Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 53 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 53 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4338/2015 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
AGENZIA ENTRATE DPI NAPOLI UFFICIO CONTROLLI AREA LEGALE -intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 6406/2014 depositata il 25/06/2014.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava avanti alla CTP di Napoli la cartella di pagamento relativa ad Irpef, Irap e Iva per l’anno di imposta 2006, deducendo l’omessa notificazione dell’avviso di accertamento presupposto.
Il giudice di prime cure accoglieva il ricorso, in mancanza della produzione in giudizio della documentazione comprovante l’avvenuta notifica.
Ricorreva in appello l’Amministrazione, affermando la validità della notifica e producendo la relativa documentazione.
La CTR della Campania, con la sentenza in epigrafe, accoglieva l’appello, rilevando che dalle produzioni dell’Ufficio si evinceva come l’avviso di accertamento fosse stato validamente notificato in data 13/03/2010, ex art. 139 c.p.c. al portiere dello stabile ove è l’abitazione del contribuente.
Ricorre il contribuente con due motivi e resiste l’Amministrazione con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il contribuente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 60 DPR n. 600/73 e art. 139 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., lamentando che erroneamente i giudici di appello abbiano ritenuto valida la notifica, nonostante: i) l’assenza della documentazione delle ricerche dei soggetti qualificati in via privilegiata e graduale alla ricezione dell’atto, ii) l’assenza di prova della spedizione della raccomandata, non essendo sufficiente l’allegazione dell’interrogazione telematica di tale adempimento, ed infine iii) il difetto di legittimazione della persona consegnataria, che non avrebbe più rivestito la qualità di ‘portiere’ dal 1/03/2010, come da documentazione prodotta dal contribuente.
1.1. Il motivo è infondato.
Non occorrendo formule sacramentali (Cass. n. 22151 del 27/09/2013), la relata di notifica del messo (che fa fede fino a querela di falso ed è stata riprodotta nel corpo del ricorso) attesta sia le ricerche sia l’avvenuta spedizione della c.a.n., identificando la raccomandata, che nel caso di specie non necessitava di a.r. e quindi di prova della ricezione.
Ha rilevato questa Corte (v. Cass. n. 2377 del 27/01/2022, ampiamente in motivazione) che «La notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente, eseguita dai messi comunali ovvero dai messi speciali autorizzati dall’ufficio, ai sensi dell’art. 60, comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 600 del 1973, mediante consegna al portiere, deve essere seguita dalla spedizione della raccomandata informativa “semplice”, e non con avviso di ricevimento, atteso che la lett. bbis) dello stesso comma 1 fa riferimento alla sola raccomandata, senza ulteriori specificazioni, trovando giustificazione tale procedura semplificata nella ragionevole aspettativa che l’atto notificato venga effettivamente conosciuto dal destinatario, in quanto consegnato a persone (familiari, addetti alla casa, personale di servizio, portiere, dipendente, addetto alla ricezione) che hanno con lo stesso un rapporto riconosciuto dal legislatore come astrattamente idoneo a tale fine».
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, con riguardo all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in riferimento alla presunta qualifica di ‘portiere’ attribuita dalla CTR al consegnatario dell’avviso di accertamento, senza tener conto della recente cessazione del rapporto di lavoro relativa a tali mansioni.
2.1. L’eccezione di inammissibilità per novità della questione sollevata dall’Amministrazione controricorrente è infondata, per quanto si desume dagli estratti degli atti difensivi di merito, trascritti, in ossequio al principio di autosufficienza, nel ricorso del contribuente, unitamente alla indicazione dei documenti prodotti nel giudizio di merito (buste paga, lettere di licenziamento, transazione presso l’Ufficio Provinciale del lavoro).
2.2. Il motivo è peraltro infondato.
Pur non rientrando nell’area della pubblica fede e querela di falso, la qualità di persona di famiglia o di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda si presume iuris tantum dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, ed è onere del destinatario, che contesti la validità della notificazione, fornire la prova contraria (tra le altre, Cass. n. 2948/2022; Cass. 27587 del 30/10/2018; Cass. n. 7827 del 15/04/2005; Cass. n. 15094 del 10/09/2012), incombendo su colui che contesti l’eventuale difformità tra le apparenze e la realtà contestare la validità della notificazione, con la dimostrazione della assoluta occasionalità della presenza del consegnatario nel luogo di sua residenza (Cass. n. 23028 del 26/10/2006).
2.3. Nella specie, ponendo mente al contenuto di tale onere di contestazione, nei termini ora identificati, il fatto di cui si censura l’ omesso esame non risulta decisivo, in quanto il formale venir meno del rapporto di lavoro con il condominio, verificatosi appena quindici giorni prima della effettuazione della notifica, non esclude, logicamente e necessariamente, la sostanziale persistenza delle ragioni della oggettiva presenza non occasionale del portiere, consegnatario, nello stabile; né parimenti implica l’effettiva immediata cessazione dell’incarico di portineria, per quanto qui sostanzialmente rileva.
In conclusione, il ricorso va rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 30/11/2023.