Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21344 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21344 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
Oggetto: Appello tardivo – Inammissibilità – Conseguenze.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13119/2022 R.G. proposto da
NOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato , presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO
avverso la sentenza della C.T.R. di Roma, n. 5104/2021, depositata il 12.11.2021 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15.4.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con ricorso proposto alla Commissione tributaria provinciale di Roma, NOME NOME impugnava l ‘atto con cui l’agente della riscossione le aveva intimato il pagamento della cartella esattoriale, relativa ad Irpef e addizionali non adempiute per l’anno di imposta 2011. La contribuente eccepiva la mancata notificazione della cartella di pagamento presupposta.
In primo grado, l’impugnazione veniva accolta, p oich é l’Agenzia delle entrate, costituitasi in giudizio, eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva, essendo contestata l’ attività riferita all’agente della riscossione, che invece non si costituiva e, quindi, non dava prova della tempestiva e regolare notifica della cartella presupposta.
Proponeva appello l’ agente della riscossione, producendo la prova della notifica della cartella di pagamento, che risultava ricevuta dal portiere dello stabile. Si costituiva la contribuente, eccependo l’inammissibilità dell’appello poiché tardivamente notificato, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado.
La C.t.r. rigettava l’eccezione di inammissibilità dell’appello, poiché, sebbene la prima notificazione non fosse andata a buon fine in quanto effettuata presso lo studio precedente del difensore, il notificante si era immediatamente riattivato, notificando l’atto via pec entro 20 giorni dalla notizia dell’esito della prima notifica.
Nel merito, la C.t.r. accoglieva l’appello, ritenendo che, attesa la consegna del plico al portiere dello stabile, la notificazione della
cartella di pagamento era valida e si era perfezionata nella data indicata nell’avviso di ricevimento dallo stesso sottoscritto, trovando applicazione, in caso di notifica eseguita direttamente dall’ufficio finanziario, le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della l. n. 890 del 1992. Di conseguenza, era inammissibile il ricorso avverso la successiva intimazione, poiché doveva essere impugnato nei termini di legge l’atto presupposto, ritualmente notificato.
Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione la contribuente, sulla base di un solo motivo. Resisteva l ‘Agenzia delle entrate con controricorso, al quale replicava la contribuente con memoria.
Con ordinanza emessa all’esito della camera di consiglio del 20.6.2024, veniva ordinata la rinnovazione della notifica del ricorso nei confronti dell’Agenzia delle entrate – riscossione, che resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
1. Con l’ unico motivo di doglianza, NOME deduce la v iolazione e falsa applicazione dell’art. 16 -bis del d.lgs. n. 546 del 1992, come modificato dall’art. 16 del d.l. n. 119 del 2018, conv. dalla l. n. 136 del 2018, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c., avendo la C.t.r. errato nel ritenere valida e tempestiva la notifica dell’atto di appello, sotto un duplice profilo. In primo luogo, la notifica dell’atto di appello, essendo intervenuta dopo l’1 luglio 2019, avrebbe dovuto essere fatta esclusivamente via pec, a seguito della modifica intervenuta con il d.l. n. 119 del 2018 e l’introduzion e del processo tributario telematico. In secondo luogo, la notifica sarebbe stata effettuata presso un domicilio fisico mai eletto in atti, né nella procura né nel ricorso introduttivo, poiché era stato eletto un domicilio in Afragola, indicato anche nella sentenza di primo grado; mentre, nel ricorso introduttivo sarebbe stato espressamente indicato l’indirizzo pec dal difensore. Deduce, altresì, che la
giurisprudenza del 2008 richiamata dalla sentenza impugnata sarebbe inattuale rispetto alla normativa vigente e, comunque, riferita all’ipotesi del mancato reperimento del destinatario nel luogo indicato nell’elezione di domicilio, escludendo la scusabilità del ritardo in ipotesi di erronee indicazioni contenute nell’atto consegnato dall’istante per la notificazione.
Nel controricorso , l’ Agenzia delle entrate eccepisce la nullità della notifica del ricorso, poiché effettuata ad indirizzi pec diversi da quelli previsti. Deduce, nel merito, l’infondatezza del motivo di censura, attesa la validità della notifica dell’atto di appello. Analoghe difese sono contenute nel controricorso dell’Agenzie delle entrate Riscossione.
Con ordinanza interlocutoria del 20.6.2024, veniva assegnato alla ricorrente termine per rinnovare la notifica del ricorso all’Agenzia delle entrate – Riscossione, che, tuttavia, rimaneva comunque intimata.
Passando all’esame dell’unico motivo di doglianza, questo è fondato e va accolto.
Con riferimento all’ipotesi del mancato perfezionamento dell’atto di impugnazione, la Suprema Corte ha affermato che, se la notifica dell’atto di impugnazione, tempestivamente consegnato all’ufficiale giudiziario, non si perfeziona per cause non imputabili al notificante, questi non incorre in alcuna decadenza ove provveda con sollecita diligenza (da valutarsi secondo un principio di ragionevolezza) a rinnovare la notificazione, a nulla rilevando che quest’ultima si perfezioni successivamente allo spirare del termine per proporre gravame. Tale principio è stato affermato in una fattispecie in cui la prima notificazione non si era perfezionata a causa dell’avvenuto trasferimento del difensore domiciliatario, non conoscibile da parte del notificante, in quanto alla data della notificazione lo studio indicato sull’avviso degli avvocati risultava
ancora ubicato al precedente indirizzo (Cass. n. 6547/2008, Rv. 60272601; conf. Cass. n. 23876/2022, Rv. 66578901).
Successivamente, questa Corte ha precisato che, ai fini della valutazione della tempestività della rinnovazione della notificazione, inizialmente non andata a buon fine, rispetto al termine per impugnare, occorre distinguere a seconda che l’errore originario sia imputabile al notificante oppure no: nel primo caso, l’impugnazione può ritenersi tempestivamente proposta solo se la rinnovata notifica interviene entro il termine per impugnare, non potendosi far retroagire i suoi effetti fino al momento della prima notificazione; nel secondo caso, invece, la ripresa del procedimento notificatorio – che la parte deve provare di aver avviato nell’immediatezza dell’appresa notizia circa l’esito negativo della notificazione, non occorrendo una preventiva autorizzazione al giudice – ha effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, essendo irrilevante l’intervenuto spirare del termine per impugnare (Cass. n. 34272/2023, Rv. 66982201).
Tale orientamento presuppone, dunque, che la notifica non sia andata a buon fine per causa non imputabile al notificante (si veda, altresì, Cass. n. 8983/2023, Rv. 66724201, in cui si fa riferimento ai concetti di caso fortuito e forza maggiore). Solo in presenza di tali cause, il notificante può evitare di incorrere in decadenza, anche se la seconda notificazione, tempestivamente avviata, si perfezioni successivamente allo spirare del termine per proporre gravame.
Nel caso in esame, tuttavia, non può trovare applicazione l’orientamento giurisprudenziale sopra esaminato, e richiamato dalla sentenza impugnata, poiché il comportamento del notificante non può dirsi esente da colpa, avendo egli notificato l’atto di appello in Napoli, INDIRIZZO, indirizzo completamente diverso dal domicilio eletto negli atti. Ed infatti, dalla procura alle liti rilasciata da NOME Francesca all’avv. NOME COGNOME per la proposizione del giudizio di primo grado (depositata nella presente
sede e direttamente consultabile vertendosi nell’ambito di un error in procedendo ), la predetta ricorrente aveva eletto espressamente domicilio in Afragola (NA), INDIRIZZO
Ha errato, pertanto, la C.t.r. a ritenere non imputabile all’Agenzia delle entrate appellante la causa della mancata notifica dell’atto di appello. Ed infatti, a nulla rileva che l’indirizzo in cui è stata effettuata la prima notifica coincidesse con quello del precedente studio professionale del difensore della contribuente appellata, né rileva che, appreso l’esito negativo della prima notifica, l’appellante si sia tempestivamente attivato per rinnovare il procedimento notificatorio. Del resto, il notificante ben avrebbe potuto evitare tale esito negativo, ove avesse diligentemente verificato l’elezione di domicilio della parte appellata, contenuta nella procura alle liti del giudizio di primo grado.
Sussiste, pertanto, il lamentato error in procedendo . Sicché, in accoglimento dell’unico motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, ai sensi dell’art. 382, comma 3 ultimo periodo, c.p.c., perché il processo non poteva essere proseguito, stante l’inammissibilità dell’appello .
Atteso l’esito della decisione, possono essere compensate le spese dei gradi di merito, mentre le amministrazioni vanno condannate in solido al pagamento, in favore della parte ricorrente, delle spese relative al presente giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
Rilevato che risultano soccombenti parti ammesse alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
La Corte, in accoglimento del primo motivo di ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e
Compensa tra le parti le spese di lite relative ai gradi di merito e condanna in solido le controricorrenti Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle entrate – riscossione al pagamento, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 7.600,00 , oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione