Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14379 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14379 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/05/2024
CARTELLA DI PAGAMENTO -IRPEF 2005.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3315/2016 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio della profAVV_NOTAIO, dalla quale è rappresentato e difeso in virtù di procura speciale in calce al ricorso,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende, -ricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 5040/28/2015, depositata il 29 settembre 2015; udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 23 gennaio 2024 dal consigliere AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO;
Rilevato che:
In data 22 dicembre 2012 la RAGIONE_SOCIALE (successivamente RAGIONE_SOCIALE) notificava a COGNOME NOME cartella di pagamento n. 097-2012-0219712233, con la quale veniva richiesto il pagamento della somma complessiva di € 42.203,59 per violazion i accertate in ordine al mancato versamento di IRPEF per l’anno 2005, relative addizionali e sanzioni.
Il contribuente impugnava la cartella dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma la quale, con sentenza n. 14553/12/2014, depositata il 27 giugno 2014, accoglieva il ricorso ed annullava la cartella di pagamento impugnata.
Interposto gravame dal l’Ufficio , la Commissione tributaria regionale del Lazio, con sentenza n. 5040/28/2015, pronunciata il 14 settembre 2015 e depositata in segreteria il 29 settembre 2015, accoglieva l’appello e, per l’effetto, rigettava il ricorso proposto in primo grado dal contribuente, compensando integralmente tra le parti le spese del giudizio.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, sulla base di tre motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La discussione del ricorso è stata fissata dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 23 gennaio 2024, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 cod. proc. civ.
– Considerato che:
Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo COGNOME NOME eccepisce nullità della sentenza impugnata e del procedimento, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4), cod. proc. civ.
Deduce, in particolare, che la cartella impugnata non era stata preceduta dalla notificazione di un avviso di accertamento, e che l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, del quale era stata data prova della notificazione nel giudizio di appello, non riguardava la cartella impugnata.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso il contribuente eccepisce omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 5), cod. proc. civ.
Rileva, in particolare, il ricorrente che, stante la mancata notificazione dell’avviso di accertamento, al momento della notificazione della cartella di pagamento l’Ufficio era decaduto dal potere accertativo, essendo decorso il termine quinquennale previsto dall’art. 43 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (nel testo vigente ratione temporis ), e quindi il relativo credito si era prescritto.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si eccepisce, infine, «falsa applicazione di norme di diritto», in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ.
Deduce, in particolare, il ricorrente che la C.T.R. aveva omesso di considerare la documentazione da lui prodotta, dalla quale si evinceva che egli aveva regolarmente pagato le imposte, e che in ogni caso il verbale di accertamento presupposto era illegittimo per violazione del diritto di difesa ex art. 24, secondo comma, Cost., e per mancanza di adeguata motivazione.
Così delineati i motivi di ricorso, la Corte osserva quanto segue.
2.1. Il primo motivo deve ritenersi inammissibile.
Il ricorrente, invero, pur eccependo la nullità della sentenza e del procedimento, non individua, nel contenuto del motivo, alcun error in procedendo rilevante ex art. 360, primo comma, num. 4), cod. proc. civ.
In realtà, nel corpus del motivo in questione il ricorrente censura la sentenza impugnata, per avere ritenuto che l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, notificato al ricorrente in data 24 settembre 2010, fosse il presupposto della cartella di pagamento oggetto di impugnazione, deducendo, invece, che tale avviso di accertamento si riferisse ad altre imposte ed altre annualità.
Sul punto, va tuttavia rilevato che la C.T.R., con valutazione di fatto insindacabile in questa sede di legittimità, ha accertato che l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO si riferiva proprio al credito tributario (derivante da redditi da fabbricati relativi all’anno d’imposta 2005) trasfuso poi nella cartella di pagamento oggetto di impugnazione; tale avviso di accertamento era stato regolarmente notificato, tanto che era stato oggetto di impugnazione da parte dello stesso COGNOME, rigettata con sentenza della C.T.P. di Roma n. 15313/27/2014 depositata il 7 luglio 2014 e passata in giudicato.
Conseguentemente, il motivo in questione deve ritenersi inammissibile sia per assoluta genericità, sia perché con esso si contesta l’accertamento di fatto operato dalla C.T.R. sul merito della pretesa tributaria.
2.2. Infondato deve ritenersi invece il secondo motivo.
Con tale motivo, infatti, il ricorrente censura la sentenza impugnata per ‘omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia’, richiamando, tuttavia, l’ipotesi di cui all’art. 360, primo comma, num. 5), cod. proc. civ., che riguarda, tuttavia , non già l’omessa motivazione, ma l’o messo esame di un ‘fatto storico-naturalistico ‘ il cui esame era decisivo ai fini del giudizio.
Al di là di tale impropria rubricazione del motivo, comunque, il ricorrente censura sostanzialmente la sentenza impugnata, per non avere dichiarato la decadenza della pretesa tributaria, in quanto la cartella di pagamento sarebbe stata notificata oltre il termine previsto dall’art. 43 del d.P.R. n. 600/1973.
Deve tuttavia rilevarsi che tale aspetto è stato espressamente considerato dalla C.T.R., che ha verificato che in data 24 settembre 2010 (e quindi entro il termine del 31 dicembre del quarto anni successivo a quello in cui la dichiarazione è stata presentata, trattandosi di redditi del 2005 per i quali la dichiarazione è stata presentata nel 2006) l’RAGIONE_SOCIALE ha notificato al contribuente l’avviso di accertamento presupposto della cartella impugnata, ragion per cui nessuna decadenza si è verificata nel caso di specie.
Totalmente inconferenti sono poi i richiami del ricorrente a norme tributarie non riguardanti il caso di specie, quali l’art. 36bis del d.P.R. n. 600/1973, che riguarda i cc.dd. controlli automatici RAGIONE_SOCIALE imposte, e l’art. 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (statuto del contribuente), che impone l’obbligo del contraddittorio preventivo soltanto quando sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, situazione quest’ultima che non ricorre nel caso di specie, in
cui la cartella è stata emessa sulla base di un avviso di accertamento ritualmente notificato (Cass. 2 ottobre 2023, n. 27724; Cass. 30 giugno 2021, n. 18405).
2.3. Il terzo motivo di ricorso, infine, deve ritenersi inammissibile.
Pur rubricato «falsa applicazione di norme di diritto», in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ., il ricorrente non indica quali norme sarebbero state violate dalla C.T.R., spingendosi, peraltro, a censurare essenzialmente l’avvis o di accertamento presupposto, che non era oggetto di impugnazione nel presente giudizio.
Consegue il rigetto integrale del ricorso.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza del ricorrente, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Ricorrono i presupposti processuali per dichiarare il ricorrente tenuto al pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quate r, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alla rifusione, in favore dell ‘RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, che si liquidano in € 3.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte del ricorrente, di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2024 .