Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33664 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 33664 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
SENTENZA
sul ricorso n. 4439/2017 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dal Prof. Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME presso il cui studio è elettivamente domiciliata, in Roma, alla INDIRIZZO giusta procura a margine del ricorso per cassazione.
–
ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO
– controricorrente e ricorrente in via incidentale –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del LAZIO, n. 4431/2016, depositata in data 7 luglio 2016, non notificata; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 6 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME che ha concluso per l ‘accoglimento del ricorso principale e del ricorso incidentale; udito per la società ricorrente l’Avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale e per il rigetto del ricorso incidentale; l’Avv. che ha concluso per l’accoglimento del ricorso udito per l’Agenzia controricorrente e ricorrente in via incidentale NOME COGNOME incidentale e per il rigetto del ricorso principale;
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE aveva impugnato l’avviso di accertamento n. TK503M107939/2011, con il quale era stato accertato un maggior reddito ai fini delle imposte IRES, IVA e IRAP per l’anno d’imposta 2007.
La Commissione tributaria provinciale, con sentenza n. 8730/38/15, depositata il 23 gennaio 2015, aveva accolto il ricorso, affermando che le notifiche degli inviti inviati dall’Ufficio alla società e alla Amministratrice non si erano perfezionate e che pertanto, per tale ragione, la società contribuente non aveva potuto rispondere alla richiesta di esibizione dei documenti.
La Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate e ha dichiarato la legittimità dell’avviso di accertamento impugnato, con esclusione del mancato riconoscimento dell’agevolazione di cui all’art. 12 della legge n. 904 del 1977 a favore del contribuente.
4 . I giudici di secondo grado, in particolare, hanno affermato la regolarità della notifica dell’invito dell’Ufficio rivolto alla società contribuente a produrre documentazione contabile in relazione al periodo di imposta di riferimento e specificamente della seconda raccomandata che si era regolarmente perfezionata a mente degli artt. 60 del d.P .R. n. 600 del 1973, 140 e 145 cod. proc. civ., essendo stati soddisfatti tutti gli adempimenti previsti da quelle norme, come dimostrato dall’Ufficio mediante la produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata n. 763678973957 spedita il 21 luglio 2011 alla Amministratrice COGNOME NOME e specificamente il deposito del piego presso l’ufficio postale, come debitamente attestato sulla cartolina di avviso di ricevimento prodotta in atti, l’avviso al destinatario con lettera raccomandata con avviso di ricevimento (che infatti risulta inviata il 25 luglio 2011) e il decorso del termine di dieci giorni dalla spedizione della missiva senza che il destinatario provveda al ritiro della stessa che risultava compiuto il 6 agosto 2011.
5. La Commissione tributaria regionale, nel merito, ha affermato che l’accertamento risultava essere stato legittimamente effettuato alla luce di quanto previsto dall’art. 39, comma 2, lett. d bis, del d.P .R. n. 600 del 1973, posto che la società contribuente non aveva ottemperato all’invito dell’Ufficio, regolarmente notificatole e che, nel caso in esame, non era rilevabile una causa non imputabile alla società contribuente che giustificasse il suo inadempimento alle richieste dell’Ufficio, nella sussistenza di una presunzione legale di conoscenza dell’invito, stante la regolarità della notifica di detto invito, completo di tutti gli elementi richiesti dalla legge; l’Ufficio aveva fatto uso degli ampi poteri riconosciutigli dall’art. 51 del d.P .R. n. 633 del 1972, ricorrendo in particolare alla procedura stabilita dall’art. 54 e dunque, anche in questo caso, le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’Ufficio non potevano essere presi in considerazione a favore della società contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa.
I giudici di secondo grado hanno, infine, ritenuto fondata la richiesta di riconoscere l’agevolazione relativa alla tassazione dell’utile ridotta del 30%, come previsto dall’art. 12 della legge n. 904 del 1977 e dall’art. 21, comma 10, della legge n. 449 del 1997, in ragione della natura di cooperativa a mutualità prevalente della società ricorrente e della sussistenza dunque dei presupposti di legge, evidenziati dalla perizia di parte, la quale evidenziava il disposto di cui all’art. 15 dello Statuto sociale e l’effettivo rispetto dei suddetti requisiti normativi, ritenendo, di contro, inammissibili le ulteriori censure introdotte dalla società contribuente con la memoria del 12 gennaio 2015 e con le controdeduzioni, in quanto tardive.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a quattro motivi.
L’Agenzia delle Entrate r esiste con controricorso e ricorso incidentale fondato su un motivo e memoria.
La Procura Generale ha depositato requisitoria scritta con la quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale e del ricorso incidentale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2700 cod. civ., in relazione agli artt. 8, secondo comma, della legge n. 890 del 1982, nonché 32 e 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972. La sentenza impugnata era errata laddove aveva ritenuto che per il perfezionamento della notifica dell’invito istruttorio n. I01929/2011 fosse sufficiente la dichiarazione resa dall’agente notificatore, ancorché pubblico ufficiale, di avere comunicato alla destinataria, il tentativo di notifica del piego, sebbene, a fronte della contestazione di mancata ricezione della suddetta comunicazione, spettava all’Agenzia delle Entrate dimostrare il perfezionamento del procedimento notificatorio esibendo in giudizio l’avviso di ricevimento, o quantomeno quello di spedizione, della
C.A.D., documento che, nel caso di specie, non era mai stato prodotto. La mancata prova della corretta notifica dell’invito istruttorio faceva venire meno, nel caso di specie, il presupposto per l’accertamento induttivo extracontabile operato nei confronti della società che, conseguentemente, era illegittimo e, comunque, rendeva inutilizzabili in sede contenziosa i documenti che sono stati prodotti dalla contribuente per dimostrare la correttezza del suo operato.
Il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 32, quarto comma, e 39, secondo comma, lett. d-bis) del d.P.R. n. 600 del 1973, nonché 51, quarto comma, del d.P.R. n. 633 del 1972. La sentenza era illegittima nella misura in cui aveva ritenuto operante la preclusione all’utilizzo dei documenti non prodotti dalla San Nilo in risposta all’invito trasmesso dall’Ufficio, posto che nel caso di specie la richiesta istruttoria non era neppure materialmente pervenuta alla destinataria, e, dunque, non poteva dirsi integrato un comportamento della contribuente volto a sottrarsi coscientemente al contraddittorio amministrativo con l’Agenzia delle Entrate, come invece richiedevano le norme indicate nella rubrica del motivo per fare scattare la suddetta preclusione e giustificare un accertamento di tipo induttivo extracontabile.
Il terzo motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ovvero la natura di cooperativa a mutualità prevalente della contribuente, atteso che, se fosse stata tenuta in debito conto detta circostanza, i Giudici non avrebbero potuto fare a meno di rilevare l’infondatezza della ricostruzione induttiva che l’Ufficio aveva operato presumendo costi e ricavi non compatibili con la natura giuridica e l’attività della società.
Il quarto motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza in relazione agli artt. 18, 19,
32 e 57 del decreto legislativo n. 546 del 1992. La Commissione tributaria regionale aveva dichiarato la inammissibilità delle doglianze formulate dal contribuente nella memoria di primo grado e, poi, nelle controdeduzioni all’appello erariale, in quanto, a suo dire, ritenute nuove rispetto a quelle dedotte nel ricorso di primo grado, quando in realtà non si trattava affatto di una mutatio libelli, ma unicamente di una migliore esplicitazione delle domande e delle ragioni proposte nel ricorso introduttivo.
5 . Il primo ed unico motivo del ricorso incidentale deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 145 cod. proc. civ., nonché dell’articolo 2697 cod. civ., in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. La decisione di appello era errata con riferimento al mancato perfezionamento della notificazione dell’invito n. I01929/2011 presso la sede legale della stessa San Nilo RAGIONE_SOCIALE in quanto era stato accertato, in punto di fatto, che detto atto era stato bensì ricevuto in data 26 luglio 2011 presso quell’indirizzo dalla Sig.ra NOME COGNOME e che la stessa, pur non essendone dipendente, era tuttavia « evidentemente persona ben nota alla società contribuente (la quale infatti ne produce le dichiarazioni) », e che ella « ha ritenuto in più occasioni di ritirare gli atti destinati alla società e che, nonostante ciò, si è dimenticata di consegnarglieli» . Anche la notifica dell’invito alla sede legale della San RAGIONE_SOCIALE avrebbe pertanto dovuto dirsi legittimamente perfezionata, e la Commissione tribunale regionale, ritenendo il contrario, aveva violato le pertinenti norme indicate in epigrafe.
Il primo motivo del ricorso principale e l’unico motivo del ricorso incidentale devono essere trattati in via prioritaria in quanto afferenti entrambi al vizio di notifica dell’invito istruttorio n. I01929/2011.
Il primo motivo del ricorso principale è fondato, alla stregua del principio giurisprudenziale affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui « In tema di notifica di un atto impositivo ovvero
processuale tramite servizio postale, qualora l’atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per sua temporanea assenza ovvero per assenza o inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio può essere data dal notificante – in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata (artt. 24 e 111, comma 2, Cost.) dell’art. 8 della L. n. 890 del 1982 – esclusivamente attraverso la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito (cd. C.A.D.), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della suddetta raccomandata informativa», in quanto «solo dall’esame concreto di tale atto il giudice del merito e, qualora si tratti di atto processuale, (se del caso) anche il giudice di legittimità, può desumere la “sorte” della spedizione della “raccomandata informativa”, quindi, in ultima analisi, esprimere un – ragionevole e fondato – giudizio sulla sua ricezione, effettiva o almeno “legale” (intesa come facoltà di conoscere l’avviso spedito e quindi tramite lo stesso l’atto non potuto notificare), della raccomandata medesima da parte del destinatario » (Cass., Sez. U., 15 aprile 2021, n. 10012).
7.1 Le Sezioni Unite, nella sentenza richiamata, esaminando le fattispecie di notifica in caso di irreperibilità relativa del destinatario, ex 140 cod. proc. civ. e quella eseguita a mezzo posta, ha ravvisato tra le stesse un « pendant logico-giuridico » ed una « evidente analogia » e ha esteso, in una prospettiva di comparazione anche costituzionale, la soluzione, in materia di necessaria produzione dell’avviso di ricevimento, già adottata da questa Corte con riferimento all’art. 140 cod. proc. civ.. Dunque, la mancata produzione in giudizio nel deposito dell’avviso di ricevimento della raccomandata comporta la mancanza di prova del perfezionamento del procedimento notificatorio. Inoltre, ha precisato che, nel caso di notifica, anche di atti impositivi tributari, da parte dell’ufficiale giudiziario ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ.,
che la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio deve essere data, appunto, mediante la produzione giudiziale dell’avviso di ricevimento della «raccomandata informativa» e che, pur nella diversità delle due modalità notificatorie in relazione alla spedizione della CAD – quella codicistica attuata dall’ufficiale giudiziario con il concorso dell’agente postale, quella postale attuata esclusivamente da quest’ultimo- non può che ravvisarsi un’unica ratio legis che è quella profondamente fondata sui principi costituzionali di azione e difesa (art. 24, Cost.) e di parità delle parti del processo (art. 111, secondo comma, Cost.) – di dare al notificatario una ragionevole possibilità di conoscenza della pendenza della notifica di un atto impositivo o comunque di quelli previsti dall’art. 1 della legge n. 890 del 1982 (atti giudiziari civili, amministrativi e penali, concludendo che solo in questi termini può dunque trovarsi quel punto di equilibrio tra le esigenze del notificante e quelle del notificatario, peraltro trattandosi di un onere probatorio processuale tutt’affatto vessatorio e problematico, consistendo nel deposito di un atto facilmente acquisibile da parte del soggetto attivo del sub-procedimento e che solo dall’esame concreto di tale atto il giudice del merito e, qualora si tratti di atto processuale, (se del caso) anche il giudice di legittimità, può desumere la «sorte» della spedizione della «raccomandata informativa», quindi, in ultima analisi, esprimere un – ragionevole e fondato- giudizio sulla sua ricezione, effettiva o almeno «legale» (intesa come facoltà di conoscere l’avviso spedito e quindi tramite lo stesso l’atto non potuto notificare), della raccomandata medesima da parte del destinatario (Cass., Sez. U., 15 aprile 2021, n. 10012, in motivazione).
7.2 Orbene, applicati detti principi al caso in esame, in cui la notifica, come emerge dalla sentenza impugnata e dalla memoria dell’Agenzia delle Entrate (pagg. 2, 3 e 5) è stata eseguita mediante agente postale in ipotesi di irreperibilità relativa, la raccomandata informativa (pure inviata in data 25 luglio 2011) non risulta consegnata al soggetto
destinatario, è del tutto evidente che il giudizio sulla ricezione «effettiva» o almeno «legale» della stessa non può che essere negativo, con la conseguenza che era onere dell’Ufficio, nella specie non adempiuto, procedere a rinnovare la notificazione non perfezionatasi.
Anche il primo ed unico motivo del ricorso incidentale è fondato.
8.1 Questa Corte, sul presupposto che la notificazione degli atti tributari regolata dall’art. 145 cod. proc. civ. può avvenire, con criterio di alternatività, presso la sede o direttamente al legale rappresentante (Cass., 18 aprile 2023, n. 10282; Cass., 10 novembre 2020, n. 25137) ha statuito che « Ai fini della regolarità della notificazione di atti a persona giuridica mediante consegna a persona addetta alla sede (art. 145, comma 1, c.p.c.), senza che consti la previa infruttuosa ricerca del legale rappresentante e, successivamente, della persona incaricata di ricevere le notificazioni, è sufficiente che il consegnatario si trovi presso la sede della persona giuridica destinataria non occasionalmente ma in virtù di un particolare rapporto che, non dovendo essere necessariamente di prestazione lavorativa, può risultare anche dall’incarico, pur se provvisorio e precario, di ricevere le notificazioni per conto della persona giuridica. Ne consegue che, qualora dalla relazione dell’ufficiale giudiziario risulti la presenza di una persona che si trovava nei locali della sede, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, anche se da questa non dipendente, laddove la società, per vincere la presunzione in parola, ha l’onere di provare che la stessa persona, oltre a non essere una sua dipendente, non era neppure addetta alla sede per non averne mai ricevuto incarico alcuno ». (Cass., 20 novembre 2017, n. 27420; Cass., 5 settembre 2012, n. 14865, richiamata anche dai giudici di merito). Anche di recente, questa Corte ha affermato che « Ai fini della regolarità della notificazione di atti ad una persona giuridica, ex art. 145 c.p.c., qualora dalla relazione dell’ufficiale
giudiziario o postale risulti, nella sede legale o effettiva, la presenza di una persona all’interno dei relativi locali, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica medesima, senza che il notificatore debba accertarsi della sua effettiva condizione, laddove l’ente, per vincere la presunzione in parola, ha l’onere di provare la mancanza dei presupposti per la valida effettuazione del procedimento notificatorio » (Cass., 14 maggio 2021, n. 13086).
8.2 La statuizione della Commissione tributaria regionale sulla regolarità della notifica eseguita in data 26 luglio 2011 presso la sede della società, non è conforme ai principi suesposti, in quanto i giudici di secondo grado hanno ritenuto, sulla base della dichiarazione scritta di COGNOME NOME e della perizia asseverata della dott.ssa COGNOME NOMECOGNOME superata la presunzione di regolarità della notifica, anche in omaggio ad un principio interpretativo che induceva a favorire e a privilegiare la soluzione più favorevole nei confronti del contribuente (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata). La Commissione tributaria regionale, nella sostanza, ha affermato che la società contribuente aveva dato la prova che la persona che aveva ricevuto la prima notifica in data 26 luglio 2011, NOME oltre a non essere una dipendente, non era neppure addetta alla sede per non averne mai ricevuto incarico alcuno. Ed invero, l’accertamento che i giudici di secondo grado dovevano operare, in ossequio ai principi suesposti, doveva essere diretto a verificare se la presenza di COGNOME NOME presso la sede della società ricorrente fosse o meno occasionale oppure se essa trovasse origine in un particolare rapporto che potesse risultare anche dall’incarico (pure provvisorio e precario), di ricevere le notificazioni per conto della società stessa, alla luce anche del fatto che la COGNOME, oltre a essere persona ben nota alla società, aveva ritenuto in più occasioni di ritirare gli atti destinati alla società (cfr. pagine 3 e 4 della sentenza impugnata).
In ragione della ritenuta fondatezza del primo motivo del ricorso principale, i restanti motivi del ricorso principale devono ritenersi assorbiti.
Per le ragioni di cui sopra, va accolto il primo motivo del ricorso principale e l’unico motivo del ricorso incidentale, con assorbimento dei restanti motivi del ricorso principale; la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto del ricorso incidentale, e la causa va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale e l’unico motivo del ricorso incidentale, con assorbimento dei restanti motivi del ricorso principale; la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto del ricorso incidentale, e la causa va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, il 6 novembre 2024.