Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28118 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28118 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14591/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che l a rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COMUNE MONDRAGONE
-intimato- avverso SENTENZA di COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE CAMPANIA n. 9049/2017 depositata il 25/10/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/09/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La CTR della Campania, con la sentenza n. 9049/18/2017 depositata in data 25/10/2017 e non notificata, rigettava l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza di primo grado che aveva disatteso l’impugnazione proposta dalla società c ontribuente avverso la ‘bolletta’ n. 12860 relativa a TARI anno d’imposta 2014 notificata dal Comune di Mondragone.
1.1. I giudici d’appello rilevavano che erano infondate le eccezioni relative all’irritualità della notifica dell’atto impositivo come correttamente ritenuto dal giudice di primo grado, che l’atto impositivo doveva ritenersi adeguatamente motivato e che la parte contribuente non aveva comprovato il diritto all’esenzione in ragione dell’auto -smaltimento di carta, cartoni e rifiuti speciali.
Contro detta sentenza propone ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi, la società RAGIONE_SOCIALE
Il Comune RAGIONE_SOCIALE Mondragone è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società ricorrente deduce, ai sensi dell’ dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., omesso esame della questione preliminare afferente all’invalidità della notifica dell’atto impugnato, lamentando che la CTR aveva omesso di esaminare la questione relativa al l’inesistenza della notifica dell’atto impositivo come proposta in appello, senza pronunciarsi con ‘autonoma valutazione’.
Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’ dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 148 e 149 c.p.c., dell’ art. 1 della L. 890/1992, del d.lgs. n. 261/1999, art. 4 comma 1 lett. a) nonché dell’ art. 1, comma 57, lett. b) L. 124/2017 assumendo che, nella specie, la relata di notifica dell’atto impugnato era priva di sottoscrizione e di compilazione, da ciò discendendo la giuridica inesistenza della notificazione e, di conseguenza, la giuridica inesistenza dell’atto impositivo.
Assume, ancora, che i giudici d’appello non avevano valutato i principi fissati dalla Suprema Corte secondo cui, in forza dell’art. 1, comma 57, lett. b) L. 124/2017 – che aveva disposto l’abrogazione art. 4 comma del d.lgs. n. 261/1999 con decorrenza dal 10 settembre 2017 -era venuta meno l’esclusività di RAGIONE_SOCIALE in merito alla fornitura del servizio di notificazione atti giudiziari, con la conseguenza che, non potendosi riconoscere alcuna efficacia retroattiva a detta abrogazione, in relazione al tempo in cui era avvenuta la notifica dell’atto impositivo la stessa era da considerarsi a tutti gli effetti inesistente.
Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, l. 212/2000, assumendosi che i giudici di appello non avevano considerato che l’atto impositivo doveva ritenersi privo di adeguata motivazione, stante l’omessa indicazione del criterio seguito nella determinazione della tariffa applicata, dei dati di base e dei calcoli eseguiti per ottenere l’importo richiesto, nonché l’assenza di qualsivoglia riferimento al Piano Economico Finanziario (legge di stabilità 2014) ai fini della determinazione della tariffa da applicarsi agli utenti.
Con il quarto motivo deduce, ai sensi dell’ dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., violazione dell’art. 115 c.p.c. assumendo si che del tutto erroneamente, e non valutando adeguatamente le risultanze istruttorie, la CTR aveva rigettato la richiesta di riduzione della tariffa nonostante l’ esistenza di due appositi contratti con due società specializzate nello smaltimento di alcune tipologie di rifiuti.
Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni appresso specificate.
Il primo motivo è inammissibile.
6.1. Come è noto, l’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., nel testo riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per
cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6), e 369, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (tra le tante: Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054; Cass. 27 novembre 2014, n. 25216; Cass. 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass. 21 ottobre 2019, n. 26764; Cass. 12 luglio 2021, nn. 19820, 19824, 19826 e 19827; Cass. 22 luglio 2021, n. 20963; Cass. 27 luglio 2021, n. 21431; Cass. 30 maggio 2022, n. 17359; Cass. 10 novembre 2023, n. 31327; Cass. 29 dicembre 2023, n. 36426; Cass. 6 febbraio 2024, n. 3404; Cass. 21 maggio 2025, n. 13573). L’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., come riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., Sez. 14 settembre 2018, n. 26305; Cass. 6 settembre 2019, n. 22397; Cass. 11 maggio 2021, n. 12400; Cass. 24 luglio 2021, nn. 21457 e 21458; Cass. 20 dicembre 2022, n. 37346; Cass. 10
novembre 2023, n. 31327; Cass. 29 febbraio 2024, n. 5426) né l’omessa disa mina di questioni o argomentazioni (Cass. 6 settembre 2019, n. 22397; Cass. 20 aprile 2021, n. 10285; Cass. 20 dicembre 2022, n. 37346; Cass., 10 novembre 2023, n. 31327; Cass. 29 febbraio 2024, n. 5426).
