Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 694 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 694 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23171/2016 R.G. proposto da:
NOME COGNOMEC.F. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME COGNOME con domicilio digitale indicato in ricorso;
-ricorrente – contro
AVVISO DI INTIMAZIONE
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale allegata al controricorso , dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale indicato in controricorso;
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA – NAPOLI n. 2422/16, depositata in data 10/3/2016; Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME COGNOME nella camera di consiglio del 15 novembre 2024;
Fatti di causa
In data 19/11/2013, RAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti, anche ‘l’agente della riscossione’ ) notificò a NOME COGNOME (d’ora in avanti, anche ‘il contribuente’ ) ventuno intimazioni di pagamento emesse sulla base di ventuno cartelle, per il mancato versamento di somme a titolo di Irap, Iva, Irpef, Tarsu, Tia, contributi previdenziali e sanzioni per la violazione di norme del codice della strada.
Il contribuente propose ricorso dinanzi alla C.T.P. di Caserta per l’annullamento delle ventuno intimazioni di pagamento, deducendo l’omessa o irrituale notificazione degli atti presupposti.
La C.T.P. accolse in parte l’impugnazione.
Su appello sia dell’Agenzia delle Entrate che dell’agente della riscossione, nel contraddittorio con il contribuente, la C.T.R. riformò in
parte la sentenza di primo grado, dichiarando dovute le somme portate da due intimazioni di pagamento in precedenza annullate dalla C.T.P.
Avverso la sentenza d’appello, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
Resistono con controricorso l’Agenzia delle Entrate e l’agente della riscossione.
Il contribuente e l’agente della riscossione hanno depositato memorie difensive in vista dell’adunanza camerale.
Ragioni della decisione
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione dell’art. 360, n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 165 del 2001 nonché carenza di motivazione sul punto’ , il contribuente deduce che , costituendosi nel giudizio di appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, aveva eccepito la nullità dell’appello perché non sottoscritto dal Direttore Provinciale, ma da un funzionario suo delegato. Su tale eccezione, la C.T.R. non ha pronunciato. La delega, inoltre, qualora emessa, sarebbe viziata, in quanto non conferibile per la rappresentanza in giudizio.
1.1. Il motivo è infondato.
Il Collegio intende dare continuità all’orientamento di questa Corte di legittimità secondo il quale in tema di contenzioso tributario, la provenienza di un atto di appello dall’Ufficio periferico dell’Agenzia delle Entrate e la sua idoneità a rappresentarne la volontà si presumono anche ove non sia esibita in giudizio una corrispondente specifica delega, salvo che non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante o, comunque l’usurpazione del potere di impugnare la sentenza ( ex coeteris , Cass., Sez. 6 – 5,
Ordinanza n. 15470 del 26/07/2016, Rv. 640640 -01; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 6691 del 21/03/2014, Rv. 630527 – 01).
2. Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione dell’art. 360, n. 5 c.p.c. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio’ , il contribuente deduce che, sempre nella memoria difensiva proposta in appello, egli aveva eccepito che l’atto di appello dell’Agenzia delle Entrate gli era stato notificato da soggetto non abilitato, ossia da un messo notificatore autorizzato dall’ufficio. Secondo il contribuente, l’art. 60 del d.P.R. n . 600 del 1973 non prevede che i messi speciali autorizzati dall’ufficio possono eseguire la notificazione degli atti giurisdizionali. L’atto di appello avrebbe dovuto essere notificato dall’ufficiale giudiziario, non dal messo speciale, con la conseguente inesistenza della notificazione. Il contribuente censura la sentenza impugnata anche per non essersi espressa sulla contestazione della carenza di legittimazione passiva eccepita dall’Agenzia delle Entrate . Il contribuente, inoltre, si lamenta che la sentenza impugnata non si sarebbe pronunciata sulla circostanza della mancata impugnazione degli atti presupposti alle cartelle di pagamento.
2.1. Il motivo è infondato.
Con riferimento alla notificazione dell’atto di appello da parte dell’Agenzia delle Entrate , viene qui in rilievo l’art. 16, comma 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, a norma del quale l’ente impositore provvede alle notificazioni anche a mezzo di messo autorizzato dall’amministrazione finanziaria, con l’osservanza delle disposizioni di cui al comma 2 (Cass., Sez. 5 -, Sentenza n. 6855 del 11/03/2020, Rv. 657394 -01, che esclude la citata disposizione con riferimento alla notifica del ricorso per cassazione).
Con riferimento alla legittimazione passiva dell’Agenzia delle Entrate, il motivo proposto dal contribuente non è sostenuto da interesse ad impugnare, in quanto, se lo scopo dell’odierno ricorrente è quello di
affermare la sussistenza della legittimazione a contraddire in capo all’Agenzia delle Entrate, tale legittimazione è stata implicitamente riconosciuta dalla sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto implicitamente l’ammissibilità dell’appello da parte dell’Agenzia.
Se, invece, lo scopo del contribuente è quello di affermare la legittimazione a contraddire dell’Agenzia delle Entrate come conseguenza del fatto che egli si sarebbe lamentato, a monte, della mancata notificazione degli atti impositivi presupposti (avvisi di accertamento), allora egli avrebbe dovuto impugnare la diversa statuizione della sentenza relativa all’omessa impugnazione delle cartelle a motivo della mancata notifica degli avvisi di accertamento a monte.
Con il terzo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione dell’art. 360, n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell’art. 106 d.P.R. n. 1229/1959’ , il contribuente deduce che l’atto di appello dell’agente della riscossione è stato notificato presso il domiciliatario in primo grado dell’odierno ricorrente senza essere stato messo in grado di valutare la validità della notifica perché non avrebbe potuto verificare se il sig. NOME NOME, qualificatosi come Ufficiale Giudiziario, appartenesse o meno all’ufficio degli ufficiali notificatori competente funzionalmente e territorialmente.
3.1. Il motivo è inammissibile.
Innanzitutto, esso è formulato in termini puramente dubitativi, in quanto non lamenta una incompetenza funzionale e territoriale dell’ufficiale giudiziario che ha eseguito la notifica dell’appello ad istanza dell’agente della riscossione, ma la non verificabilità di una ipotetica incompetenza.
In secondo luogo, e in via assorbente, la giurisprudenza più recente di questa Corte afferma che l’incompetenza dell’ufficiale giudiziario
costituisce, al più, causa di mera irregolarità della notificazione (Sez.
U., Sentenza n. 17533 del 04/07/2018, Rv. 649751 – 01).
4. Con il quarto motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione dell’art. 360, n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell’art. 2266 c.c.’ , il contribuente deduce che l’Avv. NOME COGNOME, difensore in appello dell’agente della riscossione, ha ricevuto mandato da NOME COGNOME quale procuratore di RAGIONE_SOCIALE, che a sua volta aveva ricevuto procura speciale da NOME COGNOME, Direttore generale della predetta società.
Il contribuente, in appello, aveva eccepito la nullità della procura conferita all’Avv. COGNOME in quanto subdelegata alla difesa senza l’autorizzazione del delegante .
L’eccezione è stata respinta dalla C.T.R. ed il relativo capo di sentenza è stato impugnato per cassazione.
4.1. Il motivo è infondato.
Dalla esposizione del testo, contenuta in ricorso, della procura speciale alle liti conferita all’Avv. COGNOME non è possibile escludere che la procura speciale conferita ad NOME COGNOME (che ha conferito la procura alle liti) sia a sua volta non una procura alle liti, bensì una procura speciale di natura sostanziale disciplinata dall’art. 77 c.p.c., comprendente il potere di stare in giudizio per l’agente della riscossione e, di conseguenza, anche di conferire validamente la procura alle liti.
5. Il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna NOME COGNOME al pagamento delle spese di giudizio, che si liquidano in euro quattromilacento per compensi, oltre alle spese prenotate a debito, in favore dell’Agenzia delle Entrate , ed in euro quattromilacento per compensi, oltre al rimborso delle spese generali, iva e c.p.a., ed oltre ad euro duecento per spese vive, in favore di Equitalia RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15 novembre