Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33818 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33818 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
Oggetto: cartella di pagamento -IVA -società maltese
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29072/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, n.q. di legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE con sede in Malta, società amministratrice e detentrice dell’intero pacchetto azionario della Società RAGIONE_SOCIALE con sede in Malta, e pertanto in qualità di legale rappresentante di tale società, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL , domiciliata presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza n.329/3/2017 della Commissione Tributaria Regionale dell ‘Abruzzo depositata il 20.4.2017, non notificata. novembre
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del l’8 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo veniva rigettato l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avente sede in Malta, avverso la sentenza n. 420/1/2016 della Commissione Tributaria Provinciale di Pescara di rigetto del ricorso introduttivo proposto dalla contribuente avverso la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA emessa per IVA e sanzione relativamente all’annualità 2010. L’Amministrazione finanziaria agiva a seguito della liquidazione d’imposta ex art.35ter del d.P.R. 633/72 della dichiarazione IVA presentata dalla società RAGIONE_SOCIALE nel corso del 2011 relativamente all’anno di imposta 2010, oggetto di controllo ex art.54bis del d.P.R. 633/72.
Sia il giudice di prime cure sia il giudice d’appello superavano le contestazioni preliminari, tra l’altro relative alla legittimità del procedimento amministrativo e alla notificazione della cartella e, nel merito, confermavano le riprese.
Propone ricorso per Cassazione NOME COGNOME n.q. di legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE con sede in Malta, società amministratrice e detentrice dell’intero pacchetto azionario della società di diritto maltese RAGIONE_SOCIALE Il
ricorso è affidato a sedici motivi, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, in relazione all’art.360, primo comma, nn.3 e 5, cod. proc. civ., viene censurata la sentenza di appello per violazione e falsa applicazione dell’art. 25 del d.P.R. 602/73 in materia di formazione e notifica della cartella, con conseguente sua nullità. Con la doglianza la società ripropone il primo motivo di appello con cui ha eccepito che il plico consegnato al ricorrente non conterrebbe tutti i fogli previsti dalla legge sulle cartelle ed in particolare dal D.M. 321/1999. Tale difetto comporterebbe la insanabile nullità della cartella e, in ogni caso, legittimerebbe il contribuente a richiederne l’annullamento. Inoltre, una tale condizione dell’atto lo renderebbe improduttivo di effetti giuridici. Nel corpo del motivo prospetta anche la lesione dell’art.112 cod. proc. civ..
1.1. Con il secondo motivo la ricorrente, in relazione all’art.360, primo comma, nn.3 e 5, cod. proc. civ., deduce anche l’ omessa e falsa applicazione su un punto decisivo della controversia, l’omessa motivazione e falsa applicazione degli artt. 137, 148 cod. proc. civ. e 2220 cod. civ. con conseguente inesistenza della copia della cartella notificata.
I due motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi, attenendo alla incompletezza della cartella e alla sua notifica e sono inammissibili per più ragioni.
2.1. Innanzitutto, le prospettate censure motivazionali incappano nella preclusione per doppia conforme con riferimento al paradigma del prospettato vizio ex art.360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., alla luce del doppio rigetto della prospettazione di parte contribuente sia in primo sia secondo grado. Infatti, l’abrogazione dell’art. 348ter cod. proc. civ., già prevista dalla legge delega n.206/2021 attuata per quanto qui interessa dal d.lgs. n.149/2022, ha comportato
il collocamento all’interno dell’art. 360 cod. proc. civ. di un terzo comma, con il connesso adeguamento dei richiami, il quale ripropone la disposizione dei commi quarto e quinto dell’articolo abrogato e prevede l’inammissibilità del ricorso per cassazione per il motivo previsto dal n. 5 dell’art. 360 citato, ossia per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Il ricorrente non ha dimostrato che le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello sono state tra loro diverse.
2.2. In secondo luogo, il giudice d’appello ha logicamente argomentato sulle questioni sottese ai motivi nei seguenti articolati termini: «Per quel che riguarda il ‘plico’ asseritamente incompleto ed inidoneo alla difesa – anche volendo trascurare la circostanza che l’atto, comunque, figura essere pervenuto al domicilio del destinatario EBONY LIMITED (cfr. la copia allegata agli atti dalla ricorrente e recante il timbro tondo-data del 29.4.2014) ed avere, così, pienamente raggiunto lo scopo, con conseguente sanatoria (art. 156 cod. proc. civ.) dell’eventuale nullità, e consentito adeguata difesa – è assorbente il rilievo che la società RAGIONE_SOCIALE non ha dimostrato che il plico chiuso (come prescritto) effettivamente pervenuto a La Valletta contenesse soltanto i sei fogli – su tredici (numero complessivo delle pagine della cartella in questione cosi come deducibile dall’annotazione in calce a ciascun foglio!) – che ha ritenuto di allegare al ricorso: la circostanza, costituita dall’avvenuta ammissione della destinataria del pervenimento del plico rappresentato dalla cartella, esonera l’Agenzia da altri oneri probatori, dovendo ritenersi, semmai (e ferma la già connata sanatoria in ogni caso verificatasi), la destinataria onerata, di fronte alla ragionevole presunzione di invio e di consegna di un plico completo, della dimostrazione dell’incompletezza della cartella inviata a mezzo posta, cosa in realtà non avve-
nuta. D’altronde il fatto che sia stata ammessa la spedizione e, soprattutto, il ricevimento di almeno sei dei tredici fogli della cartella (ed, invero, la porzione più importante e costituente il ‘cuore’ del documento; ma perché mai, poi, solo quella porzione?) la dice lunga sulla legittima forte presunzione che il plico contenesse, in effetti, l’interezza dell’atto. Sulla questione, invece, della notifica, accanto a quanto già argomentato dalla Commissione Tributaria Provinciale che merita di essere qui richiamato e ribadito – a favore della reiezione di questo motivo dell’impugnazione, milita l’assorbente considerazione che la cartella sia stata consegnata direttamente alla società destinataria in Malta, il che esclude che possa essere convincentemente ipotizzata qualsivoglia ‘inesistenza’ della notificazione, con l’effetto che certamente l’arrivo del documento nella disponibilità e conoscenza (oltre che conoscibilità) del destinatario gli ha consentito, come peraltro è deducibile dall’estrinsecazione di una più che congrua linea difensiva, la predisposizione del ricorso e la prospettazione di tutte le ragioni ivi espresse a sostegno dell’impostazione conferita all’iniziativa giurisdizionale intrapresa.».
La società non si confronta realmente nei due motivi con tale capo della decisione, di cui dà atto, ma che non censura specificamente, limitandosi a riproporre le questioni di merito sottese, già vagliate e decise dai giudici in due gradi di giudizio. Ciò rende inammissibili le doglianze in quanto, per giurisprudenza consolidata della Corte (Cass. 28 novembre 2014 n. 25332), il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi. La Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa. Ne consegue che la parte non può limitarsi a censu-
rare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti.
2.3. Infine, a pag.4 viene adombrata anche la lesione dell’art.112 cod. proc. civ. in termini assolutamente apodittici, non essendo chiaro su quale specifica eccezione il giudice non si sarebbe pronunciato, ulteriore concorrente profilo di inammissibilità.
Con il terzo motivo viene prospettata, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 26 del d.P.R. 602/73 e la nullità e inesistenza della notifica della cartella, perché la consegna del plico in caso di uso di posta privata non sarebbe assistita da alcuna presunzione di ricezione e di integrità, la cui dimostrazione spetterebbe all’Amministrazione finanziaria senza possibilità di applicare l’istituto della sanatoria per raggiungimento dello scopo in ragione dell’inesistenza della notifica. La società ripropone la prospettazione secondo cui la consegna del plico non è avvenuta per il tramite di servizio postale di Stato e tale fatto determinerebbe l’inesistenza della notifica dell’atto stesso 3.1. Il quarto mezzo, senza neppure indicazione del pertinente paradigma dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., deduce l’inesistenza della notifica e l’inapplicabilità della sanatoria anche perché l’art. 1, comma 1, del regolamento CE 1393/2007 «stabilisce l’applicabilità del trattato in materia di notificazione, esclusivamente con riferimento alla materia civile e commerciale e non già alla materia tributaria, in cui la presente controversia deve essere ricompresa. Ne deriva l’inesistenza della notificazione della cartella impugnata che avrebbe dovuto essere effettuata non già a mezzo posta e con racc. A/R, ma bensì nelle forme per ciò previste dalle convenzioni internazionali».
I due motivi, connessi sono affetti da concorrenti profili di inammissibilità e di infondatezza.
4.1. Sono inammissibili quanto alla tecnica di formulazione senza indicazione di paradigma processuale (quarto motivo) e per doppia conforme (terzo motivo, paradigma motivazionale).
Il terzo mezzo è inammissibile anche per difetto di specificità non essendo stata riprodotta la documentazione inerente le modalità di notifica che la ricorrente sostiene non essere stata effettuata per il tramite del servizio di Stato, né italiano né maltese.
Il quinto motivo, senza indicazione del pertinente paradigma dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., prospetta l’inesistenza della cartella o la sua nullità anche per la mancata traduzione della stessa nella lingua ufficiale del soggetto ricevente, inglese.
Il motivo è inammissibile.
Vale quanto già detto sulla tecnica di formulazione della censura priva di qualsiasi paradigma processuale, cui si aggiunge l’assenza di decisività della doglianza, pretestuosa. Al proposito il Collegio osserva come nessuna specifica previsione normativa disponga che l’atto impositivo debba essere redatto nella lingua del soggetto destinatario, dovendosi invero presumere che lo stesso, in quanto soggetto passivo nel territorio nazionale avendo presentato la dichiarazione IVA 2011 oggetto di controllo, sia in grado di comprendere il contenuto dell’atto. La questione, dunque, si sposta sul piano probatorio, essendo onere del contribuente provare di non essere stato nelle condizioni di aver potuto conoscere il contenuto dell’atto. Il che postula che lo stesso versi in condizioni tali, nonostante il comportamento dallo stesso esigibile, da non poter in alcun modo ovviare alla circostanza che l’atto impositivo non è stato tradotto nella propria lingua di origine. Il profilo non è stato coltivato da parte ricorrente, che si è limitata ad una contestazione generica sul punto, e va escluso che la mancata traduzione nella lingua del destinatario possa comportare una lesione del diritto di difesa della società, in quanto la stessa, anche se soggetto non residente privo di stabile organizzazione in Italia, ha dimostrato, avendo in concreto fatto valere nei gradi del merito le proprie articolate difese contestando la pretesa tributaria azionata con l’atto impugnato, di avere avuto piena conoscenza del contenuto dell’atto impositivo ad essa notificato.
6. Il sesto motivo prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 25 del d.P.R. 602/73 in materia di decadenza del potere di riscossione, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc. civ.
Dalla inesistenza o nullità insanabile della notifica, deriverebbe secondo la società, la decadenza dal potere di accertamento, a causa dell’inutile decorso del termine di cui all’art 25 del d.P.R. 602/73.
Il motivo è inammissibile per più ragioni.
7.1. Innanzitutto, la sentenza impugnata non parla della questione e la ricorrente afferma di averla proposta tra i motivi di appello, ma non dà evidenza della tempestività riproducendo il pertinente passaggio del ricorso introduttivo del giudizio e del ricorso in appello e, dunque, un primo profilo di inammissibilità è dato dalla novità della questione.
7.2. La censura è inoltre inammissibile anche per difetto di rilevanza, in conseguenza di quanto già sopra argomentato circa i motivi che precedono, dovendo escludersi l’inesistenza della notifica e ritenersi logica l’argomentazione del giudice e il suo accertamento sulla ritualità della notifica dell’atto impugnato, pervenuta al domicilio della EBONY in data 29.4.2014.
Con il settimo motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., viene lamentata « l’ omessa e falsa applicazione su un punto decisivo della controversia, l’ omessa motivazione e violazione dell’art 6, comma 5, della legge n. 212/2000», con riferimento alla richiesta di chiarimenti e informazioni, di norma effettuata mediante la formazione del c.d. avviso di irregolarità ex art. 54bis del d.P.R. 633/72 anteriormente alla notifica della cartella.
Nel corpo della censura si afferma anche che, nel caso di accertamento che involge l’ IVA, il contraddittorio preventivo è sempre obbligatorio.
8.1 Con l’ottavo motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., viene lamentata l’omessa e falsa applicazione su un punto decisivo della controversia, l’ omessa motivazione e la falsa
applicazione dello statuto del contribuente e dell’obbligo di motivazione e degli atti propedeutici, nonché dell ‘ art. 7 della legge n 212/2000, non essendo la cartella, a dire della ricorrente, motivata in modo congruo, sufficiente ed intelleggibile.
8.2. Il sedicesimo motivo deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., l’omessa e falsa applicazione su un punto decisivo della controversia, l’omessa motivazione e falsa applicazione dell’obbligo di motivazione in relazione agli oneri di riscossione esposti sia nel ruolo che nella cartella di pagamento.
I tre motivi suddetti, di trattazione congiunta, non possono trovare ingresso, per concorrenti profili di inammissibilità e infondatezza.
9.1. Innanzitutto, incappano nella preclusione per doppia conforme 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. per le ragioni già sopra evidenziate in censure con analoga formulazione.
quanto al paradigma dell’art. 9.2. Inoltre, sono aspecifici. La CTR ha deciso sulle questioni in un preciso capo della sentenza, stabilendo che « sull’assenza dell’avviso bonario propedeutico, sull’omessa sottoscrizione della cartella, sulle modalità di determinazione ed indicazione delle sanzioni, degli interessi e degli aggi – si palesano per più versi o inammissibili o infondate: sia perché si limitano a riproporre, salvo rimaneggiamenti solo formali, questioni già proposte in primo grado, venendo perciò meno a qualsivoglia osservazione specifica sul decisum in proposito; sia perché si tratta di riproposizione di doglianze assolutamente generiche». Anziché colpire tale ratio decidendi espressa dal giudice che ha accertato l’ aspecificità e generificità dei motivi d’appello in cui erano dedotte le questioni del mancato invio della comunicazione di irregolarità, della motivazione dell’atto in particolare con riferimento agli aggi, in sede di Cassazione vengono riproposte dalla ricorrente
le medesime questioni di merito già vagliate dal giudice, in termini inammissibili.
9.2. Quanto al profilo del contraddittorio procedimentale ai fini IVA, adombrato in poche battute nel settimo motivo, è vero che il diritto eurounitario da tempo conosce un generale obbligo di attivazione del contraddittorio nella fase del procedimento amministrativo, fondato sull’art. 41, §§ 1 e 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che consacra il diritto ad una buona amministrazione declinandolo, al paragrafo 2, nel «diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio». Tra le principali sentenze della Corte di Giustizia che hanno interpretato la previsione, si vedano le sentenze 24 febbraio 2022, C-582/20, RAGIONE_SOCIALE; 4 giugno 2020, C-430/19, RAGIONE_SOCIALE; 16 ottobre 2019, C-189/18, Glencore; 9 novembre 2017, C-298/16, Ispas; 3 luglio 2014, C129/13 e C-130/13, COGNOME e COGNOME. In sintesi, ai destinatari incisi dai provvedimenti dell’Amministrazione finanziaria rientranti nel perimetro d’applicazione del diritto dell’UE dev’essere assicurato di poter esporre utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi posti a fondamento dell’atto medesimo (cfr. Corte di giustizia 18 dicembre 2008, C-349/07, Soprop é , § 37 e giurisprudenza ivi citata). 9.2.1. Tali principi sono stati calati nel nostro ordinamento dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione con la sentenza 9 dicembre 2015 n. 24823, successivamente sempre confermata (cfr. Cass. Sez. 5, n. 701 del 15/01/2019; conforme, Cass. Sez. 5, n. 22644 del 11/09/2019), nel senso che vi è necessità di operare, per i tributi armonizzati, una “prova di resistenza” ai fini della valutazione del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale. Infatti, in tal caso
l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa.
9.2.2. Nel ricorso la contribuente non ha neppure allegato quale sarebbe la concreta menomazione subita per la mancata attivazione del contraddittorio, né l’ha sostanziata e ancor meno provata, con conseguente manifesta assenza di rilevanza della questione, prospettata in modo formalistico e senza aderenza ad una reale compressione nell’esercizio del diritto nella fase del procedimento amministrativo.
Simili considerazioni preclusive valgono con riferimento ai motivi dodicesimo e tredicesimo, con i quali viene prospettata, rispettivamente, in rapporto all’art. 360, comma 1, nn. 4 e 5, cod. proc. civ., il mancato esame e difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia e l’inesistenza dell’atto di iscrizione a ruolo, la violazione dell’ art. 12 del d.P.R. 602/73 (dodicesimo motivo), nonché, in relazione all’art. 360 comma 1, nn. 4 e 5, cod. proc. civ., il mancato esame e difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia e l’ inesistenza dell’atto di iscrizione a ruolo per difetto di titolarità ex art. 12 del d.P.R. 602/73 (tredicesima censura).
10.1. Anche tali censure sono inammissibili principalmente per difetto di specificità, in quanto sulla questione dell’ omessa legittima sottoscrizione della cartella la CTR nel capo da ultimo riportato ha espresso una chiara ratio decidendi di inammissibilità per aspecificità e genericità dell’appello , che non è censurata con i due motivi in disamina, i quali si limitano a riproporre in sede di legittimità sotto varie angolazioni la questione di merito. Al contrario, doveva essere
colpita la decisione del giudice d’appello, dimostrando che la questione era stata riproposta in appello in modo specifico e non generico per superare l’accertamento contrario del giudice.
11. Il nono motivo prospetta, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., l’omessa e falsa applicazione su un punto decisivo della controversia e l’omessa applicazione dell’art.7 d.lgs. 546/1992 avendo il giudice, sia in primo che in secondo grado, omesso di richiedere informazioni ex art. 210 cod. proc. civ. e, per l’effetto, di ordinare l’esibizione dei documenti indicati dalla società colmando le sue difficoltà istruttorie.
12. Il motivo è inammissibile. Il giudice ha preso posizione sulla questione dell’esercizio discrezionale dei poteri istruttori nel processo tributario motivando adeguatamente e in modo logico a supporto della scelta compiuta. In sentenza al riguardo alle pagg.3-4 si legge: «Per quel che concerne, infine, l’approfondimento, anche attraverso i poteri istruttori, non si vede quali possano nel concreto essere i mezzi, validi per soddisfare alle esigenze di cui è menzione nel ricorso e nell’atto d’impugnazione, a disposizione di questa Commissione posto che gli eventuali quesiti di un accertamento tecnico pure prospettati dall’appellante non paiono percorribili». Non vi sono spazi per revocare in dubbio in sede di legittimità una valutazione istruttoria demandata al giudice del merito, sulla quale abbia logicamente motivato.
13. Con il decimo motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., viene prospettata l’omessa e falsa applicazione dell’art. 6 della legge n.241/90 su di un punto decisivo della controversia. Con la censura, viene riproposta la questione secondo cui la contribuente, identificata con un primo codice fiscale, non ha presentato dal 2010 nessuna dichiarazione fiscale mentre, a partire dal
2010, le dichiarazioni sarebbero state presentate in continuità dal medesimo soggetto, che avrebbe però indicato un nuovo codice fiscale lasciando inalterata la denominazione e sede, riportando il credito IVA precedente.
14. La censura è inammissibile perché aspecifica, in quanto non censura affatto la ratio decidendi espressa dal giudice a riguardo, che è la seguente: «circa l’identificazione dell’eventuale medesimezza tra la società RAGIONE_SOCIALE di Malta e quella di stanza in Catania (capo b) dell’appello), un elemento è indiscutibilmente certo, e cioè che il mutamento del codice fiscale e la mancala dimostrazione della sequela di atti e documenti che diano contezza del sorgere e dello sviluppo in capo allo stesso soggetto, avente diritto, del presunto credito IVA, induce a riconoscere la legittimità del recupero operato dall’Agenzia per il tramite dello strumento della cartella esattoriale opposta» (p.4 sentenza). Attraverso il motivo viene semplicemente riproposta la questione di merito e il mezzo di impugnazione non colpisce la ratio decidendi espressa dal giudice.
15. L’undicesimo motivo, ai fini dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., deduce l’ omessa e falsa applicazione dell’art.10 l. n.212/2000, che impone che rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria siano improntati al principio della collaborazione e della buona fede, non avendo l’Amministrazione finanziaria chiesto maggiori ragguagli e verificato se esisteva un altro soggetto con la medesima denominazione sociale della contribuente.
16. Il motivo è inammissibile, perché l’art.10 l. n.212/2000 risulta invocato per la prima volta in Cassazione: la sentenza impugnata non ne parla e il ricorso non dà evidenza di aver censurato la violazione dell’art.10 dello Statuto dei contribuenti con il ricorso introduttivo, e di aver riproposto la questione in appello.
16. Con il quattordicesimo motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., viene prospettato il mancato esame ed erronea applicazione su un punto decisivo della controversia inesistenza dell’obbligo di versamento in merito al tributo e agli interessi, nonché la violazione dell’ art 54 bis lettera b del d.P.R. 633/72. La società lamenta il fatto che l’Ufficio abbia ritenuto di applicare l’art 2 del d.lgs 462/97 che rinvia all’art. 54 bis del d.P.R. 633/72 e, in particolare, alla sua lettera b), che prevede l’obbligo di correzione dell’errore e non la sua convalida. Secondo la ricorrente l’Ufficio avrebbe dovuto provvedere alla rettifica dell’errore, e in tal caso la dichiarazione non sarebbe stata a debito, ma a saldo zero. La questione sarebbe stata posta in entrambi i gradi di giudizio e mai decisa dai giudici del merito.
16.1. Con il quindicesimo motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., in conseguenza del precedente viene prospettato il mancato esame e l’ «erronea applicazione su un punto decisivo della controversia inesistenza dell’obbligo di versamento in merito al tributo, art. 13 del d.lgs. 471/97: sanzione per omesso versamento». Secondo la ricorrente l’erronea esposizione in dichiarazione delle imposte e del volume d’affari non determinerebbe alcun obbligo di versamento di tributo, ma consentirebbe la rettifica di dati della dichiarazione, con le conseguenti ricadute sanzionatorie.
17. I motivi, interdipendenti, sono inammissibili.
17.1. La questione della omessa rettifica dell’errore ex art.54 bis del citato decreto e della sua eventuale ricaduta sanzionatoria non risulta dalla sentenza impugnata, né introdotta in primo grado né posta a base dell’appello. La società lo afferma, ma non ne dà alcuna evidenza riproducendo i pertinenti passaggi degli atti di parte, come avrebbe potuto agevolmente fare.
17.2. Oltre a ciò, le censure sono anche contraddittorie nella tecnica di formulazione, perché non prospettano in realtà un omesso esame, ma un’omessa pronuncia su parte della domanda -di cui non si dà prova della tempestiva introduzione in primo grado e riproposizione in appello -che andava proposta sotto altro paradigma processuale, l’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., e connessi requisiti di specificità.
17.3. Infine, nella quattordicesima doglianza viene prospettata anche una violazione del principio di non contestazione che è profilo inammissibile anche perché non adeguatamente prospettato, non avendo la ricorrente indicato ove avrebbe dedotto ‘il fatto’ non contestato e avendo mancato di trascrivere le parti degli atti di controparte da cui desumere la mancata contestazione in questione.
18. Il ricorso è conclusivamente rigettato. Le spese di lite sono regolate come da dispositivo e seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in euro 5.900,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito.
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del l’ 8.11.2024