Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17656 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 17656 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata presso L’Avvocatura generale dello Stato, che la difende ex lege;
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE DI NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE (cod. fisc. e P.IVA P_IVA), con sede in Sesto Fiorentino (FI), INDIRIZZO, in persona dei legali rappresentanti pro tempore NOME COGNOME (cod. fisc. CODICE_FISCALE), nato nella Repubblica Popolare Cinese l’11 novembre 1978, e NOME COGNOME (cod. fisc. CODICE_FISCALE), nata nella Repubblica Popolare Cinese l’11 gennaio 1980, nonché nell’interesse degli stessi NOME COGNOME e NOME COGNOME , in qualità di soci della predetta società, tutti rappresentati e difesi, giusta procura speciale alle liti allegata al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente
NOTIFICA COVID
domiciliati presso il suo Studio in Firenze, INDIRIZZO
-controricorrenti –
Avverso la sentenza n. 956/2024 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana -sez. 1^, depositata il 22 luglio 2024.
Udita la relazione della causa svolta alla pubblica udienza del quattro giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Dato atto che il Sostituto procuratore generale NOME COGNOME ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Dato atto che l’avv. NOME COGNOME difensore dei controricorrenti, ha concluso per il rigetto del ricorso, mentre la difesa erariale ne ha chiesto l’accoglimento.
RILEVATO CHE
1. All’esito di una verifica fiscale con riferimento agli anni d’imposta dal 2015 al 2018, in data 15.5.2019 la Guardia di Finanza consegnava alla società contribuente il processo verbale con il quale contestava l’indebita deduzione di costi e l’illegittima detrazione IVA a fronte di operazioni oggettivamente inesistenti nonché l’indebita deduzione di costi non inerenti e l’omessa dichiarazione di ricavi ‘in nero’ ricostruiti in base a documentazione extracontabile. Recependo i rilievi del processo verbale di constatazione, l’Agenzia delle Entrate emetteva i relativi avvisi di accertamento. Trattandosi di una società di persone, emetteva avvisi altresì nei confronti dei due soci della società (JIN WANGAN, quota di partecipazione 55%; CAI XIAOYUAN, quota di partecipazione 45%), con i quali imputava loro il maggiore reddito d’impresa non dichiarato.
2.Gli avvisi venivano notificati tra il 17 giugno e il 15 settembre 2020. La società e i soci impugnavano gli avvisi di accertamento con quattro distinti ricorsi, nei quali deducevano tra l’altro, in via preliminare, nullità insanabile dell’atto impugnato per violazione
dell’art. 157, comma 1, D.L. 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. Decreto ‘Rilancio’), deducendo poi le contestazioni nel merito.
L’Ufficio contestava la fondatezza dei ricorsi; in particolare: in relazione all’eccezione preliminare di nullità degli avvisi per notifica durante il periodo di sospensione previsto dalla normativa emergenziale COVID, poneva in evidenza la sussistenza della condizione derogatoria di ‘indifferibilità ed urgenza’ prevista dall’art. 157 D.L. n. 134/2020, data la rilevanza penale delle condotte poste in essere da società e soci, oltre anch’essa a dedurre nel merito.
I contribuenti denunciavano una strumentalità sopravvenuta (rispetto alla motivazione degli accertamenti) nell’interpretazione normativa dell’art. 157 DL 34/2020 proposta dall’Ufficio sottolineando che, mentre la motivazione degli atti impositivi poggiava interamente «sull’asserita necessità di notificare l’avviso al fine di trasmettere la CNR alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze» , posto che «la Procura già perfettamente informata dell’eventualità che le condotte ascritte ai soci…’; con le controdeduzioni l’Ufficio avrebbe corretto il tiro, rilevando che la sussistenza del presupposto per agire in deroga alla sospensione risiederebbe nella sostanziale gravità e rilevanza penale del fatto.
3. La CTP di Firenze, con la sentenza n. 569/2021, accoglieva i ricorsi riuniti, ritenendo fondata l’eccezione preliminare di nullità degli avvisi di accertamento per violazione dell’art. 157, co. 1, D.L. 19 maggio 2020, n. 34, «ossia aver notificato gli avvisi di accertamento fuori dai casi consentiti, vigente il divieto di notifica previsto dalla disciplina emergenziale introdotta nella prima fase pandemica». Il giudice di prime cure ha negato la sussistenza dell’ipotesi derogatoria sulla base di tre argomentazioni: «emerge documentalmente come il procedimento penale legato all’avviso/i di accertamento notificato in periodo pandemico fosse
già in essere (quantomeno dal 15.5.2019), di guisa che non può ritenersi acclarato il collegamento funzionale con la comunicazione di notizia di reato…»; inoltre «l’eventuale contestazione di un’ipotesi delittuosa (infedele dichiarazione, frode fiscale ed altro) non dipende dalla notifica dell’avviso di accertamento…»; infine «neppure la ‘gravità della condotta’ può rientrare nel concetto di ‘indifferibilità ed urgenza’… ».
4. L’Ufficio ha proposto ricorso in appello, nel quale ha denunciato «errata e/o falsa applicazione dell’art. 157, co. 1, D.L. n. 34/20200 -Notifica degli avvisi di accertamento per ‘indifferibilità ed urgenza’» e ha ribadito la fondatezza delle pretese impositive. La C.G.T. di 2^ grado della Toscana, con la sentenza n. 956/2024, ha rigettato il ricorso in appello dell’Ufficio. Avverso tale sentenza, l’Agenzia delle Entrate ricorre a mezzo di due motivi, mentre i contribuenti resistono con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.Col primo motivo si deduce ‘Violazione dell’art. 157, commi 1 e 6, del D.L. 19.5.2020 n. 34 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’
Secondo la difesa erariale avrebbe errato la CGT nell’affermare che ‘il riferimento alla notizia di reato (o alla contestazione della frode fiscale) va, quindi, inteso nel senso che l’accertamento/contestazione può essere emesso e poi anche notificato al di fuori della finestra imposta dal legislatore dell’emergenza COVID -19, allorché sia funzionale all’emersione della notizia di reato e all’inizio delle indagini penali e non certo, come nella fattispecie, allorché non solo la notizia sia già stata trasmessa alla Procura della Repubblica, non solo siano già state avviate indagini, ma addirittura i destinatari della notifica siano già stati rinviati a giudizio. Non c’era, insomma, nella specie, alcuna urgenza o indifferibilità derivante dall’attendere la finestra 1.3 -31.12.2021 per notificare gli avvisi di accertamento ai destinatari.
Ne consegue che la notifica non poteva essere effettuata e il ricorso dei contribuenti correttamente è stato accolto».
Invero ad avviso dell’Agenzia ricorrente, visto il coinvolgimento della società in una frode fiscale nonché le altre violazioni penalmente rilevanti commesse dai soci, sussistevano le ragioni di ‘indifferibilità ed urgenza’ previste dall’art. 157, comma 1, del D.L. n. 34/2020. Per integrare tali ragioni, non era infatti necessario, contrariamente a quanto erroneamente statuito dalla Corte di secondo grado, l’ulteriore requisito costituito dal collegamento funzionale tra la notifica dell’avviso di accertamento e l’emersione della notizia di reato -inizio delle indagini penali.
1.1.Pregiudizialmente deve escludersi la rilevanza delle modifiche in tema di rilevanza del giudicato penale in sede tributaria, siccome rinvenienti dall’art. 21 bis d.l. n. 74/2000, introdotto dal d.lgs. n. 87/2024, dal momento che la prima sentenza dibattimentale invocata attiene ad un altro anno d’imposta (precisamente il 2014), mentre quella pronunciata dal Tribunale di Firenze n. 9343 del 4 marzo 2024, dispone la condanna del controricorrente NOME COGNOME per i capi B6, B7, B8 (dichiarazioni i.v.a. 2016, 2017, 2018); la rimessione degli atti al P.M. per il capo B5 (dichiarazione i.v.a. 2015), e l’assoluzione, ma perché ‘il fatto non costituisce reato’, relativamente ai capi A e C (dichiarazioni IRPEF di entrambi i soci per gli anni in rilievo).
