Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14453 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14453 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8517/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE, con sede in Latina, alla INDIRIZZO (P.IVA: P_IVA), rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE, con studio in Terracina, alla INDIRIZZO ove è elettivamente domiciliata come da procura speciale in calce al ricorso (tel./fax: NUMERO_TELEFONO; indirizzo di posta elettronica – pec: EMAIL; e-mail: EMAIL);
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate (C.F.: 06363391001), in persona del Direttore Generale pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: NUMERO_DOCUMENTO) e presso la stessa domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
Avviso liquidazione imposta di registro -Impugnazione intimazione di pagamento e pignoramento presso terzi
-controricorrente –
-avverso la sentenza n. 4514/2019 emessa dalla CTR Lazio in data 22/07/2019 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa
La RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione avverso un avviso di liquidazione per imposta di registro avente ad oggetto il trasferimento ai sensi dell’art. 2932 c.c. della proprietà di alcuni immobili, eccependone la mancata notifica e, per l’effetto, la decadenza dell’Agenzia delle Entrate dal diritto alla riscossione.
La CTP di Latina rigettava il ricorso, evidenziando che la contribuente avrebbe dovuto impugnare tempestivamente la cartella di pagamento lamentando la mancata notifica dell’atto prodromico.
Sull’impugnazione della RAGIONE_SOCIALE, la CTR del Lazio rigettava il gravame, affermando che la contribuente per due volte aveva impugnato l’atto di pignoramento presso terzi del quale l’avviso di liquidazione era l’atto presupposto, che con la sentenza che si era pronunciata sul secondo ricorso, in particolare, la CTP di Latina aveva riconosciuto che era ‘ampiamente documentata la regolare notifica degli atti presupposti, cartelle di pagamento e intimazioni di pagamento’ e che la riproposizione della questione della mancata notifica dell’avviso di liquidazione violava il principio del ne bis in idem, atteso che la controversia era la stessa del precedente giudizio, senza tralasciare che il ricorso era stato comunque tardivamente proposto.
Contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di cinque motivi. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 19, comma 3, d.lgs. n. 546/1992 e 6 l. n. 212/2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che la detta disposizione non impone al contribuente un onere (ma solo la possibilità) di impugnazione cumulativa dell’atto successivo e di quello presupposto del quale sia stata omessa la notificazione e che l’amministrazione finanziaria aveva l’obbligo di assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati.
1.1. Il motivo è infondato.
La mancata notificazione della cartella di pagamento comporta un vizio della sequenza procedimentale dettata dalla legge, la cui rilevanza non è esclusa dalla possibilità, riconosciuta al contribuente dall’art. 19, comma terzo, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, di esercitare il proprio diritto di difesa a seguito della notificazione dell’avviso di mora, e che consente dunque al contribuente di impugnare quest’ultimo atto, deducendone la nullità per omessa notifica dell’atto presupposto o contestando, in via alternativa, la stessa pretesa tributaria azionata nei suoi confronti (Cass., Sez. U, Sentenza n. 16412 del 25/07/2007).
In particolare, in materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Poiché tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dall’art. 19, comma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di
accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa (Cass., Sez. U, Sentenza n. 5791 del 04/03/2008; conf. Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 1144 del 18/01/2018).
Orbene, in nessun passaggio logico della sentenza qui impugnata viene affermato l’obbligo della contribuente di impugnare cumulativamente l’atto successivo e quello presupposto di cui sia stata omessa la notificazione.
La censura secondo cui la CTR non avrebbe considerato che l’amministrazione finanziaria aveva l’obbligo di assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati è, invece, del tutto apodittica e priva di uno sviluppo pratico.
Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 139 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato il mancato perfezionamento della notifica dell’intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA atteso il mancato invio della raccomandata informativa e l’avvenuta consegna a persona non addetta alla sede della società.
Con il quarto motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR valutato la dichiarazione resa in forma di atto notorio dalla legale rappresentante della società secondo cui, all’epoca della notifica dell’intimazione di pagamento, la società stessa non aveva dipendenti né addetti alla sede diversi dai soci.
I due motivi, da trattarsi congiuntamente, siccome strettamente connessi, sono in parte inammissibili e, in parte, infondati.
Premesso che l’onere di provare l’assenza di addetti presso la sede sociale
e, soprattutto, che il consegnatario del plico, tale qualificatosi, non lo fosse è a carico del destinatario della notifica, va tenuto presente che l’autocertificazione, prevista dall’art. 46 del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, può essere idonea, ad attestare, sotto la propria responsabilità, fatti a se favorevoli esclusivamente nel rapporto con una P.A. e nei relativi procedimenti amministrativi, ma nessun valore probatorio, neanche indiziario, può esserle riconosciuto nell’ambito del giudizio civile, in quanto caratterizzato dal principio dell’onere della prova, tenuto conto che la parte non può derivare da proprie dichiarazioni elementi di prova a proprio favore e che solo la non contestazione o l’ammissione di controparte possono esonerare dallo onus probandi (Cass., Sez. L, Sentenza n. 17358 del 23/07/2010).
Inoltre, in tema di ricorso per cassazione, può essere dedotta la violazione dell’art. 115 c.p.c. qualora il giudice, in contraddizione con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove inesistenti e, cioè, sia quando la motivazione si basi su mezzi di prova mai acquisiti al giudizio, sia quando da una fonte di prova sia stata tratta un’informazione che è impossibile ricondurre a tale mezzo (ipotesi diversa dall’errore nella valutazione dei mezzi di prova – non censurabile in sede di legittimità – che attiene alla selezione da parte del giudice di merito di una specifica informazione tra quelle astrattamente ricavabili dal mezzo assunto), a condizione che il ricorrente assolva al duplice onere di prospettare l’assoluta impossibilità logica di ricavare dagli elementi probatori acquisiti i contenuti informativi individuati dal giudice e di specificare come la sottrazione al giudizio di detti contenuti avrebbe condotto a una decisione diversa, non già in termini di mera probabilità, bensì di assoluta certezza (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 12971 del 26/04/2022).
La dedotta violazione dell’art. 2697 c.c. non è, poi, fondato su alcuna argomentazione, non avendo la ricorrente neppure dedotto che la CTR avesse posto a suo carico un onere probatorio gravante, invece, sull’amministrazione finanziaria.
Senza tralasciare che, in violazione del principio di autosufficienza, la
ricorrente ha del tutto omesso di trascrivere la detta dichiarazione resa in forma di atto notorio dalla sua legale rappresentante e che, essendosi in presenza di una cd. doppia conforme, non sarebbe stato possibile denunciare neanche un vizio motivazionale.
4 .1. Pur dovendosi escludere la pertinenza del richiamo operato all’art. 139 c.p.c. (essendo stata la notifica dell’intimazione eseguita presso la sede della società, con conseguente applicabilità dell’art. 145 c.p.c.), è viziata la notifica di una cartella di pagamento (o di una intimazione di pagamento) allorquando venga omessa l’esibizione dell’avviso di ricevimento della raccomandata informativa che va inviata nell’ipotesi di consegna dell’atto a mezzo del servizio postale non effettuata direttamente al destinatario. La detta raccomandata, nel caso di notifica a persona giuridica, non è, tuttavia, necessaria nel caso in cui la copia dell’atto venga consegnata al rappresentante legale, alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, nelle mani di altra persona addetta alla sede o del portiere dello stabile in cui è la sede.
Invero, la spedizione della raccomandata informativa di cui all’art. 7, comma 6, della l. n. 890 del 1982 (comma inserito dall’art. 36, comma 2 quater, del d.l. n. 248 del 2007, conv., con modif., dalla l. n. 31 del 2008, e successivamente abrogato dalla l. n. 205 del 2017) era prescritta nell’ipotesi di consegna del piego a persona diversa dal destinatario, il quale, nel caso di notificazione alle persone giuridiche ex art. 145 c.p.c., va individuato non solo nel legale rappresentante, ma anche negli altri soggetti indicati nella disposizione e, cioè, nelle persone incaricate di ricevere le notificazioni o, in mancanza, addette alla sede (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 9878 del 26/05/2020).
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 140 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato il mancato perfezionamento della notifica, ai sensi dell’art. 140 c. p.c., della cartella di pagamento n. 05720110037363439, essendo la raccomandata informativa ad essa inviata tornata indietro con la dicitura ‘destinatario sconosciuto all’indirizzo’ ed
essendo la notifica avvenuta presso il domicilio dell’amministratore unico (NOME COGNOME privo dell’indicazione del numero civico della via.
6. Con il quinto motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 111 c.p.c. e 2909 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per aver la CTR ritenuto sussistere la violazione del principio del ne bis in idem , nonostante la sentenza n. 105/02/15 della CTP di Latina, confermata dalla CTR, avesse dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in ordine al pignoramento presso terzi, non essendovi stata, per l’effetto, alcuna statuizione nel merito.
Il secondo ed il quinto motivo restano assorbiti nel rigetto del terzo e del quarto.
Invero, alla stregua delle considerazioni che precedono, sebbene, in mancanza della prescritta raccomandata informativa, la notificazione ex art. 140 c.p.c. della cartella di pagamento n. 05720110037363439 sia nulla e per quanto, avendo la CTP aveva riconosciuto il proprio difetto di giurisdizione, nessuna valenza, men che meno sul piano del giudicato (e, quindi, della violazione del principio del ne bis in idem ), si sarebbe potuta riconosciuta all ‘ affermazione concernente la validità della notifica delle cartelle di pagamento e delle intimazioni di pagamento (atteso che il giudice, qualora dichiari il proprio difetto di giurisdizione, si spoglia della potestas iudicandi con una pronuncia in rito completamente definitoria della causa dinanzi a sé, con la conseguenza che la statuizione resa anche sul “merito” della medesima controversia si appalesa meramente apparente e, come tale, è insuscettibile di passare in cosa giudicata; cfr. Cass., Sez. U, Ordinanza n. 31024 del 27/11/2019), la contribuente avrebbe dovuto far valere tale nullità impugnando la successiva intimazione di pagamento (la cui notifica, invece, per quanto si è evidenziato nell’analizzare il terzo ed il quarto motivo, era valida), e non già l’ulteriormente successivo atto di pignoramento presso terzi.
Ne deriva che il ricorso non merita di essere accolto.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in 5.880,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 16.5.2025.