Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6108 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6108 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Oggetto: Tributi
Art. 24, comma 2, del d.lgs. n 546/92
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/03/2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 834 del ruolo AVV_NOTAIO dell’anno 20 21, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore, in Roma, INDIRIZZO;
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 3008/05/2020, depositata in data 14 ottobre 2020.
Lette le conclusioni scritte del P.G., in persona del AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 gennaio 2024 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE impugnava l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, emesso ai fini Ires, Irap e Iva, relativo all’anno di imposta 2010, parzialmente annullato in autotutela dall’Ufficio, dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma eccependo la nullità dell’atto per sottoscrizione ad opera di funzionario privo della qualifica di impiegato della carriera direttiva, nonché l’omesso contraddittorio preventivo ex art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000.
L’Ufficio si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.
Con successiva memoria la società contribuente integrava i motivi di impugnazione originari eccependo anche un difetto di delega di firma del sottoscrittore dell’atto.
La CTP di Roma, con sentenza n. 7290/13/2018, rigettava il ricorso.
La società contribuente proponeva appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio ribadendo le censure di prime cure inclusa quella di difetto di delega.
La CTR del Lazio, con sentenza n. 3008/05/2020, depositata in data 14 ottobre 2020, accoglieva l’appello ritenendo ammissibile in quanto ‘ espressa nella memoria aggiunta al ricorso introduttivo ‘ – e fondata la questione del difetto di delega non avendo l’Ufficio documentato l’esisten za di una delega da parte del direttore provinciale in favore del funzionario firmatario dell’avviso in questione.
7.Avverso la suddetta sentenza, l’Ufficio propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo.
La società contribuente resiste con controricorso illustrato con successiva memoria.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo di ricorso, l’RAGIONE_SOCIALE denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., 18 e 24 del d.lgs. n. 546/92 per avere la CTR annullato l’avviso in questione per difetto di delega del sottoscrittore sebbene la società avesse contestato- come affermato dallo stesso giudice di appello l’esistenza della delega di firma soltanto con una memoria integrativa depositata in primo grado e non già con uno specifico motivo di impugnazione articolato nel ricorso introduttivo. In particolare, ad avviso della ricorrente, ogni eccezione/domanda avrebbe dovuto essere formulata esclusivamente nel ricorso introduttivo a mezzo specifici motivi, non essendo ammissibile una formulazione di ulteriori censure nel corso del processo a titolo di integrazione dei motivi formulati nel ricorso introduttivo fatto salvo il caso di motivi aggiunti nei limiti disposti dall’art. 24 del d.lgs. n. 546/92.
2.Il motivo è fondato.
2.1.In tema di contenzioso tributario, la nullità dell’avviso di accertamento non è rilevabile d’ufficio e la relativa eccezione, se non formulata nel giudizio di primo grado, non è ammissibile qualora venga proposta per la prima volta nelle successive fasi del giudizio (Cass. 8114/2002; Cass. 13087/2003; Cass. 10802/2010) ovvero nelle memorie integrative ex art.24 d.lgs. 546/1992, i cui motivi aggiunti sono consentiti nella limitata e peculiare ipotesi di “deposito di documenti non conosciuti ad opera RAGIONE_SOCIALE altre parti o per ordine della commissione” (Cass.23326/2013; cfr. Cass.22662/2014; Cass. n. 11177 del 2016).
2.2.Nel giudizio tributario è inammissibile la deduzione di un nuovo motivo di illegittimità dell’atto impositivo, in quanto il contenzioso tributario ha un oggetto
rigidamente delimitato dai motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo dedotti con il ricorso introduttivo, i quali costituiscono la “causa petendi” entro i cui confini si chiede l’annullamento dell’atto e la cui formulazione soggiace alla preclusione stabilita dall’art. 24, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 (Cass. n. 19616 del 2018; Cass. n. 22662 del 2014; Cass. n. 15647 del 2019; Cass. n. 26313 del 2020).
2.3.La disposizione processuale citata costituisce eccezione alla regola AVV_NOTAIO della completezza e non etero-integrabilità del ricorso, quale conseguenza della natura impugnatoria/accertativa della giurisdizione tributaria: solo quando l’Amministrazione produce un atto integrativo o accessorio al provvedimento lesivo già impugnato, ampliando il thema decidendum , per ricostituire il contraddittorio (e mantenere la concentrazione unitaria del processo, prevendendo plurimi ricorsi autonomi di atti collegati) è consentito al contribuente leso di impugnare con motivi aggiunti (impropri) i nuovi atti, ovvero spiegare ulteriori difese con motivi aggiunti (propri) derivanti dalla conoscenza di profili nuovi all’esito della produzione documentale dell’Ufficio. Trattandosi di norma eccezionale, sconta la stretta interpretazione di cui all’art. 14 disp. prel. al codice civile, donde ne è inibita l’applicazione analogica ai casi in cui non ci sia produzione documentale, esclusa restando l’introduzione di motivi od argomenti nuovi specie se in conseguenza (non di atti, ma di meri) fatti e circostanze che erano o dovevano essere noti in quanto conseguenza di previsione di legge, peraltro non nuova (Cass., sez. 5, n. 16504 del 2020).
2.4.Questa Corte ha già affermato pertanto che, poiché il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, comma 2, pone una preclusione processuale (Cass. n. 1327 del 2007), anche dal supposto comportamento dell’Ufficio, di accettazione del contraddittorio nel merito, non può derivare alcun effetto sanante (Cass. 12442/2011; Sez. 5, Sentenza n. 16975 del 2015).
2.5.Nella sentenza impugnata la RAGIONE_SOCIALE non si è attenuta al suddetto principio di diritto nell’annullare l’avviso per la ragione assorbente del riscontrato difetto di delega sebbene tale questione, riproposta in appello, fosse stata pacificamente dedotta dalla contribuente, non già, con il ricorso introduttivo, ma in una
successiva memoria integrativa (‘ espressa nella memoria aggiunta al ricorso introduttivo ‘), senza che il giudice di appello facesse riferimento all’avvenuto rispetto dei limiti di cui al comma 2 dell’art. 24 del d.lgs. n. 546/92 essendo preclusa alla contribuente, in sede di appello, ex art. 57 del medesimo decreto, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase del giudizio di primo grado e né rilevabili d’ufficio.
2.6.In conclusione, il ricorso va accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione;
P.Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 25 gennaio 2024