Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20103 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 20103 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 2490/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona dell’ex legale rappresentante, nonché COGNOME RAGIONE_SOCIALE rappresentati e difesi dal prof. avv. COGNOME (domicilio digitale: EMAIL
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
nonché nei confronti di
NOME
-intimato- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA PUGLIA, SEZIONE STACCATA DI FOGGIA, n. 1855/2021 depositata l’11 giugno 2021
udita la relazione svolta nell’udienza pubblica del 4 giugno 2025 dal
Consigliere COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale COGNOME COGNOME il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per la controricorrente l’avvocato generale dello Stato COGNOME FrancescoCOGNOME
FATTI DI CAUSA
Sulla scorta delle risultanze delle indagini finanziarie condotte ai sensi dell’art. 32, comma 1, n. 7) del D.P.R. n. 600 del 1973 su conti correnti di corrispondenza e su conti di deposito intestati a soggetti terzi, l’Ufficio di Manfredonia dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti della RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, breviter , RAGIONE_SOCIALE), cancellata dal registro delle imprese e già esercente lavori generali di costruzione di edifici, tre distinti avvisi di accertamento con i quali rettificava il reddito d’impresa dichiarato dalla prefata società in relazione agli anni 2003, 2004 e 2005.
Il medesimo Ufficio notificava, inoltre, agli ex soci NOME COGNOME e NOME COGNOME altri sei avvisi di accertamento, tre per ciascuno, mediante i quali imputava loro per trasparenza, in proporzione alla rispettiva quota di partecipazione agli utili, il maggior reddito così rideterminato in capo all’ente collettivo per gli anni d’imposta innanzi indicati, operando le conseguenti riprese fiscali ai fini dell’IRPEF e irrogando le sanzioni amministrative previste dalla legge.
Al solo COGNOME venivano, poi, notificati tre ulteriori avvisi di accertamento con i quali si recuperavano a tassazione, ai fini delle imposte dirette e dell’IVA, compensi professionali non dichiarati, ricondotti alla categoria dei redditi di lavoro autonomo, asseritamente derivanti dall’attività di amministratore di diverse società da lui esercitata negli stessi anni 2003, 2004 e 2005.
I sunnominati COGNOME e COGNOME, in proprio e nella qualità di ex soci della RAGIONE_SOCIALE, ognuno per quanto di rispettivo interesse, impugnavano i dodici avvisi di accertamento in parola proponendo altrettanti autonomi ricorsi davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Foggia, la quale, riuniti i procedimenti e riconosciuta la fondatezza delle ragioni da loro addotte, annullava tutti gli atti impositivi.
La decisione era successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, che con sentenza n. 258/25/11 del 4 luglio 2011, rigettava l’appello erariale.
Tale sentenza, tuttavia, veniva in sèguito cassata con rinvio da questa Corte, che con ordinanza n. 9423/2020 del 22 maggio 2020 accoglieva il primo e il secondo motivo del ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia delle Entrate, con assorbimento degli altri, rilevando quanto segue: – erroneamente la CTR aveva affermato che l’instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale costituiva un obbligo per l’Amministrazione Finanziaria; – i giudici di secondo grado avevano «compiuto una valutazione di generale implausibilità dell’accertamento dell’Ufficio e di generale plausibilità delle giustificazioni addotte dai contribuenti, senza verificare alcuna delle operazioni bancarie oggetto di accertamento, e ciò nonostante le allegazioni dell’Ufficio tendessero a ricostruire, come ingiustificate, tutte le operazioni bancarie oggetto dell’accertamento fiscale, ed in particolare le movimentazioni dei conti correnti ‘terzi’, ovvero (quelli) intestati al Notarangelo e quelli cointestati allo stesso ed al COGNOME, attesa la loro qualità di soci della società» ; -non risultavano soddisfatti «i canoni dell’analiticità della valutazione della prova e, a monte, di ciascuna contestazione dell’Amministrazione nel confronto con le allegazioni giustificative addotte dal contribuente» , avendo la Commissione «esaminato le movimentazioni secondo una ripartizione dell’onere
probatorio approssimativo ed erroneo e senza analizzare il quadro complessivo dei fatti oggetto di giudizio» .
Il susseguente giudizio di rinvio celebratosi dinanzi alla medesima sezione staccata di Foggia della CTR pugliese, in diversa composizione, esitava nella sentenza n. 1855/2021 dell’11 giugno 2021, che questa volta accoglieva l’appello dell’Agenzia delle Entrate e, per l’effetto, rigettava gli originari ricorsi dei contribuenti.
A fondamento della pronuncia adottata il collegio giudicante osservava che: dovevano intendersi rinunciate alcune delle questioni proposte dai contribuenti con l’atto di riassunzione, in quanto le stesse non avevano precedentemente formato oggetto di appello incidentale e di ricorso incidentale per cassazione; – a fronte della presunzione legale relativa di ricavi non dichiarati stabilita dall’art. 32, comma 1, n. 2) del D.P.R. n. 600 del 1973 in caso di accertamenti fondati sulle risultanze di indagini bancarie, i contribuenti non avevano dimostrato in maniera analitica che i singoli prelevamenti e versamenti contestati dall’Ufficio non si riferissero a operazioni imponibili; -le indagini erano state legittimamente estese ai conti intestati a soggetti terzi ritenuti riconducibili alla società verificata, fra i quali lo stesso COGNOME che ne era stato socio e legale rappresentante; – anche rispetto ai dati in tal modo acquisiti operava in favore dell’Ufficio l’anzidetta presunzione legale; – quanto agli avvisi di accertamento emessi per il recupero a tassazione dei redditi di lavoro autonomo percepiti dal COGNOME, l’assunto difensivo secondo cui egli avrebbe svolto a titolo gratuito l’attività di amministratore di diverse società era smentito dalle dichiarazioni rese in sede di contraddittorio endoprocedimentale dal suo procuratore; d’altro canto, le dichiarazioni di rinuncia al compenso prodotte in giudizio dal contribuente andavano considerate prive di data certa, perchè non autenticate da un pubblico ufficiale, non in regola con il bollo e non
registrate.
Contro questa sentenza NOME COGNOME in proprio e nella qualità di ex socio e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE ha spiegato ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
Per la discussione orale del ricorso era stata inizialmente fissata la pubblica udienza del 9 maggio 2024.
All’esito della detta udienza, con ordinanza interlocutoria n. 25150/2024 depositata il 19 settembre 2024, il Collegio disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte NOME COGNOME e la rinnovazione della notificazione del ricorso eseguita nei riguardi dell’Agenzia delle Entrate, ritenuta affetta da nullità, all’uopo rinviando la causa a nuovo ruolo.
Espletati gli incombenti, l’Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso per resistere all’avverso gravame di legittimità, mentre il COGNOME è rimasto intimato.
La causa è stata, quindi, nuovamente chiamata per la discussione all’odierna pubblica udienza.
Entro il termine di cui al comma 1 dell’art. 378 c.p.c. il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha depositato memoria, concludendo per il rigetto del ricorso.
Nel successivo termine di cui al comma 2 del medesimo articolo anche i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via pregiudiziale, va osservato che il ricorrente ha regolarmente adempiuto gli incombenti processuali disposti dalla Corte con ordinanza interlocutoria n. 25150/2024 del 19 settembre 2024, depositando nei venti giorni successivi alla scadenza del termine all’uopo assegnato la documentazione comprovante l’attività espletata, giusta quanto stabilito a pena di improcedibilità dall’art. 371 -bis c.p.c., applicabile estensivamente all’ipotesi di
rinnovazione della notificazione del ricorso (cfr. Cass. Sez. Un. n. 19706/2015; id., Cass. n. 1930/2017 e Cass. n. 9097/2019).
1.1 Tanto premesso, con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., è dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art. 56 del D. Lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 112 c.p.c..
1.2 Si censura l’impugnata sentenza per aver ritenuto rinunciate, in quanto non devolute nei successivi gradi di giudizio a mezzo di appello incidentale e di ricorso incidentale per cassazione, alcune questioni sollevate dai contribuenti con i libelli introduttivi delle varie controversie poi riunite, le quali erano rimaste assorbite dalla decisione assunta dalla CTP.
Trattavasi, in particolare, di quelle concernenti: 1)la nullità degli avvisi di accertamento ; 2)la nullità degli ulteriori avvisi notificati a NOME COGNOME per violazione dell’art. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973; 3)la gratuità dell’attività di amministratore dallo stesso prestata; 4)l’inapplicabilità dell’IVA ai presunti compensi da lui percepiti nell’esercizio di tale attività; 5)l’incidenza percentuale forfettaria dei costi di produzione deducibili dall’ammontare dei presunti maggiori ricavi conseguiti dalla società.
1.3 Viene, al riguardo, obiettato che l’avvenuta riproposizione delle cennate questioni nel giudizio di secondo grado, ai sensi dell’art. 56 del D. Lgs. n. 546 del 1992, era sufficiente a impedire che esse potessero considerarsi abbandonate.
Con il secondo motivo, inquadrato nello schema dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è lamentata la violazione o falsa applicazione dell’art. 32, comma 1, n. 2) del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 52, comma 1 ( recte : 51, comma 2 -n.d.r.), n. 2) del D.P.R. n. 633 del 1972, nonché degli artt. 2697 e 2729 c.c..
2.1 Si rimprovera alla CTR di aver a torto reputato operante nel
caso di specie la presunzione legale di ricavi non contabilizzati posta dai summenzionati artt. 32, comma 1, n. 2) del D.P.R. n. 600 del 1973 e 51, comma 2, n. 2) del D.P.R. n. 633 del 1972, sebbene l’Amministrazione Finanziaria non avesse fornito alcuna prova, , della riconducibilità alla RAGIONE_SOCIALE dei prelevamenti e versamenti registrati sui conti correnti bancari oggetto delle indagini finanziarie, i quali risultavano intestati ai soci NOME COGNOME e NOME COGNOME e a tale NOME COGNOME soggetto del tutto estraneo alla compagine sociale.
Con il terzo mezzo, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., è denunciata la nullità dell’impugnata sentenza per motivazione omessa o solo apparente, imputandosi alla Commissione regionale di aver apoditticamente affermato la riferibilità alla RAGIONE_SOCIALE dei conti correnti bancari intestati a soggetti terzi, senza minimamente dare conto delle ragioni del proprio convincimento.
Con il quarto motivo, sussunto nel paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è prospettata la violazione o falsa applicazione dell’art. 2704 c.c..
4.1 Si sostiene che avrebbero errato i giudici del rinvio nel ritenere priva di data certa la documentazione prodotta dal Notarangelo allo scopo di dimostrare la natura gratuita dell’attività di amministratore resa a favore delle varie società indicate negli avvisi di accertamenti emessi nei suoi confronti ai fini del recupero a tassazione dei presunti compensi percepiti .
Iniziando la disamina dal primo motivo, va anzitutto rilevato che esso appare rispettoso del requisito di specificità di cui all’art. 366, comma 1, n. 6) c.p.c., modulato secondo criteri di sinteticità e chiarezza in ossequio alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa COGNOME ed altri c/Italia), in quanto riporta il contenuto essenziale della decisione di primo grado e delle
contro
deduzioni depositate nel giudizio d’appello dai contribuenti, per la parte necessaria allo scrutinio della doglianza, oltre ad essere accompagnato dal deposito degli atti ivi richiamati (cfr. Cass. n. 8950/2022, Cass. n. 8117/2022, Cass. n. 3612/2022).
5.1 L’osservanza di tale requisito, necessaria pure in caso di denuncia di «errores in procedendo» (cfr. Cass. n. 28072/2021, Cass. n. 6235/2019, Cass. n. 2771/2017), pone la Corte, che in questo caso è giudice anche del fatto, in condizione di verificare la fondatezza del motivo mediante l’esame diretto degli atti di causa.
5.2 Da esso emerge che effettivamente le questioni indicate nel sottoparagrafo 1.2 erano rimaste assorbite dalle statuizioni adottate dalla CTP, che con sentenza n. 346/7/09 del 26 novembre 2009 aveva annullato per altra ragione -e cioè per ravvisata violazione del diritto di difesa nella fase amministrativa- tutti gli avvisi di accertamento oggetto dei separati ricorsi, poi riuniti, introdotti COGNOME e dal COGNOME, anche quali ex soci della cessata RAGIONE_SOCIALE
5.3 Lo stesso collegio di prime cure aveva dato atto di ciò, precisando, nella parte finale della motivazione, che «resta (va) no assorbiti tutti gli altri motivi dei ricorsi» .
5.4 In un simile contesto, poiché il giudizio di primo grado aveva avuto un esito per loro totalmente vittorioso, i contribuenti non erano affatto tenuti ad avvalersi dello strumento dell’appello incidentale per investire di quelle questioni il giudice superiore, risultando all’uopo sufficiente la riproposizione delle stesse ai sensi dell’art. 56 del D. Lgs. n. 546 del 1992 (cfr. Cass. n. 16225/2024, Cass. n. 9343/2020, Cass. n. 14534/2018), ritualmente effettuata con l’atto di controdeduzioni depositato dinanzi alla CTR.
5.5 Tantomeno essi erano onerati, nel susseguente giudizio di cassazione, di esperire un ricorso incidentale (condizionato), onde evitare di incorrere in un’inesistente presunzione di rinuncia ai motivi assorbiti; chè anzi un eventuale ricorso a tal fine proposto
sarebbe andato incontro a una declaratoria di inammissibilità, come da costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 3742/2025, Cass. n. 15893/2023, Cass. n. 19503/2018).
5.6 Ha, pertanto, errato la Commissione regionale nell’affermare che i motivi di cui si discute dovevano intendersi «rinunciati» e non riproponibili nel giudizio di rinvio, nel quale «è precluso alle parti di ampliare il thema decidendum e di formulare nuove domande ed eccezioni» .
5.7 Fermo quanto precede, va notato che su alcune delle questioni reiterate dai contribuenti con l’atto di riassunzione ex art. 63, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992 -ovvero quelle concernenti: (a)la nullità degli avvisi di accertamento emessi a carico del Notarangelo per il recupero a tassazione dei compensi professionali non dichiarati; (b)l’inapplicabilità dell’IVA sui detti compensi; (c)l’incidenza percentuale forfettaria dei costi di produzione deducibili dall’ammontare dei presunti maggiori ricavi conseguiti dalla società- il giudice del rinvio si è astenuto dal pronunciare, in coerenza con la loro dichiarata inammissibilità, ancorchè impropriamente espressa in termini di ( «rigetta tutte le altre eccezioni del contribuente indicate con le lettere A-D-E-F-G perché le ritiene ‘rinunciate’…» ).
5.8 Per contro, le questioni relative all’asserito difetto di prova della riconducibilità alla RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE dei conti intestati a soggetti terzi e all’eccepita gratuità delle prestazioni di amministratore rese dal COGNOME sono state comunque esaminate nel merito dalla Commissione regionale.
5.9 Sul punto, è bene precisare che le motivazioni spese al riguardo nell’impugnata sentenza devono ritenersi prive di ogni valenza giuridica, perchè provenienti da un giudice che si era ormai spogliato della «potestas decidendi» mediante la statuizione di , id est , delle suddette questioni.
5.10 Sovviene, sul tema, il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo il quale la declaratoria di inammissibilità della domanda o del gravame pronunciata dal giudice definisce e chiude il giudizio, con la conseguenza che le considerazioni di merito che questi abbia comunque espresso restano irrimediabilmente avulse dal contesto della decisione, non tanto perchè non trovano sbocco nel dispositivo o perchè sono formulate in via ipotetica e in modo per lo più sommario e approssimativo, quanto per l’insuperabile ragione che dette valutazioni provengono da un giudice che si è già spogliato della «potestas iudicandi» in relazione al merito della fattispecie controversa.
Ne consegue che è ammissibile l’impugnazione rivolta contro la sola statuizione pregiudiziale, mentre è inammissibile, per difetto di interesse, quella che pretenda un sindacato anche sulla motivazione inerente al merito, da reputarsi priva di effetti, siccome esposta solo «ad abundantiam» nella sentenza gravata (cfr. Cass. Sez. Un. n. 3840/2007; id. , ex multis , Cass. n. 19419/2021, Cass. n. 31700/2023, Cass. n. 32092/2024).
5.11 Alla stregua delle surriferite «regulae iuris» , i restanti motivi di ricorso per cassazione non possono trovare ingresso, essendo diretti a confutare le argomentazioni svolte dalla CTR sul merito delle «eccezioni» che essa stessa aveva dichiarato inammissibili perchè precedentemente «rinunciate» .
5.12 Attesa la priorità logica delle questioni erroneamente ritenute precluse -segnatamente quelle riguardanti la riferibilità alla RAGIONE_SOCIALE.n.c. dei conti intestati a terzi e la gratuità delle prestazioni di amministratore espletate dal COGNOME-, pèrdono ogni rilievo anche le osservazioni del collegio regionale circa il mancato assolvimento da parte dei contribuenti dell’onere della prova analitica in ordine alla non imponibilità delle singole operazioni di prelevamento e versamento contestate dall’Ufficio.
Per quanto precede, va dunque disposta, ai sensi degli artt. 383, comma 1, e 384, comma 2, prima parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, la cassazione dell’impugnata sentenza, in relazione alla censura accolta, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di Foggia, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia uniformandosi ai princìpi di diritto sopra enunciati.
6.1 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità, a norma degli artt. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. cit..
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibili i restanti; cassa la sentenza impugnata, in relazione alla censura accolta, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di Foggia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione