Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22646 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22646 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2025
COGNOME;
Oggetto: giudice
ordinario
–
giudizio
tributario
–
ne bis in idem
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5920/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Av v. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso l’indizzo PEC: EMAIL
-ricorrente – contro
nonché
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliate in Roma, INDIRIZZO costituita ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione ex art.370, comma 1, cod. proc. civ.;
-resistente –
e
REGIONE LAZIO, in persona del legale rappresentante pro tempore;
-intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 5391/22/2015, depositata il 19.10.2015 e non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 28 maggio 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 5391/22/2015, depositata il 19.10.2015 veniva rigettato l’ appello proposto da ll’ agente della riscossione avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma n. 3606/37/2014 che aveva ad oggetto il fermo amministrativo impugnato, tra l’altro, per asserita mancata notifica delle sette cartelle di pagamento sottostanti, nonché per presunta prescrizione delle imposte dirette e IVA di cui alle cartelle suddette.
Il giudice d’appello confermava la decisione resa dal giudice di prime cure ritenendo che nel processo fosse stato violato il principio del ne
bis in idem , poiché il giudice ordinario, Tribunale di Enna con sentenza n.210/2014 non impugnata né sospesa e notificata all’agente della riscossione anteriormente alla proposizione dell’appello, aveva già annullato il fermo amministrativo oggetto anche del presente giudizio in materia tributaria.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per Cassazione l’agente della riscossione deducendo due motivi, mentre il contribuente e la Regione Lazio sono rimasti intimati. L’Agenzia delle entrate si è costituita ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione ex art.370, comma 1, cod. proc. civ..
Considerato che:
Con il primo motivo la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’ error in procedendo commesso dal giudice « là ove la sentenza impugnata fonda il proprio convincimento esclusivamente su di una sentenza, quella del Tribunale di Enna n.210/14, in Funzione di Giudice del Lavoro, che per motivi di giurisdizione, nonché di competenza, poteva decidere solo sulle cartelle relative a crediti previdenziali, e non certamente relativamente a sanzioni amministrative sottese al preavviso di fermo impugnato, e in ogni caso nulla potendo statuire in merito alle cartelle in materia tributaria e, di conseguenza, in merito al fermo amministrativo in quanto tale » (cfr. p. 13 ricorso).
1.1. La ricorrente si lamenta del fatto che la CTR, pronunciandosi sull’eccezione di improcedibilità dell’appello per violazione del principio del ne bis in idem , ha ritenuto che il giudice ordinario, Tribunale di Enna sentenza n. 210/2014, avesse definito la controversia in ordine al preavviso di fermo amministrativo. Secondo la ricorrente, al contrario, la sentenza del giudice del lavoro avrebbe riguardato esclusivamente
le cartelle relative a sanzioni amministrative, la cui giurisdizione è attribuita al giudice ordinario, il quale « per il riparto di giurisdizione, poteva decidere solo sulle cartelle relative alle sanzioni amministrative, mentre al giudice tributario era demandata la decisione di verificare la validità delle cartelle esattoriali per tributi sottese al preavviso di fermo impugnato » (cfr. p. 16 ricorso).
2. Il motivo è inammissibile.
2.1. Il giudice di seconde cure, esaminata la produzione documentale versata dal contribuente, ha compiuto un preciso accertamento, nel senso che il Tribunale di Enna «ha annullato il fermo amministrativo n. NUMERO_CARTA ossia lo stesso che forma oggetto del presente giudizio. Detta sentenza non è stata né impugnata né sospesa dall’Autorità giudiziaria, benché munita di formula esecutiva e ritualmente notificata a Equitalia Sud in data 18.9.2014, ossia prima della proposizione del presente ricorso in appello avvenuta in data 31.10.2014. In altri termini l’appellat o aveva formale e sostanziale conoscenza del giudicato che aveva annullato l’impugnato fermo amministrativo e, conseguentemente, va accolta l’eccezione di improcedibilità e improponibilità sollevata dall’appellato » (cfr. pp. 3-4 sentenza).
2.2. Tale accertamento fattuale del giudice e chiaro, ed è nel senso che l’AGO ha annullato interamente il fermo con una sentenza passata in giudicato ex art.2909 cod. civ.. La ricorrente con il mezzo di impugnazione in disamina impinge in tale accertamento, asserendo che la sentenza del giudice del lavoro, posta dal giudice di seconde cure a fondamento del rigetto dell’appello, si riferirebbe soltanto a quella parte delle cartelle di pagamento sottese al fermo amministrativo afferente a contributi rientranti nella giurisidizione del giudice ordinario con funzioni di giudice del lavoro e non anche a quelle relative a debiti
tributari del contribuente. Tuttavia, non solo non allega al ricorso per cassazione la sentenza in questione, ma neppure ne trascrive le parti rilevanti dalle quali si possa evincere la fondatezza della proposta censura, impedendo così a questa Corte di verificare se la prospettazione di parte sia corretta o meno, ossia se il giudice ordinario nel suddetto titolo giudiziale definitivo si sia pronunciato entro o oltre il perimetro della sua giurisdizione.
2.3. A fronte dell’ accertamento circostanziato contenuto nella sentenza impugnata, il ricorso per cassazione è aspecifico e non tiene conto del fatto che le argomentazioni del dissenso che la parte intende sollevare nei riguardi della decisione impugnata debbono essere formulate in termini tali da soddisfare esigenze di specificità, di completezza e di riferibilità a quanto pronunciato.
Con il secondo motivo la ricorrente censura la «violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 cod. civ. in relazione all’art. 360 1° comma n. 3 cod. proc. civ. Omessa o comunque insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia», per avere il giudice di seconde cure dichiarato la prescrizione dei crediti tributari sottesi al preavviso di fermo amministrativo impugnato, «viziando la decisione con un evidente difetto di motivazione, non specificando, nel dettaglio, quali fossero, eventualmente, i tributi prescritti, con ciò incorrendo nel vizio di omessa o carente motivazione su di un punto decisivo della controversia» (cfr. pp. 16-18 ricorso).
Il motivo è inammissibile.
4.1. La censura è anzitutto inammissibile quanto alla tecnica di formulazione nella parte in cui fa riferimento all’omessa o insufficiente motivazione. L’art. 54, comma primo, lett. b), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla l. 7 agosto 2012, n. 134, ha
riformato il testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., e si applica nei confronti di ogni sentenza pubblicata dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto e, dunque, dall’11 settembre 2012. La novella trova dunque applicazione nella fattispecie, in cui la sentenza impugnata è stata depositata il 19 ottobre 2015 e, nel testo applicabile, il vizio motivazionale deve essere dedotto censurando l’«omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» e non più l’«omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio» come precedentemente previsto dal ‘vecchio’ n.5, con conseguente inammissibilità del motivo di ricorso il quale non ha tenuto conto del mutato quadro normativo processuale (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 19881 del 2014).
4.2. La doglianza e, altresì, inammissibile anche nella parte in cui si riferisce alla dedotta violazione di legge, per avere la CTR dichiarato la prescrizione nonostante l ‘asserita presenza di atti interruttivi intermedi tra le cartelle sottese al fermo e quest’ultimo . La parte di censura in disamina in primo luogo si concentra non su una ratio decidendi bensì su un mero obiter dictum , dal momento che la antecedente statuizione sul ne bis in idem ha già spogliato il giudice del potere di decidere nel merito sulla controversia.
Inoltre, secondo una tecnica redazionale comune al primo motivo, anche la presente censura è affetta da difetto di specificità e localizzazione, perché la ricorrente non riproduce né allega le notifiche di tali singoli atti intermedi, limitandosi genericamente ad indicare in calce al ricorso di aver allegato il fascicolo del precedente grado di giudizio e lasciando alla Corte il compito di ricercare l’eventuale presenza di atti interruttivi effettivamente notificati, adempimento
precluso anche perché risulta confusa la stessa corrispondenza tra le cartelle di pagamento e le relative notifiche.
In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato e nessun provvedimento dev’essere adottato sulle spese di lite, in assenza di costituzione degli intimati e di effettivo svolgimento di attività difensiva da parte dell’ unica resistente costituita, l’ Agenzia delle entrate.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso.
Si dà atto del fatto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28.5.2025