Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32930 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32930 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22490/2017 R.G. proposto da : COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della BASILICATA n. 129/2017 depositata il 16/02/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/10/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava dinanzi alla CTP di Potenza la cartella di pagamento con la quale gli veniva richiesto il pagamento di complessivi euro 125.189,86, a titolo di imposte e sanzioni, in esito all’accertamento compiuto nei suoi confronti, per l’anno d’imposta 2006, sulla scorta degli studi di settore. L’avviso di accertamento era stato notificato al contribuente il 4 giugno 2012, ma il contribuente adduceva che la cartella di pagamento 092 2012 00020683530 fosse il primo atto ricevuto, essendo stati quelli prodromici inviati alla sua precedente residenza, anziché a quella effettiva. La CTP adita rigettava il ricorso. La CTR della Basilicata, successivamente investita dal gravame di NOME COGNOME, riduceva l’imponibile e le sanzioni in ragione della rideterminazione in autotutela, da parte dell’Ufficio, del reddito complessivo del contribuente. Quest’ultimo affida ora il proprio ricorso a sette motivi ricorso. L’Agenzia resiste con controricorso
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 19, comma 3, D.Lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. tenuto conto che la mancata notificazione di un atto presupposto, id est, nella specie, l’avviso di accertamento, comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato.
Con il secondo motivo di ricorso si censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 9 della L. n. 890 del 1982 nonché dell’art. 139 c.p.c. e dell’art. 60 d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 160 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., avuto riguardo alla
necessità di effettuare la notifica nella residenza effettiva del destinatario.
I due motivi possono essere trattati congiuntamente. Essi sono infondati perché non colgono nel segno.
La CTR ha compiuto un accertamento di fatto per il cui tramite ha rilevato che l’atto impositivo alla base della cartella di pagamento ‘ venne a suo tempo notificato tramite il servizio postale al domicilio del contribuente, con invio del CAD data la temporanea assenza ‘; ha poi soggiunto che ‘ con il ricorso veniva impugnata solo la cartella e non anche l’avviso di accertamento ‘ e che ‘ il contribuente si limitò a comunicare la variazione del luogo di esercizio della propria attività, il che non ha nulla a che vedere con la variazione del domicilio fiscale, che in tanto può essere variato, in quanto il contribuente faccia motivata istanza ‘.
In effetti, la notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi va eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c. ove sia conosciuta la residenza o l’indirizzo del destinatario che, per temporanea irreperibilità, non sia stato rinvenuto al momento della consegna dell’atto. Questa Corte ha anche chiarito che ‘ La disciplina delle notificazioni degli atti tributari si fonda sul criterio del domicilio fiscale e sull’onere preventivo del contribuente di indicarne il proprio all’Ufficio tributario, nonché di tenerne detto ufficio costantemente informato delle eventuali variazioni; il mancato adempimento, originario o successivo, di tale onere di comunicazione legittima l’Ufficio procedente ad eseguire le notifiche comunque nel domicilio fiscale per ultimo noto, eventualmente nella forma semplificata di cui alla lett. e) dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 ‘ (Cass. n. 27129 del 2016).
Consta, dunque, in sentenza un accertamento in fatto sulla ritualità della notifica, compiuto dal giudice di merito e ad esso in effetti riservato. La parte ricorrente contrappone una diversa ricostruzione in fatto all’apprezzamento di merito della CTR, trascurando di
considerare che detto apprezzamento è censurabile per cassazione alla stregua dell’art. 360, n. 5, c.p.c., nei soli ristretti limiti propri del vizio di motivazione. In altri termini, a fronte dell’accertamento di fatto già svolto dal giudice, il contribuente adombra una violazione di legge che non sussiste, sostanzialmente prospettando una rivisitazione del merito in punto di notifica.
Risulta dunque perfettamente comprensibile l’ iter logico-giuridico seguito per addivenire alla decisione. Il giudice ha rilevato la notifica dell’atto prodromico e la ritualità del medesimo procedimento notificatorio.
Con il terzo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600 del 1973 nonché dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., in considerazione dei vizi dell’avviso di accertamento, prodromico alla cartella e non regolarmente notificato.
Il terzo motivo non coglie nel segno e va disatteso.
Come evidenziato nell’esame del primo motivo, anche riportando testualmente stralci di motivazione della sentenza d’appello, la CTR ha compiuto in essa un accertamento di fatto sull’intervenuta notificazione dell’atto impositivo correlato alla cartella e sul mancato perfezionamento, a cura del contribuente, di una variazione del domicilio fiscale. A fronte di un accertamento in fatto sulla regolarità della notifica, compiuto dal giudice di merito e ad esso in effetti riservato, la parte ricorrente adombra una diversa ricostruzione in fatto, trascurando di considerare che l’apprezzamento di merito del giudice d’appello, è censurabile per cassazione alla stregua dell’art. 360, n. 5, c.p.c., nei soli ristretti limiti propri del vizio di motivazione.
Con il quarto motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 L. n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., non essendo stato instaurato correttamente il contraddittorio prescritto.
Il quarto motivo è inammissibile.
La questione non è, infatti, evocata nella sentenza d’appello.
Giova allora rammentare, in linea con il consolidato orientamento di questa Corte, che ‘ In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in virtù del principio di autosufficienza, indicare in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione ‘ (Cass. n. 18018 del 2024; Cass. n. 20694 del 2018)
Con il quinto motivo si contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 42, comma 2, d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., avendo l’Ufficio emesso l’avviso di accertamento utilizzando le risultanze degli studi di settore, senza indicare i fatti e le circostanze che giustificano il ricorso a metodi induttivi o sintetici.
Il quinto motivo è inammissibile.
La CTR ha accertato la rituale notifica dell’avviso di accertamento, mai impugnato, il che implica che la cartella non sia suscettibile d’impugnazione avuto riguardo ad asseriti vizi dell’atto presupposto, ma unicamente per vizi suoi propri.
Questa Corte ha, infatti, condivisibilmente affermato che ‘ La cartella esattoriale recante intimazione di pagamento di credito tributario, avente titolo in un precedente avviso di accertamento notificato a suo tempo non impugnato, può essere contestata innanzi agli organi del contenzioso tributario ed essere da essi invalidata solo per vizi propri, non già per vizi suscettibili di rendere
nullo o annullabile l’avviso di accertamento presupposto ‘ (Cass. n. 25995 del 2017; Cass. n. 8704 del 2013).
Del resto, mette in conto evidenziare che ‘in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali’ (Cass. n. 7090 del 2022; Cass. n. 22598 del 2018) .
Con il sesto motivo si censura la violazione e falsa applicazione del combinato disposto del d.l. n. 331 del 1993, dart. 62-bis, conv. con L. n. 427 del 1993, e art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., atteso il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, invero basato esclusivamente sugli studi di settore.
Con il settimo motivo di ricorso si censura la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 16 D.Lgs. n. 472 del 1997, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., stante la carenza di adeguata motivazione in ordine all’irrogazione delle sanzioni.
Il sesto motivo e il settimo motivo del ricorso sono inammissibili.
A parte quanto già chiarito in ordine alla inammissibilità di censure che attingano l’avviso d’accertamento, atto prodromico alla cartella mai impugnato, la C.T.R. ha compiuto in relazione ai profili adombrati dalle due censure un accertamento di fatto, esercitando un sindacato di merito sulla pretesa fiscale. L’ambizione della contribuente di ottenere una più appagante rivisitazione del merito
in parola traligna il paradigma del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., volgendolo a finalità eccentriche rispetto alla sua connotazione.
Giova comunque ribadire che ‘in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali’ (Cass. n. 7090 del 2022; Cass. n. 22598 del 2018) .
Il ricorso va in ultima analisi rigettato. Le spese sono regolate dalla soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio, che liquida in euro 5.500,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 09/10/2024.