Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 669 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 669 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ha pronunciato la seguente ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso n. 10579/2016 proposto da:
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, nella persona del legale rappresentante pro tempore ;
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante pro tempore ;
– intimate –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del MOLISE, n. 83/2/15, depositata in data 24 marzo 2015, non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria provinciale di Campobasso, con la sentenza n. 173/1/09, depositata in data 1 giugno 2009, aveva accolto il ricorso proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso la cartella di pagamento 027 2008 0000 4021 32, recante l’ importo di euro 95.010,50, oltre ai compensi di riscossione per euro 4.417,98, emessa da Equitalia RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto il recupero di somme dovute a seguito di adesione alle definizioni di cui agli artt. 8, 9 e 14 della legge n. 289/2002 e successive modifiche ed integrazioni.
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate ritenendo sussistente il difetto di motivazione della cartella impugnata, in quanto l’argomentazione difensiva dell’Ufficio, che il mancato versamento anche di una sola rata delle somme dovute a seguito di condono tombale comportava la conseguente applicazione dell’art. 9, comma 12, della legge n. 289/2002, che faceva espresso rinvio all’applicazione dell’art. 14 del d.P.R. n. 602/1973, avrebbe dovuto integrare, in forma minima, la motivazione della cartella di pagamento impugnata al fine di rendere perfettamente intelligibile il recupero disposto; ciò nella ovvia considerazione che l’ammontare della rata dichiaratamente non versata dalla società, in misura pari ad euro 29.560,21, era di gran lunga inferiore all’ammontare della cartella, pari ad euro 95.010,50. Dunque, non era dato comprendere la ragione per la quale la somma richiesta alla società contribuente lievitasse dalla somma di euro 29.560,21, pari alla rata non versata, alla somma di euro 95.010,50, inopinatamente richiesta.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.
La società RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, e la società RAGIONE_SOCIALE non hanno svolto difese.
CONSIDERATO CHE
1. Il primo mezzo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 9, commi 3 bis , 12 e 15 della legge n. 289/2002, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La decisione impugnata era errata perché la Commissione tributaria regionale non si era espressa sulla questione, oggetto dell’atto di appello, della legittimità del recupero coattivo della rata non versata con riferimento alla prima domanda di condono, presentata in data 11 giugno 2003, unica domanda valida per l’impossibilità di condonare con l’istanza in rettifica del 16 giugno 2003 le annualità 1998 e 1999, ai sensi del comma 3 bis dell’art. 9 della legge n. 289/2002, non avendo la società per dette annualità riportato ricavi non inferiori agli studi di settore, che la contribuente ben conosceva; il Collegio aveva ritenuto in maniera apodittica che la cartella di pagamento non fosse motivata, mentre considerato che la società aveva versato, come prima rata l’importo di euro 29.083,00 (inferiore a quello dovuto) ed aveva omesso di versare la seconda rata di euro 48.966,93 (comprensiva degli interessi legali), con la cartella di pagamento oggetto del presente contenzioso era stata iscritta a ruolo la differenza dovuta sulla prima rata di euro 19.191,66 (aumentata degli interessi legali dal 17 ottobre 2003) e la seconda rata omessa di euro 48.966,93 e, contestualmente, erano state irrogate le sanzioni per omessi versamenti e calcolati gli interessi dovuti. Dal mero raffronto degli importi indicati dall’ufficio e quelli riportati nella cartella si comprendevano facilmente le somme dovute a titolo di capitale residuo, con applicazione dei relativi interessi e sanzioni.
2. Il secondo mezzo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 e dell’art. 25 del d.P.R. n. 602/1973, nonché dell’art. 7, commi 1 e 3, della legge n. 212/2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. La sentenza impugnata era errata laddove aveva ritenuta non motivata la cartella di pagamento impugnata, in quanto nell’ipotesi di cartella emessa su iscrizione a ruolo conseguente a comunicazione di irregolarità ed istruttoria su istanza di riesame, come nel caso in esame, in cui la cartella di pagamento era stata emessa sulla base di una «prima istanza di condono in data 11/6/2003», cui non era seguito l’integrale versamento delle imposte dovute, l’esigenza di motivazione era ben più limitata.
RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, anche la società RAGIONE_SOCIALE (che si è costituita nel giudizio di primo grado e non anche nel giudizio di appello), alla quale non è stato notificato il ricorso per cassazione.
3.1 Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, l’omessa notifica dell’impugnazione a un litisconsorte necessario, sia nel caso di litisconsorzio sostanziale, sia nel caso, come nella specie, di litisconsorzio processuale, non si riflette sulla ammissibilità o sulla tempestività del gravame, che conserva, così, l’effetto di impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, ma determina solo l’esigenza dell’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ., nei confronti della parte pretermessa, anche laddove il litisconsorte necessario pretermesso non sia stato neppure indicato nell’atto di impugnazione. (cfr. Cass., 29 ottobre 2021, n. 30711; Cass., 21 marzo 2019, n. 8065; Cass., 27 luglio 2018, n. 19910; Cass., 31 luglio 2013, n. 18364).
3.2 Deve essere, pertanto, ordinata l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ., nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE a cura dell’Agenzia ricorrente, fissando, allo scopo, il termine di sessanta giorni dalla comunicazione della presente ordinanza interlocutoria.
P.Q.M.
La Corte ordina l’integrazione del contraddittorio nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, a cura dell’Agenzia ricorrente, nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione della presente ordinanza interlocutoria.
Così deciso in Roma, in data 22 novembre 2023.