Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13900 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13900 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/05/2025
Oggetto: Accertamento induttivo Irpef, Irap ed Iva 2006 – Giudicato – Violazione del contraddittorio endoprocedimentale – Violazione del diritto di difesa.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23493/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale allegata al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, n. 1227/10/2020, depositata in data 25 febbraio 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L ‘Agenzia delle Entrate , Ufficio di Milazzo, notificava alla società ricorrente, esercente l’attività di ‘riparazione carrozzeria autoveicoli’, l’ avviso di accertamento n. RJF030200131/2010, con
cui recuperava ad imposizione, per l’anno 200 6, un maggior reddito Irap di euro 982,00 ed IVA di euro 5.352,00, con applicazione della sanzione unica di euro 6.961,00.
L’avviso traeva origine dal la verifica fiscale eseguita dalla Guardia di Finanza presso la ditta individuale RAGIONE_SOCIALE di Addea Daniele ‘ , nel corso della quale venivano rinvenuti , all’interno della documentazione extracontabile, numerosi ‘buoni di consegna’ di pezzi di ricambio emessi nei confronti dell ‘odierna ricorrente e da questa acquistati in nero, ovvero senza l’emissione di alcun documento fiscale.
La società presentava ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Messina deducendo: a) l’inesistenza della notifica dell’avviso di accertamento; b) la nullità dello stesso per violazione degli artt. 42 d.P.R. n. 600/1973 e 7 l. 212/2000, per la mancata allegazione ‘della documentazione sottesa alla determinazione della pretesa tributaria’; c ) la mancata prova della pretesa tributaria; d) la nullità dell’avviso per d1) effetto della inesistenza della pretesa tributaria e d2) per l’erroneità d elle determinazioni del volume di affari e delle percentuali di ricalcolo.
L’Ufficio si costituiva contestando l’avverso ricorso.
La società depositava memorie illustrative, con le quali si riportava ai motivi già svolti ed eccepiva, per la prima volta, la violazione dell’art. 12, commi 1, 2 e 7, l. 212/2000 per non essere stata preventivamente informata della verifica fiscale e per non aver ricevuto la notifica del processo verbale di chiusura delle operazioni.
La CTP annullava l’avviso di accertamento ritenendo sussistente, nella specie, un rapporto commerciale tra le due imprese, e compensava le spese di lite.
La contribuente interponeva appello innanzi alla Commissione tributaria regionale della Sicilia censurando solo la compensazione delle spese e chiedendo, quindi, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, la condanna dell’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
L’Agenzia impugnava a sua volta la decisione con autonomo atto di appello, deducendo la legittimità dell’accertamento induttivo svolto ai sensi dell’art. 39 comma 1 lett. c) e d) DPR 600/73 .
Con memoria depositata il 29.03.2013 la contribuente eccepiva l’omessa notifica dell’atto di appello dell’Ufficio, di cui avrebbe incidentalmente appreso attraverso un giudizio connesso; eccepiva, quindi, l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza di prime cure.
La CTR, riuniti i gravami, accoglieva l’appello dell’Agenzia delle e ntrate e affermava la legittimità dell’avviso di accertamento , atteso che la documentazione extracontabile rinvenuta era tale da legittimare la determinazione di maggiori ricavi non contabilizzati.
Avverso la decisione della CTR ha proposto ricorso per cassazione la contribuente, affidandosi a due motivi. L’Ufficio resiste con controricorso.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 06/02/2025. La contribuente ha depositato memoria ex art. 380bis1 cod. proc. civ..
Considerato che:
Con il primo strumento di impugnazione la contribuente lamenta la «violazione, errata e mancata applicazione del combinato disposto degli artt. 327, 342, 324 e 334 c.p.c., 330 comma 1 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.» per avere la CTR omesso di pronunciarsi sull’eccezione pregiudiziale di passaggio in giudicato della sentenza di primo grado della CTP di Messina, per vano decorso del termine semestrale di impugnazione ex art. 327 c.p.c. . Deduce la contribuente che l’appello proposto dall’Ufficio non le sarebbe mai stato notificato, di qui il passaggio in giudicato della sentenza di prime cure in relazione all’annullamento dell’accertamento, come ritualmente eccepito innanzi alla CTR.
Il motivo è infondato.
Premesso che la CTR ha effettivamente omesso qualsiasi decisione sulla eccezione di giudicato sollevata dalla ricorrente, pur
avendola riportata nella parte della sentenza dedicata allo svolgimento del processo, l’eccezione (e, quindi, l’odierno motivo) sono infondati.
Va premesso che essendo stato denunciato un error in procedendo questa Corte può esaminare gli atti processuali: infatti, la deduzione della omessa pronuncia su un motivo di appello o su un’eccezione proposta in quella sede integra un error in procedendo che legittima il giudice di legittimità all’esame degli atti del giudizio, in quanto l’oggetto di scrutinio attiene al modo in cui il processo si è svolto, ossia ai fatti processuali che quel vizio possono aver provocato ( ex multis Cass. 17/06/2023, n. 16028).
Orbene, dall’esame degli atti processuali emerge che l’appello erariale fu notificato a mezzo raccomandate a.r. ricevute in data 16.9.2013 presso la sede sociale ed in data 17.9.2013 presso il difensore della società (avvocato NOME COGNOME.
Pertanto, il motivo va rigettato.
Con il secondo motivo la ricorrente eccepisce la «violazione, errata e mancata applicazione del combinato disposto degli artt. 7 comma 1, 12 commi 1 e 2 l. 212/2000, art. 42 d.p.r. 600/1973, art. 24 Cost, art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. ».
La doglianza si sviluppa lungo plurime direttrici, venendo dedotta l’omessa pronuncia sotto 3 aspetti: anzitutto, sulla nullità d ell’avviso di accertamento , eccepita sin dal primo grado, per la mancata allegazione della documentazione su cui si fondino an e quantum debeatur (secondo motivo di ricorso alla CTP), ovvero del PVC e dei buoni di consegna ivi indicati , ritenuti ‘mere annotazioni meccanografiche’; in secondo luogo, sull’eccepita mancata produzione in giudizio, da parte dell’Ufficio, dei detti buo ni di consegna (che costituisce la contabilità in nero di un terzo, ‘il nocciolo duro’ dell’accertamento); infine, sulla mancata informazione preventiva circa la sottoposizione a verifica fiscale e sulla mancata notificazione del processo verbale delle operazioni compiute, eccepite nelle memorie illustrative depositate in primo grado.
Il motivo è infondato.
Va, opportunamente, ripercorso, alla luce degli atti dei gradi merito puntualmente allegati al ricorso, lo sviluppo della difesa della contribuente con riferimento all’asserita violazione del contraddittorio endoprocedimentale:
nel ricorso di prime cure la ricorrente eccepiva la nullità dell’atto impugnato ‘per mancata allegazione della documentazione sottesa alla determinazione della pretesa tributaria’, ovvero il PVC redatto dalla Guardia di Finanza ed i buoni di consegna;
nelle memorie illustrative depositate in primo grado (il 2.1.2013) la contribuente precisava la doglianza relativa ai buoni di consegna, definiti ‘mere annotazioni meccanografiche’, e, per la prima volta, eccepiva la violazione dell’art. 12, commi 1, 2 e 7, dello statuto del contribuente per non essere stata preventivamente informata di essere sottoposta e verifica e per la mancata notificazione del PVC;
analoga difesa veniva svolta in sede di gravame, nelle controdeduzioni depositate avverso il gravame dell’Ufficio.
Orbene, sulle prime due doglianze vi è stata espressa decisione della CTR, con argomenti chiari ed esaustivi e, perciò, condivisibili. Infatti , con riferimento alla mancanza di motivazione dell’avviso di accertamento la CTR ha espressamente condiviso la decisione della CTP rilevando che ‘la mancata allegazione del pvc della GdF non produce nullità in quanto gli elementi essenziali sono contenuti nella motivazione dell’atto’ (pag. 4 della sentenza gravata); parimenti , sulla dedotta mancata allegazione e sulla irrilevanza probatoria dei buoni di consegna, vi è stata espressa ed esaustiva pronuncia della CTR, avendo questa evidenziato che: a) la documentazione extracontabile era stata minuziosamente descritta in un prospetto riepilogativo allegato all’avviso di accertamento ; b) i buoni relativi ad acquisti di autoricambi ed accessori per auto in cui sono riportati data, importo, emittente ed acquirente e tipo di transazione, lungi dall’integrare ‘mere annotazioni meccanografiche’, sono elementi
indiziari fondanti l’accertamento di maggiori ricavi; c) le due imprese, oggettivamente coinvolte, sono state messe in grado di espletare tempestivamente ed esaustivamente il diritto di difesa.
Il motivo è, infine, infondato anche con riferimento alla omessa pronuncia sulla terza doglianza (violazione dell’art. 12, commi 1, 2 e 7, della l. 212/2000), atteso che si trattava di una doglianza nuova, perciò inammissibile, in quanto proposta in primo grado solo nelle memorie illustrative.
Secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte la funzione delle memorie illustrative consiste nella integrazione o, propriamente, nell’illustrazione dei motivi già dedotti nel ricorso introduttivo, potendo di contro essere proposti motivi aggiunti solo se conseguenti al deposito, da parte dell’A.F., di documentazione non conosciuta: «nel processo tributario, caratterizzato dall’introduzione della domanda nella forma dell’impugnazione dell’atto fiscale, l’indagine sul rapporto sostanziale è limitata ai motivi di contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione che il contribuente deve specificamente dedurre nel ricorso introduttivo di primo grado. Ne consegue che il giudice deve attenersi all’esame dei vizi di invalidità dedotti in ricorso, il cui ambito può essere modificato solo con la presentazione di motivi aggiunti, ammissibile, ex art. 24 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, esclusivamente in caso di ‘ deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione ‘» (Cass. 02/07/2014, n. 15051; nella specie la S.C. ha confermato l’inammissibilità della memoria integrativa dei motivi del ricorso, con cui erano dedotti vizi di inesistenza/nullità della notifica dell’atto impositivo già impugnato, sul rilievo che essi, proprio in ragione dell’intervenuta impugnazione dell’atto notificato, erano già conosciuti dal contribuente al momento della presentazione del ricorso introduttivo, mentre non era stata articolata alcuna prova per dimostrare la mancata o il diverso momento di conoscenza; conf. Cass. 05/09/2024, n. 23856).
Nella specie l’eccepita violazione dell’art. 12, commi 1, 2 e 7, l. 212/2000 è sicuramente nuova ed autonoma, ovvero non ricollegabile in alcun modo ai motivi già proposti nel ricorso introduttivo e, in particolare, alla nullità dell’avviso di accertamento per vizi di motivazione – dei quali non può considerarsi una ‘specificazione’, né deriva da documentazione nuova depositata dall’Ufficio in giudizio.
Correttamente, quindi, la CTR ha omesso qualsiasi decisione sulla detta, inammissibile, doglianza.
Il ricorso va, per tutto quanto esposto, integralmente rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono, infine, i presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , delle spese processuali che si liquidano in complessivi Euro 2.000,00 oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 febbraio 2025.