Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14089 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14089 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 13361/2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difes a dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale autenticata anche digitalmente e notificata con modalità telematica unitamente al ricorso per cassazione, con domicilio eletto presso lo studio legale dell’Avv. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZOA.
(PEC: EMAIL
– ricorrente-
contro
Agenzia delle Entrate-Riscossione, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato,
presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del LAZIO n. 5102/06/21, depositata in data 12 novembre 2021, non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha accolto il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate -Riscossione, avverso la sentenza di primo grado avente ad oggetto l’intimazione n. NUMERO_CARTA per la somma complessiva di euro 1.430.733,36, relativa al pagamento di due cartelle esattoriali.
I giudici di secondo grado, in particolare, hanno affermato che:
-) l’appello era ammissibile perché la costituzione in giudizio dell’Ente di riscossione effettuata mediante avvocato del libero foro non viziava l’atto;
-) la produzione di documenti nuovi in appello era ammissibile, specie perché utile a fornire la prova della regolare notifica degli atti impositivi, delle cartelle e delle intimazioni di pagamento;
-) le notifiche erano correttamente svolte in quanto l’Agente per la riscossione aveva prodotto sia la ricevuta della notifica senza risultato effettuata presso la sede della società (perché sconosciuta e in mancanza di portiere), sia le ricevute delle not ifiche presso l’indirizzo di abitazione dell’amministratore unico, ove erano state ricevute da persona qualificatasi come addetto alla casa e la cui qualifica non era stata contestata dalla parte;
La società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, ha impugnato la sentenza con ricorso per cassazione affidato a sette motivi.
L’Agenzia delle Entrate -Riscossione resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Il primo mezzo deduce, in relazione a ll’art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza e del procedimento in violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia avendo la CTR omesso completamente di pronunciarsi su una specifica e rilevante eccezione, avente ad oggetto la nullità delle notifiche derivante dalla mancata produzione in giudizio delle raccomandate informative.
Il secondo motivo deduce, in relazione a ll’art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza e del procedimento in violazione dell’art. 111, comma 6, Cost., degli artt. 132, comma 2, n. 4, e 118 disp. att., degli artt. 36 e 61 del decreto legislativo n. 546 del 1992 per motivazione soltanto apparente.
Il terzo motivo deduce , in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della legge n. 212 del 2000, degli artt. 26 e 50 del d.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 139 e dell’art. 145 c.p.c., nonché, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 , c.p.c., la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. In ogni caso, non poteva in alcun modo ritenersi perfezionata la asserita notifica sia delle due cartelle personalmente all’ammi nistratore, che delle due successive intimazioni, come censurato in appello, difettando in tutti i casi la prova dell’invio della notizia dell’avvenuta comunicazione mediante raccomandate informative.
Il quarto motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 2948 c.c., dell’art. 20 del decreto legislativo n. 472 del 1972, avendo la sentenza impugnata erroneamente affermato che la prescrizione era decennale, essendo invece quinquennale. Era da rilevare, in via subordinata, la violazione
delle norme riportate in rubrica e la maturata prescrizione quinquennale quanto meno in relazione alle sanzioni tributarie riportate nelle cartelle ed agli interessi pretesi.
Il quinto motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 111, comma 6, Cost., degli art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 118 disp att. c.p.c., degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, per motivazione apparente, in quanto la sentenza impugnata, sebbene recava apparentemente un brevissimo cenno alla questione, aveva omesso nella sostanza di pronunciarsi sull’eccezione di inammissibilità dell’appello formulata a pag. 4 delle controdeduzioni, a causa dell’attività processuale svolta da avvocato del libero Foro, e non da parte della struttura dell’Agenzia.
Il sesto motivo deduce, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza e del procedimento in violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia, in quanto, con riferimento all’attività processuale svolta da avvocato del libero Foro, i giudici di secondo grado, per la vaghezza e genericità delle proprie affermazioni, non avevano affrontato le specifiche questioni sottoposte, così omettendo ogni pronuncia.
Il settimo motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 1 del decreto legge n. 193 del 2016, dell’ art. 11 del decreto legislativo n. 546 del 1002 (1992) e 4 novies del decreto legge n. 34 del 2019. L’ atto di appello risultava essere inammissibile per difetto di rappresentanza in giudizio dell’Agenzia delle Entrate -Riscossione in quanto sottoscritto da difensore del libero Foro.
Il quinto, sesto e settimo motivo, che devono essere trattati in via prioritaria, sono infondati.
8.1 Soccorrono in tale senso le Sezioni Unite di questa Corte che hanno affermato che « Ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio,
l’Agenzia delle Entrate -Riscossione, impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale ed al giudice di pace, si avvale: a) dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come riservati ad essa dalla Convenzione intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi dell’art. 43, comma 4, r.d. n. 1611 del 1933, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici; b) di avvocati del libero foro, senza bisogno di formalità, né della delibera prevista dall’art. 43, comma 4, r.d. cit. – nel rispetto degli articoli 4 e 17 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi dell’art. 1, comma 5 del d.l. 193 del 2016, conv. in l. n. 225 del 2016 – in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio. Quando la scelta tra il patrocinio dell’Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l’Agenzia e l’Avvocatura dello Stato o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio, la costituzione dell’Agenzia a mezzo dell’una o dell’altro postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità » (Cass., Sez. U., 19 novembre 2019, n 30008 e, successivamente, Cass., 20 novembre 2020, n. 26531; Cass., 10 giugno 2021, n. 16314; Cass., 24 gennaio 2021, n. 36498).
8.2 Si è, infatti, osservato che, a termini della suddetta Convenzione (Protocollo di intesa), il par. 3.4.2 della stessa, prevede che l’Ente sta in giudizio avvalendosi anche di avvocati del libero foro nelle controversie relative a liti innanzi alle Commissioni Tributarie (Cass., 29 settembre 2020, n. 20646; Cass., 18 settembre 2020, n. 19448).
8.3 Il che, del resto, è conforme al fatto che l’art. 11, comma 2, del d. lgs. n. 546 del 1992 riguarda la rappresentanza processuale dell’Agente della riscossione, ossia la capacità e alla legittimazione a stare in giudizio dell’organo che rappresenta l’ente, laddove la difesa tecnica è disciplinata dal successivo art. 12 del d.lgs. n. 546 del 1992. Se, pertanto, la rappresentanza processuale può essere assunta da un delegato a sottoscrivere l’atto difensivo (Cass., 14 ottobre 2015, n. 20628), questa delega può essere conferita anche a un avvocato del libero foro, in considerazione del fatto che l’attribuzione all’agente della riscossione della capacità di stare in giudizio direttamente o mediante la struttura sovraordinata non esclude la possibilità di avvalersi della difesa tecnica, ai sensi dell’art. 12 del d.gs. n. 546 del 1992 (Cass., 15 ottobre 2018, n. 25625 e, più di recente, Cass., 15 febbraio 2021, n. 3864).
8.4 La sentenza impugnata, nel ritenere che la costituzione dell’Agenzia delle Entrate -Riscossione a mezz o dell’avvocato del libero foro deve ritenersi valida e pienamente legittima, con conseguente ammissibilità dell’appello proposto, è conforme ai principi suesposti.
I primi tre motivi, che devono essere trattati unitariamente perché strettamente connessi, sono fondati nei sensi di cui in motivazione.
9.1 La notifica ad una persona giuridica è disciplinata dall’art. 145 c.p.c., il quale consente indifferentemente di notificare l’atto presso la sede (legale ed effettiva) della persona giuridica, con consegna al rappresentante legale o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o alla persona fisica del legale rappresentante, qualora l’atto da notificare ne indichi la qualità e ne specifichi residenza, domicilio e dimora abituale. La notifica ad una persona giuridica, quindi, avviene a norma degli artt. 138 (notificazione in mani proprie), 139 (notificazione nella residenza, nella dimora o nel domicilio) e 141 (notificazione presso il domiciliatario) c.p.c.
9.2 Sul punto la Suprema Corte ha chiarito che «in tema di notificazione alle persone giuridiche (siano esse società di capitali o di persone), se la notificazione non può essere eseguita con le modalità di cui all’art. 145, comma 1, c.p.c. -ossia mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa -e nell’atto è indicata la persona fisica che rappresenta l’ente, si osservano, in applicazione del comma 3 del medesimo art. 145, le disposizioni degli artt. 138, 139 e 141 c.p.c.; se neppure l’adozione di tali modalità consente di pervenire alla notificazione, si procede con le formalità dell’art. 140 c.p.c. (nei confronti del legale rappresentante, se indicato nell’atto e purché abbia un indirizzo diverso da quello della sede dell’ente)» (Cass., 10 novembre 2020, n. 25137: Cass., 16 aprile 2024, n. 10294).
9.3 Ancora questa Corte ha affermato che «In tema di notificazioni ad una persona giuridica, ed alla stregua dell’art. 145, comma 1, c.p.c., nel testo dettato dall’art. 2 della l. n. 263 del 2005, applicabile “ratione temporis”, la notifica alla persona fisica che la rappresenta può avvenire, alternativamente, con la consegna dell’atto presso la sede della società, ovvero, quando in esso ne siano specificati residenza, domicilio e dimora abituale, con le modalità prescritte dagli artt. 138, 139 e 141 c.p.c., dovendo altresì ritenersi possibile, in assenza di un espresso divieto di legge, la notifica all’amministratore tramite il servizio postale ai sensi dell’art. 149 c.p.c.» (Cass., 22 dicembre 2017, n. 30882; Cass., 13 dicembre 2012, n. 22957), così ritenendo ammissibile, in assenza di un espresso divieto di legge, la notifica al rappresentante legale tramite il servizio postale.
9.4 Per l’ipotesi in cui il destinatario non venga rinvenuto presso la propria abitazione, ufficio o azienda, l’art. 139 , secondo comma, c.p.c. stabilisce che l’atto (contenuto in bista chiusa e sigillata, ai sensi dell’art. 137 c.p.c.), deve essere consegnato «a una persona di famiglia
o addetta alla casa, allo ufficio o all’azienda, purché non minore di quattordici anni o non palesemente incapace» e, con specifica riferimento alla notifica di atti tributari, l’art. 60, lettera b -bis, del d.P.R. n. 600 del 1973 (inserita dal decreto legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, con entrata in vigore a partire dal 4 luglio 2006) stabilisce che «se il consegnatario non è il destinatario dell’atto o dell’avviso, il messo consegna o deposita la copia dell’atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all’originale e alla copia dell’atto stesso. Sulla busta non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto. Il consegnatario deve sottoscrivere una ricevuta e il messo da notizia dell’avvenuta notificazione dell’atto o dell’avviso, a mezzo di lettera raccomandata» .
9.5 Come già precisato da questa Corte, « la notifica effettuata ex art. 139, secondo comma, c.p.c., a soggetti terzi, quando effettuata presso l’abitazione del destinatario, è assistita da una presunzione di recezione proprio l’esistenza di un vincolo di parentela o di affinità giustifica la presunzione, “iuris tantum”, che la “persona di famiglia” consegnerà l’atto al destinatario stesso, restando in ogni caso a carico di colui che assume di non aver ricevuto l’atto l’onere di provare il carattere del tutto occasionale della presenza del consegnatario in casa propria. Quindi, incombe sul destinatario, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria e, in particolare, l’inesistenza di alcun rapporto ‘familiare’ con il consegnatario » (Cass., 28 aprile 2021, n. 18989; Cass., 8 ottobre 2018, n. 24681).
9.6 Questa Corte ha pure affermato che « In tema di avviso di accertamento, l’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, pur rinviando alla disciplina del codice di procedura civile, richiede, a differenza di quanto disposto dall’art. 139, comma 2, c.p.c., anche ove sia consegnato nelle mani di persona di famiglia, l’invio della raccomandata informativa
quale adempimento essenziale della notifica che sia eseguita dai messi comunali o dai messi speciali autorizzati dall’ufficio delle imposte » (Cass., 2 dicembre 2024, n. 30821; Cass., 20 settembre 2022, n. 27446; Cass., 3 febbraio 2017, n. 2868).
9.7 Ed ancora « la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente, eseguita dai messi comunali ovvero dai messi speciali autorizzati dall’ufficio, ai sensi dell’art. 60, comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 600 del 1973, mediante consegna al portiere, deve essere seguita dalla spedizione della raccomandata informativa semplice, e non con avviso di ricevimento, atteso che la lett. b-bis) dello stesso comma 1 fa riferimento alla sola raccomandata, senza ulteriori specificazioni, trovando giustificazione tale procedura semplificata nella ragionevole aspettativa che l’atto notificato venga effettivamente conosciuto dal destinatario, in quanto consegnato a persone (familiari, addetti alla casa, personale di servizio, portiere, dipendente, addetto alla ricezione) che hanno con lo stesso un rapporto riconosciuto dal legislatore come astrattamente idoneo a tale fine » (Cass., 27 gennaio 2022, n. 2377).
9.8 A differenza della disciplina prevista dal codice di procedura civile, in caso di notifica di atti impositivi l’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, come modificato nel 2006, richiede, anche, nell’ipotesi in cui l’atto sia consegnato nelle mani di «persona di famiglia» , l’invio della raccomandata informativa quale adempimento essenziale della notifica. Quest’ultimo è, dunque, un adempimento essenziale del procedimento di notifica, per cui è necessario, ai fini del suo perfezionamento, l’inoltro al destinatario e l’effettiva ricezione della raccomandata informativa, non essendone sufficiente la sola spedizione.
9.9 Nel caso di specie, come emerge dal ricorso per cassazione, si discute delle notifiche di due cartelle di pagamento avvenute nel 2004 (in particolare, le cartelle nn. 097 NUMERO_CARTA e 097 2003
1025312059 000, pag. 4 del ricorso per cassazione) e delle notifiche di due avvisi di intimazione (atti interruttivi) avvenute nel 2008; si tratta di avvisi di intimazione diversi dal l’avviso di intimazione oggetto di impugnazione che è stato notificato in data 27 febbraio 2018 a mezzo pec e specificamente dell’intimazione n. 097 2008 9136111 666 000, relativa alla prima cartella di pagamento, e del l’intimazione n. 097 2008 9136111 767 000, relativa alla seconda cartella di pagamento, cfr. pag. 6 del ricorso per cassazione). E così, mentre le notifiche delle cartelle di pagamento eseguite nel 2004 sono antecedenti alla modifica dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 , che ha introdotto la lettera bbis prevedendo l’invio della raccomandata informativa , diversamente va argomentato con riferimento alle notifiche degli avvisi di intimazione prodotti dall’Agenzia delle Entrate -Riscossione in sede di appello, ai sensi dell’art. 58 del d.lgs. n. 546 del 1992, aventi valore interruttivo del termine di prescrizione. Con riferimento alle notifiche di detti avvisi di intimazione di pagamento (oltre che in relazione alle notifiche delle due cartelle di pagamento), i giudici di secondo grado hanno ritento regolari le notifiche, evidenziando che, successivamente alle notifiche effettuate presso la sede della società, che non avevano sortito esito positivo, le notifiche erano state eseguite presso l’indirizzo dell’abitazione dell’amministratore unico della società e d erano state ricevute da persona qualificatasi come addetto alla casa (tale NOME COGNOME); tuttavia, mentre i giudici di secondo grado hanno ritenuto (correttamente) la regolarità delle notifiche delle cartelle, con riferimento alle due successive intimazioni di pagamento, nulla hanno argomentato sull’invio della raccomandata informativa, in quanto, in applicazione della lettera bbis ) dell’art. 60, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, doveva applicarsi la regola che prevede, in caso di consegna a persona diversa dal destinatario, l’invio della raccomandata . La causa deve essere, dunque, rinviata ai giudici di merito affinché verifichino la sussistenza in atti di una valida prova dell’intervenuta
notificazione al destinatario con specifico riferimento ai due avvisi di intimazione pagamento nn. 097 2008 9136111 666 000, e n. 097 2008 9136111 767 000, accertamento non compiuto dal giudice di appello, che ha ritenuto sic et simpliciter la validità della notificazione.
Il quarto motivo (sulla prescrizione dell’imposta, degli interessi e delle sanzioni) deve ritenersi assorbito.
Per quanto esposto, vanno accolti il primo, il secondo e il terzo motivo, nei sensi di cui in motivazione, con assorbimento del quarto, e vanno rigettati il quinto, il sesto e il settimo motivo; la sentenza impugnata va cassata, in relazione ai motivi accolti, e la causa va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo e il terzo motivo, nei sensi di cui in motivazione, con assorbimento del quarto motivo, e rigetta il quinto, il sesto e il settimo motivo; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 26 marzo 2025.