Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 300 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 300 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28116/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME COGNOME (domicilio digitale: EMAIL
-ricorrente-
contro
ANTOCI CARMELO
-intimato- nonché nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore -intimata- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SICILIA, SEZIONE STACCATA DI CATANIA, n. 4206/6/2020 depositata il 23 luglio 2020
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 28 novembre 2024 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
Con tre distinti ricorsi NOME COGNOME impugnava dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Ragusa altrettante intimazioni di pagamento, relative a tributi vari, notificategli
dall’agente RAGIONE_SOCIALE per conto della Direzione Provinciale di Ragusa dell’Agenzia delle Entrate.
Il contribuente eccepiva l’intervenuta prescrizione del diritto alla riscossione dei crediti erariali per essere trascorsi più di dieci anni dalla notifica delle intimazioni impugnate a quella delle prodromiche cartelle esattoriali.
La Commissione adìta, riuniti i procedimenti, accoglieva i ricorsi della parte privata.
La decisione veniva impugnata dall’agente della riscossione dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, la quale, con sentenza n. 4206/6/2020 del 23 luglio 2020, dichiarava inammissibile l’appello, non avendo rinvenuto in atti gli avvisi di ricevimento dei pieghi raccomandati spediti a mezzo del servizio postale al contribuente e all’ente impositore, rimasti entrambi contumaci.
Contro questa sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Sia l’COGNOME che l’Agenzia delle Entrate sono rimasti intimati.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., è denunciata la violazione degli artt. 126 e 276, comma 5, c.p.c., nonché degli artt. 33 e 35 del D. Lgs. n. 546 del 1992.
1.1 Si sostiene che il verbale dell’udienza di trattazione svoltasi dinanzi alla CTR in data 14 luglio 2020 risulterebbe affetto da nullità, non riportando il dispositivo della decisione adottata dal collegio giudicante: il vizio si sarebbe riverberato sulla sentenza qui impugnata, determinandone l’invalidità derivata.
1.2 La censura è priva di fondamento.
1.3 Ai sensi dell’art. 35, comma 3, primo periodo, del D. Lgs. n. 546 del 1992, nel giudizio tributario di primo grado si applicano alle deliberazioni del collegio le disposizioni di cui agli articoli 276 e seguenti del codice di procedura civile.
1.4 Tale previsione, in virtù del rinvio operato dall’art. 61 dello stesso decreto, si osserva anche nel giudizio d’appello davanti alla Commissione Tributaria Regionale (ora Commissione di giustizia tributaria di secondo grado), non risultando incompatibile con le norme contenute nella sezione II.
1.5 Ora, è pur vero che, ai sensi dell’art. 276, ultimo comma, primo periodo, c.p.c., dopo la chiusura della votazione in camera di consiglio, il presidente scrive e sottoscrive il dispositivo.
1.6 Sennonchè, per costante giurisprudenza di questa Corte, il dispositivo redatto in camera di consiglio non ha rilevanza giuridica esterna, ma solo valore interno, in quanto l’esistenza della sentenza civile è determinata -salvo che nelle controversie assoggettate al rito del lavoro ovvero a riti ad esso legislativamente equiparati o specialmente disciplinatidalla sua pubblicazione mediante deposito nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata, onde la sentenza deve ritenersi valida anche quando agli atti non risulti la presenza di un dispositivo, sottoscritto dal presidente, mancando, tanto più, nella citata norma la previsione di un corrispondente vizio (cfr. Cass. n. 4430/2022, Cass. n. 22113/2015).
1.7 Il surriferito principio di diritto, sebbene specificamente enunciato con riguardo al processo civile, è estensibile alla sentenza resa nell’àmbito del giudizio tributario, considerato, per un verso, che anch’essa è resa pubblica mediante deposito nella segreteria della Commissione Tributaria (ora Corte di giustizia tributaria), ex art. 37, comma 1, del D. Lgs. cit., per altro verso, che in detto giudizio -almeno in base alla disciplina, applicabile «ratione temporis» , anteriore alle modifiche apportate all’art. 35,
comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992 dall’art. 1, comma 1, lettera p), del D. Lgs. n. 220 del 2023- non risulta contemplata la lettura del dispositivo in udienza.
Con il secondo motivo, pure introdotto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., è lamentata la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 101, comma 2, e 182, comma 1, c.p.c., nonché degli artt. 24 e 111 Cost..
2.1 Si rimprovera alla CTR di aver illegittimamente fondato la propria decisione sul rilievo officioso del mancato deposito degli avvisi di ricevimento dei pieghi raccomandati spediti a mezzo del servizio postale all’Antoci e all’Agenzia delle Entrate, contenenti la copia notificata dell’atto di appello, senza aver preventivamente sottoposto tale questione al contraddittorio delle parti.
2.2 In ogni caso, ove ritenuta necessaria l’acquisizione dei predetti avvisi, i giudici di secondo grado avrebbero dovuto invitare la parte appellante a completare gli atti riconosciuti difettosi.
2.3 Il motivo è infondato.
2.4 Per consolidato insegnamento di legittimità, l’art. 101, comma 2, c.p.c., prevedente l’attivazione del contraddittorio sulle questioni rilevate d’ufficio dal giudice, non è applicabile alle questioni di esclusiva rilevanza processuale, quale quella di cui si discute (cfr. Cass. n. 17247/2024, Cass. n. 32527/2022, Cass. n. 7356/2022).
2.5 Riguardo, invece, alla dedotta violazione dell’art. 182, comma 1, c.p.c., va osservato che tale norma attiene alla verifica della regolare costituzione delle parti, e non al pregiudiziale controllo dell’ammissibilità dell’esperita impugnazione.
2.6 Per quanto qui particolarmente interessa, è stato, inoltre, precisato da questa Corte che, in tema di contenzioso tributario, qualora l’atto di appello sia stato notificato a mezzo del servizio postale -vuoi per il tramite di ufficiale giudiziario, vuoi direttamente dalla parte, ai sensi dell’ art. 16, comma 3, del D. Lgs. n. 546 del 1992e l’appellato non si sia costituito, l’appellante ha l’onere di
produrre in giudizio, prima della discussione e a pena di inammissibilità del gravame, l’avviso di ricevimento attestante l’avvenuta notifica, o, in alternativa, di chiedere di essere rimesso in termini (ex art. 184bis , ora 153, comma 2, c.p.c.) al fine di poter produrre il suddetto avviso, dimostrando di essersi tempestivamente attivato per acquisirne un duplicato dall’amministrazione postale (cfr. Cass. n. 23793/2018, Cass. n. 19623/2015, Cass. n. 9769/2008).
Vanno conclusivamente affermati i seguenti princìpi di diritto:
-«In tema di contenzioso tributario, in base alla disciplina vigente anteriormente alle modifiche apportate all’art. 35, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992 dall’art. 1, comma 1, lettera p), del D. Lgs. n. 220 del 2023, il dispositivo redatto in camera di consiglio ai sensi del primo periodo dell’ultimo comma dell’art. 276 c.p.c. -norma espressamente richiamata dal comma 3 del citato art. 35- non ha rilevanza giuridica esterna, ma solo valore interno, in quanto l’esistenza della sentenza è determinata dalla sua pubblicazione mediante deposito nella segreteria del giudice che l’ha pronunciata; ne discende che la sentenza deve ritenersi valida anche quando agli atti non risulti la presenza di un dispositivo, sottoscritto dal presidente, mancando, tanto più, nel menzionato art. 276, ultimo comma, c.p.c. la previsione di un corrispondente vizio» ;
-«In tema di contenzioso tributario, qualora l’atto di appello sia stato notificato a mezzo del servizio postale -vuoi per il tramite di ufficiale giudiziario, vuoi direttamente dalla parte, ai sensi dell’ art. 16, comma 3, del D. Lgs. n. 546 del 1992e l’appellato non si sia costituito, l’appellante ha l’onere di produrre in giudizio, prima della discussione e a pena di inammissibilità del gravame, l’avviso di ricevimento attestante l’avvenuta notifica, o, in alternativa, di chiedere di essere rimesso in termini (ex art. 184-bis, ora 153, comma 2, c.p.c.) al fine di poter produrre il suddetto avviso, dimostrando di essersi tempestivamente attivato per acquisirne un
duplicato dall’amministrazione postale» .
Alla luce delle «regulae iuris» dianzi richiamate, il ricorso deve essere respinto.
Non v’è luogo a provvedere in ordine alle spese processali, essendo rimaste intimate le parti nei confronti delle quali il ricorso è stato proposto.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti del ricorrente l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione