Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32858 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32858 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
AVVISO DI INTIMAZIONE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2946/2022 R.G. proposto da: NOME COGNOMEC.F. CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale allegata al ricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio digitale indicato in ricorso;
-ricorrente – contro
Agenzia delle Entrate Riscossione, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELL ‘ABRUZZO n. 479/2/2021, depositata in data 21/6/2021; Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME
Napolitano nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024;
Fatti di causa
Con ricorso presentato il 2/11/2018 dinanzi alla C.T.P. di Chieti, NOME COGNOME (d’ora in poi, anche ‘la contribuente’ ) impugnò l’intimazione di pagamento n. TAZIPCM00143/2018 notificata il 26/7/2018 e conseguente all’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO
Il giudizio tributario instaurato avverso detto avviso di accertamento si concluse con una sentenza di cassazione con rinvio della causa al giudice di merito, causa non riassunta.
La C.T.P. di Chieti dichiarò inammissibile il ricorso avverso l’avviso di intimazione in quanto proposto oltre il termine di decadenza di sessanta giorni.
La contribuente propose appello dinanzi alla C.T.R., che confermò la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza d’appello la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
La contribuente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c.
Ragioni della decisione
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992 , in combinato con gli artt. 8 e 14 della legge n. 890 del 1982, 140 c.p.c., 48 disp. att. c.p.c., 26, 45 e ss. del d.P.R. n. 602 del 1973, 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 2697 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.) ‘ , la contribuente censura la sentenza d’appello per avere dichiarato la tardività del ricorso di primo grado in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo il quale, per le notificazioni eseguite a mezzo del servizio postale, quando il piego da notificare sia stato depositato presso l’ufficio postale per la temporanea assenza del destinatario e delle persone legittimate a riceverlo, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio può essere data dal notificante esclusivamente mediante la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata che comunica l’avvenuto deposito dell’atto notificando presso l’ufficio postale, non essendo a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della raccomandata medesima (SS.UU., n. 10012/2021).
Non avendo l’Agenzia delle Entrate prodotto in giudizio l’avviso di ricevimento della raccomandata informativa dell’avvenuto deposito in ufficio postale del piego contenente l’intimazione di pagamento, la C.T.R., e prima ancora di essa la C.T.P., avrebbero errato a dichiarare inammissibile per tardività l’impugnazione di primo grado, visto che il dies a quo avrebbe dovuto essere individuato nel giorno in cui la contribuente ritirò il piego presso l’ufficio postale, non nell’undicesimo giorno successivo alla spedizione della raccomandata informativa.
2. Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7, comma 1, della legge n. 212 del 2000, 3, comma 3, della legge n. 241 del 1990, 68 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 42, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973 (art. 360, comma 1, n. 3
c.p.c.)’ , la contribuente censura la sentenza d’appello per non aver dichiarato l’illegittimità dell’intimazione di pagamento impugnata a causa della mancata allegazione ad essa dell’ordinanza n. 31086/2017 della Suprema Corte che ne costituisce il presupposto, e che la contribuente non aveva conosciuto in quanto contumace in giudizio.
3. La sentenza impugnata contiene una doppia motivazione ritomerito: dapprima rigetta l’appello affermando, in rito, la tardività del ricorso di primo grado; poi esamina comunque nel merito la domanda della contribuente, affermando la legittimità e la sufficienza della motivazione dell’intimazione di pagamento che contiene il riferimento alla sentenza di questa Corte nell’ambito del processo che, non essendo stato riassunto nei termini dopo la pronuncia rescindente dall’odierna contribuente che di quel processo era parte e che era interessata alla riassunzione, portò al consolidamento dell’avviso di accertamento a suo tempo impugnato.
Il Collegio è ben consapevole dell’orientamento di questa Corte (Cass., SS.UU., 14 marzo 1990, n.2078; Cass., SS.UU., 20 febbraio 2007, n. 3840 e, tra le sezioni semplici, ribadito più recentemente da Cass., 9 maggio 2016, n. 9319, Cass., 20 agosto 2015, n. 17004, Cass., 19 dicembre 2014, n. 27049) secondo il quale il motivo impediente in rito osta a che abbiano rilevanza le argomentazioni spese ad abundantiam per respingere la domanda.
Tuttavia, deve osservarsi che, nel caso di specie, dal tenore della sentenza impugnata emerge che la motivazione di rigetto nel merito non è stata resa ad abundantiam rispetto al motivo impediente in rito, ma è stata resa come motivazione autonoma ed ulteriore rispetto a quella in rito.
In altri termini, la motivazione di rigetto assume le forme di una ratio decidendi autonoma, e in tal guisa è stata intesa anche dalla
contribuente, che l’ha specificamente impugnata col mezzo di ricorso in esame.
In altre parole, la statuizione di rigetto nel merito del ricorso costituisce l’esercizio di una potestà giurisdizionale decisoria e non rappresenta meramente la chiusa argomentativa a scopo rafforzativo della decisione di rito impediente.
Tanto premesso, deve esaminarsi per prima il secondo motivo, in quanto il suo rigetto soddisferebbe interamente l’interesse della contribuente alla decisione del ricorso.
3.1 Il secondo motivo di ricorso è infondato.
L’obbligo di allegazione dell’atto richiamato per relationem nell’atto da notificare è funzionale a far conoscere al contribuente le ragioni della pretesa impositiva.
Orbene, nel caso di specie, l’atto presupposto dall’intimazione di pagamento oggetto del presente giudizio è l’avviso di accertamento a suo tempo impugnato dalla COGNOME NOME, che dopo aver vinto nel giudizio di merito risultò soccombente in Cassazione ed omise di riassumere nel termine il giudizio, facendo così divenire irrevocabile l’avviso di accertamento originariamente impugnato.
Risulta agli atti che l’intimazione di pagamento impugnata contiene il riferimento alla sentenza della Suprema Corte pronunciata tra l’Agenzia delle Entrate e l’odierna contribuente, che contrariamente a quanto ritiene la COGNOME è sufficiente per farle comprendere le ragioni della pretesa.
L’atto impositivo presupposto, infatti, era da lei conosciuto a tal punto che ella lo impugnò ; anche l’esito finale del giudizio da lei instaurato non poteva esserle ignoto, perché anche la parte contumace che ha avuto rituale conoscenza degli atti introduttivi di un giudizio è giuridicamente a conoscenza del processo, esattamente allo stesso modo in cui lo è la parte costituita.
Il fatto, dunque, che l’odierna contribuente non si sia difesa nel giudizio di cassazione che portò , tramite l’annullamento della sentenza d’appello e l’omessa riassunzione della causa di rinvio, al consolidamento dell’avviso di accertamento non è giuridicamente idoneo ad infirmare la conoscenza che ella aveva sia dell’avviso di accertamento impugnato, sia del processo conclusosi con il consolidamento di quell’avviso di accertamento.
3.2. Dal rigetto del secondo motivo di ricorso deriva l’inammissibilità, per difetto d’interesse, del primo motivo.
4. Il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna NOME COGNOME al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in euro tremila per compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024.