Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1030 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 1030 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso 11069/2016 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del l.r. NOME COGNOME nato a Buonos Aieres il 9.04.1950( Cf CODICE_FISCALE), con sede in Roma alla INDIRIZZO rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME del Foro Di Roma (c.f. CODICE_FISCALE) ed elettivamente domiciliata presso lo studio Legale e tributario ‘COGNOMERAGIONE_SOCIALE in Roma INDIRIZZO; indirizzo p.e.c.: EMAIL
-ricorrente
contro
Agenzia Delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale Dello Stato che la rappresenta e difende; pec EMAIL
-controricorrente avverso la sentenza n. 5670/VI//2015 depositata il 28 ottobre 2015 della COMM.TRIB.REG., Lazio
cui è riunito il ricorso 3479/2017 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del l.r. NOME COGNOME nato a Buenos Aieres il 9.04.1950( Cf CODICE_FISCALE), con sede in Roma alla INDIRIZZO rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME Foro Di Roma c.f. CODICE_FISCALE ed elettivamente domiciliata presso lo studio Legale e tributario ‘COGNOMERAGIONE_SOCIALE‘ in Roma INDIRIZZO;indirizzo p.e.c.: EMAIL
-ricorrente
contro
Agenzia Delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale Dello Stato che la rappresenta e difende; pec EMAIL
-controricorrente – avverso la sentenza n. 4263/09/2016 depositata il 28 giugno 2016 della COMM.TRIB.REG., Lazio
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21.12.2023 dal Consigliere Dott. COGNOME‘avv. dello Stato ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
Udito il P.G. che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
FATTI DI CAUSA
1.La società RAGIONE_SOCIALE propone ricorso, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 5670/2015, con la quale la CTR della Campania ha dichiarato l’inammissibilità del gravame proposto dalla prefata società avverso la sentenza di primo grado, la quale, a sua volta, aveva respinto il ricorso avverso l’avviso di rettifica e di liquidazione per maggiori imposte ipotecarie e catastali relative all’annualità di imposta 2008, concernenti la compravendita del compendio immobiliare dove ha sede l’Hotel( isola di Capri).
In particolare, la CTR, adita in ordine alla valutazione della legittimità dell’avviso, ha affermato che il gravame non contiene l’articolazione dei motivi di impugnazione, in quanto la contribuente si è limitata a richiamare le doglianze già dedotte innanzi al primo giudice, senza nemmeno illustrarle o elencarle; tentando poi di colmare le lacune del ricorso in appello con la costituzione di nuovo difensore e il deposito di memorie illustrative – che tali non possono essere considerate in quanto contengono la proposizione di motivi dell’impugnazione non formulati con l’originario ricorso -peraltro depositate a ridosso della udienza e non notificate alla controparte.
I giudici di appello hanno affermato che l’effetto devolutivo della impugnazione comporta il riesame delle questioni oggetto del ricorso introduttivo, ma detto effetto devolutivo rimane circoscritto alle questioni delle quali si intende ottenere il riesame; al contrario, hano statuito che l’assenza di doglianze nei confronti della pronuncia impugnata non può generare l’effetto devolutivo tipico del giudizio di appello.
Tale sentenza veniva impugnata dalla contribuente con ricorso per revocazione che era respinto dalla CTR del Lazio (sentenza n. 4263/2016).
La ricorrente, in particolare, assumeva che il decidente fosse incorso in errore revocatorio, in quanto l’atto di appello conteneva i seguenti motivi:- carenza di motivazione ex art. 7 legge 212/2000 e violazione degli artt. 3 legge n. 241/90 e 52 d.P.R. n. 131/86; b) mancata allegazione degli atti richiamati nell’avviso; c) assoluta infondatezza della pretesa di rettifica di valore avendo l’ufficio operato la stima senza considerare i dati di gestione delle società che hanno condotto la gestione alberghiera negli ultimi cinque anni. Per la cassazione della sentenza n. 4263/2016 che respinge il ricorso per revocazione della sentenza di secondo grado, la contribuente propone ricorso – recante il n. 3479/2017 – al quale resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate, che replica anche al ricorso per la cassazione della sentenza n. 5670/2015.
All’udienza del 16.11.2021, la Corte disponeva la riunione delle cause e rinviava a nuovo ruolo per l’acquisizione del fascicolo di merito.
