Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1677 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1677 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 23/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 15591/2020, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata ex lege a ROMA, in INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rapp.te pro tempore NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura speciale allegata al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME presso il quale è elettivamente domiciliata a ROMA, in INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 5781/2019 della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 16 ottobre 2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16
gennaio 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
A seguito di verifica fiscale svolta dalla Guardia di Finanza di Roma in relazione ai periodi d’imposta 2009 e 2010, RAGIONE_SOCIALE ricevette la notifica di un avviso di accertamento per il recupero di maggiori Irap, Ires e Iva dovute, oltre all’irrogazione di sanzione.
La pretesa erariale traeva origine dal rilievo di costi non inerenti e non di competenza, nonché dall’indebita detrazione dell’Iva in relazione ad alcune fatture passive.
Dopo aver definito la posizione inerente alla sanzione mediante il beneficio della riduzione previsto dall’art. 17 del d.lgs. n. 472/1997, la società contribuente impugnò l’avviso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma, che respinse il ricorso.
Il successivo appello, proposto dalla società, fu accolto dalla Commissione tributaria regionale del Lazio, sul rilievo del fatto che la ripresa a tassazione concerneva costi relativi all’attività della diversa società RAGIONE_SOCIALE, tuttavia deducibili, in quanto tale società gestiva le pratiche amministrative e contabili della contribuente, che non disponeva di un servizio di contabilità interna.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di un unico motivo.
La società intimata ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria.
Considerato che:
L’unico motivo di ricorso denunzia «nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 61 del D.Lgs. n. 546/1992 e dell’art. 132 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ. ».
L ‘Agenzia ricorrente evidenzia che la copia della sentenza d’appello a lei notificata è priva di una delle pagine di cui consta la motivazione, ove è verosimilmente contenuta la gran parte degli argomenti su cui si è fondata la statuizione.
Ritiene, in tal senso, che la sentenza sia priva di motivazione, in quanto il testo residuo non consente di individuarne un nucleo essenziale che si ponga entro la soglia del ‘ minimo costituzionale ‘ identificato da questa Corte con la nota pronunzia n. 8053/2014 resa a Sezioni Unite.
Il motivo è fondato.
2.1. Va anzitutto sottolineato che la copia autentica della sentenza d’appello oggetto di impugnazione reca nell’ultima pagina l’attestazione originale di Cancelleria del fatto che essa si compone di tre facciate; si tratta, in particolare, del frontespizio e di due pagine di motivazione alle quali sono apposti i numeri 1 e 3.
Tale sola è la copia alla quale occorre fare riferimento nello scrutinio della censura, trattandosi della copia estratta dalla parte pubblica che ha impugnato la sentenza in questa sede.
Ed invero, la semplice visione della copia in questione conferma l’assunto da cui muove l’Agenzia ricorrente: la sentenza impugnata è completamente priva della pagina 2, nella quale è contenuta la gran parte della motivazione, come si evince con chiarezza dal fatto che la parte rubricata come «diritto» prende avvio dalle ultime righe della pagina 1 e si conclude con le prime righe della successiva pagina 3.
2.2. Ciò posto, occorre poi ricordare che la conformità della sentenza al modello descritto dall ‘ art. 132, comma 2, n. 4), cod. proc. civ., richiede -per quanto di rilievo in questa sede -che la motivazione illustri con chiarezza il percorso logico-giuridico seguito per giungere alla decisione.
Questa Corte, in proposito, ha precisato che tale requisito può ritenersi soddisfatto anche laddove la sentenza impugnata non presenti una corretta indicazione delle pagine o sia priva di una di esse, ogni qual volta sia comunque consentito desumere la ragione per la quale le istanze proposte dalle parti sono state esaminate (cfr. Cass. n. 21420/2015; Cass. n. 11860/2006).
Non è quindi la corretta numerazione delle pagine a determinare il contenuto della motivazione, che si deve invece desumere dal testo della sentenza, con la conseguenza che nessuna carenza può essere predicata quando la decisione impugnata fornisca comunque un quadro logico che consente di ricostruire l ‘ esatto ragionamento sul quale essa si fonda.
2.3. Tale non è, tuttavia, il caso di specie.
La lettura della sentenza d’appello non consente, infatti, di individuare gli argomenti che la supportano.
In particolare, dopo aver preso le mosse dal rilievo in base al quale i costi dedotti dalla società erano riferiti a una diversa persona giuridica che ne curava l’amministrazione e la contabilità, la sentenza della C.T.R. doveva contenere -necessariamente, e in tutta evidenza -ulteriori e decisivi argomenti circa la deducibilità di tali costi, nonché in relazione all’indebita detrazione dell’ Iva stigmatizzata nell’atto impositivo; ma di tali argomenti non è dato conoscere alcunché, sicché sul punto la motivazione risulta del tutto omessa, con conseguente violazione dell’art. 132 cod. proc. civ.
Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza d’appello va cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2025.