Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3789 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3789 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/02/2024
Avv. Acc. IRPEF 2005
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14242/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in INDIRIZZO, INDIRIZZO rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-ricorrente – contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, INDIRIZZO.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA n. 11011/29/2015, depositata in data 04 dicembre 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 dicembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Dato atto che il AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, ha concluso per l’accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, con ogni conseguenziale statuizione.
Rilevato che:
La contribuente riceveva notifica dall’RAGIONE_SOCIALE provinciale I di Napoli -dell’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo ad IRPEF ed altro per l’anno di imposta 2005; costei risultava possedere beni indice di capacità contributiva non dichiarati, ossia incrementi patrimoniali -principalmente da acquisto di azioni, una collaboratrice domestica, quattro unità immobiliari dislocate tra Capri e Napoli, diversi box, redditi diversi per plusvalenze realizzate nel 2005.
Avverso l’avviso di accertamento, la contribuente proponeva ricorso dinanzi la C.t.p. di Napoli; resisteva l’ Ufficio con controdeduzioni.
La C.t.p. di Napoli, con sentenza n. 776/09/2013, rigettava il ricorso della contribuente sul presupposto dei gravi elementi emersi a suo carico, atti a corroborare l’accertamento fiscale.
Contro la sentenza proponeva appello la contribuente dinanzi la C.t.r. della Campania; resisteva l’Ufficio con controdeduzioni .
Con sentenza n. 11011/29/2015, depositata in data 4 dicembre 2015, la C.t.r. adita accoglieva il gravame dichiarando illegittimo l’avviso di accertamento impugnato.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Campania, l’Ufficio ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La contribuente ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 13 dicembre 2023 per la quale.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione degli artt. 112, 329 e 346 cod. proc. civ., nonché dell’art. 53 Cost. e 56 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.» l’RAGIONE_SOCIALE lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha accolto l’impugnazione della contribuente in base a doglianze non proposte nell’atto di appello.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione degli artt. 43 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella versione ratione temporis applicabile, dell’art. 37, comma 24 e 26, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’RAGIONE_SOCIALE lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto che l’esercizio del potere di accertamento sarebbe stato esercitato fuori dai casi consentiti in quanto al momento della notifica dell’avviso erano già decorsi i termini per l’esercizio del potere impositivo.
2. Il primo motivo è fondato.
Risulta ex actis , e specificatamente dalla lettura dell’atto di appello della contribuente – che, in ossequio del principio di autosufficienza, risulta trascritto nel ricorso in Cassazione – che la parte appellante, con l’atto di appello, non aveva riproposto lo specifico motivo di impugnazione riferito all’omesso esame della eccezione di intervenuta decadenza dell’Ufficio per superamento dei termini per l’accertamento stabiliti dall’art.43 d.P.R. 600 del 1973. Sicchè la questione della decadenza, non specificamente riproposta in appello deve intendersi rinunciata a norma dell ‘art. 56 d.lgs. 546 del 1992 laddove la sentenza di appello ha dichiarato illegittimo l’accertamento proprio sulla questione dell’inesistenza della proroga del termine di decadenza.
Costituisce principio giurisprudenziale pacifico quello secondo cui affinché un capo di sentenza possa ritenersi validamene impugnato non è sufficiente che nell’atto d’appello sia manifestata una volontà in tal senso, ma è necessario che sia contenuta una parte argomentativa che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, con espressa e motivata censura, miri ad incrinarne il fondamento logico-giuridico. Ne consegue che deve ritenersi passato in giudicato il capo della sentenza di primo grado in merito al quale l’atto d’appello si limiti a manifestare generiche
perplessità, senza svolgere alcuna argomentazione idonea a confutarne il fondamento ( S.U. 09/11/2011, n. 23299). Sotto questo profilo non costituisce motivo specifico di appello, richiesto dall’art. 53, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992 a pena di inammissibilità dell’impugnazione, il riferimento del tutto generico alla omissione di pronuncia ‘su alcune censure sollevate in sede di ricorso’ e la richiesta conclusiva di riforma della sentenza di primo grado ‘per omissione e difetto di pronuncia su ogni e qualsivoglia censura sollevata in sede di ricorso introduttivo’.
3 Dall’accoglimento del primo motivo discende l’assorbimento del secondo.
In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso e, assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio del giudizio innanzi al giudice a quo, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di Giustizia di secondo grado RAGIONE_SOCIALE Campania, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 13 dicembre 2023