6.2. Nel caso in esame appare di tutta evidenza l’inammissibilità del motivo in quanto – in disparte la circostanza che trattasi di doppia conforme, con conseguente non deducibilità della censura (vedi, da ultimo, Cass. 12/05/2025, n. 12636) – la parte mira, in realtà, a contestare non già l’omesso esame di da ti fattuali bensì la valutazione giuridica dei giudici di merito in ordine alla ritualità della notifica dell’atto impositivo.
Il secondo motivo è da ritenere inammissibile o, comunque, infondato.
7.1. In primo luogo il ricorso si appalesa carente sotto il profilo della c.d. autosufficienza: in tema di ricorso per cassazione, ove sia denunciato il vizio di una notifica, è necessaria la trascrizione integrale degli atti relativi al procedimento notificatorio, con riguardo sia ad atti processuali che ad atti procedimentali, il principio di autosufficienza del ricorso esige la trascrizione integrale di quest’ultima, che, se omessa, determina l’inammissibilità del motivo (Cass. 28 febbraio 2017, n. 5185; Cass. 30 novembre 2018, n. 31038; Cass. 16 marzo 2021, n. 7173; Cass. 12 maggio 2021, n. 12518; Cass. 15 luglio 2021, n. 20152; Cass. 22 ottobre 2021, n. 29568; Cass. 29 ottobre 2021, n. 30971; Cass. 11 luglio 2022, n. 21810; Cass., Sez. Trib., 12 gennaio 2023, n. 822; Cass, 13 dicembre 2023, n. 34902; Cass. 12 agosto 2024, n. 22707; Cass. 5 maggio 2025, n. 11777). Onde, per accertare la sussistenza o meno della dedotta violazione non basta un generico richiamo ai documenti relativi alla notifica, ma per il principio dell’autosufficienza è necessaria la sua integrale trascrizione, onde consentire al giudice il preventivo esame della rilevanza del vizio denunziato (Cass., 22
ottobre 2021, n. 29568). Nella specie, però, parte ricorrente non ha riprodotto, né allegato, né richiamato le attestazioni concernenti la notifica dell’atto impositivo, per cui è preclusa al collegio la verifica della relativa regolarità, non superando la doglianza il vaglio di ammissibilità.
Peraltro dalla stessa prospettazione di cui al ricorso non si verterebbe in ipotesi di inesistenza bensì di nullità, sicchè la impugnazione ha avuto, in ogni caso, effetto sanante ex art. 156 cpc.
Va, invero, richiamato il principio secondo cui in tema di notificazioni a mezzo posta di atti impositivi, per effetto dell’art. 4 del d.lgs. n. 261 del 1999 e succ. modif., è valida la notifica compiuta – nel periodo intercorrente tra la parziale liberalizzazione attuata col d.lgs. n. 58 del 2011 e quella portata a pieno compimento dalla l. n. 124 del 2017 – tramite operatore postale privato in possesso dello specifico titolo abilitativo costituito dalla “licenza individuale” di cui all’art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 261 cit., configurandosi l’ipotesi di inesistenza della notificazione in casi assolutamente residuali. (Cass. Sez. 5, 20/07/2020, n. 15360).
Il terzo motivo è privo di fondamento.
8.1. Anzitutto, vi è carenza di autosufficienza per l’omessa trascrizione in ricorso dell’atto impositivo. Infatti, è pacifico che, in tema di processo tributario, ove si censuri la sentenza del giudice tributario sotto il profilo del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un atto impositivo – che è un atto amministrativo e non processuale – il ricorrente, a pena di inammissibilità, deve trascrivere testualmente il contenuto dell’atto impugnato che assume erroneamente interpretato o pretermesso dal giudice di merito al fine di consentire alla Corte di Cassazione la verifica della doglianza esclusivamente mediante l’esame del ricorso (in termini: Cass. 6 novembre 2019, n. 28570; Cass. 27 maggio 2020, nn. 9902 e 9903; Cass. 15 marzo 2021, n. 7156; Cass. 11 marzo 2022, n. 7928; Cass. 11 maggio 2022, n. 14905; Cass. 2 novembre 2023, n.
30498; Cass. 12 giugno 2024, n. 16428; Cass. 9 aprile 2025, n. 9372). Ne discende che l’inosservanza di tale onere comporta l’inammissibilità del mezzo, precludendo ogni sindacato.
Inoltre, come emerge dalla relativa formulazione in ricorso, la censura non attinge alcuna argomentazione o statuizione della sentenza impugnata, limitandosi a contestare, sul piano meramente astratto, il profilo inerente alla motivazione di un atto impositivo ai fini TARSU.
Vale, quindi, il principio per cui è inammissibile il motivo che non si correla alla motivazione della sentenza impugnata, dato che il motivo di impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto di impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, poiché per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto di impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere (ex multis: Cass., 22 aprile 2020, n. 8036; Cass. 30 dicembre 2023, n. 36588; Cass. 24 settembre 2024, n. 25533; Cass. 9 maggio 2025, n. 12283).
Per il resto va osservato che è pacifico, secondo il costante orientamento di questa Corte, che l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento di maggior valore deve ritenersi adempiuto mediante l’enunciazione del criterio astratto in base al quale è stato rilevato, con le specificazioni in concreto necessarie per consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa e per delimitare l’ambito delle ragioni deducibili dall’Ufficio nell’eventuale
successiva fase contenziosa, nella quale l’Amministrazione ha l’onere di provare l’effettiva sussistenza dei presupposti per l’applicazione del criterio prescelto ed il contribuente la possibilità di contrapporre altri elementi sulla base del medesimo criterio o di altri parametri. (Cass. Sez. 6, 09/05/2017, n. 11270).
La parte si duole, peraltro, della mancata allegazione della ‘tariffa’ omettendo di considerare che la stessa non deve essere indicata in dettaglio nella motivazione dell’atto impositivo in quanto stabilita con delibera comunale soggetta a pubblicità legale e quindi perfettamente conoscibile.
Anche il quarto motivo non coglie nel segno ove si ponga mente, in primo luogo, alla circostanza che parte contribuente non censura la ratio circa la omessa presentazione della dichiarazione al fine di ottenere a chiesta esenzione.
Invero, quando la sentenza assoggettata ad impugnazione sia fondata su diverse ” rationes decidendi “, ciascuna idonea a giustificarne autonomamente la statuizione, la circostanza che tale impugnazione non sia rivolta contro una di esse determina l’inammissibilità del gravame per l’esistenza del giudicato sulla ” ratio decidendi ” non censurata o comunque per carenza di interesse (vedi, ex multis , S.U. 20107/2024 nonché Cass. nn. 5102/2024, 13880/2020, 14740/2005).
Pe il resto è opportuno rimarcare, inoltre, che questa Corte (cfr., pure nelle rispettive motivazioni Cass. n. 35041 del 2022, Cass. n. 33961 del 2022 e Cass. n. 13408 del 2022), ha chiarito, tra l’altro, che: a) non integra violazione, né falsa applicazione di norme di diritto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretative ed applicativo della norma di legge; b) il discrimine tra violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa) ed erronea applicazione della legge (in ragione della carente o contraddittoria
ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr. Cass. n. 10313 del 2006; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; Cass. n. 8315 del 2013; Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010); c) le doglianze attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (cfr. Cass. n. 13238 del 2017; Cass. n. 26110 del 2015).
Nella specie, parte ricorrente incorre nell’equivoco di ritenere che la violazione o la falsa applicazione di norme di legge processuale (tale essendo l’art. 115 cod. proc. civ. richiamato nella rubrica del motivo in esame) dipendano o siano ad ogni modo dimostrate dall’erronea valutazione del materiale istruttorio, laddove, al contrario, – come chiarito, ancora recentemente da Cass. n. 35782 del 2023 (cfr. in motivazione, dove si richiamano, in senso analogo, Cass. nn. 16303, 11299 e 28385 del 2023) – un’autonoma questione di malgoverno dell’art. 115 cod. proc. civ. può porsi solo allorché il ricorrente alleghi che il giudice di merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge (cfr. Cass., SU, n. 5375/2024 Data pubblicazione 29/02/2024 16 20867 del 2020, che ha pure precisato che «è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.»). Del resto, affinché sia rispettata la prescrizione desumibile dal combinato disposto dell’art. 132, n. 4, e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata
all’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla ovvero la carenza di esse (cfr. Cass. 24434 del 2016).
In definitiva, la valutazione degli elementi istruttori costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione (cfr. Cass. n. 11176 del 2017, in motivazione). Né può surrettiziamente trasformarsi il giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. n. 21381 del 2006, nonché, ex multis , Cass. n. 8758 del 2017; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. nn. 32026 e 40493 del 2021; Cass. nn. 1822, 2195, 5490, 9352, 15237, 21424, 30435, 35041 e 35870 del 2022; Cass. nn. 1015, 7993, 11299, 13787, 14595, 17578, 28390, 30878 e 35947 del 2023).
Sulla scorta delle considerazioni che precedono il ricorso va, dunque, rigettato
10.1. Nulla in ordine alle spese stante la mancata costituzione dell’ente impositore rimasto intimato.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data 10 settembre 2025 .
Il Presidente NOME COGNOME