Orbene, comunque si voglia interpretare la portata della disposizione di cui al nuovo art. 21 bis del d.l. n. 74/2000, va ricordato che la stessa attiene alla diretta rilevanza in sede tributaria delle sentenze dibattimentali di assoluzione ‘perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso’, mentre la formula utilizzata nella specie attiene all’elemento soggettivo, e dunque non è interessata dalla novità in questione.
Né il motivo risulta inammissibile in quanto avrebbe per la prima volta comportato la deduzione secondo cui la Circolare emessa
dall’Agenzia ad integrazione della disposizione recata dall’art. 157 del d.l. n. 34/2020 non avrebbe «natura meramente interpretativa, la cui efficacia non è vincolante, ma si tratta di una circolare applicativa, idonea a completare il precetto di rango primario con l’inserimento di una normativa di dettaglio, come tale vincolante in virtù dello stesso rinvio contenuto nella legge».
Appare infatti evidente come quanto sopra eccepito attiene a mere argomentazioni difensive relative alla portata di una circolare applicativa, le quali ben possono essere dedotte fino alle memorie conclusive.
1.2. Ciò precisato, va ricordato che l’art. 157, comma 1, del D.L. n. 34/2020 ha previsto che «gli atti di accertamento, di contestazione, di irrogazione delle sanzioni, di recupero dei crediti di imposta, di liquidazione e di rettifica e liquidazione, per i quali i termini di decadenza, , scadono tra l’8 marzo 2020 ed il 31 dicembre 2020, sono emessi entro il 31 dicembre 2020 e sono notificati nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021, salvo casi di indifferibilità e urgenza».
Al comma 6 la norma prosegue disponendo che «Con uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate sono individuate le modalità di applicazione del presente articolo». L’Agenzia delle Entrate, con circolare n. 25/E del 20/8/2020, ha integrato la previsione di legge (paragrafo 3.10.3), specificando che: «A titolo esemplificativo, l’invio delle comunicazioni e la notifica di atti durante il periodo di sospensione può considerarsi legittima anche nei seguenti casi: – comunicazioni o atti che prevedono una comunicazione di notizia di reato ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale; – comunicazioni o atti destinati a soggetti sottoposti a procedure concorsuali, per la tempestiva insinuazione nel passivo; – pericolo per la riscossione». Questa Corte ha poi chiarito che «detta circolare non ha natura meramente interpretativa, la cui efficacia non è vincolante, ma si
tratta di una circolare applicativa, idonea a completare il precetto di rango primario con l’inserimento di una normativa di dettaglio, come tale vincolante in virtù dello stesso rinvio contenuto nella legge» (Cass. n. 14019/2024).
Va a questo punto altresì chiarito che il differimento della notifica è stabilito a vantaggio dei contribuenti, affinché possano ricevere la notizia in un momento in cui non si trovavano nella difficoltà determinata dalle limitazioni conseguenti alla pandemia.
Risulta così evidente, e del resto non è neppure contestato, che la notifica di avvisi al di fuori -o meglio prima -della finestra temporale indicata dalla norma, è colpita da invalidità, a meno che non ricorrano i requisiti di indifferibilità ed urgenza.
Orbene «Gli avvisi di accertamento concernenti la sussistenza di una frode IVA idonea a giustificare la comunicazione di una notizia di reato ai sensi dell’art. 331 c.p.p. rientrano tra gli atti indifferibili e urgenti che possono essere notificati anche durante il periodo di sospensione previsto dall’art. 157, comma 1, del d.l. 19 maggio 2020, n. 34, conv. con modif. dalla l. 17 luglio 2020, n. 7».
E’ pacifico che con gli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei soci veniva contestata anche l’integrazione del reato di infedele dichiarazione ex art. 4 D.Lgs. n. 74/2000, per il quale l’Ufficio, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., ha proceduto ad effettuare la relativa comunicazione all’autorità giudiziaria.
Questa Corte poi in generale, con riferimento alle ragioni che giustificano l’anticipazione della notifica in deroga alle disposizioni di cui alla l. n. 212/2000, ha stabilito che «può essere sufficiente, se specificamente riferita al contribuente e al rapporto tributario controverso, l’allegazione della sua partecipazione ad una frode perpetrata ai danni dell’Erario (cfr. Cass. 7 settembre 2018, n. 21815; Cass., ord., 2 luglio 2018, n. 17211; Cass., ord., 24 giugno 2014, n. 14287; Cass. 5 febbraio 2014, n. 2587)» e ciò in quanto «tale circostanza ( la partecipazione alla frode) potrebbe richiedere
un’anticipata notifica dell’atto impositivo, al fine di evitare il pericolo di una perdita fiscale per l’erario o, comunque, di circoscrivere gli effetti pregiudizievoli di tale perdita, ovvero di evitare la protrazione di una condotta in essere o, comunque, la reiterazione della stessa che presenti carattere gravemente illecito, anche in considerazione dell’entità dell’importo oggetto del recupero fiscale fatto valere con l’atto notificato».
Stando a ciò, appare allora evidente che la ratio di tutela del contribuente viene meno a fronte delle surriferite necessità nelle ipotesi in cui l’atto comunicando preveda la comunicazione di una notizia di reato.
La difesa dei controricorrenti afferma peraltro che nella specie non potevano ricorrere i presupposti normativi in parola in quanto all’epoca della notifica degli avvisi di accertamento era venuta meno ogni urgenza, dal momento che già i militari della guardia di finanza avevano provveduto alla denuncia ex art. 331 cod. proc. pen, a seguito del p.v.c., e addirittura i controricorrenti a quell’epoca erano già stati rinviati a giudizio per quei fatti.
Tale difesa si pone nel solco della motivazione adottata dai giudici d’appello secondo i quali non sempre si giustificano i presupposti di indifferibilità ed urgenza in corrispondenza di una condotta fraudolenta e di rilevanza penale, ma solo allorché la comunicazione degli avvisi all’autorità penale ‘sia funzionale all’emersione della notizia di reato e all’inizio delle indagini penali e non certo, come nella fattispecie, allorché non solo la notizia sia già stata trasmessa alla Procura della Repubblica, non solo siano già state avviate indagini, ma addirittura i destinatari della notifica siano già stati rinviati a giudizio’.
A sua volta la decisione d’appello si pone nel solco di quella di primo grado, sul punto di analogo tenore.
Orbene anzitutto la sentenza d’appello trascura il fatto, rilevato dall’Agenzia, ed anche commentato, seppur negativamente, dal
giudice di primo grado, secondo cui con gli avvisi e le relative comunicazioni l’Agenzia indicava altresì una nuova condotta delittuosa, costituita dall’omessa dichiarazione IRPEF ai sensi dell’art. 4, d.l. n. 74/2000.
Sul punto non pare significativa l’osservazione dei primi giudici secondo cui ‘l’eventuale contestazione di un’ipotesi delittuosa (infedele dichiarazione, frode fiscale ed altro) non dipende dalla notifica dell’avviso di accertamento, nel senso che la trasmissione all’AG di atti che contengono ipotesi di notizie di reato non è preclusa alla PA e non è quindi funzionalmente/geneticamente legata alla previa o contestuale notifica all’interessato dell’avviso di accertamento con cui si contestano … violazioni fiscali’, perché se così fosse, cioè se questo ragionamento avesse rilievo ai fini di cui all’art. 157 cit., allora non avrebbe alcun senso la stessa previsione – come ipotesi di indifferibilità ed urgenza – del fatto che il comportamento oggetto dell’avviso abbia consistenza di fatto fraudolento o comunque delittuoso, così come indicato dalla richiamata Circolare cui questa Corte, come sopra già indicato, ha riconosciuto natura integrativa del precetto primario.
Che poi la Procura abbia sviluppato le indagini e poi contestato anche il relativo reato di cui sopra sulla base già del p.v.c. non toglie nulla a quanto precede, e questo nella logica dell’obbligo di comunicazione ai sensi dell’art. 331 cod. proc. pen.
Né nella norma primaria, oppure nella Circolare integrativa, e neppure nella Relazione Illustrativa, che pure costituisce un elemento atto ad orientare l’interprete, si rinviene alcuna indicazione circa l’ipotizzata necessità della funzionalità della comunicazione con l’inizio delle indagini penali.
Semmai la ragione dell’anticipazione si ricollega, per il tramite della qualificazione delittuosa e/o fraudolenta, con la particolare aggressività e pericolosità che la condotta assume ai fini dell’esitazione della pretesa fiscale, e ciò traspare molto bene
anche dai passi rilevanti della relazione illustrativa, che appunto utilizza la natura fraudolenta o delittuosa all’evidente scopo di qualificare la tipologia della condotta, non la funzionalità all’indagine da instaurarsi o meno (‘La disposizione fa salva tuttavia la notifica degli atti caratterizzati da indifferibilità ed urgenza, come nel caso di contestazione di frodi fiscali, atti che prevedono una comunicazione di notizia di reato ai sensi dell’art. 331 c.p.p. ovvero quelli conseguenti l’applicazione dei provvedimenti cautelari previsti dall’art. 22 d.l. n. 472/97…’).
Del resto, l’indifferibilità della notifica dell’avviso in tal caso, se fosse davvero prevista come unico veicolo per la comunicazione ex art. 331 c.p.p., non si spiegherebbe, perché invece nulla avrebbe impedito al pubblico ufficiale dipendente dell’Agenzia che ravvisasse un reato, indipendentemente dalla notifica dell’avviso, di comunicare lo stesso alla Procura, come del resto fecero i militari della G.d.F.
D’altronde, il fatto che il pubblico ufficiale sia a conoscenza della circostanza per cui un altro pubblico ufficiale abbia in ipotesi già comunicato all’autorità penale il fatto, non lo esime dal compiere la denuncia cui l’ordinamento lo obbliga a meno che non abbia sicura contezza della completezza e dell’esattezza dell’altra denuncia, cosa che nella specie va esclusa, a tacer d’altro per l’ulteriore ipotesi delittuosa oggetto di denuncia, senza contare che non viene dimostrato che gli autori dell’avviso avessero conoscenza del contenuto dell’altra denuncia, che i militari si erano riservati di spiegare con atto separato in sede di p.v.c.
Va dunque affermato il seguente principio di diritto
‘Il differimento della notifica degli atti impositivi di cui all’art. 157 del d.l. n. 34/2020, è stabilito a vantaggio dei contribuenti, affinché possano ricevere la notizia in un momento in cui non si trovavano più nella difficoltà determinata dalle limitazioni conseguenti alla pandemia.
Il potere dell ‘amministrazione di procedere anticipatamente alla notifica, in caso di indifferibilità ed urgenza, va ricollegato tra l’altro alla qualificazione delittuosa e/o fraudolenta della condotta, con conseguente pericolo di una perdita fiscale per l’erario o, comunque, per la necessità di circoscriverne gli effetti pregiudizievoli, restando quindi indifferente il fatto che per quei fatti sia già avviata un’indagine penale’.
Il motivo risulta allora fondato.
Col secondo motivo, spiegato in via subordinata, si deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.
L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del presente.
Dal fondamento del primo motivo discende quindi la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice d’appello che provvederà altresì alla liquidazione delle spese di lite, nonché l’assorbimento del secondo motivo spiegato in via subordinata.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata rinviando alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana che, in diversa composizione, provvederà altresì alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2025