Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32031 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32031 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 20693/2021 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME unitamente all’Avv. NOME COGNOME con domicilio eletto in Roma, in INDIRIZZO giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione
PEC:
;
;
–
ricorrente – contro
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del LAZIO n. 139/2021, depositata in data 14 gennaio 2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3
dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate -Riscossione avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso presentato da COGNOME NOMECOGNOME con il quale erano state impugnate tre cartelle di pagamento poste a fondamento dell’ipoteca iscritta in data 19 aprile 2010 su un immobile di sua proprietà sito nel Comune di Poggio Mirteto, avente ad oggetto la regolarità della sola cartella n. NUMERO_CARTA avvenuta con il rito previsto nell’ipotesi di irreperibilità relativa, tramite deposito dell’atto nella casa comunale e spedizione della raccomandata informativa.
I giudici di secondo grado hanno ritenuto che, pur dovendo trovare applicazione per la notifica della cartella, nel caso in esame, il procedimento previsto nel caso di irreperibilità assoluta, che imponeva il compimento di ulteriori ricerche, quali le verifiche anagrafiche ex artt. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973 e 60, comma primo, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, tuttavia, dagli atti acquisiti in grado di appello, era emerso che in epoca successiva al 2009 l’Agente delle Riscossione aveva emesso due avvisi di intimazione regolarmente notificati con il rito della irreperibilità relativa mediante il deposito del piego presso la casa comunale il 24 settembre 2013 e il 4 maggio 2016 e la consegna alla destinataria dell’avviso il 27 marzo 2013, ritirato per compiuta giacenza il 30 ottobre 2013 e il 18 giugno 2016; di conseguenza, le contestazioni sulla mancata notifica della cartella presupposta e sul
termine di prescrizione avrebbero dovuto formare oggetto di impugnazione degli avvisi di intimazione, nella specie non proposta.
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato ad un unico motivo.
L’Agenzia delle Entrate- Riscossione resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1. Il primo ed unico motivo deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riguardo agli artt. 140 cod. proc. civ., 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, 26, comma 4, del d.P.R. n. 602 del 1973, 8 della legge n. 890 del 1982, 345 cod. proc. civ., 58 del decreto legislativo n. 542 del 1992, art. 7 del decreto legislativo n. 546 del 1992 e 2729 cod. civ., in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. La Commissione tributaria regionale, pur avendo affermato che, nella specie, avrebbe dovuto essere applicato il procedimento previsto nel caso di irreperibilità cosiddetta assoluta, aveva, tuttavia, argomentato e ritenuto che dagli atti era emersa la regolarità della notifica di due avvisi di intimazione con il procedimento della irreperibilità relativa; nel caso in esame non solo non si comprendeva cosa fosse stato notificato con detti avvisi, in assenza dell’atto completo, ma nemmeno le ricevute delle presunte notifiche erano collegate tra loro in assenza dei numeri di raccomandate sugli atti. Gli atti in esame dovevano essere c onsiderati mai formati e, per l’effetto, d oveva essere considerata prescritta la pretesa creditizia della cartella esattoriale impugnata in assenza di notifiche valide e di atti interruttivi idonei in tal senso. In particolare, il credito Irpef si era prescritto nel 2010, trascorsi 10 anni, mentre le sanzioni ed interessi si erano prescritti per decorrenza del termine massimo di 5 anni. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate Riscossione, aveva depositato le ricevute delle presunte notifiche e i documenti solo in sede di appello, in violazione del divieto
di cui all’art. 345 , comma terzo, cod. proc. civ. e dell’art. 58 del decreto legislativo n. 546 del 1992, che sanciva il divieto di produrre documenti in sede di appello, tranne che, gli stessi non fossero stati prodotti per cause non imputabili alla parte.
In via preliminare va dichiarata la parziale cessazione della materia del contendere con riguardo al credito di euro 391,16, di cui alla partita di ruolo n. NUMERO_DOCUMENTO e alla cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA ai sensi dell’art. 4 del decreto legge n. 119 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 136 del 2018, che ha disposto l’annullamento dei debiti fino a mille euro affidati in riscossione dal 2000 al 2010 (cfr. Cass., 30 aprile 2019, n. 11410 e, più di recente, Cass. 25 luglio 2024, n. 20726).
Passando all’esame dell’unico motivo del ricorso principale , in disparte l’infondatezza della censura della ricorrente nella parte in cui lamenta la violazione degli artt. 345, comma terzo, cod. proc. civ. e dell’art. 58 del decreto legislativo n. 546 del 1992, dovendosi richiamare la giurisprudenza di questa Corte secondo cui « In tema di contenzioso tributario, l’art. 58 del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546 fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti anche al di fuori degli stretti limiti consentiti dall’art. 345 cod. proc. civ., ma tale attività processuale va esercitata – stante il richiamo operato dall’art. 61 del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546 alle norme relative al giudizio di primo grado – entro il termine previsto dall’art. 32, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, ossia fino a venti giorni liberi prima dell’udienza con l’osservanza delle formalità di cui all’art. 24, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, dovendo, peraltro, tale termine ritenersi, anche in assenza di espressa previsione legislativa, di natura perentoria, e quindi sanzionato con la decadenza, per lo scopo che persegue e la funzione (rispetto del diritto di difesa del principio del contraddittorio)
che adempie » (da ultime: Cass., 24 giugno 2021, n. 18103; Cass., 22 ottobre 2021, n. 29690; Cass., 13 dicembre 2021, n. 39544; Cass., 30 dicembre 2021, n. 42069; Cass., 4 gennaio 2022, n. 14; Cass., 5 gennaio 2022, n. 147; Cass., 27 gennaio 2022, n. 2377), il motivo, per il resto, è fondato.
3.1 Deve, infatti, richiamarsi la giurisprudenza di questa Corte secondo cui la nullità della notifica di un atto presupposto inficia gli atti successivi determinando la nullità degli stessi, con la conseguenza che il contribuente può impugnare un atto consequenziale qualsiasi, impugnando con esso anche gli atti presupposti (Cass., Sez. U., 15 aprile 2021, n. 10012) e ciò perché la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è garantita mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, sicché l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato.
3.2 In particolare, l’art. 19, comma 3, del decreto legislativo n. 546 del 1992 consente al contribuente di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante d all’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, pe r contestare radicalmente la pretesa tributaria; spetterà quindi al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta, con la conseguenza che nel primo caso dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale, con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda della
decorrenza dei termini di decadenza, mentre nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza o meno di tale pretesa (Cass., Sez. U., 2008, n. 5791; Cass., 2018, n. 01144).
3.3 Deve quindi ritenersi pacifico che, in materia di riscossione delle imposte, l’omissione (o l’invalidità) della notifica di un atto presupposto (nel caso in esame la cartella di pagamento) costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato; poiché tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dall’art. 19, comma 3, d.lgs. n. 546 del 1992, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli, facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o meno, di tale pretesa (Cass., 15 settembre 2023, n. 26660).
3.4 E’ appena il caso di precisare che con riferimento all’irreperibilità assoluta, la Corte ha precisato che la notificazione della cartella ai sensi dell’art. 60, comma 1, lett. e) del d.P.R. n. 600 del 1973 è ritualmente eseguita solo nell’ipotesi in cui, a seguito delle ricerche che la legge impone, non sia possibile rinvenire l’effettiva abitazione (o ufficio/azienda) del contribuente: solo in presenza di tali adempimenti la notificazione è ritualmente effettuata mediante deposito dell’atto nella casa comunale e affissione dell’avviso di deposito nell’albo del Comune, senza necessità di comunicazione all’interessato a mezzo di
raccomandata con ricevuta di ritorno, né di ulteriori ricerche al di fuori del detto Comune (Cass., 12 febbraio 2020, n. 3378), mentre con riferimento all’irreperibilità relativa, in tema di notifica della cartella di pagamento è pacifico che, in base a quanto statuito da Corte Cost. n. 258/2012 in relazione all’art. 26, comma 3 (ora 4), del d.P.R. n. 602 del 1973, trova applicazione l’art. 140 c.p.c., in virtù del combinato disposto del citato art. 26, ultimo comma, e dell’art. 60, comma 1, lettera e) del d.P.R. n. 600 del 1973: pertanto è necessario, ai fini del suo perfezionamento, che siano effettuati tutti gli adempimenti prescritti, incluso l’inoltro al destinatario e l’effettiva ricezione della raccomandata informativa del deposito dell’atto presso l a casa comunale, non essendone sufficiente la sola spedizione; la notificazione effettuata ai sensi di tale disposizione si perfeziona, per il destinatario, con il ricevimento della raccomandata informativa, se anteriore al maturarsi della compiuta giacenza, o, in caso contrario, con il decorso del termine di dieci giorni dalla spedizione (Cass., 31 ottobre 2018, n. 27825).
3.5 Inoltre, le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che in tema di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite servizio postale, qualora l’atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per sua temporanea assenza ovvero per assenza o inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio può essere data dal notificante, in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata (artt. 24 e 111, secondo comma, Cost.) dell’art. 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890, esclusivamente attraverso la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito (cd. C.A.D.), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della suddetta raccomandata informativa (così Cass., Sez. U. civ., 15 aprile 2021, n.
10012) e che la motivazione del citato arresto espressamente accomuna le due fattispecie di notifica in caso di irreperibilità relativa del destinatario (quella di cui all’art. 140 cod. proc. civ. e quella eseguita tramite servizio postale) ravvisando tra le stesse un «pendant logico-giuridico» ed un’«evidente analogia», così estendendo, in una prospettiva di comparazione anche costituzionale, la consolidata soluzione, in materia di necessaria produzione dell’avviso di ricevimento, già adottata da questa Corte in relazione alla notifica eseguita ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., che individua come consolidata (cfr. sul punto Cass., 25 novembre 2021, n. 36562 e, più di recente, Cass., 15 settembre 2023, n. 26660, citata).
3.6 Ciò posto, in punto di principi normativi e giurisprudenziali, nella vicenda in esame, la ricorrente aveva dedotto con il ricorso introduttivo di primo grado di non avere ricevuta la notifica della cartella n. NUMERO_CARTA (di euro 171.256,28), oltre che degli atti impositivi presupposti e degli avvisi di intimazione e l’Agenzia delle Entrate aveva sostenuto la regolarità della notifica della predetta cartella, avvenuta tramite messo notificatore (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata); in partico lare, l’Agenzia appellante aveva evidenziato che il messo notificatore si era recato il 7 settembre 2009 nel luogo di residenza della contribuente e nella impossibilità di procedere alla consegna dell’atto alla destinataria, o a persona autorizzata, aveva proceduto al deposito dell’atto nella casa comunale e aveva spedito, in data 29 settembre 2009, alla contribuente la raccomandata informativa; inoltre, l’Ufficio aveva sottolineato che anche se non era stata applicata la disposizione in materia di irreperibilità assoluta, detta circostanza non aveva alcun effetto sulla regolarità della notifica dato che comunque la formalità da seguire era la stessa, ovvero il deposito dell’atto nella Casa Comunale e che, in ogni caso, alla cartella di pagamento erano seguiti due avvisi di
intimazione regolarmente notificati il 4 ottobre 2013 e il 198 maggio 2016 con il rito dell’irreperibilità relativa; a fronte di ciò, la Commissione tributaria regionale, pur avendo correttamente affermato che, nel caso in esame, doveva trovare applicazione per la notifica della cartella, il procedimento previsto nel caso di irreperibilità assoluta, che imponeva il compimento di ulteriori ricerche, quali le verifiche anagrafiche ex artt. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973 e 60, comma primo, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, ha affermato, non conformemente ai principi esposti, che, in ogni caso, dagli atti acquisiti (regolarmente) in grado di appello, era emerso che l’Agente della Riscossione aveva emesso due avvisi di intimazione regolarmente notificati ( con il rito della irreperibilità relativa mediante il deposito del piego presso la casa comunale il 24 settembre 2013 e il 4 maggio 2016 e la consegna alla destinataria dell’avviso il 27 marzo 2013, ritirato per compiuta giacenza il 30 ottobre 2013 e il 18 giugno 2016, ritirato anch’esso per compiuta giacenza ); ed invero, sulla premessa della non conformità a legge del procedimento notificatorio dei due avvisi di intimazione eseguito con la procedura della irreperibilità relativa, i giudici di secondo avrebbero dovuto verificare la regolarità della notifica della cartella di pagamento (atto presupposto). Ed invero, la sentenza impugnata ha dapprima errato nel ritenere valida la notifica dei due avvisi di intimazione eseguita con il rito della irreperibilità relativa e ha, in secondo luogo, errato nella parte in cui ha ritenuto che la circostanza che la destinataria della notifica della cartella risultava sconosciuta non inficiava la regolarità del procedimento notificatorio, in quanto anche in materia di irreperibilità assoluta la formalità da seguire sarebbe stata comunque il deposito dell’atto nella casa comunale , così non accertando se la notifica della cartella di pagamento (atto che aveva preceduto la notifica degli avvisi di intimazione) fosse regolare o meno, in quanto
eseguita con la procedura dell’irreperibilità relativa, piuttosto che con quella della irreperibilità assoluta.
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso va accolto; la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara cessata parzialmente la materia del contendere con riguardo al credito di euro 391,16, di cui alla partita di ruolo n. NUMERO_DOCUMENTO e alla cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA e, per il resto, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 3 dicembre 2024.