Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18582 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18582 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4696/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in Roma, in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliato in Padova, in INDIRIZZO , presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto n. 978/2022 depositata il 19/08/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.Il RAGIONE_SOCIALE, avente per oggetto attività di promozione turistica in favore RAGIONE_SOCIALE ditte consorziate, propose appello avverso la sentenza n. 4/2/2020, emessa dalla Commissione tributaria Provinciale di RAGIONE_SOCIALE, che ne aveva respinto il ricorso avverso l’atto di diniego del rimborso IVA, emesso dall’RAGIONE_SOCIALE , motivando l’indebita detrazione IVA esposta per violazione dell’art. 26 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’anno di imposta 2017.
2.Secondo il giudice di prime cure l’emissione RAGIONE_SOCIALE note di accredito non rientrava in alcuna RAGIONE_SOCIALE fattispecie disciplinate dall’art. 26 innanzi citato.
Nell’atto di appello il RAGIONE_SOCIALE espose che le note di accredito erano state emesse alle ditte consorziate a seguito dell’incasso del contributo per l’attività di promozione turistica. Nel dettaglio la procedura prevedeva che, previo ottenimento del contributo da parte dell’ente pubblic o e conseguentemente quantificato il contributo di competenza di ciascun consorziato, il RAGIONE_SOCIALE erogasse il contributo detraendo le spese già sostenute e fatturate dal singolo consorziato. Poiché tali spese erano peraltro superiori all’importo del contributo erogato, emetteva una nota di accredito.
Con le note di accredito veniva riconosciuta l’Iva pagata per le attività promozionali dei singoli consorziati.
3.Il giudice di seconde cure, nell’accogliere il ricorso della società contribuente, affermò che alla luce dell’iter procedurale come riportato nell’appello, ‘la nota di accredito non poteva che essere emessa solo a seguito del riconoscimento ed erogazione del contributo pubblico’ e dunque in un momento differente rispetto alla emissione RAGIONE_SOCIALE fatture da parte del singolo consorziato.
Alla luce del contenuto dell’art. 26, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972 si ritenne legittima e tempestiva la nota di accredito perché ‘emessa a seguito di un fatto certo costituito
dall’erogazione del contributo da parte dell’ente pubblico. In sostanza, la fatturazione da parte del RAGIONE_SOCIALE poteva avvenire solo a seguito dell’incasso del contributo pubblico, ovvero dal fatto generatore’. Si affermò che il mancato riconoscimento del rimborso da parte dell’RAGIONE_SOCIALE determinasse di fatto un doppio versamento dell’IVA.
L’RAGIONE_SOCIALE impugna la sentenza con due motivi, resiste con controricorso il RAGIONE_SOCIALE.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 26, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
2.Con il secondo motivo si denuncia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 61 e 36, comma 1, n. 4 del d.lgs. n. 546 del 1992, e artt. 132, n. 4 e 118 disp. att. c.c. in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c. essendo la motivazione apparente.
I motivi possono essere trattati unitamente, in quanto relativi sotto diversi profili alla medesima questione, e sono fondati.
L’art. 26, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 633 del 1972 , per quanto qui di interesse, prevede che se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25.
La disposizione di cui al comma 2 non può essere applicata dopo il decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile, qualora gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza
di sopravvenuto accordo fra le parti e può essere applicata, entro lo stesso termine, anche in caso di rettifica di inesattezze della fatturazione che abbiano dato luogo all’applicazione dell’articolo 21, comma 7.
Com’è noto in tema di IVA, il ricorso alla procedura di variazione prevista dall’art. 26, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti, con la connessa riduzione dell’ammontare imponibile, richiede una duplice condizione: a) che venga praticato al cessionario o committente, dal cedente o dal prestatore, uno sconto sul prezzo della vendita effettuato; b) che la riduzione del corrispettivo al cliente sia il frutto di un accordo, documentale o verbale, coevo o successivo alla cessione, del quale in ogni caso va fornita prova da parte dei soggetti interessati, mediante la trasfusione del patto stesso in note di accredito, emesse da una parte a favore dell’altra, con l’allegazione della causale che, volta per volta, abbia giustificato gli sconti medesimi (Cass. n. 9996/2022).
Il comma 3, diversamente, consente l’emissione della nota di variazione entro un anno dall’emissione della fattura e non oltre. Come correttamente evidenziato dall’RAGIONE_SOCIALE ricorrente il meccanismo previsto dall’art. 26 consente al cedente o prestatore di ‘annullare’ attraverso l’emissione di un documento di segno opposto all’originaria fattura, come la nota di credito, un’operazione fatturata e registrata che sia successivamente venuta meno (in tutto o in parte) o di cui si sia ridotto l’ammontare imponibile. Con questo meccanismo il cedente o prestatore restituisce l’importo dell’IVA al cessionario recuperandola all’Erario mediante corrispondente riduzione dell’IVA a debito. Il cessionario o committente soggetto IVA, a sua volta, ha l’obbligo di computare il medesimo importo tra IVA a debito al fine di controbilanciare la detrazione a suo tempo effettuata per la fattura oggetto di rettifica, riversando così all’erario tale ammontare.
Nell’ipotesi di variazione dell’imponibile, il contribuente è quindi tenuto a fornire la prova della corrispondenza tra l’operazione originaria e quella sopravvenuta, dimostrando l’identità di oggetto tra le fatture, ferma la possibilità, qualora la corrispondenza tra detti documenti contabili non emerga inequivocabilmente, di ricorrere ad altri mezzi di prova, nel rispetto dei principi generali in materia (Cass. n. 22940 del 1018).
La sentenza impugnata non ha in alcun modo verificato la sussistenza di tutti i presupposti previsti dalla disposizione di cui innanzi, né la reale corrispondenza tra l’operazione originaria e quella sopravvenuta, in relazione all’identità dell’oggetto tra le fatture, così come anche evidenziato dalla stessa agenzia appellante nelle controdeduzioni, ed anzi, con motivazione apodittica ha ritenuto che il versamento del contributo fosse causa generatrice della variazione senza verificare quando e come esso fosse stato erogato. In conclusione, il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, cassa ta la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Giustizia tributaria del Veneto, in diversa composizione, anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio .
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia tributaria del Veneto, in diversa composizione, anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, 25 marzo 2024