Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12087 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12087 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9613/2016 R.G. proposto da
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME COGNOME dal quale è rappresentato e difeso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME dal la quale è rappresentata e difesa
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-resistente- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO n. 5321/VI/15 depositata il 14 ottobre 2015
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 6 marzo 2025
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma la cartella esattoriale n. NUMERO_CARTA notificatagli da Equitalia Sud s.p.a., recante l’intimazione di pagamento di somme iscritte a ruolo in virtù di due avvisi di accertamento emessi dalla Direzione Provinciale II di Roma dell’Agenzia delle Entrate per gli anni 2005 e 2006.
Assumeva il ricorrente di non aver mai ricevuto la notifica degli atti impositivi presupposti.
Lamentava, inoltre, che anche la notifica della cartella era da ritenersi affetta da nullità.
La Commissione adìta, pronunciando nel contraddittorio dell’agente della riscossione e dell’ente impositore, accoglieva il ricorso del contribuente, annullando l’atto esattivo impugnato.
La decisione veniva, però, successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, la quale, con sentenza n. 5321/VI/15 del 14 ottobre 2015, in accoglimento dell’appello dell’Amministrazione Finanziaria, rigettava l’originario ricorso della parte privata.
Contro questa sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
L’Agenzia delle Entrate si è invece limitata a depositare un mero , ai soli fini della partecipazione all’eventuale udienza di discussione.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, del predetto articolo il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., sono lamentate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 140 c.p.c..
1.1 Si lamenta che la CTR avrebbe omesso di esaminare le difese sviluppate in grado di appello dal contribuente, con le quali era stato evidenziato che l’allegata della ricevuta di uno dei due avvisi di accertamento presupposti, precisamente quello recante il n. TK5010803748/2011, doveva ritenersi inidonea a dimostrare l’avvenuto perfezionamento della notifica dell’atto; e ciò in ragione del fatto che le da essa ricavabili .
Con il secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono lamentate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 4 della L. n. 890 del 1982.
2.1 Si rimprovera alla Commissione regionale di aver erroneamente affermato che la del relativo avviso di ricevimento costituiva documento idoneo a dare prova dell’avvenuta notificazione dell’atto impositivo innanzi indicato.
Con il terzo mezzo, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono prospettate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 26 del D.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 140 c.p.c..
3.1 Si critica l’impugnata decisione per aver a torto ritenuto valida
la notifica dell’impugnata cartella di pagamento, sebbene la stessa non fosse stata eseguita nell’osservanza del cd. rito degli di cui all’art. 140 c.p.c., applicabile nel caso di specie.
3.2 Viene, al riguardo, posto in risalto che, a fronte della constatata temporanea assenza del Frizzo dal luogo di notificazione, il messo incaricato avrebbe dovuto non solo depositare copia dell’atto presso la casa comunale e darne notizia al destinatario medesimo a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, ma anche affiggere l’avviso di deposito alla porta dell’abitazione (o dell’ufficio o dell’azienda) di quest’ultimo, in busta chiusa e sigillata.
Con il quarto motivo, pure inquadrato nello schema dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 156 e 157 c.p.c..
4.1 Si contesta la gravata sentenza per aver erroneamente affermato che l’impugnazione della cartella di pagamento aveva determinato la sanatoria per raggiungimento dello scopo di eventuali vizi di notificazione dell’atto.
4.2 Viene obiettato, in proposito, che detta sanatoria può operare soltanto per gli atti processuali, ma non anche per quelli di natura amministrativa, come la cartella di pagamento, che del procedimento giurisdizionale contenzioso costituiscono un mero antecedente.
Con il quinto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., sono dedotte la violazione e la falsa applicazione dell’art. 3 della L. n. 241 del 1990, dell’art. 7 della L. n. 212 del 2000 e dell’art. 20 del D.P.R. n. 602 del 1973.
