Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 134 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 134 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/01/2025
Cartella di pagamentonotifica- copia- notifica diretta-
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28243/2019 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
Contro
AGENZIA DELLE ENTRATE-RISCOSSIONE, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato ,
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. CAMPANIA, n. 1473/2019, depositata il 15/02/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 dicembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME ricorre nei confronti dell’ Agenzia delle entrateRiscossione, che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe. Con quest’ultima la C.t.r. della Campania ha accolto l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza della C.t.p. di Caserta che aveva accolto il ricorso spiegato avverso cartella di pagamento emessa a seguito avviso di accertamento per il recupero di Irpef per l’anno di imposta 2006.
La C.t.r. rigettava l’eccezione di inammissibilità dell’appello , che il contribuente aveva sollevato sul presupposto che la società di riscossione non potesse essere rappresentata in giudizio da un avvocato del libero foro; di seguito, in riforma della sentenza di primo grado -che aveva ritenuto che non vi fosse prova della notifica dell’avviso di accertamento prodromico alla cartella – rilevava la rituale notifica del medesimo, documentata in appello, avvenuta a mezzo del servizio postale, all’indiriz zo del destinatario ed a mani della figlia del contribuente in data 29 agosto 2015 ; infine, rigettava l’eccezione di prescrizione del credito sul presupposto che operasse il termine decennale.
Considerato che:
Con il primo motivo il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., «irritualità della costituzione in giudizio da parte dell’Agenzia delle Entrate -Riscossione, nullità della sentenza per error in procedendo per evidente vizio logico e giuridico della sentenza impugnata .
Censura la sentenza impugnata per non aver rilevato la nullità della costituzione della società di riscossione, sebbene avvenuta a mezzo avvocato del libero foro.
Con il secondo motivo denuncia testualmente: «documentazione prodotta in appello in copia e con deposito tardivo-inesattezza della
notifica per assenza della C.A.N. -nullità della sentenza per error in iudicando »
Osserva che l’Ufficio aveva prodotto solo in secondo grado copia della notifica dell’avviso di accertamento che sarebbe stato notificato a mani della figlia: che, tuttavia, la firma apposta sulla copia era illeggibile sicché non era dato sapere chi avesse ricevuto l’atto; che la prova della notifica dell’avviso di accertamento era stata resa solo in appello e, dunque, in ritardo; che il documento era stato prodotto solo in copia, senza alcuna attestazione di conformità all’originale e tempestivamente disconosciuta; che era stata omessa la comunicazione di avvenuta notifica (c.d. CAN).
Con il terzo motivo denuncia «nullità della sentenza per error in iudicando -difetto di motivazione-prescrizione e decadenza.
Censura la sentenza impugnata per aver escluso la decadenza dal potere impositivo stante l’omessa notifica dell’avviso di accertamento entro i termini e, comunque, per prescrizione quinquennale del credito Irpef.
Il primo motivo è infondato.
4.1. L’Agenzia delle Entrate -Riscossione (come l’Agenzia delle entrate) si avvale dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti dalle convenzioni con quest’ultima stipulate, fatte salve le ipotesi di conflitto, oppure l’indisponibilità dell’Avvocatura; ne consegue che non è richiesta l’adozione di apposita delibera o alcun’altra formalità per ricorrere al patrocinio a mezzo di avvocati del libero foro quando la convenzione non riserva all’Avvocatura erariale la difesa, come nel contenzioso tributario atteso che la convenzione esime le Agenzie dal ricorso alla difesa erariale per i giudizi innanzi alle corti di giustizia tributaria (Cass. 31/10/2024, n. 28199)
Il secondo motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
5.1. In primo luogo, il ricorrente assume che la prova della notifica dell’avviso di accertamento sarebbe stata data in ritardo solo in appello. Tuttavia, l’art. 58 del d.lgs. n. 546 del 1992, fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti anche al di fuori degli stretti limiti consentiti dall’art. 345 cod. proc. civ. Tale principio opera anche nell’ipotesi di deposito in sede di gravame dell’atto impositivo notificato, trattandosi di mera difesa, volta a contrastare le ragioni poste a fondamento del ricorso originario, e non di eccezione in senso stretto, per la quale opera la preclusione di cui all’art. 57 del detto decreto (Cass. 04/04/2018, n. 8313). Per il resto, la specifica censura è inammissibile in quanto il ricorrente si limita a riferire della produzione in appello ma nulla allega per corroborare l’assunto di un deposito in secondo grado oltre i termini.
5.2. Quanto alla produzione solo in copia della documentazione comprovante la notifica, la censura è inammissibile in quanto il ricorrente non chiarisce se la contestazione avesse ad oggetto la non conformità all’originale o l’inesistenza dell’originale.
Va rammentato, poi, che per giurisprudenza consolidata la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche o onnicomprensive, ma va operata -a pena di inefficacia -in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale (tra le tante Cass. 30/10/2018, n. 27633). Viceversa, il c.d. «diniego di originale» non attiene alla contestazione del contenuto, ma dell’esistenza stessa del documento, con la finalità di espungerlo dall’ordinamento in quanto artificiosamente creato, e richiede la querela di falso, proponibile anche avverso la copia prodotta in giudizio, per rimuovere la sua efficacia probatoria di scrittura privata, mentre il disconoscimento di conformità, che
attiene al contenuto del documento prodotto in copia e non alla sua provenienza o paternità, presupponendo l’esistenza di un originale, consente l’utilizzazione della scrittura e, in particolare, l’accertamento della conformità all’originale della copia prodotta anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (Cass. 06/09/2024, n. 24029)
Pertanto, poiché il contribuente non ha allegato di aver contestato in appello specifiche difformità della copia e non risulta proposta querela di falso, correttamente la C.t.r. ha valutato la regolarità della notifica in ragione di quest’ultima.
5.3. Infine, quanto al dedotto vizio della notifica, per mancanza della c.d. CAN, il motivo è inammissibile in quanto il ricorrente nemmeno chiarisce a quale specifico procedimento l’Ente di riscossione abbia fatto ricorso. Per altro, il motivo non coglie sul punto la ratio decidendi della sentenza impugnata che ha precisato che la notifica era avvenuta a mezzo del servizio postale e che «difettando apposite previsioni della disciplina postale» l’atto doveva ritenersi ritualmente consegnato operando la presunzione di cu i all’art. 1335 cod. civ. La C.t.r., pertanto, ha rilevato la correttezza del procedimento di notifica avvenuta secondo le modalità della notifica diretta; tale statuizione, poi, è conforme alla giurisprudenza di questa Corte la quale ha chiarito che n caso di notificazione a mezzo posta dell’atto impositivo eseguita direttamente dall’Ufficio finanziario ai sensi dell’art. 14 legge n. 890 del 1982, si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, e non quelle di cui alla suddetta legge concernenti esclusivamente la notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex art. 149 cod. proc. civ., sicché non va redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, senza necessità dell’invio della raccomandata al
destinatario, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 cod. civ., la quale opera per effetto dell’arrivo della dichiarazione nel luogo di destinazione ed è superabile solo se il destinatario provi di essersi trovato, senza sua colpa, nell’impossibilità di prenderne cognizione. (Cass. 28/05/2020, n. 10131, Cass. 14/11/2019, n. 29642). Si è, altresì precisato che quel che rileva è che il consegnatario abbia apposto la propria firma, ancorché illeggibile (Cass. 31/07/2015, n. 16289).
6. Il terzo motivo è anch’esso in parte inammissibile ed in parte infondato.
6.1. Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa, condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 cod. proc. civ. (Cass. 14/05/2018, n. 11603).
Si è, altresì, precisato che l’esposizione cumulativa delle questioni non è consentita ove rimetta al giudice di legittimità il compito dì isolare le singole censure teoricamente proponibili; viceversa la formulazione del motivo deve permettere di cogliere con chiarezza le doglianze cumulate, sicché queste devono essere prospettate in maniera tale da consentirne l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi (Cass. 23/10/2018, n. 26790).
Il motivo di ricorso non risponde a questi principi; infatti vi è generico richiamo, nella rubrica, ad error in iudicando senza specifica indicazione delle norme violate ed a vizi di motivazione che, invece,
sono riconducibili ad error in procedendo. Le critiche, avverso la sentenza impugnata sono formulate sotto una molteplicità di profili tra loro confusi, inestricabilmente combinati, Si tratta, quindi, di censure non ontologicamente distinte dallo stesso ricorrente e, quindi, non autonomamente individuabili, senza un inammissibile intervento di selezione e ricostruzione del mezzo di impugnazione da parte di questa Corte (Cass. 13/06/2024, n. 16488).
6.2. Va evidenziato, per altro, con riferimento alle censure enucleabili dal motivo, che, s tante la rituale notifica dell’avviso di accertamento, l’eventuale decadenza dal potere impositivo per decorso del termine di cui all’art. 43 d.P.R. n. 600 del 1973 avrebbe dovuto farsi valere impugnando detto ultimo.
Quanto, invece, alla prescrizione, la C.t.r. si è uniformata alla giurisprudenza di questa Corte la quale ha chiarito che il credito erariale per la riscossione dell’Irpef ( come dell’I rap, Iva e canone RAI) si prescrive nell’ordinario termine decennale, attesa la mancata previsione di un termine più breve, in deroga a quello di cui all’art. 2946 cod. civ., mentre non opera l’estinzione quinquennale ex art. 2948, comma 1, n. 4, cod. civ. in quanto l’obbligazione tributaria, pur consistendo in una prestazione annuale, ha carattere autonomo ed unitario, cosicché il singolo pagamento non è mai legato ai precedenti, ma risente di nuove ed autonome valutazioni circa la sussistenza dei presupposti impositivi (Cass. 29/11/2023, n. 33213)
Il ricorso deve essere, pertanto, complessivamente rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a corrispondere all’Agenzia delle entrate -Riscossione le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.600,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2024.