Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21379 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21379 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
Oggetto: Cartella di pagamento Notificazione al curatore fallimentare – Debitore tornato in bonis – Legittimazione ad impugnare – Sussistenza Termini.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10504/2021 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro-tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato , presso i cui uffici è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al controricorso.
– controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Presidente pro-tempore
– intimata – avverso la sentenza della C.T.R. dell ‘Umbria , n. 128/2020, depositata il 22.10.2020 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15.4.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con ricorso proposto alla Commissione tributaria provinciale di Perugia, COGNOME NOME , titolare dell’omonima impresa individuale, impugnava nove cartelle di pagamento, sostenendo di esserne venuta a conoscenza solo a seguito di una verifica dell’estratto di ruolo ed eccependo, di conseguenza, l’intervenuta prescrizione delle pretese erariali.
In primo grado, la C.t.p. rigettava il ricorso, ritenendo tardiva l’impugnazione, attesa la rituale notificazione delle cartelle impugnate, effettuata alla stessa destinataria, al padre e, successivamente al fallimento dell’impresa individuale della contribuente, al relativo curatore fallimentare.
Tale pronuncia veniva parzialmente riformata dalla C.t.r., la quale riteneva che, ad eccezione delle prime due cartelle (una notificata alla destinataria medesima e una al portiere), le restanti sette erano state notificate al solo curatore fallimentare, che tuttavia era rimasto inerte, non proponendo impugnazione. Riteneva, pertanto, illegittime le suindicate cartelle, in quanto non notificate anche al fallito.
Avverso tale pronuncia, proponeva ricorso per cassazione l ‘Agenzia delle entrate , sulla base di un motivo. La contribuente resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di doglianza, l ‘Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione de ll’art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. , avendo errato la C.t.r. nell’escludere l a legittimità delle cartelle di pagamento notificate al curatore fallimentare, poiché la mancata notifica al fallito avrebbe, quale unica conseguenza, di impedire la
definitività dell’atto impositivo nei suoi confronti, con conseguente possibilità di esperire l’impugnazione , con decorrenza del relativo termine dal momento in cui ne abbia avuto conoscenza. In tal modo, la C.t.r. avrebbe omesso la verifica del rispetto dei termini di impugnazione, non avendo verificato il momento in cui la contribuente era venuta a conoscenza delle cartelle notificate al curatore.
Con il controricorso , la contribuente ribadisce la illegittimità delle cartelle notificate solo al curatore, evidenziando che il termine per l’impugnazione potrebbe decorrere solo dalla piena conoscenza dell’atto impositivo
3. L’ unico motivo di doglianza è fondato e va accolto.
Giova premettere che, in tema di contenzioso tributario, la Suprema Corte ha affermato che, sebbene l’ente impositore o il concessionario non siano obbligati, a pena di nullità, a notificare avvisi di accertamento e cartelle esattoriali sia al fallito che alla curatela fallimentare, tale scelta condiziona la futura opponibilità di tali atti o nell’ambito della procedura fallimentare o nei confronti del fallito tornato in bonis , ai fini della legittima prosecuzione della procedura esattoriale; ciò nel senso che la cartella di pagamento notificata unicamente al curatore fallimentare non è opponibile al fallito tornato in bonis sicché, in caso di notifica a quest’ultimo di un preavviso di fermo che abbia tale cartella come atto presupposto, egli può sia limitarsi a far valere la nullità dell’atto successivo che gli è stato notificato, sia – qualora ne abbia ancora interesse contestare anche la validità e fondatezza dell’atto prodromico che non gli è stato notificato, perché notificato al solo curatore in costanza di fallimento, e di cui sia venuto a conoscenza con l’atto successivo (Cass. n. 2857/2022, Rv. 66376401). E’ stato, inoltre, affermato che, in tema di contenzioso tributario, l’ente impositore che decida discrezionalmente di notificare la cartella di pagamento al solo curatore fallimentare non può, poi, giovarsi di tale
notificazione nei confronti del fallito tornato in bonis , il quale, ove abbia ricevuto la notificazione di un atto successivo che abbia in tale cartella il presupposto, può contestare la validità e la fondatezza anche dell’atto prodromico, inidoneo ad interrompere la prescrizione del credito tributario nei suoi confronti (Cass. n. 10760/2024, Rv. 67107601).
3.1 E’ vero, quindi, che la cartella di pagamento notificata unicamente al curatore fallimentare, è inopponibile al fallito in caso di notifica di un atto impositivo ad essa consequenziale.
Ed infatti, costituisce principio generale che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza ordinata secondo una progressione di determinati atti, con le relative notificazioni, destinati, con diversa e specifica funzione, a farla emergere e a portarla nella sfera di conoscenza dei destinatari, allo scopo, soprattutto, di rendere possibile per questi ultimi un efficace esercizio del diritto di difesa. Nella predetta sequenza, l’omissione della notificazione di un atto presupposto costituisce vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato e tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta o di impugnare, per tale semplice vizio, l’atto consequenziale notificatogli -rimanendo esposto all’eventuale successiva azione dell’amministrazione, esercitabile soltanto se siano ancora aperti i termini per l’emanazione e la notificazione dell’atto presupposto – o di impugnare cumulativamente anche quest’ultimo (non notificato) per contestare radicalmente la pretesa che abbia come atto presupposto la stessa cartella.
Tuttavia, a tal fine, è necessario che il contribuente impugni tempestivamente l’atto consequenziale, con termine decorrente dalla data in cui ne ha avuto effettiva conoscenza (cfr. Cass. n. 10899/2015, non massimata). In tale senso, anche Cass. n. 21333/2024, Rv. 67165101, secondo cui, in tema di fallimento, la
notifica dell’avviso di accertamento nei confronti del solo curatore e non anche nei riguardi del contribuente – non comporta la nullità o l’inesistenza dell’atto impositivo, né tantomeno la decadenza dell’Amministrazione dal potere accertativo, ma solo la sua inefficacia e inopponibilità al soggetto fallito ed ai soci ex amministratori destinati a succedere nei debiti fiscali dell’ente, i quali rimangono legittimati ad impugnare tempestivamente l’atto a decorrere dal giorno in cui ne vengono effettivamente a conoscenza.
E infatti, la Suprema Corte ha affermato che il ricorso contro l’estratto di ruolo deve essere proposto nel rispetto del termine generale di cui all’art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992, decorrente dalla conoscenza di tale atto, non assumendo rilevanza, in senso contrario, la facoltatività della relativa impugnazione, attesa la possibilità per il contribuente di ricorrere anche avverso il primo atto impositivo o della riscossione “tipico” successivamente notificatogli (Cass. n. 23076/2019, Rv. 65507401).
Peraltro, questa Corte ha affermato anche che, in tema di contenzioso tributario, solo la piena conoscenza dell’atto da parte del contribuente consente il consapevole esercizio del diritto di impugnativa, sicché, nel caso in cui l’atto impositivo sia stato notificato al solo curatore e non anche alla società fallita, il termine per proporre impugnazione non può decorrere, per il fallito, dalla generica comunicazione, da parte del curatore, di una insinuazione tardiva di un credito erariale, né dalle risultanze della verifica dello stato passivo in cui detto credito sia stato insinuato, ma solo dalla trasmissione dell’intera documentazione relativa alla pretesa erariale (nella specie, la copia della cartella di pagamento), fermo restando che grava sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provare il momento in cui tale atto sia venuto a conoscenza del contribuente, in modo da individuare la data dalla quale far decorrere il termine per la proposizione del ricorso in sede giurisdizionale, ai sensi dell’art. 21 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (Cass. n. 7874/2015, Rv. 63530101).
Sussiste, pertanto, il lamentato vizio di violazione di legge, avendo errato la C.t.r. sia laddove ha affermato che l’atto impositivo deve essere notificato non solo al curatore, ma anche al contribuente fallito, sia laddove ha ritenuto di per sé illegittime le cartelle di pagamento notificate al solo curatore fallimentare, ciò comportando, invece, la sola inefficacia ed inopponibilità dell’atto al fallito. Di conseguenza, non determinandosi una automatica nullità dell’atto impositivo non notificato, ha errato, altresì, la C.t.r. nell’omettere ogni verifica in ordine al momento in cui il contribuente tornato in bonis è venuto a conoscenza dell’atto impositivo notificato al curatore, al fine di verificare la tempestività della sua impugnazione.
In conclusione, dunque, in accoglimento del l’unico motivo di ricorso la sentenza impugnata va cassata e il giudizio va rinviato innanzi al giudice a quo , affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nel senso sopra indicato, nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del primo motivo di ricorso, rigettato il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Umbria, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame, nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione