Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14194 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14194 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso nr. 1040-2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa da ll’Avvocato COGNOME giusta procura speciale in atti
-ricorrente-
contro
COMUNE DI COGNOME , in persona del Sindaco pro tempore
-intimato- avverso la sentenza n. 4079/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SICILIA, depositata il 26.6.2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29/4/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia aveva respinto l’appello avverso la sentenza n.
, in rigetto del ricorso proposto avverso cartella esattoriale relativa al mancato pagamento ICI 2007 -2008.
Il Comune di Acireale è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo parte ricorrente denuncia, in rubrica, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., nullità della sentenza impugnata «per vizio di motivazione assoluto (motivazione apparente) in violazione dell’art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c., art. 1, comma 2, art. 36, comma 2, nn. 2 e 4 e artt. 49 e 61 del D.Lgs. n. 546 del 1992» e lamenta che la Commissione tributaria regionale si sia limitata «a richiamare genericamente gli argomenti del primo giudice senza fornire una autonoma argomentazione».
1.2. La doglianza va disattesa.
1.3. Per costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le molte, Cass. n. 15883 del 2017; Cass. n. 9105 del 2017; Cass. Sez. Unite n. 22232 del 2016; Cass. n. 9113 del 2012; Cass. n. 16736 del 2007), ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorché il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero li indichi senza un’approfondita disamina logica o giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.
1.4. Nella fattispecie in esame la sentenza impugnata esplicita in maniera sufficiente la ratio decidendi , consentendo il controllo del percorso logico -giuridico che ha portato alla decisione, in particolare relativamente all’ insussistenza del denunciato difetto di legittimazione del messo notificatore, tant’è che, con il secondo motivo, il contribuente ha potuto censurare compiutamente gli errori di diritto che, secondo il ricorrente, giustificano comunque la richiesta cassazione dell’impugnata sentenza.
2.1. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13 della L. n. 374 /91, art. 10, comma 1, della L. n. 265 /99, art. 60 del DPR n. 600 /73 e art. 1, commi da 158 a 161 della L. n. legge 27 dicembre 2006 n. 296/06» per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto valida la notifica degli avvisi di accertamento ICI -sottesi alla cartella impugnata -, in quanto effettuata dal messo del Giudice di Pace di Acireale, sebbene tale messo non avesse il potere di notificare atti sostanziali, ma solo atti processuali relativi ai procedimenti di competenza del Giudice di Pace.
2.2. La doglianza è parimenti infondata.
2.3. Per quanto riguarda la notifica degli atti di accertamento ICI, la normativa di cui alla legge n. 296/2006 prevede tre forme di notifica: a) la notifica tramite messo notificatore nominato dal dirigente dell’ufficio, di cui all’art. 1, commi 158-160 della legge n. 296/2006; b) la notifica a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento (art. 161); c) la notifica «ordinaria», non meglio specificata («ferme restando le disposizioni vigenti»; art. 158).
2.4. Il generico richiamo operato dal legislatore al termine «notifica» fa sì che in questo caso le norme applicabili siano quelle generali sulle notifiche degli atti amministrativi, ponendosi le altre due come speciali rispetto a quella generale.
2.5. Ai sensi dell’art. 10 (Notificazioni degli atti delle pubbliche amministrazioni) della legge n. 265/1999 (Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali, nonché modifiche alla legge 8 giugno 1990, n. 142) le pubbliche amministrazioni «possono avvalersi, per le notificazioni dei propri atti, dei messi comunali, qualora non sia possibile eseguire utilmente le notificazioni ricorrendo al servizio postale o alle altre forme di notificazione previste dalla legge».
2.6. Ciò posto, occorre evidenziare che l’articolo 13 della Legge 21 novembre 1991, n. 374 (legge istitutiva del giudice di pace) stabilisce espressamente che «alla notificazione di tutti gli atti relativi ai procedimenti di competenza del giudice di pace, ivi comprese le decisioni in forma esecutiva e i relativi atti di precetto, provvedono gli ufficiali giudiziari, gli aiutanti ufficiali
giudiziari e i messi di conciliazione in servizio presso i Comuni compresi nella circoscrizione del giudice di pace, fino a esaurimento del loro ruolo di appartenenza», mentre il secondo comma dello stesso articolo precisa che «ai messi di conciliazione, che assumono la nuova denominazione di messi del giudice di pace, si applicano, limitatamente al servizio di notificazione, le norme dell’ordinamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, e successive modificazioni».
2.7. Le modalità di notifica previste dall’art. 10 (Notificazioni degli atti delle pubbliche amministrazioni) della legge n. 265/1999 non comportano, dunque, alcuna distinzione fra i messi di conciliazione (attuali messi del giudice di pace) e i messi comunali, appartenendo il messo di conciliazione all’apparato organizzativo del Comune (qualora non ne sia già un dipendente), collegato al Comune stesso da un rapporto di pubblico impiego, sicché la pubblica amministrazione, avvalendosi della facoltà concessale dall’ordinamento positivo, può richiedere che la notificazione di un atto tributario sia eseguita da un messo di conciliazione (messo del giudice di pace), quale appartenente alla più ampia categoria dei messi comunali.
2.8. È stato, invero, più volte ribadito da questa Corte (cfr. Cass. nn. 22517/2013 in motiv., 11062/2006, 5654/2001, 3594/1994) che il messo di conciliazione, pur facendo parte di un ufficio statale (ora soppresso – art. 3 legge 16 dicembre 1999 n. 479) e pur essendo sottoposto alla sorveglianza del relativo titolare (giudice conciliatore) ex art. 256 del R.D. n. 2271 del 1924, rientra, tuttavia, nell’apparato organizzativo del Comune, ed il rapporto di detto messo, che non sia già dipendente del Comune, ed il Comune medesimo, astrattamente configurabile sia in regime di autonomia che in regime di subordinazione, assume, nella seconda ipotesi, la natura di rapporto di pubblico impiego, sicché l’Amministrazione finanziaria dello Stato, avvalendosi della facoltà concessale dall’ordinamento positivo – sulla base degli artt. 56, comma 1, d.P.R. n. 633 del 1972 e 60, comma primo, lett. a, del d.P.R. n. 600 del 1973 – può richiedere che la notificazione di un atto tributario sia eseguita da un messo di conciliazione, quale appartenente alla più ampia categoria dei messi comunali.
2.9. Tale principio è applicabile anche con riguardo alla notifica degli avvisi di accertamento ICI, atteso che l’art. 10 legge n. 265/1999 prevede, analogamente a quanto previsto per l’IVA e per le imposte dirette ai sensi degli artt. 56, comma 1, d.P.R. n. 633 del 1972 e 60, comma primo, lett. a, del d.P.R. n. 600 del 1973 («la notificazione è eseguita dai messi comunali ovvero dai messi speciali autorizzati dall’ufficio»), la facoltà per l’ente locale di richiedere che la notificazione di un atto tributario sia eseguita da un messo del giudice di pace (già messo di conciliazione), quale appartenente alla più ampia categoria dei messi comunali.
2.10. Nel caso in esame è incontestato, oltre che documentalmente provato, che la notifica dell’avviso di accertamento ICI sia stata effettuata da «messo del giudice di pace», con conseguente validità della notifica.
2.11. È comunque opportuno evidenziare che l’eventuale lamentata nullità della notifica per violazione delle regole procedurali sulla competenza del messo del giudice di pace (sulla scorta del principio generale secondo cui la notifica eseguita dal messo del giudice di pace -ex messo di conciliazione -in violazione delle norme sulla competenza territoriale o procedurale non è inesistente, ma nulla; cfr. Cass. SU n. 17533/2018 in motiv.; Cass. n. 16591/2004; Cass. n. 4396/1999; Cass. n. 1586/1996) verrebbe in ogni caso ad essere sanata in virtù del principio, sancito in via generale dall’art. 156, comma terzo, c.p.c. secondo il quale «la nullità non può essere mai pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato», e che vale anche per le notificazioni, tutte le volte che l’atto, malgrado l’irritualità della notifica, sia venuto a conoscenza del destinatario.
2.12. La natura sostanziale dell’avviso di accertamento tributario non osta, infatti, all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, sicché, essendo la notificazione una mera condizione di efficacia e non un elemento dell’atto di imposizione fiscale, la sua nullità è sanata, a norma dell’art. 156, secondo comma, c.p.c., per effetto del raggiungimento dello scopo, il quale postula che alla notifica invalida sia comunque seguita la conoscenza dell’atto da parte del destinatario (cfr. Cass. nn. 1156/2019, 18480/2016, 5057/2015, 1238/2014).
2.10. Nel caso di specie, come correttamente rilevato nella sentenza di primo grado (trascritta in parte qua nel ricorso), l’atto è stato notificato mediante consegna «a mani» di dipendente della società ricorrente (come attestato anche nella relata di notifica parimenti trascritta in ricorso), il che aveva dunque «posto la stessa società nelle condizioni di contestarne il contenuto prima della legittima attivazione della procedura di riscossione».
2.11. La stessa ricorrente ha contestato, inoltre, tale affermazione dei giudici di prime cure unicamente sotto il profilo dell ‘insussistenza dei presupposti per l’ap plicazione, alla notifica degli atti tributari, della sanatoria prevista in via esclusiva per gli atti processuali dall’art. 156 c.p.c.
2.12. Sussistendo dunque in capo al consegnatario il rapporto con la destinataria richiesto dall’art. 145, primo comma, c.p.c. (cioè di dipendente della società e quindi addetto alla sua sede), e non avendo la ricorrente contestato la validità della notifica anche sotto il profilo dell ‘inidoneità del consegnatario a ricevere la notifica, deve ritenersi che sia stato in ogni caso raggiunto lo scopo di portare l’atto ad oggettiva e tempestiva conoscenza del destinatario, con conseguente sanatoria di ogni eventuale nullità della notifica.
Sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va integralmente respinto.
Nulla sulle spese stante la mancata costituzione del Comune.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da