Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4653 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4653 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/02/2025
AVVISO DI ACCERTAMENTO – IRPEF 2001.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20281/2016 R.G. proposto da: COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale a margine del ricorso
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore,
-intimata – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia -sezione staccata di Catania n. 3403/18/2015, depositata il 31 luglio 2015;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza in camera di consiglio del 13 novembre 2024 dal consigliere relatore dott. NOME COGNOME
– Rilevato che:
Con avviso di accertamento n. RJ801A401561/2008, notificato il 20 settembre 2008 , l’Agenzia delle entrate Direzione provinciale Catania procedeva a determinare in via sintetica, a norma dell’art. 38, commi 4 e 5, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, il reddito conseguito da NOME per l’anno d’imposta 200 1 nell’importo di € 375.072,17 , in base alla spesa di € 1.771.370,00 sostenuta per l’acquisto di una quota di partecipazione in una società a responsabilità limitata, giusta atto di cessione di quote del 13 settembre 2005.
Avverso tale atto la contribuente proponeva tempestivo ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Catania la quale, con sentenza n. 221/07/2010, depositata il 26 marzo 2010, lo accoglieva, annullando l’avviso di accertamento impugnato e compensando le spese.
Interposto gravame dall’Ufficio , la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia -sezione staccata di Catania, con sentenza n. 3403/18/2015, pronunciata l’8 maggio 2014 e depositata in segreteria il 31 luglio 2015, accoglieva l’appello, confermando la legittimità dell’avviso di accertamento impugnato, e condannando la contribuente alla rifusione delle spese di lite.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME sulla base di sette motivi.
Non si è costituita l’ Agenzia delle entrate, rimasta intimata.
La discussione del ricorso è stata fissata una prima volta per l’adunanza camerale dell’8 febbraio 2023, ai sensi degli artt. 375, comma 2, e 380bis .1 c.p.c. All’esito di tale adunanza, questa Corte ha emesso ordinanza interlocutoria,
con la quale è stata disposta l’acquisizione dei fascicoli di merito di primo e secondo grado.
Con decreto del 10 luglio 2024 è stata quindi fissata per la discussione l’adunanza in camera di consiglio del 13 novembre 2024, ai sensi degli artt. 375, comma 2, e 380bis .1 c.p.c.
La ricorrente ha depositato memoria.
– Considerato che:
Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a sette motivi.
Con il primo motivo di ricorso la contribuente eccepisce nullità della sentenza d’appello per violazione degli artt. 22, 51 e 53 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché degli artt. 324 e 327 c.p.c., come richiamato dall’art. 38, comma 3, d.lgs. n. 546/1992, nonché, ancora, dell’art. 6 del d.P.R. 29 maggio 1982, n. 655, in relazione all’art. 360, primo com ma, num. 4), cod. proc. civ.
Deduce, in particolare, la ricorrente che la C.T.R. avrebbe erroneamente omesso di rilevare l’inammissibilità dell’appello, notificato a mezzo posta, non avendo l’Ufficio appellante depositato in segreteria la fotocopia della relativa ricevuta di spedizione, risultando così impedito il controllo circa la tempestività dell’atto, e non essendo all’uopo sufficiente l’avviso di ricevimento, dal quale risulterebbe che la notifica si è perfezionata il 12 maggio 2011 (e quindi tardivamente, in quanto il termine de ll’appello scadeva l’11 maggio 2011), e non facendo prova l’indicazione, nel suddetto avviso di ricevimento, della data di spedizione.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si eccepisce sempre la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 112,
324 e 329 c.p.c., nonché dell’art. 53 del d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), c.p.c.
Deduce, in particolare, la ricorrente che la C.T.R. erroneamente avrebbe omesso di rilevare l’inammissibilità dell’appello per genericità dei motivi, avendo la C.T.P. accolto il ricorso della contribuente sulla base dell’eccezione preliminare di difetto di motivazione dell’atto impugnato, laddove, invece, i motivi di appello dell’Agenzia riguardavano questioni di merito, rimaste assorbite in primo grado.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente eccepisce la nullità della sentenza d’appello per violazione dell’art. 132, comma 2, num. 4), c.p.c. e dell’art. 36, comma 2, num. 4), d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3) e 4), c.p.c.
Sostiene, in particolare, la contribuente che la sentenza impugnata sarebbe priva di motivazione in merito alla questione della ritenuta sufficienza della motivazione dell’avviso di accertamento, che costituiva uno dei motivi di gravame e sulla quale la C.T.R. non si è espressa, valutando l’accertamento nel merito dei presupposti a fondamento dello stesso.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, nonché degli artt. 38 e 42 d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Sostiene, in particolare, la ricorrente che la C.T.R., nel decidere implicitamente sulla questione del difetto di motivazione dell’avviso di accertamento impugnato, era incorsa nella violazione delle norme che disciplinano la motivazione degli atti impositivi, ed in particolare degli avvisi
di accertamento di tipo sintetico, che impongono all’Ufficio, che emetta un avviso di accertamento ex art. 38 d.P.R. n. 600/1973, di integrarne la motivazione con le ragioni per le quali sono state disattese le giustificazioni fornite dal contribuente in sede di contraddittorio.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso la ricorrente eccepisce nuovamente violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, num. 4), c.p.c., e dell’art. 36, comma 2, num. 4), d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3) e 4), c.p.c., per avere, i giudici d’appello, tratto elementi di giudizio, in ordine alla mancata prova della natura simulata della quietanza di pagamento rilasciata nell’atto notarile di cessione delle quote sociali, dalla procura speciale, allegata al predetto atto, con la quale la mandante conferiva al procuratore l’incarico di pagare il prezzo e di ritirare la quietanza, e così integrando una motivazione meramente apparente.
1.6. Con il sesto motivo di ricorso si eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 38, commi 5 e 6, del d.P.R. n. 600/1973, nonché degli artt. 1414 e 1415 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Sostiene, in particolare, la ricorrente che erroneamente la C.T.R. avrebbe ritenuto che la lettera raccomandata che conteneva la controdichiarazione in ordine alla natura simulata della quietanza attestante il pagamento -da cui è stata tratta la presunzione di maggior reddito -non fosse idonea a comprovare la simulazione del pagamento, in quanto era pervenuta a destinazione il giorno successivo alla stipula dell’atto nel quale era stata resa l a dichiarazione di quietanza.
1.7. Con il settimo motivo di ricorso la contribuente eccepisce, infine, violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., 57 d.lgs. n. 546/1992 e 7 della legge n. 212/2000, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), cod. proc. civ., per avere la C.T.R. erroneamente valorizzato, a fini probatori, la modesta capacità reddituale del coniuge della ricorrente, circostanza dedotta per la prima volta in appello dall’Agenzia.
Procedendo quindi all’esame dei motivi di ricorso, la Corte osserva quanto segue.
2.1. Il primo motivo è fondato.
Ed invero, nel processo tributario è inammissibile il ricorso (o l’appello), che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, ove il ricorrente (o l’appellante), al momento della costituzione, non abbia depositato la ricevuta di spedizione del plico, o l’elenco delle raccomandate recante la data ed il timbro dell’ufficio postale, o l’avviso di ricevimento nel quale la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario. In difetto della produzione di tali documenti contestualmente alla costituzione il giudice, se non sussistono i presupposti della rimessione in termini, non può sanare l’inammissibilità ordinandone la successiva esibizione ai sensi dell’art. 22, comma 5, d.lgs. n. 546/1992, ed il tempestivo perfezionamento della notifica a mezzo posta del ricorso (o dell’appello) può ritenersi provato soltanto se la ricezione del plico sia certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto (o della sentenza) (Cass. 27 ottobre 2022, n. 31879; Cass. 11 agosto 2022, n. 24726; Cass., sez. un., 29 maggio 2017, n. 13452).
Nel caso di specie, la sentenza di primo grado è stata depositata in data 26 marzo 2010; applicando il termine c.d. ‘lungo’ ex artt. 327 c.p.c. e 38, comma 3, d.lgs. n. 546/1992 (termine, all’epoca, di un anno, trattandosi di giudizio introdotto prima del 4 luglio 2009, data dell’entrata in vigore della l. 18 giugno 2009, n. 49, che ha ridotto il termine in questione a sei mesi), e tenuto conto della sospensione feriale di 45 giorni (durata della sospensione applicabile all’epoca), il termine per la propos izione dell’appello scadeva dunque il giorno 11 maggio 2011.
Dall’avviso di ricevimento depositato in atti emerge che la notifica dell’appello si è perfezionata il giorno 12 maggio 2011; vero è che l’avviso di ricevimento allegato all’atto di appello reca, nel campo riservato all’indicazione della data di spedizione, la data del 9 maggio 2011, ma tale indicazione non è munita di fede privilegiata, in quanto si tratta di mera scrittura a mano, non riconducibile all’agente postale, né apposta con stampigliatura dell’ufficio. D’altronde, in base all’art. 6 del d.P.R. 29 maggio 1982, n. 655, (approvazione del regolamento di esecuzione dei libri 1 e 2 del codice postale e delle telecomunicazioni), gli avvisi di ricevimento, di cui all’art. 37 del codice postale, «sono predisposti dagli interessati», ragion per cui, in assenza di ulteriori specificazioni o di autenticazioni, la data di spedizione indicata nell’avviso di ricevimento deve ritenersi predisposta dall’incaricato dell’Agenzia delle Entrate che ha predisposto l’avviso stesso.
Dal documento in questione, dunque, non è possibile ricavare la data di spedizione dell’atto, mentre l’unica data certa in quanto certificata dall’agente postale è quella di consegna
(12 maggio 2011), che è successiva al termine di scadenza per la proposizione dell’appello.
Ne consegue che la C.T.R. avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità dell’appello, senza entrare nel merito della pretesa tributaria.
Ogni altro motivo resta assorbito.
Il ricorso deve quindi essere accolto, e, poiché il processo di appello non avrebbe potuto essere proseguito, la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza dell’Agenzia delle Entrate, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Spese compensate per i gradi di merito.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri motivi, e cassa senza rinvio la sentenza impugnata.
Condanna l’Agenzia delle Entrate alla rifusione, in favore di NOME delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 6.500,00 per compensi, oltre 15% per rimborso spese generali, C.A.P. ed I.V.A.
Spese compensate per i gradi di merito.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2024.