Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 486 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 486 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
ha pronunciato la seguente sul ricorso n. 24009/2016 proposto da:
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dal Prof. Avv. NOME COGNOME con elezione di domicilio presso il suo studio sito in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO giusta procura speciale a margine del controricorso.
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della SICILIA, n. 3892/17/15, depositata in data 17 settembre 2015, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio de ll’8 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria provinciale di Catania, con sentenza n. 745/03/09 del 16 luglio 2009, aveva accolto il ricorso presentato dalla società RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’avviso di accertamento, relativo all’anno di imposta 2006, per ricavi non contabilizzati per presunzione di cessione di beni e per omessa fatturazione di operazioni imponibili.
La Commissione tributaria regionale ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, non avendo riscontrato in atti il deposito dell’avviso di ricevimento dell’atto di appello completo con gli estremi dell’avvenuta consegna al destinatario.
I giudici di secondo grado, in particolare, hanno rilevato che:
-) la sentenza di primo grado era stata depositata in data 5 novembre 2009 e l’appello era stato proposto dall’Ufficio con atto di appello prot. n. 232736 del 16 dicembre 2010;
-) dalla documentazione in atti, emergeva che l’Ufficio appellante aveva effettuato la spedizione dell’atto di appello tramite «Poste Italiane», con «spedizione 760831804337 con data 16/12/2010» e «Accettato dal centro postale di CATANIA RAGIONE_SOCIALE in data 21/12/2010»;
-) dalla stessa documentazione risultava che era stato compilato l’avviso di ricevimento n. 76168605521-8 relativo alla raccomandata n. 76083180433-7 (corrispondente al numero di «spedizione» sopra indicato), ma non risultava alcuna effettiva ricezione da parte del contribuente appellato, in quanto dalla fotocopia
dell’avviso di ricevimento emergevano solo i numeri sopra riportati e, aggiunti con scrittura manuale, il nome della società «RAGIONE_SOCIALE» e «prot. 232736 del 16/12/2010»,
-) nulla risultava circa la effettiva consegna della raccomandata n. 76083180433-7 al destinatario né circa la data di eventuale consegna della detta raccomandata, né la società contribuente destinataria dell’atto di appello si era costituita nel giudizio di secondo grado, il che da una parte avvalorava l ‘ ipotesi della mancata consegna dell’appello e dall’altra non consentiva di svolgere alcuna valutazione in ordine ad eventuale sanatoria ex art. 156 cod. proc. civ. per il raggiungimento dello scopo dell’atto ;
-) la riprova necessaria, ai fini della regolarità dell’appello, consisteva nella dimostrazione non solo della spedizione della raccomandata, mediante deposito di copia della ricevuta di spedizione della stessa raccomandata, ma anche dell’avviso di ricevimento comprovante la effettiva notifica dell’appello al contribuente appellato, ponendo lo stesso in grado di difendere le proprie ragioni e, dunque, da un punto di vista processuale, consentendo la regolare costituzione del contraddittorio tra le parti.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato ad un unico motivo.
La società RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1. In via preliminare va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata nel controricorso per il difetto del requisito dell’esposizione dei fatti rilevanti prescritto dall’art. 366 cod. proc. civ.. 1.1 Questa Corte ha stabilito che per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., il ricorso per cassazione deve indicare, in modo chiaro ed esauriente, sia pure non analitico e particolareggiato, i fatti di causa da cui devono risultare le reciproche
pretese delle parti con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano in modo da consentire al giudice di legittimità di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto senza dover ricorrere ad altre fonti e atti del processo, dovendosi escludere, peraltro, che i motivi, essendo deputati ad esporre gli argomenti difensivi possano ritenersi funzionalmente idonei ad una precisa enucleazione dei fatti di causa (Cass., 3 novembre 2020, n. 24432).
1.2 Ed invero, questa Corte ha anche precisato che l’esposizione dei fatti di causa, richiesta dall’art. 366, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. è finalizzata a rendere agevole la comprensione della questione controversa e dei profili di censura formulati, in immediato coordinamento con il contenuto della sentenza impugnata (Cass., 19 ottobre 2022, n. 30720).
1.3 Così delineati i principi statuiti da questa Corte, la censura sollevata non appare fondata, dal momento che nel ricorso è stato dato conto dei fatti di causa alle pagine 3 e 4 del ricorso per cassazione.
E’ pure infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata dalla società controricorrente, ai sensi dell’ art. 330, comma 3, cod. proc. civ. che prevede che decorso un anno dalla pubblicazione del provvedimento la notifica va fatta alla parte personalmente.
2.1 Ed invero, nel caso in esame, il ricorso per cassazione è stato notificato sia alla società RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante pro tempore , all’indirizzo telematico tratto dall’indice nazionale degli indirizzi pec delle imprese e dei professionisti (INI-PEC), giusta ricevuta di avvenuta consegna del 12 ottobre 2016, ore 13:50:39; sia presso il difensore domiciliatario Avv. NOME COGNOME giusta ricevuta di avvenuta consegna del 12 ottobre 2016, ore 13:50:41, in atti.
2.2 Ed invero, in proposito, la Suprema Corte ha chiarito che: « in tema di ricorso per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie regionali, si applica, con riguardo al luogo della sua notificazione, la disciplina dettata dall’art. 330 c.p.c.; tuttavia, in ragione del principio di ultrattività dell’indicazione della residenza o della sede e dell’elezione di domicilio effettuate in primo grado, sancito dall’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, è valida la notificazione eseguita presso uno di tali luoghi, ai sensi del citato art. 330, comma 1, seconda ipotesi, c.p.c., ove la parte non si sia costituita nel giudizio di appello, oppure, costituitasi, non abbia espresso al riguardo alcuna indicazione » (Cass., Sez. U., 20 luglio 2016, n. 14916).
2.3 E’ stato, dunque, affermato che l’art. 17 citato prevale sulla disciplina generale di cui all’articolo 330 cod. proc. civ., concernente soltanto il ricorso per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie regionali (cfr. Cass., Sez. U.,20 luglio 2016, n. 14916, citate, e, più di recente, Cass., 24 ottobre 2018, n. 27877)
2.4 Anche di recente questa Corte ha affermato che « La previsione di ultrattività dell’elezione di domicilio si riflette sull’individuazione del luogo di notificazione del ricorso per cassazione, proprio argomentando ai sensi del combinato disposto degli artt. 330 cod. proc. civ. e 17 del d.lgs. n. 546 del 1992 e ha affermato il seguente principio di diritto: « In tema di ricorso per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie regionali, la notifica a mani del contribuente è valida ex art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 anche se non perfezionata nei luoghi indicati dall’art. 330 c.p.c., in forza del rinvio previsto da tale decreto alle norme del codice di procedura civile in quanto compatibili con quelle del processo tributario »(Cass., 23 novembre 2022, n. 34450).
2.5 Alla luce dei superiori principi deve essere affermata la validità della notifica del ricorso per cassazione eseguita, come già detto, con modalità telematiche, sia alla società RAGIONE_SOCIALE, nella
persona del legale rappresentante pro tempore , sia presso il difensore domiciliatario avv. NOME COGNOME
Il primo ed unico motivo lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 140 cod. proc. civ., nonché dell’art. 291 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ.. Nel caso di specie l’Ufficio aveva correttamente notificato l’appello presso lo studio legale degli avvocati ai quali il contribuente aveva rilasciato procura speciale sin dal primo grado di giudizio. Il postino, recatosi presso tale indirizzo aveva attestato che il portiere dello stabile aveva dichiarato che i legali si erano trasferiti ed il plico era stato restituito con la dicitura « C’è da sottolineare che nessuna comunicazione di variazione di domicilio è mai pervenuta all’Ufficio». In sede di costituzione in giudizio, l’Ufficio aveva, poi, provveduto a depositare, unitamente all’appello, fotocopia del plico e dell’avviso di ricevimento dell’atto giudiziario. A parere dell’Ufficio l’atto di appello era stato, dunque, regolarmente notificato. Il Giudice, alla luce dei fatti ed a tutto voler concedere avrebbe dovuto accordare un nuovo termine di impugnazione ex art. 291 cod. proc. civ., anche in considerazione della deplorevole prassi invalsa nella pratica dei rapporti Fisco-contribuente e compendiantesi in un frequente tentativo di « sottrazione » del secondo (contribuente) al contraddittorio, sostanziale e processuale, con il primo (Fisco).
3.1 Il motivo è infondato.
3.2 Questa Corte, di recente, ha affermato che « Nel processo tributario, le variazioni del domicilio eletto o della residenza o della sede, a norma dell’art. 17, comma 1, del decreto legislativo n. 546 del 1992, sono efficaci nei confronti delle controparti costituite dal decimo giorno successivo a quello in cui sia stata loro notificata la denuncia di variazione. Tale onere è previsto per il domicilio autonomamente eletto dalla parte, mentre l’elezione del domicilio dalla medesima operata presso lo studio di qualsiasi difensore, ex art. 12 del citato decreto
legislativo n. 546 del 1992 ha la mera funzione di indicare la sede dello studio del procuratore medesimo. In tale caso, il difensore domiciliatario non ha a sua volta l’onere di comunicare il cambiamento di indirizzo del proprio studio ed è, invece, onere del notificante quello di effettuare apposite ricerche per individuare il nuovo luogo di notificazione, ove quello a sua conoscenza sia mutato, dovendo la notificazione essere effettuata al domicilio reale del procuratore anche se non vi sia stata rituale comunicazione del trasferimento alla controparte » (Cass., 1 aprile 2022, n. 10565).
3.3 Più specificamente, è stato evidenziato che « Nel processo tributario, le variazioni del domicilio eletto o della residenza o della sede, a norma dell’art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, sono efficaci nei confronti delle controparti costituite dal decimo giorno successivo a quello in cui sia stata loro notificata la denuncia di variazione; tale onere è previsto per il domicilio autonomamente eletto dalla parte, mentre l’elezione del domicilio dalla medesima operata presso lo studio di qualsiasi difensore, ex art 12 del citato d.lgs., ha la mera funzione di indicare la sede dello studio del procuratore medesimo. In tale caso, il difensore domiciliatario non ha a sua volta l’onere di comunicare il cambiamento di indirizzo del proprio studio ed è, invece, onere del notificante di effettuare apposite ricerche per individuare il nuovo luogo di notificazione, ove quello a sua conoscenza sia mutato, dovendo la notificazione essere effettuata al domicilio reale del procuratore anche se non vi sia stata rituale comunicazione del trasferimento alla controparte » (Cass., 30 novembre 2017, n. 28712; Cass., 27 giugno 2016, n. 13238).
3.4 Ciò posto, la prospettazione erariale secondo cui sarebbe valida la notifica dell’appello eseguita nel luogo dal quale, al momento della notifica, il difensore domiciliatario del contribuente si era ormai trasferito, ovvero nel luogo in cui a quel momento il difensore domiciliatario non aveva più il proprio studio, non è condivisibile.
L’Agenzia aveva l’onere di accertare, anche mediante riscontro delle risultanze dell’albo professionale, quale fosse l’effettivo domicilio del difensore, a prescindere dalla comunicazione, da parte di quest’ultimo, nell’ambito del giudizio, del relativo mutamento.
3.5 Per quanto precede la dichiarazione di inammissibilità dell’appello, come conseguenza del mancato perfezionamento del procedimento di notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, deve essere confermata.
Il ricorso deve, dunque, essere rigettato e l’Agenzia ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali, sostenute dalla società controricorrente e liquidate come in dispositivo.
4.1 Non vi è luogo a pronuncia sul raddoppio del contributo unificato, perché il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione, nel respingere integralmente la stessa (ovvero nel dichiararla inammissibile o improcedibile), disponga, a carico della parte che l’abbia proposta, l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del comma 1 bis del medesimo art. 13, non può aver luogo nei confronti delle Amministrazioni dello Stato, istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass., Sez. U., 25 novembre 2013, n. 26280; Cass., 14 marzo 2014, n. 5955).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia ricorrente al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre
alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Così deciso in Roma, in data 8 novembre 2023.