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Motivazione per relationem: sentenza nulla se acritica

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Commissione Tributaria Regionale che confermava un accertamento fiscale a carico di alcuni soci di una società estinta. La decisione d’appello è stata ritenuta nulla perché la sua motivazione era meramente apparente. Il giudice si era limitato a condividere genericamente le conclusioni della sentenza di primo grado, utilizzando una motivazione per relationem acritica, senza analizzare le specifiche censure sollevate dagli appellanti. La Corte ha ribadito che, per essere valida, la motivazione per relationem deve dimostrare un’effettiva valutazione dei motivi d’appello.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione per Relationem: Quando la Sentenza d’Appello è Nulla

Il principio della motivazione per relationem rappresenta uno strumento processuale che consente al giudice di motivare la propria decisione facendo riferimento alle argomentazioni contenute in un altro atto. Tuttavia, il suo utilizzo non può tradursi in un’abdicazione al dovere di motivare. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito i limiti di questa pratica, annullando una sentenza d’appello tributaria la cui motivazione era meramente apparente e acritica.

I fatti di causa

Il caso trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società a responsabilità limitata, per aver dedotto costi relativi a operazioni ritenute inesistenti. A seguito dell’estinzione della società, la pretesa fiscale veniva rivolta direttamente ai soci, ritenuti responsabili in base alla normativa vigente. I soci impugnavano l’atto impositivo, ma il loro ricorso veniva respinto sia in primo grado dalla Commissione Tributaria Provinciale (CTP) sia in appello dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR).

I motivi del ricorso e il ruolo della motivazione per relationem

I soci ricorrevano quindi in Cassazione, lamentando principalmente la nullità della sentenza d’appello per violazione di legge. Il fulcro della loro doglianza risiedeva nel fatto che la CTR si era limitata a una generica e acritica adesione alla decisione di primo grado, senza fornire un’autonoma argomentazione e senza esaminare le specifiche censure mosse con l’atto di appello. La motivazione della CTR, infatti, si esauriva nell’affermare di ‘concordare con le conclusioni’ della CTP, lodandone il ‘puntuale esame dell’intera vicenda’.

Secondo i ricorrenti, questa modalità di redazione della sentenza integrava una motivazione per relationem solo apparente, che di fatto vanificava il secondo grado di giudizio e violava il loro diritto a ottenere una risposta giurisdizionale sulle critiche mosse alla prima decisione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendo fondata la censura relativa alla motivazione apparente. Gli Ermellini hanno richiamato il proprio orientamento consolidato, secondo cui la nullità della sentenza per assenza di motivazione si verifica non solo quando questa manca graficamente, ma anche quando è solo apparente. Una sentenza di appello motivata per relationem a quella di primo grado è considerata apparente quando non costituisce l’espressione di un autonomo processo deliberativo.

La Corte ha specificato che, per essere valida, la motivazione per relationem richiede che il giudice d’appello dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai specifici motivi di impugnazione. È necessario che dalla lettura di entrambe le sentenze (primo grado e appello) si possa ricavare un percorso argomentativo esaustivo e coerente. Al contrario, va cassata la decisione con cui il giudice d’appello si limita ad ‘aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame’.

Nel caso di specie, la CTR si era limitata a un’adesione acritica, senza farsi carico di esaminare le singole censure che i contribuenti avevano sollevato, tra cui questioni preliminari come l’inopponibilità dell’accertamento eseguito nei confronti di una società terza e il vizio di motivazione dell’atto impositivo stesso.

Conclusioni e implicazioni pratiche

La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Commissione Tributaria Regionale, in diversa composizione, per un nuovo esame del merito. Quest’ultima dovrà fornire una motivazione congrua che risponda puntualmente ai motivi di appello dei contribuenti.

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale a tutela del diritto di difesa e del corretto svolgimento del processo: il giudizio d’appello non è una mera formalità. Il giudice di secondo grado ha il dovere di esaminare criticamente la decisione impugnata e di rispondere in modo specifico alle censure dell’appellante. Una motivazione per relationem pigra e generica non è sufficiente e determina la nullità della sentenza, garantendo che ogni grado di giudizio sia effettivo e non solo apparente.

Una sentenza d’appello può motivare semplicemente concordando con la decisione di primo grado?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che una mera e acritica adesione alla sentenza di primo grado, senza esaminare le specifiche censure dell’appellante, integra una “motivazione apparente” e rende la sentenza nulla.

Cos’è una “motivazione per relationem” e quando è valida?
È la tecnica con cui un giudice fa riferimento alle argomentazioni di un altro atto. È valida solo se il giudice d’appello dimostra di aver esaminato i motivi di gravame e spiega, anche sinteticamente, le ragioni della conferma, permettendo di ricostruire il suo percorso logico e argomentativo.

Quali sono le conseguenze di una sentenza con motivazione apparente?
La sentenza è affetta da nullità processuale. In questo caso, la Corte di Cassazione l’ha annullata con rinvio, obbligando il giudice d’appello a riesaminare il caso e a redigere una nuova sentenza con una motivazione congrua e completa che affronti le specifiche doglianze dell’appellante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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