Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26051 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26051 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 24/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9177/2018 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente principale- contro
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME NOME;
-controricorrente-
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ;
-intimata- nonché sul successivo ricorso, rubricato sotto il medesimo numero di ruolo generale, proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME (domicilio digitale: EMAILordineavvocatimarsalaEMAIL);
-ricorrente successiva-incidentale-
contro
NOME e RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore ;
-intimatiavverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SICILIA n. 77/8/18 depositata il 3 gennaio 2018; udita la relazione svolta nell’adunanza camerale dell’11 settembre
2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, poi incorporata da RAGIONE_SOCIALE, notificava a NOME COGNOME imprenditore sottoposto a procedura fallimentare, intimazione di pagamento dei tributi, degli interessi e delle sanzioni iscritti a ruolo dall’Ufficio delle Entrate di Castelvetrano a sèguito di controllo automatizzato ex artt. 36bis del D.P.R. n. 600 del 1973 e 54bis del D.P.R. n. 633 del 1972 delle dichiarazioni dei redditi presentate dal suddetto contribuente ai fini dell’IRPEF, dell’IRAP e dell’IVA per gli anni 2000 e 2001.
Il COGNOME proponeva opposizione dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Trapani, la quale, nella resistenza dell’ente impositore e dell’agente della riscossione, dichiarava inammissibile il ricorso, ritenendolo precluso dalla mancata impugnazione della prodromica cartella di pagamento, che accertava essere stata regolarmente notificata al curatore fallimentare.
La pronuncia veniva, però, successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, che, con sentenza n. 77/8/18 del 3 gennaio 2018, in accoglimento dell’appello della parte privata, dichiarava la nullità dell’intimazione di pagamento e l’intervenuta prescrizione dei crediti azionati.
Queste, in sintesi, le ragioni poste dai giudici regionali a fondamento della decisione resa: «se è pur vero che, ex art. 43
l.g. ( recte : l.f. -n.d.r.), le Amm/ni appellate hanno correttamente notificato la cartella di pagamento al curatore…, è pur vero che, se il curatore non provvede alla tutela giurisdizionale nei confronti dell’atto impositivo, a lui notificato, il fallito è eccezionalmente abilitato ad esercitare egli stesso tale tutela» ; -«la mancata notifica di un atto presupposto comporta la nullità dell’atto conseguenziale; il contribuente può, per tale vizio, impugnare l’atto conseguenziale e quindi, nel nostro caso, può impugnare l’avviso di intimazione, stante la mancata notifica della cartella, o impugnare cumulativamente anche la cartella per contestare la pretesa tributaria» ; -«la conclusione di tale premessa è nel senso che l’appellante, tornato in bonis, ha diritto di impugnare -come è avvenutol’intimazione di pagamento per vizi propri, cioè per non essere stata a lui notificata, nel 2006, la cartella (di cui peraltro non ha mai avuto conoscenza perché all’avviso di intimazione è stata allegata solo la copia dell’estratto di ruolo)» ; -«il ricorso proposto dal Lupo, quindi, doveva essere dichiarato ammissibile e fondato» , stante la maturata prescrizione dei crediti erariali.
Contro questa sentenza, notificata il 17 gennaio 2018, l’ -id est l’Agenzia delle Entrate, incorporante quella del Territorio ex art. 23quater , comma 1, del D.L. n. 95 del 2012, convertito in L. n. 135 del 2012 – ha proposto ricorso per cassazione affidato a un solo motivo, al quale il Lupo ha resistito con controricorso.
Successivamente la litisconsorte RAGIONE_SOCIALE ha spiegato autonomo ricorso per cassazione avverso la summenzionata sentenza d’appello, articolato in due motivi, rispetto al quale le parti intimate non hanno svolto attività difensiva.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
(A) In via preliminare
Giova anzitutto precisare che il ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia delle Entrate deve essere qualificato come principale, perché notificato prima di quello autonomamente introdotto da Riscossione Sicilia s.p.a., il quale va, pertanto, ritenuto incidentale, pur non rivestendo la forma del controricorso prevista dall’art. 371, comma 1, c.p.c. (cfr., ex ceteris , Cass. n. 36057/2021, Cass. n. 27680/2021, Cass. n. 448/2020, Cass. n. 5695/2015).
(B) Ricorso principale
1.1 Tanto premesso, con l’unico motivo del ricorso principale, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 4) e 5) c.p.c., vengono denunciati:
(a) la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36 del D. Lgs. n. 546 del 1992 e degli artt. 115, 116 e 132, comma 2, n. 4) c.p.c.;
(b) in ogni caso, l’omesso esame circa un fatto decisivo e controverso.
1.2 Si censura l’impugnata sentenza per aver apoditticamente affermato la sussistenza della legittimazione del Lupo, una volta tornato «in bonis» , a impugnare l’intimazione di pagamento oggetto di causa.
La CTR avrebbe omesso di verificare se la mancata impugnazione della prodromica cartella esattoriale da parte del curatore fallimentare fosse stata dovuta a inerzia o disinteresse del medesimo, soltanto in una simile evenienza potendo eccezionalmente reputarsi sussistente l’anzidetta legittimazione processuale.
1.3 Si rimprovera, altresì, al collegio regionale di aver dichiarato la prescrizione dei crediti tributari relativi agli anni d’imposta 2000 e 2001, nonostante che l’intimazione di pagamento oggetto di causa fosse stata notificata al contribuente il 26 agosto 2015 entro dieci
anni dalla notifica della cartella presupposta, in quanto avvenuta il 19 aprile 2006.
1.4 I giudici di appello avrebbero pure tralasciato di considerare che in data 15 giugno 2006 l’agente della riscossione aveva proposto domanda di insinuazione dei crediti risultanti dalla cartella di cui trattasi e che tali crediti erano stati ammessi al passivo fallimentare con decreto del giudice delegato dell’11 luglio 2007.
1.5 Viene, infine, addebitato ai detti giudici acquisite al processo.
1.6 L’unico motivo di gravame, sviluppato in più profili di censura, è privo di fondamento.
1.7 Deve, anzitutto, escludersi che la motivazione dell’impugnata sentenza sia del tutto omessa o comunque solo apparente.
1.8 La CTR siciliana ha, infatti, spiegato che: – la mancata impugnazione della prodromica cartella esattoriale da parte del curatore fallimentare, unico destinatario della notificazione dell’atto, legittimava il contribuente fallito, una volta tornato «in bonis» , a impugnare la successiva intimazione di pagamento a lui notificata; – in tale scenario, il contribuente era ammesso non solo a eccepire l’invalidità dell’intimazione derivante dall’omessa notificazione dell’atto presupposto, ma anche a contestare la pretesa tributaria azionata con la cartella.
1.9 I giudici di appello hanno, altresì, dichiarato prescritti i crediti tributari in discorso, inerenti agli anni 2000 e 2001, con implicita condivisione della tesi difensiva sostenuta sul punto dal Lupo, il quale, come evidenziato nella premessa in fatto della decisione, aveva dedotto di essere venuto a conoscenza di tali crediti soltanto in data 26 agosto 2015, a sèguito della notificazione dell’intimazione di pagamento.
1.10 Il percorso argomentativo della gravata pronuncia, oltre ad esistere sotto il profilo materiale e grafico, risulta perfettamente intelligibile e non affetto da manifesta illogicità o irriducibilità
contraddittorietà, sì da raggiungere la soglia del cd. «minimo costituzionale» imposto dall’art. 111, comma 6, della Carta fondamentale, la cui inosservanza forma oggetto del controllo di legittimità ancora esercitabile da questa Corte a sèguito della modifica dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. disposta dall’art. 54, comma 1, lettera b), del D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012 (cfr. Cass. Sez. Un. nn. 8053-8054/2014).
1.11 Per quanto attiene, poi, alla denuncia di omesso esame circa un fatto decisivo e controverso, asseritamente rappresentato dall’inerzia del curatore quale necessario presupposto della legittimazione straordinaria del contribuente fallito, a prescindere dal rilievo che il relativo vizio non è stato ritualmente dedotto mediante la specifica indicazione del ‘fatto storico’ non considerato, del ‘dato’ da cui risulti la sua esistenza, del ‘come’ e del ‘quando’ esso abbia formato oggetto di discussione fra le parti e della sua ‘decisività’ (cfr. Cass. n. 7638/2025, Cass. n. 27849/2024, Cass. n. 9986/2022, Cass. Sez. Un. n. 19881/2014, Cass. Sez. Un. nn. 8053-8054/2014), va in ogni caso notato che la surriferita circostanza è stata tenuta in debito conto dalla Commissione regionale, la quale ha ravvisato l’inerzia degli organi fallimentari nella scelta del curatore di non impugnare la cartella di pagamento a lui notificata.
1.12 La soluzione accolta dal collegio di secondo grado si pone, peraltro, in linea con la giurisprudenza delle Sezioni Unite, le quali, componendo il contrasto manifestatosi «in subiecta materia» , hanno statuito che, in caso di rapporto tributario i cui presupposti si siano formati prima della dichiarazione di fallimento, il contribuente dichiarato fallito a cui sia stato notificato l’atto impositivo lo può impugnare, ex art. 43 L.F., in caso di astensione del curatore dall’impugnazione, rilevando a tal fine il comportamento oggettivo di pura e semplice inerzia di quest’ultimo, indipendentemente dalla consapevolezza e volontà
che l’abbiano determinato (cfr. Cass. Sez. Un. n. 11287/2023; id. , ex ceteris , Cass. n. 28623/2024, Cass. n. 33218/2024, Cass. n. 19794/2025).
1.13 Con riguardo alla prospettata violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., va rammentato che la stessa si configura solo quando il giudice di merito fondato la decisione su prove non dedotte dalle parti o disposte d’ufficio al di fuori dei casi in cui la legge lo permette, oppure abbia disatteso prove legali vagliandole secondo il suo prudente apprezzamento o, per contro, conferito valore di prova legale a una risultanza istruttoria che ne è priva.
Non è, pertanto, ammissibile una censura con la quale, dietro l’apparente deduzione del vizio di errata interpretazione o applicazione delle citate norme processuali, si contesti, in realtà, la valutazione del materiale istruttorio compiuta dal detto giudice (cfr., ex plurimis , fra le più recenti, Cass. n. 13372/2025, Cass. n. 13115/2025, Cass. n. 8868/2025, Cass. n. 5531/2025).
1.14 Orbene, nel caso di specie, quel che si rimprovera alla CTR non è di aver deciso la causa in base a prove non introdotte dalle parti o disposte d’ufficio oltre i poteri di indagine riconosciuti al giudice, né di aver attribuito a una determinata prova una valenza diversa da quella prevista dalla legge, bensì di aver operato un , cioè di non aver valutato in modo corretto le emergenze istruttorie.
1.15 Una critica così formulata non può, tuttavia, avere spazio nell’odierna sede processuale, risolvendosi nel tentativo di sollecitare la Corte a un non consentito riesame del giudizio in fatto espresso dal collegio regionale.
1.16 Sebbene la rubrica dell’unico mezzo di gravame non contenga una specifica indicazione di tale ulteriore doglianza, nel corpo del motivo la ricorrente contesta anche la dichiarazione di intervenuta prescrizione dei crediti tributari pronunciata dai giudici di seconde
cure, obiettando che: – la cartella esattoriale era stata notificata al curatore fallimentare in data 19 aprile 2006; – la successiva intimazione di pagamento era stata notificata al contribuente tornato «in bonis» il 26 agosto 2015, cioè prima del decorso del termine decennale di cui all’art. 2946 c.c.; – i crediti portati dalla menzionata cartella erano stati ammessi al passivo dal giudice delegato con decreto dell’11 luglio 2007; -la procedura concorsuale si era chiusa il 15 febbraio 2012 e prima di allora nessuna azione esecutiva individuale poteva essere esercitata dall’agente della riscossione nei riguardi del contribuente.
1.17 La censura è, in parte, infondata e, in parte, inammissibile.
1.18 A fronte di crediti tributari inerenti agli anni d’imposta 2000 e 2001, la CTR ha ritenuto essere maturata la prescrizione estintiva alla data del 26 agosto 2015, allorché il Lupo ricevette la notificazione dell’intimazione di pagamento, non preceduta da quella della cartella esattoriale, notificata al solo curatore fallimentare.
1.19 La ricorrente non svolge puntuali argomentazioni atte a dimostrare l’erroneità della sentenza nella parte in cui colloca il «dies a quo» della prescrizione in un periodo anteriore di più di dieci anni al 26 agosto 2015.
1.20 Ciò posto, occorre tener presente che, per stabile insegnamento nomofilattico di questa Corte , l’ente impositore che decida discrezionalmente di notificare la cartella di pagamento al solo curatore fallimentare non può poi giovarsi di tale notificazione nei confronti del fallito tornato «in bonis» , il quale, ove abbia ricevuto la notificazione di un atto successivo che trovi in detta cartella il suo presupposto, può contestare la validità e la fondatezza anche dell’atto prodromico, inidoneo a interrompere nei suoi riguardi la prescrizione del credito tributario (cfr. Cass. n. 16427/2025, Cass. n. 10760/2024, Cass. n. 2857/2022).
1.21 Alla stregua del suenunciato principio di diritto, va dunque escluso che la notificazione della cartella di pagamento al curatore fallimentare abbia prodotto l’effetto di interrompere la prescrizione anche nei confronti del contribuente.
1.22 D’altro canto, se è pur vero che, ai sensi degli artt. 2943, commi 1 e 2, e 2945, comma 2, c.c., la domanda di ammissione allo stato passivo vale a interrompere la prescrizione del credito, con effetti permanenti dalla data della sua proposizione fino alla chiusura della procedura concorsuale, anche rispetto al debitore tornato «in bonis» , (cfr. Cass. n. 2685/2025, Cass. n. 16415/2023), è nondimeno vero che solamente in questa sede l’Agenzia delle Entrate ha per la prima volt a dedotto di aver presentato istanza di insinuazione al passivo del fallimento del RAGIONE_SOCIALE.
1.23 Una siffatta circostanza non emerge dalla lettura dell’impugnata sentenza, né la ricorrente si è premurata di chiarire quando e dove essa sarebbe stata allegata nei gradi di merito e in quali documenti ritualmente acquisiti al processo troverebbe riscontro.
1.24 Trattasi, pertanto, di questione giuridica nuova e implicante accertamenti di fatto, come tale non introducibile nel giudizio di cassazione (cfr., ex plurimis , Cass. n. 3473/2025, Cass. n. 30087/2024, Cass. n. 17570/2022, Cass. n. 14961/2020).
(C) Ricorso incidentale
Il ricorso incidentale consta di due motivi così rubricati:
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36 del D. Lgs. n. 546 del 1992 e degli artt. 115, 116 e 132, comma 2, n. 4) c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.);
omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti (art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.).
2.1 Le censure che esso veicola coincidono sostanzialmente con quelle poste a fondamento dell’impugnazione principale.
2.2 Il ricorso è inammissibile per essere stato notificato oltre il termine all’uopo stabilito dal combinato disposto degli artt. 369, comma 1, 370, comma 1, e 371, comma 1, c.p.c., nel testo, applicabile «ratione temporis» , vigente anteriormente alle modifiche apportate dal D. Lgs. n. 149 del 2022.
2.3 Invero, poiché il ricorso per cassazione da considerarsi principale era stato notificato a Riscossione Sicilia s.p.a. in data 14 marzo 2018, presso il difensore domiciliatario nel giudizio d’appello, il termine di complessivi quaranta giorni (venti più venti) per la proposizione del ricorso incidentale veniva a scadere il 23 aprile 2018.
2.4 Il gravame in questione è stato, invece, notificato a mezzo p.e.c. soltanto l’11 maggio 2018, come si evince dalla relata in atti.
2.5 È utile, in proposito, richiamare il consolidato orientamento di questa Corte regolatrice secondo cui, in virtù del principio di unicità del processo di impugnazione, il ricorso per cassazione irritualmente introdotto in forma autonoma da chi, ai sensi degli artt. 333 e 371 c.p.c., avrebbe potuto proporre soltanto impugnazione incidentale, per convertirsi in quest’ultima, deve averne i requisiti temporali.
2.6 Ne discende che tale conversione risulta ammissibile solo se la notificazione del relativo atto non ecceda il termine di quaranta giorni da quello dell’impugnazione principale; né la decadenza conseguente all’inosservanza del suindicato termine può ritenersi superata dall’eventuale rispetto del termine ‘esterno’ di cui all’art. 325 o 327 c.p.c., giacché la tardività o la tempestività in relazione a quest’ultimo assume rilievo ai soli fini della determinazione della sorte dell’impugnazione stessa in caso di inammissibilità di quella principale, ai sensi dell’art. 334 c.p.c. (cfr. Cass. n. 13104/2024, Cass. n. 36057/2021, Cass. Sez. Un. n. 23418/2020, Cass. n. 30775/2019).
(D) Statuizioni conclusive
In definitiva, il ricorso principale deve essere rigettato, mentre quello incidentale va dichiarato inammissibile.
In applicazione del criterio della soccombenza, la ricorrente principale deve essere condannata a rifondere al controricorrente le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
4.1 Nulla va statuito in ordine alle dette spese nei rapporti fra le altre parti, non avendo il Lupo resistito all’impugnazione incidentale di Riscossione Sicilia s.p.a. (alla quale ha soltanto notificato il controricorso da lui proposto avverso il ricorso principale) ed essendosi quest’ultima sostanzialmente limitata ad aderire al gravame erariale.
Stante l’esito dell’impugnazione incidentale, viene resa a carico di RAGIONE_SOCIALE l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
5.1 Non ostante l’integrale rigetto del ricorso principale, non si fa luogo ad analoga attestazione nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, essendo la stessa esentata, mediante il meccanismo della prenotazione a debito previsto in favore delle amministrazioni pubbliche, dal pagamento delle imposte e tasse gravanti sul processo (artt. 12, comma 5, del D.L. n. 16 del 2012, convertito in L. n. 44 del 2012, e 158, comma 1, lettera a, del D.P.R. n. 115 del 2002; si vedano, in giurisprudenza, Cass. n. 4752/2025, Cass. n. 28204/2024, Cass. n. 27301/2016).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale.
C ondanna l’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 5.400,00 euro (di cui 200,00
per esborsi), oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte di cassazione, in data 11 settembre 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME