Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13894 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13894 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23772/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’avvocato
COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. SICILIA n. 3719/2020 depositata il 08/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME impugnava il provvedimento di iscrizione ipotecaria notificatogli dalla società RAGIONE_SOCIALE ex art. 77 d.P.R. n. 602/1973 nonché della prodromica cartella esattoriale recante un credito tributario pari ad euro 16.896,35 a titolo di Ici per le annualità di imposta 2000-2004, eccependo la nullità delle operazioni di notifica.
I giudici di prossimità di Catania accoglievano il ricorso in quanto la cartella di pagamento risultava notificata a mani della cognata, non convivente con il contribuente, presso un’abitazione diversa da quella ove risiedeva il Caruso (posta al primo piano del medesimo immobile), senza l’invio della successiva raccomandata informativa ai sensi dell’art. 139, comma 4, c.p.c..
Sull’appello della società di riscossione, la Commissione tributaria regionale della Sicilia, nel confermare la decisione di prime cure, respingeva l’impugnazione proposta dalla Riscossione.
Avverso la sentenza n. 3719/2020, ricorre, svolgendo tre motivi, la società RAGIONE_SOCIALE
Replica con controricorso il contribuente.
MOTIVI DI DIRITTO
La prima censura deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 132, primo comma, n. 4, c.p.c., 36, comma 2, nn. 2 e 4, disp att. c.p.c., e dell’art. 111 cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.. Si deduce che la sentenza impugnata presenta una motivazione meramente apparente, in quanto i giudici regionali si sono limitati a rinviare per relationem alla decisione di primo grado, senza vagliare le censure mosse dall’appellante, omettendo di far riferimento ai motivi di gravame specificamente formulati.
Il secondo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., denuncia violazione e falsa applicazione
dell’art. 139 c.p.c; per avere il giudice di merito ritenuta nulla la notificazione effettuata a mani della cognata del destinatario, in mancanza della raccomandata informativa, necessaria solo se la notificazione viene effettuata presso il portiere dello stabile, non richiedendo il disposto dell’art. 139 c.p.c. l’ulteriore requisito della convivenza del familiare con il destinatario dell’atto.
Il terzo mezzo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 58 e 60, comma 1, lett. c) d.P.R. n. 602/1973 nonché dell’art. 139, commi 1 e 2, c.p.c. e degli artt. 2698 e 2729 c.c.; Si afferma che la normativa rubricata stabilisce che nel caso di consegna dell’atto a persona di famiglia resta a carico del destinatario, che assume di non aver ricevuto l’atto, l’onere di provare il carattere del tutto occasionale della presenza del consegnatario nella propria abitazione. Si soggiunge che la mancata indicazione nella relata di notifica del luogo di consegna non determina la nullità della notificazione, dovendosi presumere, in assenza di annotazioni contenute nella relata, che la notificazione sia stata eseguita in uno dei luoghi prescritti -casa di abitazione ufficio -sicchè l’omessa annotazione si risolve in una mera irregolarità che non inficia la validità dell’operazione di notifica (Cass. n. 5079/2010).
La prima censura è infondata.
In tema di motivazione meramente apparente della sentenza, questa Corte ha più volte affermato che il vizio ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (Cost., art. 111, sesto comma), e cioè dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il
proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata ; l’obbligo del giudice «di specificare le ragioni del suo convincimento», quale «elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale» è affermazione che ha origine lontane nella giurisprudenza di questa Corte e precisamente alla sentenza delle Sezioni Unite n. 1093 del 1947, in cui la Corte precisò che «l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità» e che «le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti» (in termini, Cass. n. 2876 del 2017; v. anche Cass., Sez. U., n. 16599 e n. 22232 del 2016 e n. 7667 del 2017 nonché la giurisprudenza ivi richiamata).
Alla stregua di tali principi consegue che la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e che presentano una «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile» (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che contengono motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire «di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato» (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un «ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo», logico e consequenziale, «a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi» (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. Un.,
n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata). Deve quindi ribadirsi il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo – quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U, n. 22232 del 2016; conf. Cass. n. 14927 del 2017).
In tale grave forma di vizio non incorre la sentenza impugnata laddove i giudici di appello, confermando l’invalidità della notificazione, pur consegnata a mani della cognata del destinatario, hanno motivato affermando che l’abitazione della cognata si trovava ad un piano diverso dell’immobile in cui aveva la residenza il contribuente.
6.Il secondo e il terzo mezzo di ricorso vanno congiuntamente esaminati, involgendo le medesime questioni di diritto. Essi sono fondati.
Sul punto, è stato affermato dalla giurisprudenza di questa Corte ( Cass. n. 11228 del 28/04/202) che “In tema di notificazioni, la consegna dell’atto da notificare “a persona di famiglia”, secondo il disposto dell’art. 139 cod. proc. dv., non postula necessariamente né il solo rapporto di parentela – cui è da ritenersi equiparato quello di affinità – né l’ulteriore requisito della convivenza del familiare con il destinatario dell’atto, non espressamente menzionato dalla norma, risultando, all’uopo, sufficiente l’esistenza di un vincolo di parentela o di affinità che giustifichi la presunzione che la “persona di famiglia” consegnerà l’atto al destinatario stesso; resta, in ogni caso, a carico di colui che assume di non aver ricevuto l’atto l’onere di provare il carattere del tutto occasionale della presenza del
consegnatario in casa propria, senza che a tal fine rilevino le sole certificazioni anagrafiche del familiare medesimo” (così, Cass. n. 21362 del 15/10/2010; v. anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 18085 del 25/07/2013). E’ stato altresì precisato nell’arresto da ultimo menzionato che “La notifica, quando effettuata a mezzo del servizio postale, va considerata rituale, ai sensi dell’art. 7, comma secondo della legge 20 novembre 1982, n. 890, ove l’agente postale abbia consegnato il plico a persona di famiglia (nella specie, al coniuge separato), qualora risulti la presenza consuetudinaria e non occasionale della stessa presso l’abitazione del destinatario, accertata dal giudice di merito” (v. anche: n. 24852 del 2006; n. 22607 del 2009).
In realtà, la giurisprudenza ha ritenuto sussistente il vincolo presuntivo di cui al secondo comma dell’art. 139 cod. proc. civ., ritenendo che la notificazione mediante consegna a persona di famiglia richiede che l’atto da notificare sia consegnato a persona che, pur non avendo uno stabile rapporto di convivenza con il notificando, sia a lui legato da vincolo di parentela, che giustifichi la presunzione di sollecita consegna; presunzione superabile da parte del notificando, che assuma di non avere ricevuto l’atto, con la dimostrazione della presenza occasionale e temporanea del familiare consegnatario (così le pronunce n.n. 187/2000, 5671/1997, 7371997). Ma se tale è la formula adottata, è anche palese che il testo non impone alcuna indicazione, nella formula notificatoria, della convivenza, posto che, come più volte da questa Corte precisato, viene instaurata la presunzione della convivenza temporanea del familiare nella abitazione del destinatario per il solo fatto che detto familiare si sia trovato nella casa ed abbia preso in consegna l’atto (cfr.: Cass. 1843/98 – 7544/97 – 615/95 – 6100/94 – 2348/94), presunzione certamente superabile da prova contraria fornita dall’interessato (e ad oggetto la carenza di alcuna pur temporanea convivenza) e sulla quale il legislatore ha fondato
l’ulteriore presunzione normativa, quella di consegna immediata dell’atto al suo destinatario da parte del ridetto familiare.
Ciò posto, risulta evidente come la parte oggi ricorrente sia venuta meno all’onere di dimostrare il carattere solo occasionale della presenza del consegnatario (cognata) in casa propria, non rilevando a tal fine le sole certificazioni anagrafiche del familiare medesimo che attestino una diversa residenza del familiare non convivente del destinatario della notificazione.
A ciò va aggiunto che – in senso contrario a quanto affermato (e non provato) dal ricorrente, e cioè nel senso della dimostrazione della non “occasionalità” delle presenza della cognata nella residenza del Caruso – depone l’ulteriore circostanza fattuale, neanche controversa tra le parti, secondo cui, nella relata di notificazione dell’ufficiale giudiziario l’atto risulta consegnato alla residenza del contribuente (INDIRIZZO int.INDIRIZZO) in assenza del contribuente.
Va aggiunto che non emerge dalla sentenza impugnata quali siano state esattamente le modalità di notificazione della cartella esattoriale, in quanto si rivela indispensabile l’invio della raccomandata – ma non anche la prova della sua ricezione- se la notificazione sia avvenuta ai sensi dell’art. 60, comma 1, lett. a, del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (in tema di imposte dirette, ma richiamato dalle norme attinenti alla notificazione degli atti impositivi relative agli altri tributi) a mezzo di messi comunali o di messi autorizzati dall’ufficio finanziario secondo le norme stabilite dagli artt. 137 ss. cod. proc. civ., ovvero, in mancanza di espressa esclusione, con le modalità di cui all’art. 149 cod. proc. civ. per la notificazione a mezzo del servizio postale.
Trovano applicazione, in questo caso, le norme specifiche dettate dagli artt. 7 e 8 della Legge 20 novembre 1982 n. 890, con piena equiparazione del messo comunale o del messo autorizzato dall’ufficio finanziario all’ufficiale giudiziario (per tale equivalenza,
tra le tante: Cass. 13 luglio 2016, n. 14273; Cass. 26 settembre 2018, n. 22854; Cass. 16 marzo 2018, nn. 6497 e 6498; Cass. 11 marzo 2020, n. 6855; Cass. 17 giugno 2021, n. 17368). La notificazione a cura dei messi comunali o dei messi speciali autorizzati dall’ufficio ex art. 60, comma 1, lett. a, del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 deve essere eseguita nel rispetto delle norme stabilite dagli artt. 137 ss. cod. proc. civ., ma secondo le modifiche indicate nel medesimo articolo 60 che, per quanto ci occupa, dispone, alla lett. b -bis, aggiunta dall’art. 37, comma 27, lett. a, del d.l. 4 luglio 2006 n. 223, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 agosto 2006 n. 248 quanto segue: «Se il consegnatario non è il destinatario dell’atto o dell’avviso, il messo consegna o deposita la copia dell’atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all’originale e alla copia dell’atto stesso. Sulla busta non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto. Il consegnatario deve sottoscrivere una ricevuta e il messo dà notizia dell’avvenuta notificazione dell’atto o dell’avviso, a mezzo di lettera raccomandata ». L’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, pur rinviando alla disciplina del codice di procedura civile, richiede, dunque, a differenza di quanto disposto dall’art. 139, comma 2, c.p.c., anche ove l’atto sia consegnato nelle mani di persona di famiglia, l’invio della raccomandata informativa quale adempimento essenziale della notifica che sia eseguita dai messi comunali o dai messi speciali autorizzati dall’ufficio delle imposte (cfr. Cass. n. 2868 del 03/02/2017).
Tuttavia, come già affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 2377 del 27/1/2022), l’art. 60, comma 1, lett. b-bis, del del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 prevede esclusivamente la spedizione di una «lettera raccomandata», non, quindi, di una lettera raccomandata con avviso di ricevimento (cfr. Cass. 6 settembre
2017, n. 20863; Cass. 3 aprile 2019, n. 9239; Cass. 15 dicembre 2019, n. 29768), che viene a costituire un adempimento superfluo ed ultroneo ai fini del perfezionamento del procedimento notificatorio. Invero, nel disciplinare la notifica al destinatario dell’avviso di avvenuta notificazione dell’atto a persona diversa, il legislatore ha fatto riferimento letterale alla sola raccomandata, senza ulteriori specificazioni, e ciò sia per la notifica mediante ufficiale giudiziario (art. 139, comma 4, cod. proc. civ.) che per la notifica a mezzo posta (art. 7, commi 3 e 6, della Legge 20 novembre 1982 n. 890, nel testo novellato dall’art. 36, comma 2quater, del d.l. 31 dicembre 2007 n. 248, convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 febbraio 2008, n. 31).
Questa Corte ha ritenuto, quindi, che nel caso di consegna dell’atto a portiere o vicini (art. 139, comma 4, cod. proc. civ.) e di consegna dell’atto, con previsione più ampia, a persona diversa del destinatario (art. 7, commi 3 e 6, della Legge 20 novembre 1982 n. 890), la notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione debba essere fornita con la sola raccomandata (cfr. Cass. 22 maggio 2015, n. 10554; Cass. 16 giugno 2016, n. 12438; Cass. 10 ottobre 2017, n. 23765; Cass 7 giugno 2018, n. 14722; Cass. 12 luglio 2018, n. 18504; Cass. 30 gennaio 2019, n. 2747; Cass. 20 luglio 2021, n. 20736).
Con specifico riguardo alla notifica di atto impositivo (o processuale) tramite servizio postale secondo le previsioni della legge 20 novembre 1982 n. 890, le Sezioni Unite di questa Corte hanno poi affermato la necessità di distinguere tra l’ipotesi regolata dagli artt. 8 della legge 20 novembre 1982 n. 890 e 140 cod. proc. civ., connotata dal fatto che l’atto notificando non sia stato consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per sua temporanea assenza ovvero per assenza o inidoneità di altre persone a riceverlo, e sia soltanto depositato presso l’ufficio postale (ovvero, nella notifica codicistica, presso la casa comunale), e
quella eseguita ai sensi degli artt. 139, comma 4, cod. proc. civ., e 7, comma 6, della Legge 20 novembre 1982 n. 890, in cui la consegna dell’atto notificando sia avvenuta a persona diversa, stabilendo che la prova del perfezionamento del procedimento di notifica debba essere fornita dal notificante attraverso la produzione giudiziale dell’avviso di ricevimento della raccomandata che comunica l’avvenuto deposito dell’atto notificando presso l’ufficio postale (C.A.D.), soltanto nel primo caso, stante l’insufficienza dell’avvenuta spedizione della raccomandata medesima (cfr. Cass., Sez. Un, 15 aprile 2021, n. 10012), e non anche nel secondo. La scelta di maggior rigore dettata dal legislatore in proposito, allorché impone l’affissione dell’avviso di deposito nel luogo della notifica (immissione in cassetta postale) e la spedizione di lettera raccomandata con l’avviso di ricevimento (C.A.D.), trova giustificazione, ad avviso della Corte, nella comparazione di tale procedura di notifica con quella prevista, tra le modalità di notifica curate dall’ufficiale giudiziario, dall’art. 140 cod. proc. civ. e basata sull’identico presupposto fattuale della c.d. «irreperibilità relativa» del destinatario (e fattispecie assimilate), mentre la procedura semplificata stabilita per i casi di consegna a soggetto diverso dal destinatario dell’atto, consistente nell’invio al destinatario di una raccomandata «semplice» che gli dia notizia dell’avvenuta notificazione dell’atto notificando (C.A.N.), è dovuta alla ragionevole aspettativa che l’atto notificato venga effettivamente conosciuto dal destinatario, in quanto consegnato a persone (familiari, addetti alla casa, personale di servizio, portiere, dipendente, addetto alla ricezione) aventi con esso un rapporto riconosciuto dal legislatore come astrattamente idoneo a questo fine (cfr. Cass., Sez. Un, 15 aprile 2021, n. 10012 – nello stesso senso, tra le tante: Cass. 20 luglio 2021, n. 20736; Cass. 30 novembre 2021, nn. 37391 e 37392; Cass. 5 gennaio 2022, n. 201).
E’ opportuno evidenziare, peraltro, anche che è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7 della Legge 20 novembre 1982 n. 890, in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non richiede, per il perfezionamento della notifica a mezzo posta effettuata mediante consegna dell’atto a persona diversa dal destinatario, la «ricezione» della raccomandata c.d. informativa, come, invece, previsto nel caso di notifica a persone irreperibili ex artt. 140 cod. proc. civ. e 8, comma 2, della Legge 20 novembre 1982 n. 890, atteso che la mancata estensione alla notifica, eseguita ai sensi del citato art. 7, degli 14 interventi additivi richiesti dalla Corte Costituzionale (cfr. Corte Cost., 14 gennaio 2010, n. 3), al fine di equiparare i procedimenti notificatori di cui agli artt. 140 cod. proc. civ. e 8, comma 2, della Legge 20 novembre 1982 n. 890, trova ragione nella evidente diversità fenomenica contemplata dalle norme in comparazione – nell’un caso essendo stata eseguita la consegna dell’atto a persona abilitata e riceverlo, nell’altro difettando del tutto la materiale consegna dell’atto notificando – cui consegue la diversità degli adempimenti necessari al perfezionamento delle rispettive fattispecie di notifica, nella prima ipotesi costituiti dalla sola «spedizione» della raccomandata, nell’altra occorrendo un quid pluris inteso a compensare il maggior deficit di conoscibilità, costituito dalla effettiva ricezione della raccomandata, ovvero, in assenza di ricezione, dal decorso di dieci giorni dalla data di spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento (cfr. Cass. 7 giugno 2018, n. 14722; Cass. 20 luglio 2021, n. 20736; Cass. n. 2377 del 27/01/2022; n. 13507/2024; Cass. n. 53/2024)
Ciò comporta che, essendo stata eseguita, nella specie, la consegna del plico a mani di persone di famiglia, il notificante aveva l’obbligo di inviare una raccomandata «semplice», senza dover fornire la prova della sua ricezione.
Neppure tale onere è necessario nell’ipotesi in cui la cartella di esattoriale sia notificata ai sensi dell’art. 26 del d.P.R. 1973/602, direttamente da parte del Concessionario mediante raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso è sufficiente, per il relativo perfezionamento, che la spedizione postale sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario, senza alcun altro adempimento da parte dell’Ufficiale postale se non quello di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la sua firma sul registro di consegna della corrispondenza oltre che sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente (Cfr. Cass. Civ. n. 14327/09; Cass. Civ. n. 2288/2011; Cass. Civ. n.11708/11; Cass. a n° 15746/12). Nel caso in cui l’ufficio finanziario o il concessionario proceda alla notificazione ‘ a mezzo posta ed in modo diretto’ degli avvisi e degli atti che per legge vanno notificati al contribuente, alla spedizione dell’atto si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle previste dalla legge n. 890 del 1982, con la conseguenza che, in caso di notifica al portiere o persona convivente essa si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento da quest’ultimo sottoscritto, senza che si renda necessario l’invio di raccomandata (Cass.; n. 17598/2010; n.911/2012;; n.19771/2013; 22151 del 2013; n. 16949/2014 ; n. 14146/2014; 12083 del 2016; 19795 del 2017; n. 8293/2018).
Segue l’accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso, respinto il primo; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, che dovrà verificare con quali modalità è stata effettuata la notificazione della prodromica cartella esattoriale, verificando la necessità o meno del solo invio della raccomandata senza avviso di ricevimento.
P.Q.M.
accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, respinto il primo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.
Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione