – contenente anche ricorso incidentale condizionato – la RAGIONE_SOCIALE
La RAGIONE_SOCIALE ha indi depositato controricorso avverso il ricorso incidentale condizionato e, successivamente, anche una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la nullità del procedimento per violazione dell’articolo 115, comma l c.p.c. e degli articoli 19 e 21, d.lgs. 31.12.1992, n.446, in relazione a quanto previsto dall’articolo 360, comma I, n.4, c.p.c., nonché la contestuale violazione degli articoli 1 comma 161, L. 27.12.2006, n.296 e 52, d.lgs. 15.12.1997, n.446, in relazione a quanto previsto dall’articolo 360, comma l, n.3, c.p.c.
1.1. Premettendo che, erroneamente, la CTP non avrebbe ritenuto inammissibile il ricorso avverso l’ingiunzione di pagamento, che sarebbe stata notificata dopo l’avvenuta definitività del relativo avviso di accertamento n. 182 del 16/04/13, regolarmente ricevuto da controparte in data 19/04/2013, si deduce che la Commissione Tributaria Regionale di Milano non avrebbe a sua volta fondato la propria decisione sulle prove presentate, ed in particolare sulla prova dell’avvenuta notifica dell’avviso di accertamento alla società contribuente (RAGIONE_SOCIALE in data 19.04.2013. La ricorrente precisa, in particolare, che l’avviso di accertamento, datato 16.04.2013, era stato inoltrato il 17.04.2013 e ricevuto il 19.04.2013, in conformità con il combinato disposto
dell’articolo 1, comma 161, legge n. 296/2006 e dell’articolo 52, d.lgs. n. 446/1997.
1.2. Da tali violazioni deriverebbe quindi la violazione degli articoli 19 e 21 del d.lgs. n. 546/1992, poiché, essendo stato validamente notificato l’avviso di accertamento, l’opposizione all’ingiunzione di pagamento successiva sarebbe stata inammissibile in quanto tardiva, mentre la C.T.R. avrebbe erroneamente ritenuto che l’accertamento fosse stato conosciuto solo con la notifica dell’ingiunzione.
1.3. Il motivo è affetto da inammissibilità.
1.4. La deduzione attiene a profili fattuali, non sindacabili in questa sede: il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 13/02/2025, n. 3730), che cita anche Cass. n. 32505/23)
1.5. La CTR non ha considerato prove diverse, o omesso di valutare quelle prodotte, ma si è invece limitata ad affermare la propria valutazione sulle prove prodotte. Il ricorrente, con l’artifizio del ricorso alla violazione dell’art. 115 c.p.c., tende dunque, in realtà, a chiedere una nuova valutazione delle prove.
1.6. Questa Corte, con un principio consolidato, ha chiarito che ‘quanto alla pretesa violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. come tali,
deve confermarsi il parimenti consolidato indirizzo di questa Corte, secondo il quale, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzament o di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque, secondo i casi, nei limiti consentiti dall’art. 360, co. 1, n. 5) o n. 4) c.p.c. (così nel § 5 di Cass. n. 35666/2021 già cit.); il che, come già rilevato, nella specie non è avvenuto’ (Cass. 28/05/2024, n. 14840)
1.7. Il motivo è dunque inammissibile.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 8, comma 3, d.lgs. 15.11.1993, n.507 e violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., in relazione a quanto previsto dall’articolo 360, comma l, n.3, c.p.c.
2.1. La ricorrente contesta l’errata interpretazione dell’art. 8, comma 3, del d.lgs. n. 507/1993 da parte del giudice d’appello. Sostiene che, in assenza di modifiche e mancato pagamento entro il 31 gennaio, la pubblicità si intende prorogata senza necessità di una nuova dichiarazione, permettendo all’ente impositore di emettere l’accertamento senza verifica diretta. Nel caso specifico, non è stata presentata una valida dichiarazione di cessazione: la comunicazione del 29.01.2013 era generica, essendosi limitata a comunicare che sarebbe stato levato nei giorni successivi, e una successiva verifica dell’08.07.2013 avrebbe invece confermato la presenza del maxi -telo pubblicitario. La CTR avrebbe anche invertito, in questa prospettiva, l’onere della prova.
2.2. La censura è inammissibile perché non si può prospettare una censura di violazione di legge sulla base di accertamenti in fatto (in tesi) erronei: come ripetutamente rimarcato dalla Corte, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità.
Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass., 27 luglio 2023, n. 22938; Cass., 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass., 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass., 11 gennaio 2016, n. 195; Cass., 22 febbraio 2007, n. 4178; Cass. Sez. U., 5 maggio 2006, n. 10313; Cass., 11 agosto 2004, n. 15499).
2.3. Nel caso di specie, per accertare la violazione di legge, è demandata al giudice di legittimità la verifica e valutazione del contenuto della comunicazione ed il rapporto, dal punto di vista probatorio, con la verifica che si assume essere stata effettuata.
2.4. Non vi è, sul punto, neanche alcuna inversione dell’onere probatorio, avendo la società contribuente dimostrato la avvenuta comunicazione della cessazione, ma una piana espressione del proprio convincimento da parte della CTR, a prescindere dalla sua correttezza.
2.5. Si è quindi in presenza di censura, sotto questo profilo, inammissibile.
Il ricorso principale va quindi rigettato.
Con ricorso incidentale condizionato, la società RAGIONE_SOCIALE ha eccepito la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cpc in relazione all’art. 360 n° 5 c.p.c. Si contesta che i l giudice d’appello avrebbe omesso di pronunciarsi su un punto oggetto di dibattito tra le parti, relativo alla formazione del giudicato interno sulla sentenza di primo grado: nonostante nella sentenza d’appello si riconosca la sussistenza dei presupposti per dichiararlo, il giudice non avrebbe affrontato espressamente la questione sollevata dalla parte appellata, che evidenziava la mancata censura specifica da parte dell’appellante.
4.1. Avverso tale ricorso incidentale condizionato si è costituita con controricorso la ricorrente ICA, che ha eccepito la pregiudiziale inammissibilità del controricorso contenente ricorso incidentale condizionato per violazione dell’art.16undecies , comma 3, ultima parte, D.L.18.10.2012, n.179 ed art.3bis e legge 21.01.1994, n.53, in quanto la relata di notifica sarebbe priva della dichiarazione di conformità di cui al combinato disposto degli articoli 3bis , legge 21.01.1994, n.53 e 16undecies , D.L. 18.10.2012, n.l79.
4.2. Deve in proposito rilevarsi che l’esito del ricorso principale esime dall’analisi del ricorso incidentale condizionato, da ritenersi assorbito.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo, dovendosi applicare i valori medi, in considerazione della non eccessiva complessità, e non risultando quindi accoglibile quanto richiesto nella nota spese.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti a carico del ricorrente principale per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Nulla va invece statuito, in merito, riguardo al ricorso incidentale condizionato, in quanto assorbito.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e dichiara assorbito il ricorso incidentale.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.305,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 13/06/2025.