Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22625 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22625 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 05/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 2682/2019, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME rappresentato e difeso, per procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio eletto presso il suo indirizzo di posta elettronica certificata;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 1023/2018 della Commissione tributaria regionale del Piemonte, depositata l’8 giugno 2018. udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4 luglio 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
La Commissione tributaria provinciale di Torino respinse il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso d’accertamento con il quale l’Amministrazione ne aveva ripreso a tassazione, a fini Iva e ii.dd. per l’anno di imposta 2011, il maggior r eddito accertato.
La pretesa erariale, per la parte oggetto di impugnazione, scaturiva dal rilievo dell’emissione, da parte della società contribuente, di un rilevante numero di note di credito a contestuale storno dal conto ricavi, con conseguente variazione in diminuzione ex art. 26 del d.P.R. n. 633/1972; la società sosteneva che le note erano state emesse a fronte di contestati vizi e difetti per opere eseguite e fatturate, ovvero di lavori ineseguiti ma oggetto di fatturazione, ovvero ancora in ragione di errori contabili.
I giudici adìti ritennero che, per la genericità delle annotazioni e la non univocità degli argomenti difensivi della contribuente, le note di credito non fossero giustificate ai fini della variazione in diminuzione.
Il successivo appello della società fu rigettato.
Con la sentenza in epigrafe indicata, la C.T.R. del Piemonte rilevò, in particolare, che ostava all’operatività del meccanismo di variazione in diminuzione l’insussistenza di chiari elementi di collegamento fra le fatture rettificate e le note di credito.
La sentenza d’appello è stata impugnata dalla contribuente con ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
L’Amministrazione erariale ha depositato controricorso.
Considerato che:
L’unico mezzo di impugnazione denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 26 del d.P.R. n. 633/1972.
La sentenza d’appello è sottoposta a critica nella parte in cui ha ritenuto ostativo alla detrazione degli importi di cui alle note di credito il fatto che dette ultime riportassero una dicitura generica e non facessero espressa menzione delle fatture alle quali si riferivano.
La ricorrente sostiene, in particolare, che la variazione dell’imponibile non richiede specifiche modalità di esecuzione, quanto, piuttosto, che di essa e della relativa causa sia effettui la registrazione, in modo da rappresentare la corrispondenza fra le note e le fatture ad esse collegate.
Del resto, il presupposto per l’operatività della diminuzione risiede nel fatto che l’operazione alla quale essa si riferisce sia vera e reale, e non inesistente; ciò che, nella specie, era stato escluso anche dal giudice penale -investito dello scrutinio della condotta per i profili di possibile rilievo di reato -il quale aveva disposto l’archiviazione del procedimento.
Di tanto, ad avviso della ricorrente, non aveva tenuto conto la C.T.R. nell’escludere che le note di credito oggetto di verifica fossero idonee allo scopo.
Il motivo non è fondato.
2.1. L’art. 26 de l d.P.R. n. 633 del 1972, consente al cedente di portare in detrazione l’Iva in ogni caso in cui un’operazione per la quale sia stata emessa fattura viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile.
Questa Corte ha più volte precisato che l’a pplicazione di tale disposizione presuppone, anzitutto, la realizzazione di un’operazione imponibile, per la quale sia stata emessa fattura, che sia vera e reale e il sopravvenire di una causa di scioglimento del contratto, senza che occorra lo specifico accertamento negoziale o giudiziale della
risoluzione intervenuta; è necessario, inoltre, che sussista un titolo idoneo a realizzare gli effetti solutori del precedente contratto, nel rispetto delle eventuali forme prescritte, che le parti del negozio risolto e di quello risolutorio coincidano, che siano regolarmente adempiuti gli obblighi di registrazione previsti dallo stesso d.P.R. agli artt. 23, 24 e 25, e che la vicenda risolutiva, ove trovi titolo in un negozio di mutuo dissenso, si verifichi entro il termine di un anno (Cass. n. 22940/2018; Cass. n. 5979/2014; Cass. n. 13250/2015; Cass. n. 24231/2011).
2.2. È ben vero, dunque, che, come afferma la ricorrente, ai richiamati fini rileva essenzialmente che si effettui la dovuta registrazione della variazione e della sua causa, onde impedire forme di elusione degli obblighi del contribuente; ma è altrettanto vero che, per le medesime ragioni, lo stesso contribuente è anzitutto tenuto a fornire la prova della corrispondenza tra le due operazioni (originaria e sopravvenuta), mediante la specifica indicazione di quei dati che risultino idonei a collegarle, sì da dimostrare l’identità tra l’oggetto della fattura e della registrazione originarie e l’oggetto della registrazione della variazione.
Una tale dimostrazione, ove non emerga inequivocabilmente dalle fatture o dalla loro registrazione, deve essere fornita attraverso altri mezzi di prova nel rispetto delle regole generali ed in particolare dell’art. 2704 cod. civ. (v., fra le altre, Cass. n. 1303/2019; Cass. n. 20035/2018; Cass. n. 8535 del 2014).
2.3. Nel caso in esame, i giudici d’appello si sono conformati a tali principi, in quanto nell’affermare -con valutazione di fatto non sindacabile in sede di legittimità -che la società contribuente non aveva fornito una documentata giustificazione della emissione delle note di accredito in questione, hanno escluso la sussistenza di un presupposto fondamentale per l’operatività del meccanismo di variazione.
Né, in tal senso, assume rilievo l’intervenuta archiviazione del procedimento penale radicatosi in parallelo, operando il principio del cd. doppio binario fra i due distinti accertamenti, del quale ha correttamente dato conto la sentenza impugnata.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in € 7.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema