Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23519 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23519 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26868/2016 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME NOMECOGNOME e COGNOME NOMECOGNOME nella qualità di eredi di COGNOME NOME, rappresentati e difesi dal l’avv . NOME COGNOME con domicilio digitale presso il proprio indirizzo di posta elettronica certificata;
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 1326/2016, depositata il 7 aprile 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con atto ritualmente depositato, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME impugnavano, dinnanzi alla Commissione tributaria provinciale di Agrigento, l’ avviso di accertamento n. TY02T102922/2012 relativo all’anno d’imposta 2006.
Si costituiva l’Agenzia delle entrate che chiedeva il rigetto del ricorso.
I ricorrenti depositavano una memoria illustrativa. Con successiva memoria illustrativa l’Agenzia delle entrate chiedeva volersi dichiarare la parziale cessazione della materia del contendere e la contestuale conferma della sanzione irrogata per la omessa tenuta della contabilità.
La Commissione tributaria provinciale di Agrigento, con sentenza n. 487 depositata il 5 novembre 2013, ha dichiarato parzialmente cessata la materia del contendere e ha confermato l’atto impugnato con specifico riferimento alla sanzione irrogata per omessa tenuta delle scritture contabili.
-Avverso tale pronuncia, i ricorrenti proponevano atto di appello.
L’Agenzia delle entrate si è costituita in giudizio sottolineando l’infondatezza dei motivi di appello.
La Commissione tributaria regionale della Sicilia, con sentenza n. 1326/2016 depositata il 7 aprile 2016, ha rigettato l’appello.
-I contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
4. -Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.) per violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. n. 546/1992, a causa dei vizi della sua motivazione per relationem . La Commissione tributaria regionale avrebbe rigettato l’appello proposto dagli odierni ricorrenti e confermato la sentenza di prime cure fornendo una motivazione che si rivela solo apparente. La motivazione per relationem della sentenza impugnata nella fattispecie in esame avrebbe determinato un’evidente violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4 d.lgs. n. 546/1992, atteso che il giudice di appello ha completamente omesso di motivare la propria pronuncia – se non in modo apparente – con riguardo agli specifici motivi di impugnazione formulati.
1.1. -Il motivo è fondato.
La sentenza d’appello può essere motivata per relationem , purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Cass. n. 20883/2019; Cass. n. 28139/2018). La sentenza d’appello non può quindi ritenersi legittimamente resa per relationem in assenza di un comprensibile
richiamo ai contenuti degli atti cui si rinvia, ai fatti allegati dall’appellante e alle ragioni del gravame (Cass. n. 2397/2021).
Nel caso di specie si è di fronte a una motivazione meramente apparente, che rinvia alla pronuncia di primo grado che viene integralmente condivisa, ritenendo esistente una società di fatto con tutti i consequenziali obblighi contabili e dichiarativi, senza alcun autonomo esame critico dei motivi d’impugnazione. Il controricorso si diffonde sulle ragioni poste a fondamento della legittimità della pretesa ma non può evidentemente integrare ex post la motivazione della pronuncia impugnata, che non rispetta il ‘ minimo costituzionale ‘ richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost.
2. -L’accoglimento del primo motivo determina assorbimento dei restanti (Con il secondo motivo si prospetta la nullità della sentenza e del procedimento (art. 360, n. 4, c.p.c.) per violazione dell’art. 112 c.p.c. in ragione dell’omessa pronuncia sulla domanda di annullamento dell’avviso di accertamento per violazione dell’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000. Con il terzo motivo nullità della sentenza e del procedimento (art. 360, n. 4, c.p.c.) per violazione dell’art. 112 c.p.c. in ragione dell’omessa pronuncia sulla domanda di annullamento dell’avviso per carenza della sua motivazione e conseguente violazione dell’art. 7 l. n. 212/2000 e dell’art. 42 del d.P.R. n. 600/1973. Con il quarto motivo si deduce nullità della sentenza e del procedimento (art. 360, n. 4, c.p.c.) per violazione dell’art. 112 c.p.c. in ragione dell’omessa pronuncia sulla domanda di annullamento del contestuale provvedimento di irrogazione della sanzione per insussistenza dei supposti elementi oggettivi e soggettivi, nonché per violazione del principio di intrasmissibilità delle sanzioni agli eredi e infine per violazione della disciplina dell’esimente di cui all’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 472/1997. Con il quinto motivo si deduce nullità della sentenza e del procedimento
(art. 360, n. 4, c.p.c.) per violazione dell’art. 112 c.p.c. in ragione dell’omessa pronuncia sulla domanda di annullamento del contestuale provvedimento di irrogazione della sanzione per violazione dell’art. 17, comma 1, d.lgs. n. 472/1997 in ragione dell’accertata insussistenza del presupposto del contestuale accertamento).
-La sentenza impugnata dev’essere perciò cassata in relazione al motivo accolto e, per l’effetto, va disposto il rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado territorialmente competente anche per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione