Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 790 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 790 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5346/2021 R.G. proposto da ESPOSITO NOME, rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME NOME COGNOME (domicilio digitale: EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA n. 3759/2020 depositata il 17 luglio 2020
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 10 dicembre 2024 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
In data 23 novembre 2018 l’agente della riscossione RAGIONE_SOCIALE inviava a NOME COGNOME ai sensi dell’art. 29, comma 1, lettera b), ultimo periodo, del D.L. n. 78 del 2010, convertito in L.
n. 122 del 2010, una comunicazione di presa in carico delle somme dovute in base all’avviso di accertamento ai fini dell’IRPEF emesso nei suoi confronti dalla Direzione Provinciale I di Napoli dell’Agenzia delle Entrate per l’anno 2012, divenuto esecutivo in difetto di impugnazione.
La COGNOME impugnava tale atto dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, eccependo l’intervenuta prescrizione della pretesa tributaria in conseguenza dell’omessa notifica dell’atto impositivo presupposto.
La Commissione adìta accoglieva il ricorso della contribuente.
La decisione veniva, però, successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania, che con sentenza n. 3759/2020 del 17 luglio 2020, in accoglimento dell’appello proposto dall’Amministrazione Finanziaria, rigettava l’originario ricorso della parte privata, ritenendo sussistente la prova dell’avvenuta regolare notificazione del prodromico avviso di accertamento.
Contro questa sentenza la COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, del predetto articolo la ricorrente ha depositato sintetica memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è lamentata l’omessa pronuncia della CTR in ordine all’ di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio sollevata dall’Agenzia delle Entrate, la quale aveva contestato l’impugnabilità dell’avviso di presa in carico di cui all’art. 29, comma 1, lettera b), ultimo periodo, del D.L. n. 78 del 2010, in quanto non rientrante fra gli atti indicati dall’art. 19, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992.
1.1 Si deduce, inoltre, che tale eccezione risultava comunque infondata, dovendo escludersi la tassatività dell’elencazione contenuta nella disposizione normativa per ultima citata.
1.2 La censura è inammissibile sotto diversi profili.
1.3 Anzitutto, la ricorrente non ha alcun interesse a dolersi dell’omessa statuizione della CTR in ordine a un motivo d’appello asseritamente proposto dall’Agenzia delle Entrate, non potendo essere ritenuta, sul punto, soccombente.
1.4 Fermo quanto precede, la lagnanza difetta di autosufficienza, non essendo stato indicato in ricorso quando e dove il motivo di gravame di cui trattasi -al quale non viene fatto cenno alcuno nella qui impugnata sentenza -sarebbe stato introdotto in causa dalla difesa erariale (sull’argomento si vedano Cass. n. 864/2023, Cass. n. 21617/2022, Cass. n. 26147/2021, Cass. n. 25056/2020).
Con il secondo motivo, prospettante la violazione e la falsa applicazione dell’art. 16 del D. Lgs. n. 546 del 1992 e degli artt. 137 e seguenti c.p.c., si contesta l’impugnata decisione per aver ritenuto raggiunta la prova dell’avvenuta rituale notifica dell’avviso di accertamento presupposto, eseguita ai sensi dell’art. 140 del codice di rito.
2.1 Viene obiettato, in proposito, che, contrariamente a quanto sostenuto dal collegio di secondo grado, non risultava dimostrato che il notificatore avesse: (a)affisso alla porta dell’abitazione del destinatario l’avviso di deposito di copia dell’atto presso la casa comunale; (b)inviato la raccomandata informativa prevista dalla citata norma del codice di rito; (c)esperito ricerche anagrafiche e raccolto notizie sulla reperibilità del destinatario medesimo.
2.2 Anche questo motivo è inammissibile.
2.3 La CTR ha accertato in fatto che la notificazione dell’avviso di accertamento presupposto dalla comunicazione di presa in carico oggetto dell’odierna vertenza era stata effettuata ai sensi dell’art. 140 c.p.c. dopo «un primo tentativo infruttuoso di notifica (per
irreperibilità della destinataria)… eseguito a mezzo raccomandata n. 766388335984 del 14.7.2017 all’indirizzo di Casalnuovo di Napoli al C.INDIRIZZO sc/A» .
Ha precisato, al riguardo, che, per quanto evincibile dalla documentazione versata in atti, «il messo aveva provveduto al deposito in busta sigillata con il 9328 presso la casa comunale in data 5.9.2017…, affiggendo avviso di deposito in busta sigillata alla porta dell’abitazione di Casalnuovo di Napoli al C.INDIRIZZO adempimenti di cui aveva dato notizia alla Esposito con raccomandata n. 92-005577252-99-0 in data 8.9.2017» .
2.4 Il collegio regionale ha quindi sottolineato che, qualora, come nel caso in esame, l’organo notificatore abbia specificamente attestato nella relata di notifica l’esecuzione di tutti gli adempimenti richiesti dall’art. 140 c.p.c., tale dichiarazione fa fede fino a querela di falso; e ciò in linea con quanto statuito sull’argomento da questa Corte (cfr. Cass. n. 1125/1998 e Cass. n. 4131/2013).
2.5 Ora, lungi dall’evidenziare in quale modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata -interamente sostitutiva di quella di primo grado (cfr. n. 16444/2024, Cass. n. 1984/2005, Cass. n. 10617/1998)- debbano ritenersi in contrasto con le norme regolatrici del caso controverso o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimità (cfr., sull’argomento, Cass. n. 3572/2024, Cass. n. 19822/2023, Cass. n. 37257/2022, Cass. n. 41722/2021), il motivo presuppone una diversa valutazione del materiale probatorio.
2.6 Una censura così formulata non può, tuttavia, trovare ingresso in questa sede, giacchè l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa rimane estranea all’esatta esegesi delle norme di diritto invocate e impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato
di legittimità (cfr. Cass. n. 5662/2024, Cass. n. 30660/2023, Cass. n. 7730/2022, Cass. n. 3340/2019).
In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti della ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 1.400 euro, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione