Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25573 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25573 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28118/2020 R.G. proposto da AVV. NOMECOGNOME difensore di sé medesimo ai sensi dell’art. 86 c.p.c. (domicilio digitale: EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA LOMBARDIA n. 317/2020 depositata il 5 febbraio 2020
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 10 settembre 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Varese dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti dell’avv. NOME COGNOME un avviso di accertamento con il quale recuperava a tassazione, ai fini
dell’IRPEF e dell’IVA, maggiori compensi per prestazioni di lavoro autonomo risultanti dal confronto fra la dichiarazione fiscale presentata dal professionista per l’anno 2012 e i modelli 770 inviati dai suoi clienti sostituti d’imposta.
Il contribuente impugnava tale avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Varese, dolendosi di non aver ricevuto notificazione degli atti presupposti, costituiti dalla comunicazione di irregolarità e da un questionario asseritamente trasmessogli dall’Ufficio.
Il giudice adìto respingeva il ricorso.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che con sentenza n. 317/2020 del 5 febbraio 2020 rigettava l’appello della parte privata, rilevando che gli atti presupposti erano stati regolarmente notificati e che, in ogni caso, l’invio del cd. non rappresentava un adempimento prescritto dalla legge, trattandosi, nella specie, di accertamento eseguito ai sensi dell’art. 39, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 600 del 1973.
Contro questa sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è denunciata la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 8, commi 2 e 3, e 14 della L. n. 890 del 1982, degli artt. 116 e 160 c.p.c., del D.P.R. n. 68 del 2005, del D.M. 2 novembre 2005 e del relativo allegato tecnico, nonché dell’art. 16 del D. Lgs. n. 472 del 1997.
1.1 Si rimprovera alla CTR: – di aver erroneamente escluso che
l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità costituisse adempimento necessario ai fini della legittimità dell’atto impositivo successivamente adottato nei suoi confronti dall’Amministrazione Finanziaria; – di aver a torto ritenuto che la documentazione prodotta dalla parte pubblica in allegato alle proprie controdeduzioni di primo grado ( ) fosse idonea a comprovare l’avvenuta regolare trasmissione a mezzo p.e.c. dell’anzidetta comunicazione di irregolarità; -di avere, qualora la decisione si fondi sulla documentazione prodotta in appello dall’Agenzia delle Entrate in allegato alla memoria del 30 aprile 2019, illegittimamente dato ingresso alla stessa nonostante il suo tardivo deposito; – di aver reputato sussistente la prova, in realtà mancante, dell’avvenuta notificazione del questionario asseritamente trasmesso dall’Ufficio al Volontè a mezzo posta ordinaria.
1.2 Il ricorso è inammissibile.
1.3 Pur avendo chiarito che la comunicazione di irregolarità «non è un obbligo, ma un’opportunità concessa dall’Amministrazione Finanziaria al contribuente per rimediare ai propri errori» , e che «la sua ipotetica assenza… non è prevista tra le cause di nullità del provvedimento, tassativamente previste dalla legge» , la Commissione regionale ha comunque accertato in fatto che detta comunicazione «risultava essere stata inviata a mezzo P.E.C. all’indirizzo di Posta Elettronica Certificata indicato in ricorso (EMAIL e recapitata in data 02.12.2016, come attestato dalla stampa effettuata dall’applicativo ‘SPACE’, debitamente allegata dall’Amministrazione Finanziaria alle proprie controdeduzioni di primo grado e in questo grado riallegate» .
1.4 La decisione resa dai giudici di appello si fonda, quindi, su un libero apprezzamento delle emergenze istruttorie, che il ricorrente
vorrebbe ora rimettere in discussione, dietro l’apparente denuncia del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, in particolare sotto il profilo della ritenuta idoneità dei documenti prodotti dall’Agenzia delle Entrate a dare prova dell’avvenuta regolare notificazione degli atti presupposti dall’impugnato avviso di accertamento.
1.5 Una critica così formulata non può, tuttavia, trovare ingresso in questa sede, risolvendosi nel non consentito tentativo di sollecitare un riesame della valutazione del materiale probatorio riservata al giudice di merito.
1.6 Il discorso vale anche per la notificazione del questionario, che la Commissione regionale ha acclarato essere stata eseguita direttamente dall’Ufficio a mezzo del servizio postale ordinario.
1.7 In proposito, i giudici di appello hanno sottolineato che sulla cartolina della relativa raccomandata, non consegnata per temporanea assenza del destinatario e di altre persone abilitate alla ricezione, era stato attestato l’avvenuto inoltro dell’avviso di giacenza ( «In sèguito all’Avviso, avvenuto in data 17.03.2017, annotato sulla raccomandata…» ).
1.8 Sùbito dopo essi hanno richiamato la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, « in caso di mancato recapito all’indirizzo del destinatario di un piego soggetto alla disciplina delle raccomandate ‘ordinarie’, (…) in applicazione non diretta, ma analogica, della disciplina prevista …. dall’art. 8 della L. n. 890, la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data del rilascio (vale a dire dalla data d’immissione, attestata dall’agente postale, nella cassetta della corrispondenza del destinatario) dell’avviso di giacenza ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore» .
1.9 Il Volontè mostra di confrontarsi con la motivazione della sentenza nel momento in cui lamenta che agli atti di causa non fosse stato allegato l’avviso di ricevimento della c.a.d..
1.10 Una simile doglianza avrebbe avuto senso qualora la notificazione del questionario in parola fosse avvenuta con l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario, in base alle disposizioni dettate dalla L. n. 890 del 1982.
1.11 Nel nostro caso, invece, stando a quanto accertato dal collegio regionale, detta notificazione era stata eseguita direttamente dall’ufficio finanziario, sicchè dovevano ritenersi applicabili le norme contenute nel regolamento sul servizio postale ordinario, le quali, in caso di mancato recapito del plico, non prevedono la spedizione di una raccomandata informativa con avviso di ricevimento, bensì il semplice rilascio di un avviso di giacenza (cd. ‘modello 26’: cfr. Cass. n. 6586/2025, Cass. n. 3017/2024, Cass. n. 12494/2022).
1.12 Sotto questo aspetto, il motivo in scrutinio difetta di specificità e attinenza con il «decisum» .
1.13 A fini di completezza espositiva, giova evidenziare che:
-l’ipotesi adombrata dal ricorrente circa il possibile utilizzo da parte della CTR, per la formazione del proprio convincimento, di documenti tardivamente depositati dalla difesa erariale nel giudizio di appello, oltre a rappresentare una mera congettura, è smentita dal passaggio motivazionale innanzi trascritto, dal quale inequivocabilmente si ricava che l’impugnata decisione si fonda sulla sola documentazione «debitamente allegata dall’Amministrazione Finanziaria alle proprie controdeduzioni di primo grado e in questo grado riallegate» e peraltro già valutata dalla CTP ( «…i giudici di prime cure…, a differenza di quanto sostiene l’appellante, hanno esaminato la documentazione prodotta dall’Ufficio» ) ;
la lamentata poca chiarezza della sentenza nella parte relativa all’individuazione della data di perfezionamento della notifica del questionario si riduce a una generica contestazione sulla sufficienza della motivazione, vizio non più deducibile in cassazione -e oltretutto nemmeno formante oggetto di specifica lagnanza- a
sèguito della riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5) operata dall’art. 54, comma 1, lettera b), del D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012.
Alla stregua delle svolte considerazioni, il ricorso va incontro a una declaratoria di inammissibilità.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti del ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 4.100 euro per compensi, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte Suprema di Cassazione, in data 10 settembre 2025.
La Presidente NOME COGNOME