Il P. G. ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
MOTIVI DI DIRITTO
Nel giudizio di revocazione la fase rescindente ha per oggetto l’accertamento del denunciato vizio della sentenza impugnata e non l’esistenza o il contenuto del rapporto giuridico in ordine al quale la sentenza stessa abbia giudicato, mentre solo l’eventuale fase rescissoria viene a rinnovare il giudizio su tali punti. Né il sistema delineato dal codice di procedura civile appare non rispettoso delle esigenze di tutela dei diritti di cui agli artt. 24 Cost. e 6 CEDU, posto che l’art. 398, comma 4, cod.proc.civ. collega la facoltà di sospensione del giudizio di cassazione e del relativo termine per impugnare al mero requisito della “non manifesta infondatezza” della revocazione proposta. (Cass. Sez. L – n. 20469/2018.).
Si osserva che il ricorso n. 3479/2017 Rg ( ricorso per cassazione avverso la sentenza che ha dichiarato l’inammissibilità della revocazione della sentenza d’appello) consta di un unico
motivo che reca: ‘error in iudicando ‘ per vizio di violazione dell’art. 395, nn. 1) e 4), cod.proc.civ ., nonché violazione dell’art. 64 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 ex art. 360, primo comma, n. 3), cod.proc.civ.; per avere la CTR della Campania respinto la domanda di revocazione della sentenza n. 5670/2015, affermando, da un canto, che la decisione di inammissibilità era il risultato del ragionamento dei giudici che avevano ritenuto violato il disposto dell’art. 53 d.lgs.546/1992 cit., per l’assenza di specificazione dei motivi di impugnazione poi formulati solo con le memorie illustrative – cui erano state allegate due relazioni di stima sommarie, depositate intempestivamente in prossimità dell’udienza ( in data 14.09.2015) e senza regolare notificazione all’appellata -; dall’altra, che effettivamente l’atto di appello era mancante dell’articolazione dei motivi di gravame.
La ricorrente deduce che in realtà i motivi erano graficamente indicati nell’atto di appello e che, quindi, la CTR adita per la riforma della decisione di primo grado, sarebbe incorsa in errore revocatorio, non avendo rilevato che invece l’atto conteneva le censure alla prima decisione.
Sostiene che con l’atto di appello aveva depositato i bilanci per gli esercizi 20102013 nonché l’andamento dei ricavi per camera della struttura alberghiera ed il quadro economico generale della redditività dell’attività, a cui aveva rinviato e riservandosi di meglio illustrare i motivi di impugnazione, poi effettivamente specificati con le memorie depositate il 14.09.2015 dove venivano sviluppate le argomentazioni giuridiche e prodotte due relazioni di stima.
4.Con il primo motivo del ricorso n.Rg 11069/2016, la società contribuente lamenta ‘error in iudicando’ per violazione dell’art. 53 d.lgs. n. 546/92 ex art. 360, primo comma, n. 3), cod.proc.civ.; per avere il giudicante ritenuto che l’appello contenesse i medesimi motivi del ricorso originario, senza l’articolazione di specifici motivi di impugnazione poi formulati solo con le memorie
illustrative nonostante l’allegazione di due relazioni di stima ritenute depositate intempestivamente a ridosso dell’udienza ( in data 14.09.2015) e senza regolare notificazione all’appellata; il tutto in violazione del disposto dell’art. 53 citato in rubrica.
La ricorrente deduce che, in realtà, i motivi erano graficamente indicati nell’atto di appello e che, quindi, la CTR adita per la riforma della decisione di primo grado, sarebbe incorsa in errore, non avendo rilevato che, invece, l’atto conteneva le censure alla prima decisione.
Sostiene che, con l’atto di appello, aveva depositato i bilanci per gli esercizi 20102013 nonché l’andamento dei ricavi per camera della struttura alberghiera ed il quadro economico generale della redditività dell’attività, a cui aveva rinviato, riservandosi di meglio illustrare i motivi di impugnazione, poi effettivamente specificati con le memorie depositate il 14.09.2015 dove venivano sviluppate le argomentazioni giuridiche e prodotte due relazioni di stima; circostanze che dovevano indurre i giudici di appello ad affermare l’ammissibilità dell’atto di impugnazione.
La seconda censura oppone error in iudicando per violazione dell’art. 60 del d.lgs. n. 546/92, cit., ex art. 360, primo comma,n. 3), cod.proc.civ.; per avere il giudicante affermato che l’appello dichiarato inammissibile non può essere più riproposto anche se non è decorso il termine stabilito dalla legge.
Esame dei motivi di ricorso per cassazione proposti avverso la sentenza della CTR del Lazio n.4263/2016 (causa iscritta al RG n. 3479/2017).
In primo luogo, occorre esaminare il ricorso avverso la sentenza della CTR che ha respinto la revocazione della decisione di appello sul presupposto che la decisione era il risultato di una interpretazione giuridica dell’atto di appello rimessa ai giudici di merito.
8. Occorre premettere che l’istanza di revocazione implica, ai fini della sua ammissibilità, un errore di fatto riconducibile all’art. 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., che consiste in un errore di percezione, o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso su cui il giudice si sia pronunciato. L’errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali, sempreché la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio formatosi sulla base di una valutazione semprechè quella risultante dagli atti e documenti non sia stata contestata dalle parti (per tutte Cass. SS.UU. del 12.06. 1997, n. 5303; v. poi Cass. SS.UU. del 25/07/2000, n. 523; Cass. SS.UU. del 18.12. 2001, n. 15979; Cass. del 18.09.2008, n. 23856; Cass. SS.UU. del 7.03 2016, n. 4413; v. sulla distinzione tra errore materiale e errore revocatorio, da ultimo Cass. SU, Ord. n. 12210 del 14/04/2022; cfr, ex plurimis, Cass. sez. 6- 5, n. 18254 del 2022; Cass. civ. sentt. nn. 13915 del 2005 e 2425 del 2006, v. anche Cass. civ. SS.UU. sent. n. 9882 del 2001); – l’errore di fatto revocatorio sussiste quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita.
In particolare, l’errore di fatto rilevante ai fini della revocazione della sentenza presuppone l’esistenza di un contrasto fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali; il detto errore deve: a) consistere in un errore di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre
l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa, sempre che il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato; b) risultare con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive; c) essere essenziale e decisivo, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa (Sez. 6 – 2, Ordinanza del 10/06/2021, n. 16439); – la Corte ha, quindi, evidenziato che (tra le ultime v. Cass. n. 14656 del 2017). Ne consegue che (Cass. del 26.09.2013, n. 22080; da ultimo, nello stesso senso, Cass. del 13.11. 2016, n. 14108 Cass., sez. L, del 5.04. 2017, n. 8828; Cass. del 3.10.2018, n. 27570; Cass. del 22.10.2019, n. 27892). Deve, pertanto, escludersi che un motivo di ricorso sia suscettibile di essere considerato alla stregua di un ‘ fatto ‘ ai sensi dell’art. 395 od.proc.civ. primo comma , n. 4, potendo configurare l’eventuale omessa od errata pronunzia soltanto un ‘ error in procedendo ‘ ovvero ‘ in iudicando ‘, di per sè
insuscettibili di denuncia ai sensi dell’art. 391 -bis cod proc.civ.. (Cass. n. 5221/2009, Cass. n. 14937/2017, Cass. 03/04/2017 n. 8615, Cass. n. 20164/2018).
8.1In particolare, secondo il consolidato orientamento di questa Corte (Cass. del 2.10. 2013, n. 22569; Cass. del 22.02.2013, n. 4605; Cass. del 29/12/2011, n. 29922; Cass. n. 16003 del 2011) fuoriesce dal travisamento rilevante ogni errore che attinga la interpretazione del quadro processuale che esso denunziava, in coerenza con una scelta che deve lasciar fermo il valore costituzionale della insindacabilità delle valutazioni di fatto e di diritto della Corte di legittimità (Cass. del primo giugno 2018, n. 14088; Cass. sez. 6-5, del 30.06.2022, n. 18254); – è dunque inammissibile il ricorso ex art. 395, n. 4, cod.proc.civ., ove vengano dedotti errori di giudizio concernenti l’errata valutazione della formulazione delle doglianze dedotte con l’appello (Cass. 22/09/2014, n. 19926; Cass. 09/12/2013, n. 27451; Cass. Sez. Un. 28/05/2013, n. 13181; Cass. 12/12/2012, n. 22868; Cass. 18/01/2012, n. 714; Cass. Sez. Un. 30/10/2008, n. 26022); pertanto è inammissibile il motivo di ricorso nella parte in cui denuncia l’erronea applicazione da parte della CTR adita in sede di revocazione degli artt. 64 del d.lgs. n. 546/1992 e 395, n. 4 cod.proc.civ. per avere il giudice di appello (nella sentenza n. 3270/11/2019) omesso di valutare -incorrendo in un errore sui fatti di causa – la presenza grafica dei motivi di appello, motivi che la medesima contribuente deduce, col ricorso per cassazione, di aver proposto secondo la seguente formulazione .
8.2 Al riguardo, la CTR si è attenuta ai suddetti principi di diritto nell’escludere l’assunto vizio revocatorio affermando che presuppone una valutazione da parte del giudice di appello degli atti di giudizio, escludendo in radice l’astratta configurabilità della “svista percettiva” dedotta a fondamento dell’errore revocatorio della sentenza n. 5670/2015 (in tal senso, Cass. n. 10110 del 2017; Cass. n. 24116 del 2017; n. 24497/2023, in motiv.).
9.Del resto, non va trascurata la circostanza decisiva che la genericità del gravame era stata specificamente contestata dall’ente finanziario che aveva dedotto la violazione dell’art, 53 d.lgs. 546/1992, costituendo dunque punto controverso sul quale il decidente si è pronunciato.
Infondato, dunque, si profila il motivo nella parte in cui denuncia l’erronea applicazione delle norme in tema di revocazione da parte della CTR quanto al rigetto del motivo di censura con cui era stato dedotto l’errore di fatto in cui sarebbe incorso il giudice di appello (nella sentenza n. 5670/2015) nell’affermare che .
Il ricorso, recante n. Rg 3479/2017, va dunque respinto.
Esame dei motivi di ricorso per cassazione proposti avverso la sentenza CTR del Lazio n.5670 /VI/2016 (causa iscritta al RG n. 11069/2016).
11.Appare preliminare l’esame della seconda censura.
L’argomentazione attinta da detta doglianza non risulta contenuta nella decisione impugnata, tant’è che nella illustrazione del motivo rubricato, la ricorrente censura, in realtà, quella parte della pronuncia in cui la CTR ha asserito che la società con il patrocinio di nuovo difensore aveva tentato di riproporre l’appello, aggiungendo motivi nuovi nelle memorie illustrative che ‘ invece di tutta evidenza tali non sono; siffatta modalità di procedere è censurabile in ragione di quanto previsto dall’art. 60 del d.lgs. 564/92’. Sostenendo, al contrario, la ricorrente che le memorie difensive costituivano la prosecuzione e lo sviluppo dei motivi già contenuti nell’atto di appello e nelle perizie ad esse allegate, contrappone alla interpretazione degli atti operata dal giudice di merito una propria personale esegesi del ricorso e delle memorie, che si traduce in un’indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito. Ne consegue che detto accertamento è censurabile in sede di legittimità solo ove la motivazione sia così inadeguata da non consentire la ricostruzione dell'”iter” logico seguito da quel giudice per giungere ad attribuire all’atto negoziale un determinato contenuto oppure nel caso di violazione di norme ermeneutiche.
12.Quanto al primo motivo di ricorso, si osserva quanto segue.
Va qui considerato che la deduzione con il ricorso per cassazione di errores in procedendo -e non errores in iudicando come dedotto dalla società contribuente – implica che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il «fatto processuale» (Cass. Sez. U. 25 luglio 2019, n. 20181): la deduzione con il ricorso per cassazione di errores in procedendo , in relazione ai quali la Corte è anche giudice del fatto, potendo accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito, non esclude, infatti, che preliminare ad ogni altro esame sia quello concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo quando ne sia stata
positivamente accertata l’ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione, la Corte di cassazione può e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali (così Cass. 13 marzo 2018, n. 6014: cfr. pure: Cass. 29 settembre 2017, n. 22880; Cass. 8 giugno 2016, n. 11738; Cass. 30 settembre 2015, n. 19410).
Nella fattispecie, il mezzo di censura si risolve in stringati rimandi all’atto di appello, quali non consentono di apprezzare la reale consistenza della doglianza; purtuttavia, la ricorrente ha localizzato il ricorso in appello come allegato 6) del fascicolo di primo grado, il che ha indotto questa Corte ad acquisire i fascicoli del giudizio di merito, al fine di verificare la dedotta violazione dell’art. 53 d.lgs n. 546/92.
12. In via generale, va rilevato che, in tema di contenzioso tributario, la riproposizione, a supporto dell’appello, delle ragioni originarie poste a fondamento della pretesa fatta valere in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dall’art. 53 2 d.lgs. n. 546 del 1992, secondo il quale il ricorso in appello deve contenere «i motivi specifici dell’impugnazione» e non già «nuovi motivi», atteso il carattere devolutivo pieno, nel processo tributario, dell’appello, mezzo quest’ultimo non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito. Tale principio, più volte applicato quando all’Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni e argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell’avviso di accertamento annullato, vale, in pari misura, nel caso in cui sia la parte privata a limitarsi a ribadire in appello le ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo, contrapponendole alle argomentazioni
con le quali il giudice di primo grado ha ritenuto di rigettare l’atto introduttivo (tra le molte, v. Cass. del 22/1/2016, n. 1200; Cass. del 3/8/2016, n. 16163; Cass. del 22/03/2017, n. 7639; Cass. del 20/04/2018, n. 9937; Cass. del 11/05/2018, n. 11061). È invero necessario, in coerenza con quanto statuito dalle Sezioni Unite (Sez. U. del 16/11/2017, n. 27199) con riguardo agli artt. 342 e 434 cod.proc.civ., che l’impugnazione contenga una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, sicché alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata siano contrapposte quelle dell’appellante in vista della critica, e confutazione, delle ragioni del primo giudice. Ciò non significa, peraltro, che la mera riproposizione delle originarie argomentazioni non assolva a tale requisito: il dissenso, infatti, può legittimamente investire la decisione nella sua interezza, sostanziandosi proprio nelle argomentazioni che suffragavano la domanda o la pretesa rimasta disattesa; inoltre, non occorrendo « l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado>> (Sez. U, n. 27199/2017), i motivi d’appello non possono considerarsi assenti o carenti quando l’atto d’appello contenga una esplicita motivazione che, interpretata anche alla luce delle conclusioni formulate, non possa in alcun modo dirsi incerta, sicché essi risultano ricavabili, in termini inequivoci e univoci seppure per implicito, dall’intero atto d’impugnazione. Va dunque affermato il seguente principio di diritto: « in tema di contenzioso tributario la riproposizione a supporto dell’appello delle ragioni poste a fondamento dell’originaria impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della legittimità dell’accertamento (per l’Amministrazione finanziaria), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dall’art. 53 d.lgs. n. 546 del
1992 quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur per implicito, in termini inequivoci ».
Orbene, nel caso in esame, difetta sia la riproposizione delle ragioni poste a fondamento dell’originario ricorso, sia l’esposizione di argomentazioni o difese in contrapposizione alla argomentazione esposte dal primo giudice.
L’atto di appello contiene una sintetica premessa in fatto in ordine all’atto di compravendita oggetto di rettifica e al numero della sentenza che definiva il primo giudizio dinanzi alla CTP: a detta sommaria esposizione segue l’enunciazione che ‘ nonostante i motivi dedotti in primo grado, la sentenza impugnata è carente dei necessari nessi di causalità rispetto alla natura strumentale per destinazione dell’immobile e, dunque rispetto alla reddittività prodotta dall’attività alberghiera …’.
Segue la seguente elencazione: . Motivi rubricati sinteticamente e privi di supporto argomentativo, che non consentono di comprendere né il deficit motivazionale dell’atto opposto preso in considerazione né di individuare gli atti che avrebbero dovuto – ad avviso della contribuente -essere allegati all’avviso di rettifica; carenza che si rivela ancor più grave se si considera che la CTP aveva ritenuto genericamente formulate le contestazioni opposte alla rettifica e destituiti di fondamento i motivi posti a sostegno del ricorso.
Correttamente la Regionale ha concluso per l’inammissibilità del gravame non solo per la generica ed incomprensibile elencazione delle violazioni di legge in cui sarebbe incorso l’Ufficio o la CTP senza alcuna specificazione delle argomentazioni che avrebbero dovuto sostenerle, ma anche per l’assoluta inintelligibilità della
censura che dovrebbe attingere la sentenza gravata nella parte in cui si afferma che la sentenza sarebbe carente .
Né, la documentazione contabile prodotta unitamente al ricorso in appello in cui non era indicata la rilevanza della stessa e la sua decisività, ai fini del giudizio, poteva sopperire alla mancanza delle censure ex art. 53 cit.; la mancanza o l’assoluta incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, le quali, ai sensi dell’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, determinano l’inammissibilità dell’appello, sono ravvisabili qualora il gravame non contenga una motivazione interpretabile in modo inequivoco, potendo gli elementi di specificità dei motivi ricavarsi, anche per implicito, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni, ma non certamente dalla documentazione contabile prodotta in allegato dall’appellante senza alcuna specificazione da parte della società.
La norma cit. deve essere interpretata in conformità all’art. 14 disp. prel. cod.civ., dovendosi pertanto consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la chiara volontà di contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione (Cass. del 21/07/2020, n. 15519); ciò che rileva è che l’indicazione dei motivi specifici dell’impugnazione, richiesta dall’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992 -che non deve necessariamente consistere in una rigorosa e formalistica enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’appello -siano enucleati in una esposizione chiara ed univoca, anche se sommaria, sia della domanda rivolta al giudice del gravame, sia delle ragioni della doglianza(Cass. del 21/11/2019, n. 30341; Cass del. 10.5.2007, n. 1224).
Né va, infine, trascurato che, ancorchè l’appello abbia carattere devolutivo pieno, le deduzioni dell’appellante devono essere svolte in contrapposizione alle argomentazioni svolte dal giudice di primo grado, di cui la parte non può disinteressarsi, limitandosi a riproporre al giudice di secondo grado le medesime testuali difese contenute nel ricorso introduttivo, sebbene quest’ultima modalità di redazione dell’atto di appello se adottata -avrebbe potuto quanto meno rendere comprensibili al decidente le censure proposte, considerato che le deduzioni formulate avverso la sentenza impugnata devono essere comprensibili al giudice dell’impugnazione e non esposte in modo confuso e sconnesso dalla decisione( S.U. del 09/11/2011, n. 23229; Cass. del 22/02/2017, n. 4558; Cass. del 20.01.2017, n. 1461; Cass. del 20.12.2018, n. 32954).
Alcuna rilevanza può attribuirsi alle memorie difensive depositate oltre il termine previsto dalla legge, in violazione dell’art. 32 del d.lgs. n. 546/1992. La parte, a norma del comma 2, dell’art. cit., che intende presentare le memorie illustrative, deve depositarle presso la segreteria della commissione tributaria entro il termine perentorio di dieci giorni prima la data fissata per l’udienza di trattazione della controversia, se la discussione avviene in pubblica udienza in tante copie quante solo le controparti oltre a quella per il collegio.
Le memorie illustrative consentono alla parte di meglio dedurre, esplicitare le ragioni delle proprie doglianze, tanto a fronte dell’atto di controparte o a seguito di modifiche legislative retroattive o più favorevoli al contribuente, o semplicemente per meglio chiarire la portata delle proprie ragioni, con l’unico limite che è rappresentato dall’impossibilità di addurre ulteriori motivi di ricorso ed ampliare la domanda, tanto, come anticipato nell’articolo 19 del decreto in esame, in ossequio al principio di immodificabilità della domanda. Con le espressioni ‘memorie illustrative’ (da depositarsi fino a dieci
giorni liberi prima della data di trattazione) e ‘brevi repliche’ (consentite fino a cinque giorni prima), il legislatore ha inteso evidenziare come questa sia una fase di precisazioni in cui le parti possono sviluppare motivi già dedotti ma non proporre motivi aggiunti (salvo, per il ricorrente, il disposto dell’articolo 24, comma 2). Pertanto, la natura degli scritti difensivi in argomento sembra essere più affine alle ‘memorie conclusionali’ (che l’articolo 190 del codice di procedura civile, nel testo pre-vigente, prevede nel giudizio civile ordinario) che non, per quanto riguarda l’ufficio, alla memoria di costituzione per resistere al ricorso da depositarsi, ex articolo 23, commi 1 e 2, entro sessanta giorni dalla notifica o ricezione dello stesso. Nel processo tributario, caratterizzato da una domanda impugnatoria dell’atto del fisco per vizi formali o sostanziali, l’oggetto del giudizio è circoscritto dai motivi di contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione che il contribuente deve dedurre specificamente nel ricorso introduttivo di primo grado che può modificare o integrare solo con motivi aggiunti, consentiti, ex art. 24 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nella limitata e peculiare ipotesi di “deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione”, mentre la possibilità di depositare memorie illustrative( e documenti) sino a dieci giorni prima, ha lo scopo di illustrare ed argomentare i motivi di ricorso, senza modificarne il ” thema decidendum ” ( Cass. del 15/10/2013, n. 23326; Cass. del 13/04/2017, n. 9637).
I ricorsi vanno dunque respinti.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M. La Corte
-Pronunciando sui ricorsi riuniti, rigetta il ricorso – recante n. Rg 3479/2017 – per la revocazione della sentenza n. 4263/9/2016,
nonchè il ricorso per cassazione – Rg 11069/2016 – della sentenza 5670/VI/2015 della CTR Lazio;
-Condanna la società ricorrente alle spese dei presenti giudizi riuniti che liquida, complessivamente, in euro 6.000,00, per compensi, oltre spese prenotate a debito;
-ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per entrambi i ricorsi, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione