Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5104 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 5104 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
Corte ha disposto l’acquisizione del fascicolo di ufficio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso l’istante ha eccepito, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., «la nullità della sentenza impugnata per mancata integrazione del contraddittorio: violazione dell’art. 160 c.p.c. e dell’art. 7, co. 6, legge n. 890/1982» (v. pagina n. 14 del ricorso), premettendo di non essersi costituita nel giudizio di secondo grado ed assumendo la nullità della notifica dell’appello, siccome « effettuata nelle mani del c.d. addetto alla casa, che ha firmato la relata, ma non è stato identificato, rendendo così impossibile avere contezza su chi fosse (id est rendendo assolutamente incerto il destinatario della notifica) » (v. pagina n. 15 del ricorso) e non essendovi traccia della raccomandata informativa di cui all’art. 7 della legge 20 novembre 1982, n. 890.
Con il secondo motivo di ricorso la società ha lamentato, sempre in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., « la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 346 c.p.c. e dell’art. 56 d.lgs. n. 546/1992 » (v. pagina n. 18 del ricorso),
per non aver il Giudice dell’appello esaminato le eccezioni, avanzate in primo grado e non esaminate dal primo Giudice in quanto assorbite nella valutazione posta a base della decisione assunta, concernenti il vizio di carente motivazione dell’atto e la prova della pretesa in relazione a quanto stabilito dall’art. 52, comma 2 -bis , d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nonché per la mancata verifica della congruità del corrispettivo pattuito e l’errata indicazione del diverso valore attribuito al terreno.
Tutto ciò, sostenendo che detto esame non era precluso dalla mancata costituzione della società in grado di appello, in quanto la presunzione di rinuncia RAGIONE_SOCIALE domande ed eccezione non riproposte vale solo per l’appellato costituito.
Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata, questa volta in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., assumendo la violazione RAGIONE_SOCIALE art. 51, comma 3, e 52, comma 2, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, contestando l’errore di diritto asseritamente commesso dalla Commissione nella parte in cui aveva ritenuto corretta la valutazione operata dall’Ufficio, in quanto non eseguita secondo i criteri stabiliti dalle suddette disposizioni, senza peraltro spiegare le ragioni per cui era addivenuto alla determinazione del valore indicato nell’atto impugnato in relazione ai vari beni considerati.
Con il quarto ed ultimo motivo di ricorso la contribuente ha criticato la sentenza impugnata, con riguardo all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., sostenendo la violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 52, comma 2bis , d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 e 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212 nella parte in cui la Commissione regionale aveva ritenuto adeguata la motivazione dell’avviso impugnato sulla base di una stima peritale del Comune di Calci, che non solo non era stata allegata all’atto ed il cui contenuto non era stato riprodotto nell’avviso impugnato, ma che addirittura era stata redatta dopo l’atto di liquidazione oggetto di causa.
Il ricorso non può essere accolto.
Con riferimento al primo motivo di impugnazione, giova premettere, in punto di fatto, che dall’esame del fascicolo di ufficio, acquisito con la suddetta ordinanza interlocutoria in relazione al primo motivo di impugnazione, risulta che la notifica dell’appello venne eseguita dall’RAGIONE_SOCIALE tramite servizio postale diretto, senza cioè l’ausilio dell’ufficiale giudiziario, come consentito dall’art. 16, comma 3, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (anche nella versione, ratione temporis applicabile, anteriore alla novella del d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156).
6.1. Ciò posto, va preliminarmente osservato che nel motivo di impugnazione si dà atto, in punto di fatto, che la notifica dell’appello venne effettuata presso lo « RAGIONE_SOCIALE» (v. pag. n. 3 del ricorso), con consegna « nelle mani del cosiddetto addetto alla casa» (v. pag. nn. 3 e 15 del ricorso).
La contestazione in oggetto è duplice e concerne sia la mancata identificazione del soggetto a cui è stato recapitato il plico, che la violazione dell’art. 7, comma 3 (e non 4 come erroneamente indicato a pagina n. 17 del ricorso), della legge 20 novembre 1982, n. 890, per non essere stata spedita la cd. raccomandata informativa.
Si tratta di censure infondate.
6.2. Va, infatti, dato seguito all’orientamento di questa Corte, secondo cui non era nella specie necessario che l’agente postale identificasse la persona a cui il plico veniva consegnato, né che inviasse al destinatario l’avviso di avvenuta consegna mediante lettera raccomandata (art.7, comma 3, della legge cit.). Ciò in ragione del fatto che presso l’indirizzo indicato (sede di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) venne rinvenuta, come riferito dalla ricorrente, con dichiarazione presa dall’agente postale, facente piena prova fino a querela di falso, il citato addetto alla casa del destinatario della notifica e, dunque, un soggetto legato a quest’ultimo da una particolare e qualificata relazione di collaborazione, tale da fondare
la solida presunzione, non smentita da prova contraria ad onere della ricorrente, di effettiva e materiale trasmissione del plico al diretto interessato.
6.3. Deve, in tale direzione, ribadirsi il costante orientamento di questa Corte e, nello specifico, « quanto affermato da Cass. n. 1906 del 29/01/2008 (in termini, Cass. 25616 del 17/12/2010), secondo cui: “nel processo tributario, ove la parte appellante decida di notificare l’atto di gravame avvalendosi non già dell’ufficiale giudiziario, ma della spedizione diretta a mezzo piego raccomandato (consentita dall’art. 16, comma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546), le indicazioni che debbono risultare dall’avviso di ricevimento ai fini della validità della notificazione, quando l’atto sia consegnato a persona diversa dal destinatario, sono non già quelle di cui all’art. 139 cod. proc. civ., ma quelle prescritte dal regolamento postale per la raccomandata ordinaria. Ne consegue che non è ravvisabile alcun profilo di nullità ove il suddetto avviso di ricevimento, debitamente consegnato nel domicilio del destinatario, sia sottoscritto da persona ivi rinvenuta, ma della quale non risulti dall’avviso medesimo la qualità o la relazione col destinatario dell’atto, salva la facoltà del destinatario di dimostrare, proponendo querela di falso, la assoluta estraneità della persona che ha sottoscritto l’avviso alla propria sfera personale o familiare” » (cosi Cass., Sez. T., 5 agosto 2016, n. 16488).
6.4. A tal riguardo, questa Suprema Corte aveva già chiarito, con riferimento all’atto di appello nel processo tributario, che l’adozione da parte dell’appellante della modalità della notificazione direttamente tramite servizio postale alla luce di quanto consentito dall’art. 53, comma 2, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 comporta l’adozione di un avviso di ricevimento diverso da quello previsto per la notifica RAGIONE_SOCIALE atti giudiziari, contenente unicamente: « ‘l’indicazione della data e dell’Ufficio di spedizione, l’indirizzo del destinatario, la data di ricevimento e la firma del soggetto ricevente, senza l’indicazione della sua qualità e la sottoscrizione dell’incaricato
alla distribuzione” (v. Cass.29.1.2008, n. 1906)» (così Cass., Sez. V., 27 maggio 2011, n. 11708).
Detta ultima pronuncia aveva pure precisato che:
« trattasi della ordinaria raccomandata postale, disciplinata dal D.M. 9 aprile 2001, che all’art. 32 dispone che: “Tutti gli invii di posta raccomandata sono consegnati al destinatario o ad altra persona individuata come di seguito specificato, dietro firma per ricevuta …”, mentre al successivo art. 39 prevede che: “Sono abilitati a ricevere gli invii di posta presso il domicilio del destinatario, anche i componenti del nucleo familiare, i conviventi e i collaboratori familiari e, se vi è servizio di portierato, il portiere” »;
« che la raccomandata ordinaria si abbia a considerare come ricevuta, con ciò determinando il perfezionamento del procedimento notificatorio laddove la spedizione postale avvenga a fini di notifica, all’atto della consegna al domicilio del destinatario, senza che a tal fine sia prescritta nessuna particolare formalità da parte dell’Ufficiale postale se non quella di curare che, la persona che egli abbia individuato come legittimata a ricevere l’atto a norma dell’art. 39 citato, apponga la propria firma sul registro di consegna della corrispondenza nonché sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente »;
« Nessuna norma dispone in particolare che l’avviso di ricevimento debba contenere le generalità della persona alla quale l’atto sia stato consegnato e neanche la relazione esistente tra la predetta persona e il destinatario della raccomandata, che costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell’ufficiale postale, eventualmente impugnabile nelle forme di legge» (così Cass., Sez. V., 27 maggio 2011, n. 11708 e, nello stesso senso, Cass., Sez. II, 12 gennaio 2011, n. 632; Cass., Sez. T., 17 gennaio 2013, n. 1091; Cass. Sez. V, 19 marzo 2014, n. 6395, Cass., Sez. V, 6 marzo 2015, n. 4767, Cass., Sez. V, 17 ottobre 2016, n. 20918, Cass., Sez. V, 17 gennaio 2020, n. 946; Cass., Sez. L., 21 settembre 2020, n. 19680).
6.5. Dunque, ricevono applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario ed in tale direzione, sotto il secondo profilo contestato dalla contribuente, va dato seguito all’altro consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte secondo cui quando l’atto sia stato notificato mediante invio diretto della raccomandata con avviso di ricevimento non è necessario l’invio di una successiva raccomandata informativa, operando le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della legge 20 novembre 1982, n. 890 e tanto meno dell’art. 139, quarto comma, cod. proc. civ., che si riferiscono alle ipotesi di notifica eseguite tramite ufficiale giudiziario (cfr., tra le tante, anche da ultimo, Cass., Sez. T., 29 novembre 2023, n. 33236; Cass., Sez. T., 4 ottobre 2023, n. 27983; Cass., Sez. T., 22 settembre 2023, n. 27101; Cass., Sez. T, 10 agosto 2023, n. 24492; Cass., Sez. V, 4 aprile 2018, n. 8293 ed anche Cass., Sez. T. 18 gennaio 2024, n. 1896, che richiama Cass., Sez. T. 3 aprile 2019, n. 9240 e Cass., Sez. I, 19 gennaio 2023, n. 1686 e tante altre in dette pronunce richiamate.
6.6. Alla luce di tali ribaditi principi il motivo ricorso in esame va rigettato, risultando basato sul richiamo a precetto normativo (art. 7, comma 3, della legge 20 novembre 1982, n. 890) relativo alla notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario tramite servizio postale, non applicabile, per le ragioni sopra illustrate, alla fattispecie in rassegna.
7. Anche il secondo motivo risulta infondato.
La mancata costituzione dell’istante nel giudizio di appello non consentiva, infatti, alla Commissione regionale di scrutinare le domande e le eccezioni non esaminate in prima istanza e non riproposte in sede di gravame, ostandovi la previsione dell’art. 56 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
L’elaborazione di questa Corte si è progressivamente consolidata nel ritenere che la disposizione dell’art. 346 cod. proc. civ. (di tenore pressochè identico all’art. 56 citato) e, quindi, la presunzione di
rinuncia RAGIONE_SOCIALE domande, eccezioni (non rilevabili di ufficio, come nella specie) e questioni non riproposte opera anche per l’appellato contumace, in ragione del principio di parità RAGIONE_SOCIALE parti nel processo e dell’effetto devolutivo dell’appello, che precludono la possibilità attribuire all’appellato contumace una posizione di maggiore favore rispetto all’appellante.
In tale direzione risulta recessivo l’orientamento citato dalla ricorrente (Cass., Sez. T, 23 maggio 2001, n. 7019), giacchè secondo la successiva, consolidata, interpretazione di questa Corte, per il principio sancito dall’art. 346 cod. proc. civ., devono intendersi rinunciate e non più riesaminabili le domande ed eccezioni non accolte dalla sentenza di primo grado che non siano state espressamente riproposte in appello, in coerenza con il carattere devolutivo dell’appello, così ponendosi appellato e appellante su un piano di parità – senza attribuire alla parte, rimasta inattiva (o addirittura estranea alla fase di appello, per essere stata contumace), una posizione sostanzialmente di maggior favore – sì da far gravare su entrambi, e non solo sull’appellante, l’onere di prospettare al giudice del gravame le questioni (domande ed eccezioni in senso stretto) risolte in senso ad essi sfavorevole, con la sola differenza che il soccombente soggiace ai vincoli di forme e di tempo previsti per l’appello, mentre la parte vittoriosa ha solo un onere di riproposizione, in difetto presumendosi che manchi un interesse alla decisione e potendosi imputare tale mancanza anche alla parte contumace (così Cass., Sez. II, 12 dicembre 2016, n. 25345, che richiama Cass., Sez. II., 6 febbraio 2014, n. 2730 e Cass., Sez. T., 18 aprile 2007, n. 9217, Cass., Sez. II., 4 maggio 2007, n. 10236; e nello stesso senso, Cass, Sez. T., 13 maggio 2003, n. 7316; Cass. Sez. L., 13 settembre 2006, n, 19555; Cass., Sez. L, 12 novembre 2007, n. 23479, Cass., Sez. L, 12 novembre 2007, n. 23489; Cass., Sez. III, 19 dicembre 2013, n. 28454).
Risulta inammissibile, prima ancora che essere infondato, il terzo motivo di impugnazione con cui la contribuente ha contestato la decisione del Giudice regionale nella parte in cui ha ritenuto
corretta la determinazione del valore del bene in base ai parametri dell’ubicazione, dei valori medi di mercato e RAGIONE_SOCIALE risultanze della stima peritale del Comune di Calci per terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria.
La società assume – di contro -che l’avviso non ha seguito i criteri di verifica della congruità del corrispettivo, come stabiliti dall’art. 51, comma 3, e 52, comma 2, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, non contenendo l’indicazione del valore attribuito a ciascun bene, né la spiegazione del valore attribuito, limitandosi all’enunciazione dello stesso.
8.1. Dette censure corrispondono a quelle proposte in primo grado dalla società, per come richiamate nel ricorso in esame in cui si è dato atto che « avverso la pretesa azionata dall’Ufficio, la RAGIONE_SOCIALE aveva sollevato ulteriori eccezioni di illegittimità (tra cui il vizio di carente motivazione e prova, in violazione dell’art. 52, c. 2bis, d.P.R. 181/1986, dell’art. 7, legge 212/2000 e dell’art. 2697 cod. civ., non che per mancata verifica di congruità del corrispettivo pattuito in atti e per errata valutazione e scelta del valore dei terreni al metro quadro)» (v. pag. n. 18 del ricorso), le quali – come sopra esposto – non sono state reiterate in appello e, correttamente, non sono state esaminate dalla Commissione regionale dovendosi ritenere le stesse rinunciate, alla luce RAGIONE_SOCIALE riflessioni svolte in relazione al motivo n. 2.
La rinuncia a dette censure, intervenuta nella fase di merito, rende pertanto il motivo in esame, basato sulle stesse doglianze, inammissibile.
8.2. In ogni caso – si aggiunge l’avviso impugnato, interamente riprodotto nel ricorso, dà conto di tutti gli elementi presi in considerazione per la stima (v. pag. nn. 23 e 24 del ricorso).
Sul piano della completezza della motivazione dell’atto, non occorre indicare quali indagini di mercato siano state fatte e quali beni siano stati presi in comparazione, essendo sufficiente indicare il
metodo valutativo, salva la possibilità del contribuente di dimostrare il contrario.
Come, infatti, chiarito da questa Corte « fermo restando l’onere della prova gravante sulla Amministrazione, è sufficiente che la motivazione contenga l’enunciazione dei criteri astratti, in base ai quali è stato determinato il maggior valore, senza necessità di esplicitare gli elementi di fatto utilizzati per l’applicazione di essi, in quanto il contribuente, conosciuto il criterio di valutazione adottato, è già in condizione di contestare e documentare l’infondatezza della pretesa erariale, senza poter invocare la violazione, ai sensi dell’art. 52, comma 2-bis, del D.P.R. n. 131 del 1986, del dovere di allegazione RAGIONE_SOCIALE informazioni previste ove il contenuto essenziale RAGIONE_SOCIALE atti sia stato riprodotto sull’avviso di accertamento (Cass. n. 22148/2017)» (cfr. tra le tante Cass., Sez. T, 14 febbraio 2018, n. 3546).
La decisione impugnata si è uniformata a tale principio, avendo riconosciuto che l’Amministrazione aveva indicato il criterio di valutazione utilizzato (il metodo sinteticocomparativo basato « sui prezzi medi di mercato al mq praticati nella zona per i beni similari » v. contenuto dell’avviso, nei termini riportati nel ricorso, p. 24), come richiesto dagli artt. 51 e 52, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, per cui il contribuente è stato posto in condizione di contestare la fondatezza della pretesa impositiva, come del resto dimostrato dalle puntuali censure contenute negli scritti difensivi.
Non sussiste, quindi, nemmeno la dedotta violazione di legge, dovendo piuttosto osservarsi che il motivo, al fondo, mira a conseguire da parte della Corte un’inammissibile rivalutazione di merito.
Come sopra, il quarto motivo risulta inammissibile, prima che essere infondato.
9.1. Il ricorrente lamenta che il vizio di motivazione dell’atto impugnato per non aver allegato la stima peritale.
9.2. Senonchè, poiché il vizio di motivazione dell’avviso impugnato costituiva la domanda pure originariamente proposta dalla ricorrente (e sulla quale il primo Giudice non aveva pronunciato, considerandola assorbita nella decisione di accoglimento, per altre ragioni, del ricorso), che non è stata reiterata in appello, valgono le considerazioni sopra illustrate al § 8.1.
9.3. Può aggiungersi, al fine di considerare il motivo altresì infondato, che l’atto impugnato non ha allegato la predetta sima del Comune di Calci, per la semplice ragione che non l’ha richiamata, non avendo fondato la pretesa sulle sue evidenze, essendo stata la stima successivamente eseguita, come dedotto dalla stessa difesa del contribuente.
Non sussiste quindi il lamentato vizio, valendo la perizia di stima come elemento di riscontro al valore assegnato al bene nell’avviso impugnato, così dovendo essere intesa o – se si vuole – corretta la valutazione/motivazione espressa nella sentenza impugnata.
Alla stregua RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono il ricorso va complessivamente rigettato.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo.
Va, infine, dato atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente grado di giudizio che liquida in favore dell’RAGIONE_SOCIALE nella misura di 6.000,00 € per competenze, oltre accessori e spese che risulteranno dai registi di cancelleria prenotate a debito.
Dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 ottobre 2023.