Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7700 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7700 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 23/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 17283/2019, proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso da se stesso ed elettivamente domiciliato presso il proprio studio in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata a ROMA, in INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 8643/2018 della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 6 dicembre 2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 marzo 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
1. Il 17 settembre 2014 NOME COGNOME ricevette la notifica di una cartella di pagamento per l’ importo di € 568,00, preceduta da un avviso bonario che egli non aveva inteso definire ; quest’ultimo, emesso a seguito di controllo formale ex art. 36ter del d.P.R. n. 600/1973 per l’anno 2010, rettificava il reddito del contribuente a fini Irpef, poiché questi aveva detratto gli interessi sul mutuo contratto per l’acquisto dell’abitazione principale in misura superiore a quella consentita.
Il contribuente impugnò la cartella innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma, che respinse il ricorso.
Il successivo appello subì identica sorte.
I giudici regionali osservarono in premessa che il RAGIONE_SOCIALE intendeva detrarre gli interessi di un mutuo relativo alla casa coniugale di sua esclusiva proprietà, ma cointestato con la propria coniuge, fiscalmente non a suo carico; tale circostanza consentiva a ciascuno dei coniugi di detrarre gli interessi per la propria parte di mutuo e non per l’intero, come invece aveva fatto il contribuente, sull’erroneo assunto che la coniuge fosse cointestataria del mutuo «con mera funzione di garanzia».
Ritennero, inoltre che fossero infondate le eccezioni del contribuente fondate su un’asserita violazione del principio del contraddittorio, perché l’accertamento era stato preceduto dalla
richiesta di chiarimenti e la successiva cartella di pagamento recava le indicazioni normativamente prescritte.
La sentenza d’appello è stata impugnata dal COGNOME con ricorso per cassazione affidato a tre motivi. L’Amministrazione finanziaria ha depositato controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo è dedotta nullità della sentenza per contrasto con gli artt. 111, comma sesto, Cost., 113 e 132, comma secondo, num. 4), cod. proc. civ. e 118 disp.att. cod. proc. civ.
La censura concerne la decisione sul motivo d’appello formulato dal contribuente i n punto all’applicazione del limite al la detrazione degli interessi nel mutuo cointestato, che il contribuente esclude assumendo che la cointestazione rivestiva una mera funzione di garanzia dell’obbligo restitutorio in favore della banca mutuante.
Sul punto, la C.T.R. avrebbe reso una motivazione «perplessa ed intrinsecamente contraddittoria», ovvero «apparente in quanto articolata in argomentazioni apodittiche».
Il secondo mezzo denuncia omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
In relazione al medesimo tema di cui al primo motivo, il ricorrente assume che i giudici d’appello avrebbero trascurato di considerare una serie di circostanze storiche dalle quali era agevolmente desumibile il fatto che la propria coniuge non fosse mutuataria, ma avesse «partecipato al mutuo a titolo di fideiussione ordinaria».
Tali circostanze, in particolare, consistevano nel fatto che egli era il proprietario esclusivo dell’immobile, che i coniugi avevano adottato il regime di separazione dei beni, che le somme mutuate erano state versate sul solo conto corrente a lui intestato (dal quale provenivano i
ratei riversati alla banca a titolo di restituzione) e che la polizza assicurativa contratta sull’immobile lo indicava come unico mutuante.
Infine, con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 6 e 7 della l. n. 212/2000 , dell’art. 3 della l. n. 241/1990 e dell’art. 29 del d.l. n. 78/2010.
Assume, al riguardo, che la C.T.R. avrebbe errato nel respingere la sua eccezione di nullità della cartella impugnata per difetto di motivazione, osservando che l’avviso bonario originariamente inviatogli recava la sola indicazione di una rettifica inerente alla deduzione di interessi passivi di mutuo, senza nulla specificare in ordine al fatto che essa concerneva i limiti connessi alla cointestazione con il coniuge, e che a tale fine era priva di rilievo l’integrazione successivamente disposta dall’Erario nel corso del giudizio di impugnazione.
Sostiene inoltre che la C.T.R. avrebbe errato nel respingere la sua eccezione relativa alla cartella esattoriale, poiché quest’ultima , operando una rettifica che implicava la diversa valutazione di una norma tributaria, avrebbe dovuto essere preceduta dalla notifica di un atto preventivo ai sensi dell’art. 29 del d.l. n. 78/2010.
I primi due motivi possono essere scrutinati congiuntamente.
Gli stessi, infatti, concernono il medesimo capo della decisione, al quale rivolgono critiche coincidenti, seppur da diverse angolazioni.
4.1. Le censure, in particolare, si appuntano sul fatto che la C.T.R., decidendo sulla richiesta del ricorrente di non applicare il limite di deducibilità degli interessi perché la coniuge era cointestataria del mutuo solo a titolo di garanzia (e, nello specifico, quale «fideiussore ordinario»), ha così pronunziato: « la difesa del contribuente che il coniuge è cointestatario solo a titolo di garanzia non regge alla prova
della certificazione rilasciata dalla banca creditrice che costituisce l’unico titolo fiscalmente ammissibile per la prova degli interessi passivi su mutuo ipotecario pagati e detraibili ».
Il contribuente assume, per un verso, che tale affermazione supporterebbe la decisione in termini di mera apparenza, risolvendosi in un assunto apodittico, ovvero presenterebbe il carattere di «motivazione perplessa o contraddittoria» in quanto « alla domanda di valutare la qualità di garante del coniuge sebbene risulti formalmente cointestatario del mutuo risponde che non si può configurare l’ipotesi della qualità di garante in capo al coniuge poiché risulta formalmente cointestatario del mutuo ».
Lamenta, poi, che con tale affermazione la C.T.R. avrebbe trascurato di confrontarsi con ulteriori circostanze di segno opposto.
4.2. Il primo motivo è infondato.
I giudici d’appello, in relazione all’ipotesi di detrazione d’imposta sugli interessi di mutuo di cui all’ art. 13bis , comma 1, lett. b), TUIR, hanno correttamente osservato che essa incontra il limite della deducibilità pro quota quando il mutuo è cointestato, ancorché sia unico il proprietario dell’immobile, e hanno ritenuto sussistente tale ipotesi nel caso di specie.
Quindi, con riferimento all’eccezione del contribuente secondo cui il mutuo non era cointestato fra i coniugi, ma era stato da lui contratto in esclusiva ed assistito da garanzia fideiussoria della consorte, hanno rilevato che tale circostanza era smentita per tabulas dalla certificazione rilasciata dalla banca creditrice, donde emergeva che entrambi i coniugi erano mutuatari.
Una tale esposizione delle ragioni della decisione esclude anzitutto che possa parlarsi di motivazione apparente o perplessa.
Con tali ultime fattispecie, infatti, si fa riferimento alla motivazione che, dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, è tuttavia tale da non consentire «di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato» (così, ex multis , Cass. n. 4448/2014; più di recente, Cass. n. 27551/2024); e tale non è certamente il caso di specie, poiché i giudici d’appello hanno indicato con chiarezza che la fonte del loro convincimento era la disamina dei dati risultanti dal contratto di mutuo bancario, al quale hanno attribuito valore probatorio privilegiato.
4.3. Quest’ultimo rilievo disvela poi l’inammissibilità della seconda censura, secondo la quale vi sarebbe stata un’omessa considerazione di altre circostanze in fatto, controverse e decisive.
L’affermazione contenuta nella sentenza d’appello si colloca, infatti, sul piano della valutazione delle prove; la C.T.R., in altri termini, ha ritenuto e affermato che le risultanze del contratto di mutuo ipotecario -del quale, peraltro, vige l’obbligo di forma scritta a pena di nullità ex art. 117 T.U.B. -costituiscono prova non superabile del fatto che le parti ivi qualificate come ‘mutuatari’ siano effettivamente tali.
Pertanto, la doglianza del ricorrente -che non incide su tale rilievo documentale, ma invoca il potenziale rilievo di altre circostanze, tutte munite di efficacia probatoria indiretta -si risolve nella richiesta di una nuova o diversa valutazione dei dati probatori e, dunque, di un sindacato non consentito nell’ambito del giudizio di cassazione.
Anche il terzo motivo è infondato.
In punto alla corretta instaurazione del contraddittorio sulla pretesa erariale, i giudici d’appello hanno rilevato che vertendosi in
fattispecie di accertamento fondato su controllo formale ex art. 36ter del d.P.R. n. 600/1973 -l’amministrazione finanziaria ha invitato il RAGIONE_SOCIALE a documentare la quota di interessi passivi da lui dedotti, di seguito inviando un avviso di riliquidazione; siffatta ricostruzione, che il ricorrente non contesta, esclude la sussistenza della lamentata violazione di legge.
È infatti solo la comunicazione dell’esito del controllo, in quanto assolve ad una funzione di garanzia e realizza la necessaria interlocuzione tra l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente prima dell’iscrizione al ruolo, che, ove omessa, può incidere sull ‘ esercizio del diritto di difesa di quest’ultimo e determina così la nullità dell’atto successivo (v. Cass. n. 15311/2014 e numerose altre seguenti).
Né si comprende in cosa possa essere consistita la dedotta violazione dell’art. 29 del d.l. n. 78/2010, poiché, come rileva la sentenza impugnata, lo stesso contribuente ha dato atto del fatto che la cartella di pagamento conteneva un esplicito riferimento al pregresso controllo automatizzato ex art. 36ter.
6. In conclusione, il ricorso va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in € 500,00 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 7 marzo 2025.