Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1857 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1857 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8636/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
-controricorrente al ricorso incidentale-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
-ricorrente incidentale-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. BARI n. 2612/2021 depositata il 23/09/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024
dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La soc. RAGIONE_SOCIALE ricorre avverso la sentenza della C.T.R. della Puglia, che riformando la sentenza della C.T.P. di Bari -con cui era stato dichiarato inammissibile il ricorso della società per l’impugnazione del rigetto dell’interpello in ordine alla disapplicazione di norme antielusive, in quanto provvedimento non autonomamente impugnabile- pur ritenendo ammissibile il ricorso, ha escluso la natura antielusiva dell’art. 1, comma 274 l.296/2006 e l’applicabilità del disposto dell’art. 37 bis, comma 8 d.P.R..
Il ricorso dà atto che la RAGIONE_SOCIALE, nel 2008, aveva richiesto all’Amministrazione finanziaria il riconoscimento del credito di imposta di cui all’art. 1, comma 274 l. 296/2006, in relazione alla realizzazione di un ‘nuovo investimento’ consistente nell’acquisto di tredici nuovi macchinari industriali, nel corso del periodo di imposta 2011, ottenendo il nulla osta dell’Agenzia delle Entrate. Avendo, nondimeno, la società deciso di procedere all’acquisto frazionato di suddetti macchinari, nel corso degli esercizi 2010-2013, si era determinata, per effetto del meccanismo di cui all’art. 1, comma 274 cit., una decurtazione della misura di credito di imposta spettante da euro 2.376.245,70 ad euro 1.747.018,08, con una differenza di euro 629.227,62. Al fine di evitare siffatta decurtazione, la società contribuente aveva presentato all’Agenzia delle Entrate
istanza di disapplicazione dell’art. 1, comma 274 l 296/2006, i sensi dell’art. 37 bis comma 8 d.P.R. 600/1973, ritenuta inammissibile dall’Ufficio per non essere la disposizione richiamata norma antielusiva.
Resiste l’Agenzia delle Entrate, formulando ricorso incidentale.
La ricorrente con memoria ex art. 380 bis c.p.c., chiede il rigetto del ricorso incidentale e ribadisce le ragioni di accoglimento del ricorso principale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La società contribuente formula un unico articolato motivo di impugnazione, con il quale fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 comma 274 della l. 296/2006, per avere la C.T.R. erroneamente escluso la natura antielusiva della disposizione. Rileva che la ratio della norma risiede nella volontà di limitare l’agevolazione alle sole ipotesi di ‘investimenti nuovi’, ovverosia non sostituitivi di beni già presenti nell’impresa, riconoscendo un credito di imposta pari al costo complessivo sostenuto per il loro acquisto. Osserva che, nondimeno, il comma 274, introduce anche una deroga alla regola generale, prevedendo che il credito di imposta sia diminuito della quota degli ammortamenti dedotti nel medesimo periodo di imposta per beni della stessa tipologia. Si tratta di una presunzione assoluta, secondo la quale un investimento non è nuovo per la quota parte degli ammortamenti dedotti nel medesimo periodo di imposta, relativi a beni nella stessa categoria produttiva, finalizzata proprio a limitare il credito d’imposta ai soli investimenti nuovi. L’intenzione è, dunque, quella di evitare il facile aggiramento del divieto di agevolare investimenti di mera sostituzione, che
può realizzarsi non solo per l’effetto della cessione di un bene già impiegato nella produzione, con sostituzione del medesimo mediante un nuovo acquisto di analogo bene (caso nel quale la non novità dell’investimento è palese), bensì anche tramite il mantenimento del cespite nell’azienda e il relativo ammortamento economico contabile a cui si accompagni l’acquisto di un nuovo bene. Lo scopo del comma 274 cit. è, infatti, quello di smascherare la finalità meramente sostitutiva dell’acquisizione di nuovi beni attraverso l’equiparazione, ai fini dell’identificazione del requisito di novità dell’investimento, tra la dismissione tout court e la deduzione di quote di ammortamento del medesimo cespite. Sostiene che la natura antielusiva della disposizione è confermata dal disposto del comma 277 del medesimo art. 1 l.296/2006 -sostenuto dalla medesima ratio di evitare abusi della disciplina incentivante- laddove si prevede che ‘sei i beni oggetto dell’agevolazione non entrano in funzione entro il secondo periodo di imposta successivo a quello della loro acquisizione o ultimazione, il credito d’imposta è rideterminato escludendo dagli investimenti agevolati il costo dei beni non entrati in funzione’. Ed invero, la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto la natura antielusiva della parallela disposizione di cui all’art. 8, comma 7, della l. 388/2000, originaria versione del credito c.d. ‘Visco Sud’. Sottolinea che la differenza fra una norma antielusiva disapplicabile ex art. 37 bis, comma 8 del d.P.R. 600/1973 e la generalità delle norme fiscali è costituito dall’avere la prima la finalità di contrastare un comportamento predeterminato dal legislatore, potenzialmente idoneo a dar luogo l’indebita fruizione di un vantaggio fiscale. Rileva che tutte le norme antielusive sostanziali disapplicabili hanno carattere di presunzione assoluta, così come il comma 274 cit., perché individuano senza possibilità di prova contraria i presupposti dell’imponibile e della relativa imposta. Ed è per questa ragione
che l’art. 37 bis cit. ne consente la disapplicazione, a mezzo dell’esercizio del potere amministrativo, quando il comportamento posto in essere nel caso concreto risulti privo dell’effetto fiscale elusivo che la norma intende evitare. Osserva che l’impostazione, adottata dalla C.T.R., che esclude la possibilità di disapplicazione della disciplina di cui al comma 274, si pone in contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost., collidendo con i principi di ragionevolezza, eguaglianza e capacità contributiva. Evidenzia, infine, che le circostanze dedotte dalla società contribuente al fine di dimostrare l’assenza di effetti elusivi della disposizione di cui all’art. 1, comma 274 della l. 296/2006 non sono state contestate dall’Agenzia delle Entrate, ciò consentendo la decisione nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c..
L’Agenzia delle Entrate formula un unico motivo di ricorso incidentale, con il quale deduce, ex art. 360, comma 1 n. 3) c.p.c., la violazione dell’art. 19 d.lgs. 546/1992, per avere la C.T.R. ritenuto impugnabile il provvedimento con il quale, decidendo sull’istanza di disapplicazione dell’art. 1, comma 274 della l. 296/2006, l’Ufficio ne ha dichiarato l’inammissibilità, equiparandola ad una ipotesi di diniego, ancorché affermando la natura non antielusiva della disposizione.
Il motivo formulato con il ricorso principale è infondato.
La questione posta dalla censura riguarda disapplicabilità, ai sensi dell’art. 37 bis, comma 8 del d.P.R. 600/1973, dell’art. 1, comma 274 l. 296 del 2006.
4.1 Conviene, dunque, partire dalla definizione di norma antielusiva. Le Sezioni unite di questa Corte hanno chiarito -con una sentenza risalente, il cui principio, nondimeno, non ha mai trovato smentitache’ In materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali
ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici: tale principio trova fondamento, in tema di tributi non armonizzati (nella specie, imposte sui redditi), nei principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione, e non contrasta con il principio della riserva di legge, non traducendosi nell’imposizione di obblighi patrimoniali non derivanti dalla legge, bensì nel disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l’applicazione di norme fiscali. Esso comporta l’inopponibilità del negozio all’Amministrazione finanziaria, per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall’operazione elusiva, anche diverso da quelli tipici eventualmente presi in considerazione da specifiche norme antielusive entrate in vigore in epoca successiva al compimento dell’operazione. (Sez. U, Sentenza n. 30055 del 23/12/2008; cfr. da ultimo: Sez. 5 – , Ordinanza n. 14674 del 27/05/2024; Sez. 5 – , Sentenza n. 15321 del 06/06/2019; ; Sez. 5 – , Ordinanza n. 30404 del 23/11/2018).
4.2 Nella lettura offerta dalla parte ricorrente l’art. 1, comma 274 l. 296 del 2006 avrebbe natura antielusiva, in quanto tesa ad evitare che il credito di imposta sia utilizzato anziché per acquistare beni strumentali ‘nuovi, per sostituire beni già impiegati nella produzione con beni analoghi.
4.3 Ora, non vi è dubbio che la disposizione in parola limiti la fruizione del credito di imposta ai nuovi investimenti, al fine di favorire la produttività delle imprese ricadenti in particolare aree geografiche, ritenute svantaggiate dal legislatore, a mezzo dell’incremento dei beni strumentali, escludendo operazioni di
mero rinnovo, che di per sé non comporterebbero l’effetto del potenziamento produttivo perseguito dalla norma, ma solo lo svecchiamento di investimenti già effettuati in precedenza. Ma la scelta legislativa è quella di favorire operazioni immediatamente propulsive di un incremento produttivo, non essendo prevista la possibilità di frazionamento dell’investimento nuovo in un quadro pluriennale.
Che questa sia effettivamente la ratio originaria della disposizione di cui al comma 274, è dimostrato -ed è proprio la ricorrente a sottolinearlo- dal confronto fra la disposizione di cui all’art. 1 comma 274 e quella di cui all’art. 1, comma 101 della legge n. 208 del 2015. Se infatti la previsione di cui all’art. 1 comma 274 cit. prevede che ‘Il credito d’imposta è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni indicati nel comma 273 eccedente gli ammortamenti dedotti nel periodo d’imposta, relativi alle medesime categorie dei beni d’investimento della stessa struttura produttiva, ad esclusione degli ammortamenti dei beni che formano oggetto dell’investimento agevolato effettuati nel periodo d’imposta della loro entrata in funzione’, l’art. 1, comma 101 della l. 208 del 2015, invece, stabilisce che ‘Il credito d’imposta è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni indicati nel comma 99, nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento’ senza riprendere il limite del medesimo periodo di imposta, sostanzialmente ammettendo il credito imposta anche per progetti pluriennali di investimento, posto che non sono più esclusi dall’agevolazione gli acquisti di beni strumentali ‘nuovi’ entrati in funzione in precedenti periodi di imposta.
Ciò, nondimeno, smentisce la tesi della contribuente, secondo la quale l’art. 1 comma 274 ci.t, essendo rivolto ad evitare l’agevolazione prevista per l’acquisto di beni strumentali in sostituzione di quelli obsolescenti già posseduti dall’impresa,
potrebbe essere disapplicato al fine di includere anche investimenti nuovi, ma articolati in un frazionamento pluriennale, posto che l’intento legislativo è proprio quello di rapportare l’agevolazione al periodo di imposta, come si evince dal comma 271 del medesimo art. 1 (come ben messo in evidenza dalla sentenza impugnata).
4.4 Ecco, allora, che la disposizione dell’art. 274, non può essere intesa come norma disapplicabile, ai sensi dell’art. 37 bis l. 600/73, perché la sua disapplicazione, nel senso voluto dalla ricorrente, coinciderebbe con il tradimento dell’intenzione legislativa sottesa alla sua introduzione, resa palese proprio dalla successiva diversa scelta legislativa operata successivamente con la legge 208 del 2015.
4.5 Né può sostenersi che un’interpretazione diversa da quella prospettata dalla società contribuente palesi un vizio di incostituzionalità, per contrasto con l’art. 3 e 53 Cost., introducendo un trattamento discriminatorio fra contribuenti che dispongano delle risorse finanziarie per investimenti nuovi in un unico periodo di imposta e contribuenti che non le possiedano. E ciò, perché l’art. 1 comma 279 bis della legge 296 del 2006 (così come previsto dal comma 271) , non impedisce di distribuire gli investimenti nei periodi di imposta 2007-2013, ma semplicemente li assoggetta al nulla osta preventivo per ciascuna annualità, in relazione alla relativa copertura finanziaria. D’altro canto, è proprio il limite della copertura finanziaria a dare spiegazione della ragionevolezza della disposizione, collegando l’agevolazione alla capacità dello Stato di finanziarla ed all’equa distribuzione delle risorse fra tutti coloro che decidono di effettuare nuovi investimenti, nei limiti di quelli effettivamente affrontati in quella annualità di imposta.
4.6 Di conseguenza il ricorso incidentale della parte appellata totalmente vittoriosa è inammissibile per crenza di interesse (Cass. N. 25694/2024).
4.7 Comunque, deve rilevarsi che per orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità ‘l’e lencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 ha natura tassativa ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche, siccome è possibile un’interpretazione estensiva delle disposizioni in materia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.) ed in considerazione dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la l. n. 448 del 2001. Ne consegue che il contribuente ha la facoltà e non l’onere di impugnare il diniego del Direttore Regionale delle Entrate di disapplicazione di norme antielusive ex art. 37 bis, comma 8, del d.P.R. n. 600 del 1973, atteso che lo stesso non è atto rientrante nelle tipologie elencate dall’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 ma provvedimento con cui l’Amministrazione porta a conoscenza del contribuente, pur senza efficacia vincolante per questi, il proprio convincimento in ordine ad un determinato rapporto tributario. (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 23469 del 06/10/2017; cfr. anche, ex multis : Sez. 6-5, Ordinanza n. 2062/2020 del 23/10/2019; Sez. 6- 5, Ordinanza n. 3315 del 19/02/2016).
4.8 Le spese di lite di questo giudizio di legittimità debbono essere compensate, in ragione della reciproca soccombenza.
4.9 Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso,
essendo amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura dello Stato ed ammessa alla prenotazione a debito.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale, compensando tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2024