Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21972 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21972 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2024
Oggetto: avviso accertamento ex d.l. n. 79 del 2010 sottoscrizione – notificazione diretta a mezzo del servizio postale
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28788/2018 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, con sede in Belpasso INDIRIZZO, nella persona dell’amministratore unico sig. COGNOME , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro-tempore, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sez. staccata di Catania, n. 1308/13/18, depositata il 22 marzo 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 maggio 2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che :
A seguito di una verifica conclusa in data 28 settembre 2012, con la redazione del P.V.C., l’ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Catania emise due avvisi di accertamento nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
Con il primo avviso di accertamento, relativo all’anno 2009, furono contestati ricavi non dichiarati per complessivi Euro 133.204,91 per violazione del principio di competenza temporale ex art. 109 t.u.i.r., con particolare riferimento alla fattura n. 5 emessa in data 30 gennaio 2010 relativa a servizi di logistica dal 1.12.2009 al 31.12.2009, da considerare quale componente positivo reddituale di competenza dell’anno 2009 e da allocare, secondo il principio di competenza, nel bilancio chiuso il 31/12/2009. In merito a tale annualità veniva, quindi, accertato un maggior reddito di euro 133.204,41.
Con il secondo avviso di accertamento, relativo all’anno 2010, furono contestate sia l’indebita deduzione dal reddito d’impresa di maggiori quote di ammortamento su beni strumentali per complessivi Euro 301.368,67, sia l’indebita deduzione di componenti negativi di reddito per complessivi Euro 245.760,49, riferibili a costi sostenuti dalla società nel precedente periodo d’imposta per acquisizione di beni e servizi inerenti l’attività d’impresa e da allocare, piuttosto, nel bilancio chiuso al 31/12/2009, secondo il principio di competenza. Per effetto di tali contestazioni è stato, pertanto, accertato un maggior reddito d’impresa pari a Euro 547.129.
2. RAGIONE_SOCIALE impugnò entrambi gli avvisi di accertamento davanti alla Commissione Provinciale di Catania, contestando, con i primi due motivi, la nullità degli atti opposti per inesistenza della notificazione operata a mezzo posta, senza l’intermediazione di un soggetto abilitato e per intervenuta decadenza dal potere accertativo ex art. 57 d.P.R. 26/10/1972 n. 633 (in quanto l’impugnazione intervenuta oltre il termine di decadenza non poteva avere efficacia sanante). Con il terzo motivo veniva chiesto l’annullamento di entrambi gli avvisi di accertamento per difetto di sottoscrizione ex art. 42, commi 1 e 3, d.P.R. n. 600 del 1973 (in quanto sottoscritti da un soggetto diverso dal Direttore titolare, in assenza di valida delega e della necessaria qualifica) e, infine, con il quarto motivo veniva contesta la nullità degli atti opposti per violazione degli artt. 41, 41 bis e 42 d.P.R. 29/09/1973 n. 600, degli artt. 110, comma 8, e 163 D.P.R. 22/12/1986, n. 917, dell’art . 3 legge n. 241 del 1990 e dell’art. 7 l. 27/07/2000, n. 212, in ragione sia del l’omessa considerazione dei costi erroneamente dedotti nell’anno 2010 ai fini della determinazione del reddito d’esercizio dell’anno 2009, sia del l’omessa considerazione (nella determinazione del reddito del 2010) dei ricavi imputati all’anno 2009. Veniva, quindi, rappresentato che la corretta ricostruzione avrebbe portato, per l’anno 2009, a una perdita fiscale (conseguente alla differenza tra i maggiori costi di Euro 245.760,49 e i maggiori ricavi di Euro 133.204,41), con imposte a credito da compensare con il debito d’imposta dell’anno 2010, che sarebbe risultato, così, di ammontare minore rispetto a quello oggetto di accertamento. Con riferimento all’avviso di accertamento r elativo all’anno 2010 veniva, inoltre, contestato anche il difetto di motivazione, in violazione dell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 102 d.P.R. n. 917 del 1986, con riferimento alla ripresa RAGIONE_SOCIALE quote di ammortamento di Euro 301.368,67 ritenute indeducibili, non essendo possibile comprendere -neppure attraverso la lettura del
P.V.C. -quali fossero i beni considerati e come l’Ufficio fosse pervenuto alla determinazione di quell’importo. Veniva, infine, contestata l’illegittimità RAGIONE_SOCIALE sanzioni, per la scorretta applicazione del cumulo giuridico ex art. 12 d.lgs. 18/12/1997, n. 472.
L’ RAGIONE_SOCIALE, nel costituirsi, aveva prodotto gli Ordini di servizio n. 32/2013 e n. 8/2014, dai quali risultava che, a decorrere dal 13/01/2014, era stata attribuita la delega di firma al sig. NOME COGNOME (firmatario degli avvisi impugnati).
La C.T.P. di Catania, previa riunione dei giudizi autonomamente pendenti avverso i due atti impositivi, con sentenza n. 1913/2017 depositata in data 23 febbraio 2017, accolse entrambi i ricorsi e annullò gli avvisi di accertamento, in quanto invalidamente sottoscritti, affermando che la delega prodotta dal l’RAGIONE_SOCIALE , sebbene nominativa, non conteneva né le ragioni, né il termine di validità, elementi, al contrario, rilevanti secondo la giurisprudenza di legittimità. Venivano, quindi, ritenuti assorbiti tutti gli altri motivi di impugnazione proposti da RAGIONE_SOCIALE
La Commissione Tributaria Regionale della Sicilia -Sezione distaccata di Catania, con sentenza n. 1308/13/18 (depositata in data 22 marzo 2018), ha accolto l’appello proposto dall’ RAGIONE_SOCIALE, rilevando che, nel caso di specie, trattandosi di delega di firma da parte del titolare dell’Ufficio al funzionario che ha adottato gli atti impositivi, era manifestamente infondata la tesi di RAGIONE_SOCIALE, secondo la quale l’atto di delega doveva necessa riamente contenere un limite temporale, a pena di nullità degli atti di esercizio della delega.
La CTR è quindi passata all’esame dei motivi di ricorso devoluti dalla parte appellata, ritenendo infondata la contestazione relativa all’inesistenza giuridica della notificazione , dal momento che quest’ultima può essere eseguita nei confronti della persona giuridica a mezzo del servizio postale, non essendovi alcuna preclusione di legge
ostativa, purché la consegna sia eseguita a persone abilitate a ricevere il piego, mentre in assenza di queste ultime, deve escludersi la possibilità del deposito dell’atto e dei conseguenti avvisi presso l’ufficio postale. Sul punto la C.T.R. rileva che « l’art. 145 cod. proc. civ., infatti, non consente la notifica alle società con le modalità previste dall’art. 140 e 143 cod. proc. civ., e, quindi, con gli avvisi di deposito di cui all’art. 8 della L. n. 890/1982, che costituiscono modalità equivalenti al la notificazione, ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., essendo questa riservata esclusivamente al legale rappresentante della società (vds. Cass. N. 18762/2011)».
Con riferimento al motivo di ricorso con il quale è stata eccepita la nullità degli avvisi di accertamento per difetto di motivazione la CTR ha evidenziato che « gli atti impositivi sono sufficientemente motivati e tali da consentire al destinatario degli stessi di esercitare proficuamente il proprio diritto di difesa (ex art. 24 Cost.)».
È stato, invece, accolto il motivo di ricorso con il quale è stata dedotta la violazione dell’art. 110, comma 8, t.u.i.r. in relazione alla duplicazione dell’imposta per gli anni 2009 e 2010.
Contro la sentenza emessa dalla C.T.R. di Catania in data 22 marzo 2018, NOME ha proposto ricorso in cassazione, proponendo cinque motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, nel quale ha precisato di aver fatto acquiescenza alla sentenza impugnata con provvedimento COMIT n. 7291/2018.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE ha contestato la violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 53, comma 2, e 22, commi 1 e 2, d.lgs. 31/12/1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. La ricorrente evidenzia
come l’atto d’appello sia stato ricevuto in data 27 settembre 2017, cioè oltre il termine lungo d’impugnazione della sentenza della CTP (depositata in data 23 febbraio 2017), che scadeva il 25 settembre 2017. Ha rilevato che l’eccezione di inammissibilità dell’appello per tardività era stata sollevata anche davanti alla CTR, non risultando depositati , nel giudizio d’appello, né la ricevuta postale, né l’avviso di ricevimento. Su tale eccezione non si è, tuttavia, pronunciato il giudice d’appello, in tal modo rigettandola implicitamente. La parte ricorrente ha, quindi, richiamato Cass., Sez. U., 29/05/2017, n. 13452 e Cass., Sez. U., 29/05/2017, n. 13453 e rilevato che, ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ. , non possono essere prodotte nell’ambito del giudizio di legittimità la ricevuta postale e l’avviso di ricevimento non prodotti davanti alla CTR.
1.1. L’RAGIONE_SOCIALE nel controricorso ha rilevato che, come risulta dall’avviso di ricevimento relativo alla raccomandata di spedizione dell’appello n. NUMERO_DOCUMENTO la data di ricezione è quella del 25 settembre 2017. L’RAGIONE_SOCIALE fa altresì riferimento alla ricevuta di spedizione rilasciata dall’agente postale, che indica quale data di spedizione il 21 settembre 2017.
1.2. Il motivo è infondato. Dal fascicolo acquisito agli atti emerge che: a) la sentenza della Commissione Provinciale di Catania è stata depositata in data 23/02/2017; b) il termine di sei mesi ex art. 327, primo comma, cod. proc. civ. è scaduto in data 25/09/2017, considerato che il 23/09/2017 cadeva di sabato (art. 155 cod. proc. civ.); 3) la copia dell’avviso di ricevimento contenuta negli atti del fascicolo trasmesso dalla segreteria della Commissione Tributaria Regionale sez. dist. di Catania reca il timbro postale del 25 settembre 2017. Di conseguenza , la notifica dell’atto d’appello deve ritenersi tempestiva.
Con il secondo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE ha contestato (in relazione a entrambi gli avvisi di accertamento) la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42, primo e terzo comma, d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 56 d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
La CTP di Catania aveva, infatti, annullato gli avvisi di accertamento in ragione della mancata sottoscrizione di questi ultimi, considerato che gli ordini di servizio n. 32/2013 e n. 8/2014 prodotti dal l’RAGIONE_SOCIALE, pur contenendo la delega di firma in favore del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, non indicavano né le ragioni, né il termine di validità, ma solo il termine di decorrenza della delega stessa. La ricorrente rileva come, peraltro, la stessa RAGIONE_SOCIALE avesse confermato, con le proprie dif ese, l’assenza di tali requisiti. La CTR ha, tuttavia, ritenuto manifestamente infondata la tesi di RAGIONE_SOCIALE, ritenendo non necessaria l’apposizione di un termine alla delega che può essere, quindi, revocata in ogni momento.
2.1. L’RAGIONE_SOCIALE nel controricorso ha contestato l’infondatezza di tale motivo, evidenziando che l’avviso di accertamento deve essere sottoscritto dal capo dell’Ufficio, indipendentemente dalla qualifica dirigenziale ricoperta, oppure da altro impiegato della carriera direttiva, da lui delegat o nell’esercizio di poteri organizzativi. Tuttavia, nel caso di specie, trattandosi di delega di firma, non è necessaria alcuna indicazione in merito al limite temporale (secondo quanto precisato da Cass. 10/04/2013, n. 8700). Di conseguenza è corretta la decisione della CTR che ha ritenuto sufficiente la disposizione di servizio recante la delega di firma al dr. NOME COGNOME, datata 13/01/2014 in merito agli avvisi di accertamento datati 08/07/2014 e 07/07/2015.
2.2. Tale motivo di ricorso è infondato, dovendo darsi continuità all’indirizzo con il quale la presente Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini della corretta applicazione dell’art. 42, primo comma , d.P.R. n. 600
del 1973 la delega di firma (« La delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento ad un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ex art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 ha natura di delega di firma – e non di funzioni – poiché realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza esterna, restando l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante, con la conseguenza che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione di detta delega di firma può avvenire anche mediante ordini di servizio, senza necessità di indicazione nominativa, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale consente la successiva verifica della corrispondenza tra sottoscrittore e destinatario della delega stessa», Cass. 19/04/2019, n. 11013; in senso conforme Cass. 08/11/2019, n. 28850, anche in relazione alla necessità di tenere distinta l’ipotesi disciplinata nell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973 rispetto alla delega di funzioni di cu i all’art. 17, comma 1bis , d.lgs. n. 165 del 2001). Inoltre, anche in relazione ai limiti di durata della delega occorre richiamare quanto precisato da Cass., 29/03/2019, n. 8814 (« La delega per la sottoscrizione dell’avviso di accertamento conferita dal dirigente ex all’art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, è una delega di firma e non di funzioni: ne deriva che il relativo provvedimento non richiede l’indicazione né del nominativo del soggetto delegato, né della durata della delega, che pertanto può avvenire mediante ordini di servizio che individuino l’impiegato legittimato alla firma mediante l’indicazione della qualifica rivestita, idonea a consentire, “ex post”, la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto »).
Con il terzo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE ha contestato, con riferimento a entrambi gli avvisi di accertamento, la violazione dell’art. 29 d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e degli artt. 43 e 60 d.P.R. n. 600 del
1973, in relazione alla violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3 , cod. proc. civ.
La parte ricorrente ha contestato il vizio di inesistenza o di nullità della notificazione eseguita dal l’RAGIONE_SOCIALE direttamente mediante la spedizione di un plico postale raccomandato e senza l’intermediazione del soggetto abilitato al compimento RAGIONE_SOCIALE relative operazioni, nonostante si trattasse di avvisi di accertamento esecutivi. Le argomentazioni portate a sostegno di tale motivo di ricorso sono articolate in considerazioni di ordine sistematico e letterale.
Con riferimento alle prime la parte ricorrente richiama la concentrazione del potere impositivo e di quello esattivo nell’avviso di accertamento cd. impoesattivo disciplinato nell’art. 29 d.l. n. 78 del 2010. Tale norma, nel subordinare l’esecutività dell’atto al decorso di sessanta giorni dalla sua notificazione, implica che quest’ultim o costituisca una componente costitutiva dell’intera fattispecie. Dalla data della notificazione decorrono, infatti, i termini di sessanta giorni (per proporre impugnazione, perché l’atto diventi esecutivo e per attivare la riscossione straordinaria in presenza di fondato ed imminente pericolo per la riscossione) e di un anno, dopo il quale l’esecuzione forzata non potrà essere attivata senza la preventiva notificazione dell’avviso di cui all’art. 50 d.P.R. n. 602 del 1973. Sempre in una prospettiva sistematica viene, sottolineata la differenza tra l’avviso di accertamento impoesattivo (dove la formazione del titolo dipende dalla sua notificazione) e il ruolo, che ai sensi del l’art. 12, quarto comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 diviene esecutivo con la sottoscrizione (preesistendo, quindi, come titolo esecutivo rispetto alla sua notificazione).
Viene poi evocata, quale argomentazione di tipo letterale, la formulazione dell’art. 29 d.l. n. 78 del 2010 che solo per gli atti impositivi rideterminativi (cioè per gli atti impositivi secondari) prevede
la possibilità di inviarli al contribuente mediante avviso di ricevimento. Da tale considerazione la parte ricorrente trae la conclusione che gli atti impoesattivi primari debbano essere notificati con la necessaria intermediazione di un soggetto abilitato, non potendo, altrimenti, ritenersi notificati e rappresentare valido titolo per l’esecuzione forzata. Ad avviso di parte ricorrente, nell’ipotesi in cui la nullità della notificazione fosse ritenuta sanabile, gli avvisi di accertamento sarebbero, comunque, da ritenere nulli in relazione alla decadenza ex art. 43 d.P.R. n. 600 del 1973. A tal fine richiama la pronuncia resa da Cass., Sez. U, 05/10/2004, n. 19854 , secondo la quale l’eventuale sanatoria conseguente alla proposizione del ricorso opera con effetto ex nunc (al momento della presentazione del ricorso) e non con effetto ex tunc (al momento della ri cezione dell’atto). Di conseguenza, se al momento della presentazione del ricorso è scaduto il termine per l’esercizio del potere di accertamento ai sensi dell’art. 43 d.P.R. n. 600 del 1973 il meccanismo di sanatoria finisce per combinarsi con quello decadenziale. Nel caso di specie gli avvisi impugnati riguardano le annualità d’imposta del 2009 -2010, con la conseguenza che il termine di decadenza previsto nell’art. 43 d.P.R. n. 600 del 1973 è scaduto, rispettivamente, il 31 dicembre 2014 e il 31 dicembre 2015. Considerato che l’avviso di accertamento relativo all’anno 2009 è stato impugnato nel febbraio del 2015, mentre l’avviso di accertamento relativo all’anno 2010 è stato impugnato nel gennaio 2016, dovrebbe ritenersi spirato il termine di decadenza previsto nell’art. 43 d.P.R. n. 600 del 1973.
3.1. L’RAGIONE_SOCIALE nel controricorso ha rilevato che per la notificazione degli atti tributari è consentita l’adozione di modalità meno formali rispetto a quelle proprie degli atti giudiziari, con la conseguenza che la mancata apposizione della relata di notifica comporta la mera irregolarità e non già l’inesistenza della notificazione.
3.2. Tale motivo di ricorso è infondato.
L’art. 29, comma 1, lett. a) e b), d.l. n. 78 del 2010, prevede, infatti che: « Le attività di riscossione relative agli atti indicati nella seguente lettera a) emessi a partire dal 1° ottobre 2011 e relativi ai periodi d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2007 e successivi, sono potenziate mediante le seguenti disposizioni: a) l’avviso di accertamento emesso dal l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’imposta sul valore aggiunto ed il connesso provvedimento di irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni, devono contenere anche l’intimazione ad adempiere, entro il termine di presentazione del ricorso, all’obbligo di pagamento degli importi negli stessi indicati, ovvero, in caso di tempestiva proposizione del ricorso ed a titolo provvisorio, degli importi stabiliti dall’articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. L’intimazione ad adempiere al pagamento è altresì contenuta nei successivi atti da notificare al contribuente, anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento, in tutti i casi in cui siano rideterminati gli importi dovuti in base agli avvisi di accertamento ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’imposta sul valore aggiunto ed ai connessi provvedimenti di irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni ai sensi dell’articolo 8, comma 3-bis del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, dell’articolo 48, comma 3-bis, e dell’articolo 68 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e dell’articolo 19 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, nonché in caso di definitività dell’atto di accertamento impugnato. In tali ultimi casi il versamento RAGIONE_SOCIALE somme dovute deve avvenire entro sessanta giorni dal ricevimento della raccomandata; la sanzione amministrativa prevista dall’ articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, non si applica nei casi di omesso, carente o tardivo versamento RAGIONE_SOCIALE somme dovute, nei termini
di cui ai periodi precedenti, sulla base degli atti ivi indicati; b) gli atti di cui alla lettera a) divengono esecutivi decorso il termine utile per la proposizione del ricorso e devono espressamente recare l’avvertimento che, decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione RAGIONE_SOCIALE somme richieste, in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo, è affidata in carico agli agenti della riscossione anche ai fini dell’esecuzione forzata, con le modalità determinate con provvedimento del direttore del l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE , di concerto con il Ragioniere generale dello Stato. L’esecuzione forzata è sospesa per un periodo di centottanta giorni dall’affidamento in carico agli agenti della riscossione degli atti di cui alla lettera a); tale sospensione non si applica con riferimento alle azioni cautelari e conservative, nonché ad ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore. La predetta sospensione non opera in caso di accertamenti definitivi, anche in seguito a giudicato, nonché in caso di recupero di somme derivanti da decadenza dalla rateazione. L’agente della riscossione, con raccomandata semplice o posta elettronica, informa il debitore di aver preso in carico le somme per la riscossione. ».
La norma appena richiamata non comporta alcuna deroga alla regola generale prevista nell’art. 14 legge 20/11/1982, n. 890, così come precisato da Cass. 03/12/2020, n. 27634.
L’art. 14 legge n. 890 del 1982 prevede, infatti, che: « La notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente deve avvenire con l’impiego di plico sigillato e può eseguirsi a mezzo della posta direttamente dagli uffici finanziari, nonché, ove ciò risulti impossibile, a cura degli ufficiali giudiziari, dei messi comunali ovvero dei messi speciali autorizzati dall’Amministrazione finanziaria, secondo le modalità previste dalla presente legge. Sono fatti salvi i disposti di cui agli articoli 26, 45 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973, n. 602 e 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nonché le altre modalità di notifica previste dalle norme relative alle singole leggi d’imposta. »
L’art. 14 l. n. 890 del 1982 non perde il valore di regola generale relativa alla notificazione degli atti al contribuente neppure in relazione al richiamo interno (« sono fatti salvi» ) all’art. 60 d.P.R. n. 600 del 1973 . Non è infatti riscontrabile alcun rapporto di sussidiarietà dell’art. 14 l. n. 890 del 1982 rispetto all’art. 60 d.P.R. n. 600 del 1973, nella misura in cui il legislatore con quest’ultima norma aggiunge ulteriori modalità di notificazione dell’avviso di accertamento, senza escludere, tuttavia, il possibile ricorso alla (regola generale della) notificazione diretta a mezzo posta.
Di conseguenza, « l’art. 29, comma 1, lett. a), seconda parte, del d.l. n. 78 del 2010, convertito, non fa altro che attribuire all’amministrazione finanziaria la facoltà di effettuare la notificazione degli atti «in cui siano rideterminati gli importi dovuti in base agli avvisi di accertamento», emanati successivamente a questo, «anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento», senza in alcun modo incidere sulle modalità di notificazione degli avvisi di accertamento, vietandone la notificazione diretta a mezzo posta. » (Cass., n. 27634 del 2020, cit. ).
4. Il quarto motivo e il quinto motivo di ricorso , limitati all’avviso di accertamento relativo all’annualità del 2010, riguardano entrambi il difetto di motivazione della sentenza impugnata in ordine all’indebita deduzione dal reddito di impresa RAGIONE_SOCIALE quote di ammortamento sui beni strumentali per complessivi Euro 301.368,67.
In particolare, con il quarto motivo RAGIONE_SOCIALE ha contestato la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, n. 4 , d.lgs. n. 546 del 1992, nonché gli artt. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc.
civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ. , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.
La parte ricorrente ha evidenziato di aver eccepito, sin dall’impugnazione dell’avviso di accertamento, che non era comprensibile in relazione a quali beni strumentali e per quali importi specifici fosse stata indicata dall’amministrazione finanziaria una ripresa di Euro 301.368,67 in merito alle quote di ammortamento dedotte dal reddito di impresa nell’anno 2010, considerato che nel bilancio di esercizio riferito a tale annualità la società ricorrente aveva indicato una somma complessiva di Euro 1.061.254 alla voce « costo per ammortamenti e svalutazioni».
La CTR sul punto ha, tuttavia, evidenziato che «gli atti impositivi sono sufficientemente motivati e tali da consentire al destinatario degli stessi di esercitare proficuamente il proprio diritto di difesa.
RAGIONE_SOCIALE ha, quindi, contestato che la motivazione, pur esistendo graficamente, si mostra come apparente, poiché non rende percepibile il fondamento della decisione (richiamando, a tal fine, Cass. 10/07/2017, n. 17039) e non consente di comprendere il percorso logico seguito. La motivazione è talmente generica da poter essere adattabile a qualsiasi situazione, poiché priva della necessaria attività valutativa rapportata alla fattispecie concreta.
Con il quinto motivo di ricorso è stata lamentata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 3 legge n. 241 del 1990 e dell’art. 7 legge 27 luglio 2000, n. 212, evidenziando, in ordine a quanto rilevato in relazione al quarto motivo di ricorso, anche la violazione dell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973.
L’RAGIONE_SOCIALE , nel controricorso, ha sostenuto che le censure di parte ricorrente investono, in realtà, il giudizio espresso dal giudice d’appello sulle prove fornite dalle parti, con la conseguente inammissibilità dei motivi del ricorso.
Il quarto e il quinto motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente e sono da considerare inammissibili per difetto di specificità. La parte ricorrente , nell’articolazione RAGIONE_SOCIALE censure avverso la sentenza della CTR, ha richiamato le proprie doglianze avverso l’avviso di accertamento in ordine alle deduzioni relative alle quote di ammortamento, ma non ha, tuttavia, richiamato i contenuti di quest’ultimo, né ha precisato perché la relativa motivazione si rivelasse generica. In altre parole, il difetto di motivazione contestato nei confronti della sentenza della CTR di Catania riguarda le asserite carenze dell’avviso di accertamento in merito ai beni strumentali e agli importi riferiti alla ripresa di Euro 301.368,67 in relazione alle quote di ammortamento. Tuttavia, proprio l’avviso di accertamento relativo all’anno 2010 prodotto in allegato al ricorso in cassazione, sub doc. 4 -rinvia, con riferimento alle deduzioni relative alle quote di ammortamento, a ben sei pagine del PVC (da 20 a 26). Il quarto e il quinto motivo di ricorso non riportano alcuna considerazione né in merito ai contenuti dell’avviso di accertamento relative alla ripresa sulle quote di ammortamento, né sul PVC, non rendendo, pertanto, possibile l’esame RAGIONE_SOCIALE censure svolte dalla parte ricorrente.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso è infondato e deve essere rigettato, con la condanna della parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente procedimento in favore della parte controricorrente.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, liquidate in Euro 5.900,00, oltre alle spese di prenotazione a debito;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15/05/2024