Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7095 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7095 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1004/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 2874/2021, depositata in data 8 giugno 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con avviso n. TK504F206030, notificato il 26 novembre 2015, l’Agenzia delle entrate, Direzione Provinciale Roma 2, accertava la violazione della normativa tributaria in materia di IRAP, IRES ed IVA da parte dell’associazione sportiva dilettantistica RAGIONE_SOCIALE sulla base di un verbale di constatazione del 20 maggio 2015 con il quale sarebbe stata verificata l’assenza della natura associativa e la conseguente decadenza dai benefici fiscali di cui all’art. 148 Tuir; l’Agenzia delle entrate procedeva quindi alla determinazione induttiva del reddito per l’anno 2012 nella misura di euro 101.192,00, accertando maggiori imposte , a titolo di IRES (euro 27.676,00), IRAP (euro 3.660,00) e IVA (euro 32.400,00), per un totale di euro 63.736,00, oltre interessi e sanzioni.
Esperito infruttuosamente il procedimento di accertamento con adesione, la contribuente ricorreva davanti al giudice tributario per chiedere l’annullamento dell’avviso di accertamento.
L’Ufficio si costituiva in giudizio ribadendo l’assenza dei presupposti per l’applicazione delle agevolazioni fiscali.
Con sentenza n. 2610/37/2018, la Commissione tributaria provinciale di Roma rigettava il ricorso.
-Avverso la sentenza ha interposto appello la contribuente.
L’Ufficio si costituiva in giudizio chiedendo la conferma della pronuncia di prime cure.
La Commissione tributaria regionale del Lazio, con sentenza 1874/04/21, depositata in data 8 giugno 2021, accoglieva l’appello limitatamente alla richiesta di annullamento delle sanzioni.
-L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La società contribuente si è costituita con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo si censura violazione e falsa applicazione degli art. 16 e 17 comma 1, d.lgs. n. 472/1997 in relazione 360 n. 3 cod. proc. civ. La Commissione tributaria regionale nella decisione in esame ha ritenuto l’atto impositivo viziato per ‘difetto di motivazione sulla determinazione delle sanzioni, in assenza di una indicazione dei criteri adottati per tale quantificazione e anche con riferimento all’indicazione dei minimi edittali previsti per le violazioni contestate’.
Nell’assumere tale giudizio, la sentenza avrebbe disapplicato il dettato di cui all’art. 17, comma 1, d .lgs. 472/1997 che dispone: ‘ In deroga alle previsioni dell’articolo 16, le sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono sono irrogate, senza previa contestazione e con l’osservanza, in quanto compatibili, delle disposizioni che regolano il procedimento di accertamento del tributo medesimo, con atto contestuale all’avviso di accertamento o di rettifica, motivato a pena di nullità ‘. Viceversa, l’Ufficio , in applicazione di tale norma ha emesso un unico atto sia ai fini di accertare le imposte dovute, sia della determinazione delle sanzioni (c.d. ‘accertamento unitario”) , per cui le motivazioni che hanno portato all’irrogazione delle sanzioni per infedeltà dichiarativa risultano identiche a quelle poste a sostegno della pretesa tributaria. Peraltro, nell’atto impositivo sarebbero chiaramente indicate le norme sanzionatorie applicate. L’ulteriore mancanza che la Commissione regionale ritiene sussistente rispetto alle sanzioni irrogate, quella relativa all’assenza di ‘indicazione dei minimi edittali previsti per le violazioni contestate’, non solo non corrisponde a quanto
risulta nell’atto impositivo ma, risult erebbe difficilmente intellegibile. Dalla semplice lettura dell’avviso di accertamento emerge rebbe, invero, la correttezza dell’operato dell’Ufficio e della quantificazione delle sanzioni. Contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione regionale, pertanto, non sussisterebbe alcun difetto di motivazione sulla determinazione delle sanzioni, in assenza di una indicazione dei criteri adottati per tale qualificazione e anche con riferimento all’indicazione dei minimi ed ittali previsti per le violazioni contestate.
1.1. Con il secondo motivo di ricorso si prospetta l’ omesso esame di fatti decisivi del giudizio, costituiti dallo specifico contenuto del provvedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative, oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 , primo comma, n. 5 cod. proc. civ. Parte ricorrente sottolinea come la Commissione tributaria regionale non ha preso in considerazione le circostanze, riportate nell’atto impugnato, riconosciute fondate nella sentenza di primo grado e riprese in appello.
-Il primo motivo è fondato, con assorbimento del secondo.
La motivazione dell’avviso di accertamento o di rettifica, presidiata dall’art. 7 della l. n. 212 del 2002, ha la funzione di delimitare l’ambito delle contestazioni proponibili dall’Ufficio nel successivo giudizio di merito e di mettere il contribuente in grado di conoscere l’ an e il quantum della pretesa tributaria; invece, la prova della pretesa tributaria attiene al diverso piano del fondamento sostanziale della pretesa tributaria ed al suo accertamento in giudizio in presenza di specifiche contestazioni dello stesso (Cass., Sez. V, 20 settembre 2024, n. 25321; Cass., Sez. V, 7 maggio 2014, n. 9810).
Nella specie, la contestazione delle sanzioni era contenuta nello stesso atto con cui era stata ripresa la maggiore tassazione, sicché la motivazione del trattamento sanzionatorio era esplicitamente da ricondursi alle ragioni poste a fondamento della ripresa.
Inoltre, l’amministrazione finanziaria, contrariamente a quanto del tutto sbrigativamente affermato nella motivazione impugnata, aveva specificato le modalità di calcolo delle sanzioni, come si evince dall’esame dell’estratto dell’avviso di accertamento riportato in ricorso e oggetto di specifiche controdeduzioni nel corso del giudizio.
Dalla lettura dell’avviso impugnato, riprodotto nel motivo, si deduce che l’amm inistrazione finanziaria ha indicato sia i minimi edittali che i massimi previsti per ciascuna violazione dalle singole norme sanzionatorie, applicando il minimo edittale per ciascuna di esse e pervenendo ad individuare in euro 32.400,00 la violazione più grave; successivamente ha applicato su di essa il criterio del cumulo giuridico, applicando sulla sanzione più grave un primo aumento del 20% ex art. 12 comma 3 d.lgs. 472/1997 per euro 6480,00 e del 25% ex commi 1 e 2 art. 12 d.lgs. 472/1997 (euro 9720,00) e pervenendo alla sanzione pecuniaria unitaria finale pari ad euro 48.600,00.
-La sentenza impugnata dev’essere perciò cassata e, per l’effetto, va disposto il rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado territorialmente competente in diversa composizione, per nuovo esame e per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte in accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 gennaio 2025.