5.1 Si imputa alla CTR di aver omesso di esaminare la questione, prospettata dal contribuente con l’atto di controdeduzioni depositato in grado d’appello, relativa all’eccepita illegittimità della cartella di pagamento per mancata indicazione dei criteri utilizzati
per il calcolo degli interessi addebitati.
Il primo motivo è inammissibile.
6.1 Va anzitutto notato che la doglianza in scrutinio, nonostante la sua formale rubricazione come vizio di violazione e falsa applicazione di norme di diritto, è in realtà unicamente diretta a contestare l’asserita omessa disamina da parte della CTR degli argomenti difensivi sviluppati dal contribuente a sostegno della tesi secondo cui la prova dell’avvenuta notificazione di uno degli atti impositivi presupposti non potesse essere offerta mercè la produzione di una del relativo avviso di ricevimento; il che giustifica -anche se solo in apparenza, per quanto si avrà modo di chiarire infrail richiamo fatto all’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c..
6.2 Invero, nell’esposizione della censura non vengono individuate eventuali affermazioni in diritto contenute nell’impugnata sentenza che si pongano in contrasto con le norme di cui si lamenta la violazione o falsa applicazione (art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973 e art. 140 c.p.c.) o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina (sulle modalità di deduzione del vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. si vedano, ex permultis , Cass. n. 3572/2024, Cass. n. 19822/2023, Cass. n. 37257/2022, Cass. n. 41722/2021).
6.3 Tanto premesso, giova rammentare che, per consolidato insegnamento di questa Corte regolatrice, l’omesso esame di cui all’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. deve riguardare non già una semplice questione o un punto, bensì un vero e proprio ‘fatto’ in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante.
Non costituiscono, invece, ‘fatti’, nell’accezione chiarita, le argomentazioni o deduzioni difensive, gli elementi istruttori, una moltitudine di circostanze o il vario insieme dei materiali di causa
(cfr. Cass. n. 5616/2023, Cass. n. 976/2021, Cass. n. 17536/2020, Cass. 22397/2019).
6.4 Il fatto così propriamente inteso deve risultare dal contenuto della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), aver costituito oggetto di discussione e rivestire carattere decisivo, nel senso che, ove fosse stato preso in esame, avrebbe determinato un esito sicuramente diverso della controversia (cfr. Cass. n. 27282/2022, Cass. n. 19362/2022, Cass. Sez. Un. n. 21973/2021, Cass. n. 15860/2019). 6.5 Ne discende che, in rigorosa osservanza delle previsioni di cui agli artt. 366, comma 1, n. 6) e 369, comma 2, n. 4) c.p.c., il ricorrente è tenuto a indicare il ‘fatto storico’ non esaminato, il ‘dato’, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il ‘come’ e il ‘quando’ tale fatto abbia formato oggetto di discussione processuale fra le parti e la sua ‘decisività’ (cfr. Cass. n. 9986/2022, Cass. Sez. Un. n. 21973/2021, Cass. n. 15784/2021, Cass. n. 20625/2020).
6.6 Ciò posto, va osservato che la lagnanza sollevata dal COGNOME esorbita dal perimetro applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., sostanziandosi nella denuncia della mancata considerazione di mere deduzioni difensive, e non di un fatto storico, principale o secondario, oggetto di discussione e di carattere decisivo.
6.7 Oltretutto, a ben vedere, tali deduzioni sono state comunque valutate dal collegio regionale, che le ha però ritenute prive di fondamento ( «Nelle sue controdeduzioni, la difesa di COGNOME Paolo ha sostenuto che la documentazione prodotta non potesse assurgere a rango di prova, in quanto non erano stati depositati gli originali delle relate di notifica, bensì delle stampate video dei documenti. Ad avviso del Collegio, si deve ritenere che la prova della notifica degli atti deve essere fornita in originale solo nei casi espressamente previsti dalla legge, ed in particolare con riguardo agli atti introduttivi del processo e dell’atto impugnato. Nel caso di
specie, l’atto impugnato è la cartella di pagamento, e quindi la prova della precedente notifica degli atti prodromici può essere data in ogni modo, anche con documenti che riproducono la prova certa della notifica e che dimostrano la conoscenza de parte del contribuente della pretesa fiscale» ).
6.8 Sicchè, dietro lo schermo dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., il motivo appare in effetti volto a contestare l’apprezzamento di merito espresso dai giudici «a quibus» (cfr. Cass. n. 4247/2023, Cass. Sez. Un. n. 21973/2021, Cass. Sez. Un. n. 34476/2019, Cass. Sez. Un. n. 19229/2019), andando così inevitabilmente incontro a una declaratoria di inammissibilità.
Il secondo motivo è infondato.
7.1 La cd. dell’avviso di ricevimento dell’atto impositivo presupposto costituiva una riproduzione informatica del documento in questione, tant’è vero che nello stesso ricorso per cassazione (pag. 9) viene fatto espresso riferimento alle annotazioni ivi apposte dall’addetto al recapito nella colonna di sinistra e in quella centrale (pag. 9).
7.2 Fermo quanto precede, va tenuto presente che, a norma dell’art. 2712 c.c., le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime.
7.3 Per costante giurisprudenza di questa Corte, il disconoscimento idoneo a far perdere alle riproduzioni informatiche la qualità di prova, degradandole a presunzioni semplici, deve essere non solo tempestivo, ma anche chiaro, circostanziato ed esplicito, e quindi concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza fra realtà fattuale e realtà riprodotta.
A tal fine, va pertanto esclusa la rilevanza del disconoscimento
consistito in una generica eccezione di difformità dall’originale, non accompagnata dall’indicazione di ulteriori circostanze idonee a riscontrare l’effettiva diversità dei documenti prodotti dai rispettivi originali (cfr. Cass. n 12794/2021, Cass. n. 24613/2019, Cass. n. 7595/2018).
7.4 Nel caso in esame, dalla ricostruzione della vicenda processuale compiuta dallo stesso odierno ricorrente, non si evince che egli avesse contestato in maniera chiara e circostanziata la conformità della copia informatica dell’avviso di ricevimento rispetto al suo originale, indicando gli eventuali aspetti di difformità emergenti dal confronto fra l’una e l’altro.
7.5 Anzi, dalla memoria illustrativa da lui successivamente depositata ai sensi dell’art. 380 -bis .1, comma 1, terzo periodo, c.p.c. si ricava che un esplicito disconoscimento, nei termini dianzi esposti, non era stato effettuato.
7.6 Nell’indicato scritto processuale (pag. 4), in risposta alle specifiche deduzioni svolte sul punto dalla controricorrente Equitalia Sud s.p.a., il Frizzo si è, infatti, limitato a ribattere che in grado di appello egli aveva .
7.7 Trattavasi, con ogni evidenza, di contestazione del tutto vaga e generica, risolventesi nella pura e semplice negazione dell’efficacia probatoria della copia informatica del documento, in palese contrasto con la disciplina dettata dal citato art. 2712 c.c..
7.8 Per le ragioni spiegate, la lagnanza va quindi respinta, pur rendendosi necessario correggere e integrare, nei sensi sopra indicati, la motivazione in diritto della sentenza gravata (art. 384, ultimo comma, c.p.c.).
Il terzo e il quarto motivo possono essere esaminati insieme perché intimamente connessi.
8.1 La CTR ha acclarato che l’impugnata cartella di pagamento era stata notificata «ai sensi dell’art. 26, comma 4, del D.P.R. n. 602 del 1973, e cioè mediante deposito presso la Casa Comunale e contestuale affissione dell’avviso all’albo comunale, con successivo invio di raccomandata informativa, recepita dal destinatario il 20 novembre 2012» .
8.2 Ha, altresì, soggiunto che « la notifica (avev) a pienamente raggiunto il suo scopo, avendo il ricorrente ritualmente proposto impugnazione» , onde, «in ogni caso, si e (ra) verificata una sanatoria ope legis» .
8.3 Il ricorrente contesta tale ultimo rilievo, avente carattere assorbente, sostenendo che il principio della sanatoria delle nullità per raggiungimento dello scopo non sarebbe applicabile alla notificazione di atti diversi da quelli processuali, come appunto la cartella esattoriale.
8.4 L’assunto è privo di pregio.
8.5 È infatti «ius receptum» che la natura sostanziale della cartella di pagamento non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando a questi sia operato un espresso richiamo da parte della disciplina tributaria.
Pertanto, il rinvio disposto dall’art. 26, ultimo comma, del D.P.R. n. 602 del 1973 all’art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973, il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile, comporta, in caso di nullità della notifica della cartella di pagamento, l’applicazione dell’istituto della sanatoria per raggiungimento dello scopo di cui all’art. 156, ultimo comma, c.p.c. (cfr., Cass. n. 6810/2024, Cass. n. 6683/2024, Cass. n. 24446/2021, Cass. n. 24086/2020).
8.6 Non si è, inoltre, mancato di precisare che il perfezionamento della procedura notificatoria prevista dall’art. 140 c.p.c. richiede il compimento di tutti gli adempimenti stabiliti dalla norma, con la conseguenza che la notificazione è nulla in caso di omissione di uno
di essi, restando tuttavia la nullità sanata per raggiungimento dello scopo ove il destinatario -come nella fattispecie in esame- abbia regolarmente ricevuto la raccomandata di conferma dell’avvenuto deposito del piego (cfr. Cass. n. 265/2019, Cass. n. 19522/2016, Cass. n. 11713/2011).
8.7 Non ravvisandosi ragione alcuna per discostarsi dal surriferito orientamento di legittimità, il quarto motivo va respinto e dal suo rigetto resta travolto per assorbimento cd. improprio il terzo mezzo di gravame.
La quinta censura -la cui rubricazione si presta alle medesime considerazioni fatte a proposito del primo motivo, contenute nei sottoparagrafi 6.1 e 6.2- è inammissibile.
9.1 Ancora una volta, in totale dissonanza rispetto ai princìpi di diritto elaborati in materia da questa Corte (cfr. Cass. n. 20255/2024, Cass. n. 16705/2024, Cass. n. 5426/2024), si pretende di ricondurre al paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. l’omessa disamina non già di un fatto storico, principale o secondario, bensì di una questione giuridica.
9.2 A prescindere da tale rilievo, già di per sé decisivo, il mezzo difetta comunque di autosufficienza, non avendo l’impugnante dato conto di aver formulato fin dal libello introduttivo del giudizio di primo grado uno specifico motivo di impugnazione inteso a far valere il preteso vizio della cartella di pagamento derivante dall’omessa illustrazione dei criteri di calcolo degli interessi addebitati, né tantomeno fornito le indicazioni necessarie per permettere alla Corte di effettuare una simile verifica.
9.3 Dal ricorso per cassazione si apprende che la cennata questione era stata trattata nell’atto di depositato in seconde cure dal contribuente, ma questo solo dato non consente di stabilire se la doglianza di cui si discetta rientrasse nell’originario «thema decidendum» legittimamente devolvibile in appello o se, invece, integrasse una domanda o
eccezione nuova, vietata dall’art. 57 del D. Lgs. n. 546 del 1992.
Tirando le fila del discorso fin qui condotto, il ricorso deve essere respinto.
Nei rapporti fra le parti costituite le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
11.1 Nulla va statuito in ordine alle dette spese in favore dell’Agenzia delle Entrate, non avendo essa svolto rituale attività difensiva in questa sede.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti del ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere a Equitalia Sud s.p.a. le spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi 5.800 euro (di cui 200 per esborsi), oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione