Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8503 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8503 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20111/2017 R.G. proposto da
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME GiovanniCOGNOME dal quale è rappresentata e difesa
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , e RAGIONE_SOCIALE (ADER), in persona del Presidente pro tempore , successore ex lege di RAGIONE_SOCIALE, entrambe domiciliate in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale sono rappresentate e difese ope legis
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELL’UMBRIA n. 212/3/17 depositata il 9 giugno 2017
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 20 febbraio 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Terni l’atto di intimazione ex art. 50, comma 2, del
D.P.R. n. 602 del 1973 (cd. avviso di mora) notificatole per conto dell’Agenzia delle Entrate da Equitalia RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, successivamente incorporata da Equitalia RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, a sèguito del mancato pagamento di una cartella esattoriale relativa a tributi vari (IRPEF, ILOR, IVA e altri) dovuti per gli anni 1996 e 1997.
A fondamento del ricorso deduceva di non aver mai ricevuto notificazione della prodromica cartella di pagamento, nonchè degli avvisi di accertamento o rettifica da questa presupposti, ed eccepiva, in ogni caso, l’intervenuta prescrizione della pretesa tributaria per essere decorsi più di dieci anni dalla data della supposta notifica della cartella (25 maggio 2002) a quella in cui era avvenuta la consegna dell’atto di intimazione (12 gennaio 2015).
La Commissione adìta, pronunciando nel contraddittorio dell’ente impositore e dell’agente della riscossione, annullava l’atto impugnato, in accoglimento della preliminare eccezione di prescrizione.
La decisione veniva, però, successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria, la quale, con sentenza n. 212/3/17 del 9 giugno 2017, in accoglimento dell’appello erariale, respingeva l’originario ricorso della Femminetti, rilevando che la prescrizione era stata interrotta dall’Ufficio mediante la notifica di altri precedenti avvisi di mora, la cui mancata impugnazione aveva inoltre determinato la decadenza della contribuente dal potere di contestare la legittimità degli atti presupposti.
Avverso tale sentenza la parte soccombente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate –RAGIONE_SOCIALE (ADER), successore «ex lege» di RAGIONE_SOCIALE, hanno resistito con un unico controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai
sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, del predetto articolo entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
«In limine litis» va osservato che la costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate ha determinato la sanatoria per raggiungimento dello scopo, ai sensi degli artt. 156, ultimo comma, e 160 c.p.c., della nullità della notifica del ricorso per cassazione irritualmente compiuta nei suoi confronti presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, sebbene la prefata agenzia non si fosse avvalsa del patrocinio erariale nel pregresso grado di merito (cfr. Cass. Sez. Un. n. 22641/2007).
1.1 Analogo discorso va fatto per la notificazione eseguita nel medesimo luogo nei riguardi dell’Agenzia delle Entrate -Riscossione, con la sola differenza che quest’ultima nemmeno aveva preso parte al giudizio di secondo grado, svoltosi nel contraddittorio di RAGIONE_SOCIALE
1.2 Tanto premesso, rileva la Corte che tutti e tre motivi di ricorso risultano proposti ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3) e 5) c.p.c..
1.3 Con il primo sono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 50 del D.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973 e degli artt. 115, 140 e 148 c.p.c..
1.4 Si assume che avrebbe errato la CTR nell’accogliere l’appello dell’Agenzia delle Entrate unicamente in ragione della ritenuta validità della notifica dell’avviso di intimazione impugnato.
1.5 Viene, al riguardo, posto in evidenza che con il ricorso introduttivo della lite la contribuente aveva eccepito la nullità derivata dell’avviso predetto, in conseguenza dell’omessa o invalida notifica degli atti presupposti (cartelle esattoriali e avvisi di accertamento o rettifica).
1.6 Il motivo è infondato.
1.7 Dalla lettura dell’impugnata decisione emerge chiaramente che la Commissione regionale ha ben colto il senso e la portata delle doglianze mosse dalla Femminetti.
1.8 Sennonchè, essa ha ritenuto che l’esame della questione attinente all’asserita dell’intimazione di pagamento oggetto di causa fosse precluso dalla mancata impugnazione, da parte della contribuente, degli avvisi di mora che le erano stati notificati dall’Ufficio fra il 3 e il 10 ottobre 2005.
1.9 Inequivoco, in tal senso, il passaggio motivazionale che qui di sèguito integralmente si ritrascrive (pagg. 4-5): «Occorre peraltro considerare che l’Amministrazione ha provato la notificazione degli avvisi di mora/intimazioni di pagamento mediante affissione al Comune di Pieve Torina dal 3 al 10 ottobre 2005, risultando dagli stessi che la sig.ra COGNOME è stata cancellata dai registri dell’anagrafe del Comune di Pieve Torina per irreperibilità in data 11 febbraio 2002. L’avviso di mora, secondo il costante indirizzo giurisprudenziale, assolve a due funzioni: la prima, equivalente a quella del precetto ed avente carattere necessario, consiste nell’accertare il mancato pagamento del debito tributario e nell’intimare al contribuente l’effettuazione del versamento dovuto entro un termine ristretto, con l’avvertenza che in difetto si procederà ad esecuzione forzata; la seconda funzione è eventuale e consiste nel portare a conoscenza del contribuente per la prima volta la pretesa erariale, ove l’avviso di mora non sia stato preceduto dalla regolare notifica dell’avviso di accertamento o di liquidazione o della cartella esattoriale (Cass., sez. VI, 2 marzo 2012, n. 3374, ed anche sez. trib., 4 maggio 2012, n. 6721). Tale soluzione conduce parte della giurisprudenza ad affermare che, ove il contribuente lamenti che la notificazione dell’avviso di mora non sia stata preceduta dalla regolare notificazione degli atti di imposizione, ha l’onere di impugnare congiuntamente sia l’avviso di mora, sia gli atti da questo presupposti e non notificatigli, in difetto
decadendo dal potere di impugnare i suddetti provvedimenti (tale soluzione potrebbe a rigore assumere un valore specifico nel caso di specie, atteso che non risulta contestata nel merito la pretesa tributaria). Applicando tali coordinate ermeneutiche alla fattispecie in esame, e dunque riconoscendo validità, nella sua duplice funzione, all’avviso di mora dell’ottobre 2005, deve ritenersi che l’intimazione di pagamento gravata, notificata il 12 gennaio 2015, sia legittima e non intervenuta a prescrizione maturata» .
1.10 Come appare evidente dalle surriportate argomentazioni, una volta appurato che gli avvisi di mora ricevuti dalla contribuente nell’ottobre 2005 non erano stati dalla stessa opposti, i giudici di seconde cure hanno escluso che la Femminetti potesse ancora utilmente contestare, mediante l’impugnazione del successivo avviso di mora notificatole a distanza di oltre nove anni, la legittimità dei prodromici atti impositivi ed esattivi.
1.11 La soluzione accolta dalla sentenza impugnata si pone in linea con l’insegnamento di questa Corte regolatrice, ivi espressamente richiamato e anche recentemente ribadito (cfr. Cass. nn. 3216232165/2024).
1.12 Per le ragioni esposte, la doglianza va incontro al rigetto.
Con il secondo motivo sono lamentate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 57 e 58 del D. Lgs. n. 546 del 1992 e degli artt. 112 e 345 c.p.c..
2.1 Si rimprovera alla CTR di aver illegittimamente fondato la propria pronuncia sull’accoglimento di un’eccezione , per la prima volta sollevata dalla parte pubblica in grado di appello e supportata da documentazione prodotta in quella sede. 2.2 In particolare, i giudici regionali avrebbero valorizzato a fini decisori la circostanza, dedotta e comprovata dall’Amministrazione Finanziaria soltanto nel giudizio di secondo grado, relativa all’avvenuta notifica alla contribuente, nel periodo compreso fra il 3 e il 10 ottobre 2005, di avvisi di mora con i quali era stato
interrotto il corso della prescrizione.
2.3 Il motivo è infondato.
2.4 Gli avvisi di mora depositati nel giudizio di appello dall’Agenzia delle Entrate erano volti a dimostrare l’avvenuta interruzione della prescrizione dell’azionata pretesa tributaria.
2.5 Ciò posto, va tenuto presente che quella di interruzione della prescrizione è un’eccezione in senso lato (cd. eccezione impropria), come tale rilevabile d’ufficio dal giudice in qualunque stato e grado del processo sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti (cfr. Cass. Sez. Un. n. 15661/2005).
2.6 Considerato, quindi, che l’art. 57, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992 preclude alle parti soltanto la possibilità di proporre in appello nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d’ufficio (cd. eccezioni in senso stretto), deve escludersi che alcuna violazione del divieto di «ius novorum» sia configurabile nel caso di specie.
2.7 Giova aggiungere che f ra le questioni scrutinabili d’ufficio -in quanto attinenti alla stessa ammissibilità dell’esperita azione giudiziariarientrava anche quella relativa all’acquisita definitività degli atti presupposti (avviso di accertamento o rettifica e cartella di pagamento) in conseguenza della mancata impugnazione degli avvisi di mora notificati alla Femminetti nell’ottobre 2005.
2.8 Per quanto concerne, poi, la produzione di nuovi documenti in appello, la relativa facoltà -come ricordato dai giudici «a quibus» – è espressamente fatta salva d all’art. 58, comma 2, del citato D. Lgs. , vigente anteriormente alle modifiche apportate dall’art. 1 del D. Lgs. n. 220 del 2023, anche nel caso in cui tali documenti fossero preesistenti all’introduzione del giudizio di primo grado (cfr. Cass. n. 297/2025,
546 del 1992, nel testo, applicabile «ratione temporis» Cass. n. 31758/2024, Cass. n. 33573/2022).
2.9 Alla stregua delle considerazioni che precedono, deve escludersi la sussistenza dei vizi denunciati.
Con il terzo mezzo sono prospettate la violazione e la falsa
applicazione dell’art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973.
3.1 Si deduce, in proposito, che la notificazione degli avvisi di mora secondo il rito cd. degli irreperibili assoluti ex art. 60, comma 1, lettera e), del D.P.R. n. 600 del 1973 doveva essere considerata nulla, non risultando attestate dal messo notificatore le ricerche effettuate al fine di verificare se la destinataria si fosse trasferita in luogo sconosciuto.
3.2 Il motivo è inammissibile.
3.3 Si è già visto sopra che, in base a quanto acclarato dalla CTR, la notificazione degli avvisi di mora dell’ottobre 2005 era stata eseguita mediante affissione all’albo del Comune di Pieve Torina, «risultando dagli stessi che la sig.ra COGNOME e (ra) stata cancellata dai registri dell’anagrafe» di quel Comune, fin dall’11 febbraio 2002, «per irreperibilità» .
3.4 La ricorrente obietta che la notificazione eseguita ai sensi dell’art. 60, comma 1, lettera e), del D.P.R. n. 600 del 1973 avrebbe potuto ritenersi legittima nella sola ipotesi in cui nella relata fossero state attestate le ricerche anche anagrafiche esperite dal messo notificatore.
3.5 Ella, tuttavia, omette completamente di trascrivere o quantomeno di riportare il contenuto essenziale della relata in questione, in tal modo impedendo alla Corte di verificare la fondatezza della sollevata censura dalla sola lettura del ricorso, senza necessità di attingere a fonti ad esso esterne.
3.6 L’evidenziata carenza rende il motivo privo del requisito di specificità di cui all’art. 366, comma 1, n. 6) c.p.c. e non consente, pertanto, di darvi ingresso (cfr. Cass. n. 21791/2022, Cass. n. 31038/2018, Cass. n. 5185/2017), a nulla rilevando eventuali successive integrazioni apportate con la memoria illustrativa (cfr. Cass. n. 14098/2020, Cass. n. 7260/2005).
Per quanto precede, il ricorso deve essere respinto.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
5.1 Per la comune difesa delle controricorrenti, aventi la stessa posizione processuale ed entrambe assistite dall’Avvocatura dello Stato, va riconosciuto un compenso unico aumentato nella misura prevista dall’art. 4, comma 2, del D.M. n. 55 del 2014.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti della ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate e all’Agenzia delle Entrate -Riscossione le spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 7.000 euro, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione