Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21241 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21241 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2717/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliatosi in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), PEC
EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliatasi in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 1246/2020 della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sezione di LECCE, depositata il 18/06/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/06/2024 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione di Lecce, con la sentenza in epigrafe indicata, respingeva l’appello proposto da NOME COGNOME nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE
avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Lecce n. 485/5/2016 di rigetto del ricorso proposto dal contribuente avverso l’avviso di liquidazione col quale l’RAGIONE_SOCIALE aveva accertato il maggior valore di un terreno edificabile, richiedendo il pagamento di maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale, oltre a sanzioni e interessi.
Avverso la suddetta sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui ha resistito con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., si deduce l’omesso esame d el fatto decisivo costituito dalla mancata allegazione degli atti utilizzati per la comparazione, in violazione dell’art. 6 comma 3 e 7 comma 1 legge 212/2000, dell’art. 51, comma 3 d.P.R. 131/1986, dell’art. 3 legge 241/1990, nonché l’omessa pronuncia per ‘non aver argomentato in ordine al petitum’, in violazione degli artt. 112 e 113 cod. proc. civ.
1.1. Si sostiene che i giudici di appello avrebbero omesso di esaminare un fatto decisivo, oggetto di doglianza, circa la mancata allegazione e la mancata riproduzione degli atti usati dall’ufficio per la comparazione, in violazione RAGIONE_SOCIALE norme di legge indicate.
1.2. Il motivo è inammissibile, in relazione al suo confezionamento come motivo composito, simultaneamente volto a denunciare violazione di legge e vizio di motivazione (Cass. 23/10/2018, n. 26874; conf., n. 3397/24).
1.3. Tale tecnica di redazione confligge con il ‹‹ principio secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quelli della
violazione di norme di diritto, sostanziali e processuali, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (Cass. 23 giugno 2017, n. 15651; Cass. 28 settembre 2016, n. 19133; Cass. 23 settembre 2011, n. 19443) ›› .
1.4. Difatti, rimettere al giudice di legittimità il compito di individuare le singole obiezioni teoricamente avanzabili, al fine di ricondurle ad uno dei mezzi di impugnazione previsti dall’art. 360 del codice di procedura civile, e successivamente determinare quali disposizioni potrebbero essere pertinenti a tale scopo, comporta l’attribuzione, in modo inammissibile, al giudice di legittimità del compito di definire il contenuto giuridico RAGIONE_SOCIALE contestazioni sollevate dal ricorrente.
1.5. Inoltre, sotto altro profilo, non si denuncia l’omessa considerazione di un fatto in senso storico-naturalistico (Cass. 26/01/2022, n. 2268; Cass. 08/10/2014, 22152), bensì, inammissibilmente, un presunto errore in procedendo del giudice di merito, che non è idoneo a configurare il vizio di omessa pronunzia (Cass. 11/10/2018, n. 25154).
Con il secondo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., si deduce la violazione degli artt. 112 e 113 cod. proc. civ., nonché dell’art. 2697 cod. civ., per errata attribuzione dell’onere della prova, perché la CTR avrebbe trascurato che l’Ufficio non era stato in grado di produrre con l’avviso alcun documento da cui emergesse la comparazione operata: il contribuente riporta, a sostegno del motivo, uno stralcio dell’appello col quale, appunto, in particolare lamentava che ‹‹ Ancora in via preliminare, si deduce l’illegittimità dell’atto per carente, insufficiente e apparente motivazione … .Al contribuente deve essere consentito di capire e di controllare la pretesa semplicemente leggendo l’atto, senza dover
operare defatiganti ricerche che comprimono i tempi per la proposizione del ricorso, con conseguente lesione del diritto di difesa. La motivazione dell’Ufficio è quindi irragionevole. La pretesa di conseguenza, infondata e indimostrata ›› .
2.1. Il motivo è allora inammissibile, perché confonde l’asserita violazione della regola di riparto degli oneri probatori, propria appunto della fase della prova, con l’attività di allegazione che l’Ufficio avrebbe dovuto compiere con l’avviso di liquidazione . La questione relativa all’esistenza della motivazione dell’atto impositivo, quale “requisito formale di validità” dell’avviso di accertamento (art. 7, l. n. 212 del 2000), va, difatti, nettamente distinta da quella attinente, invece, alla indicazione ed alla effettiva sussistenza di elementi dimostrativi dei fatti costitutivi della pretesa tributaria (tra varie, Cass. n. 4639/20), che rimane disciplinata dalle regole processuali proprie della istruzione probatoria, le quali trovano applicazione nello svolgimento dell’eventuale giudizio introdotto dal contribuente per ottenerne l’annullamento. E anche in base al testo novellato dell’art. 7 l. 212/00 occorre pur sempre distinguere il piano della motivazione dell’avviso di accertamento da quello della prova della pretesa impositiva e, corrispondentemente, l’atto a cui l’avviso si riferisce dal documento che costituisce mezzo di prova (Cass. n. 8016/24).
Con il terzo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5 cod. proc. civ., si deduce l ‘omesso esame di fatto decisivo relativo alla mancata esternazione dell’ iter logico giuridico seguito dalla C.T.P. per determinare il valore del terreno, con motivazione apparente, travisamento del fatto, il tutto in violazione dell’art. 36 c. 2 n. 4 d.lgs. 546/1992, 132 c. 2 n. 4 c od. proc. civ., 112, 113, 115 e 116 cpc.
Il motivo è inammissibile.
3.1. Anzitutto, la motivazione della sentenza impugnata non può dirsi apparente: ricorre il vizio di motivazione apparente della sentenza
quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (tra varie, Cass. n. 6758/22). Laddove, nel caso in esame, il giudice d’appello ha espresso il proprio ragionamento, reputando che il valore ridotto proposto dall ‘Ufficio non fosse stato contestato dal contribuente nel corso del giudizio di primo grado.
3.1.- Inoltre, il motivo , anch’esso confezionato in maniera frammista, accorpando più censure, è inammissibile pure per altri aspetti: sotto un primo profilo le censure risultano rivolte avverso la decisione di primo grado, e, stante l’effetto devolutivo dell’appello, vi è carenza di interesse (Cass. 16/10/2023, n. 28744); sotto altro profilo non viene censurato un fatto in senso storico-naturalistico, ma, anche in questo caso, le argomentazioni addotte in sentenza.
3.1.1. Su tale ultimo punto, si ribadisce che questa Corte ha invero già chiarito che ‹‹L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, prevede l'”omesso esame” come riferito ad “un fatto decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità RAGIONE_SOCIALE censure irritualmente formulate›› (Cass. 26/01/2022, n. 2268; Cass. 08/10/2014, n. 22152).
3.2.- Ancora, mediante la censura di travisamento del fatto, il contribuente assume che il giudice d’appello avrebbe trascurato che la non contestazione da parte dell’Ufficio avrebbe reso pacifici fatti quali l’interclusione e il vincolo ambientale regionale che vieta l’estirpazione
degli ulivi, impedendo qualsivoglia edificabilità: ma la censura non considera che, per costante orientamento di questa Corte, nel processo tributario, caratterizzato dall’impugnazione di una pretesa fiscale fatta valere mediante l’emanazione dell’atto impositivo nel quale i fatti costitutivi della richiesta sono già stati allegati, l’Amministrazione finanziaria, a fronte dei motivi di impugnazione proposti, non ha un onere di allegazione ulteriore rispetto a quanto contestato nell’atto impugnato (tra le più recenti, Cass. n. 16984/23), di modo che la mancata presa di posizione sul tema introdotto dal contribuente non restringe il thema decidendum ai soli motivi contestati se sia stato chiesto il rigetto dell’intera domanda (Cass. n. 34707/22) o anche il rigetto in parte qua , mediante la riduzione del valore preteso.
Né, come prospetta il contribuente, è applicabile il principio di non contestazione in relazione ai contenuti di una perizia di parte, poiché essi non assurgono a fatto giuridico suscettibile di prova, ma costituiscono un mero elemento indiziario valutabile da parte del giudice (Cass. n. 34450/22).
3.3.- Infine, quanto alle ulteriori considerazioni concernenti le caratteristiche del fondo, anche in base alla perizia valutata dal giudice di primo grado, va ribadito che non è consentita al giudice di legittimità la verifica della sufficienza o razionalità della motivazione in ordine alle questioni di fatto, la quale comporterebbe un raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice del merito (Cass., sez. un., n. 14995/24).
Con il quarto ed ultimo motivo di ricorso si deduce invece la violazione dell’art. 91 cpc, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente attribuito le spese in favore della RAGIONE_SOCIALE nonostante fosse difesa da un proprio dipendente.
4.1. Il motivo è infondato, in base al principio, di recente ribadito da questa Corte in relazione all’RAGIONE_SOCIALE, che ‹‹ Nel
processo tributario, all’Amministrazione finanziaria che sia stata assistita in giudizio da propri funzionari o da propri dipendenti, in caso di vittoria della lite, spetta la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese, la quale deve essere effettuata mediante applicazione della tariffa ovvero dei parametri vigenti per gli avvocati, con la riduzione del venti per cento dei compensi ad essi spettanti, atteso che l’espresso riferimento ai compensi per l’attività difensiva svolta, ora contenuto nell’art. 15, comma 2-bis, del d.lgs. n. 546 del 1992, ma comunque da sempre previsto da detto articolo, conferma il diritto dell’ente alla rifusione dei costi sostenuti e dei compensi per l’assistenza tecnica fornita dai propri dipendenti che siano legittimati a svolgere attività difensiva nel processo ›› (Cass. n. 1019 del 2024).
Tale motivo va quindi respinto.
In conclusione il ricorso va rigettato, attesa la inammissibilità dei primi tre motivi e l’infondatezza del quarto .
Le spese di giudizio seguono la soccombenza, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
7 . In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13. Così deciso nella camera di consiglio della sezione Tributaria, in