Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21897 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21897 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21302/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -ricorrente- contro
SGS
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del VENETO n. 208/2022 depositata il 14/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/04/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale del Veneto, con la sentenza n. 208/2/2022 depositata in data 14/02/2022, ha respinto l’appello principale proposto dall’Agenzia delle Entrate e quello incidentale proposto da SGS s.r.lRAGIONE_SOCIALE contro la sentenza n. 163/2017 con cui la Commissione provinciale di Verona aveva rideterminato, parzialmente, le pretese impositive indicate in due avvisi di accertamento per le annualità 2010 e 2011, annullando i rilievi concernenti le fatture emesse da alcuni fornitori e le relative sanzioni, con la conferma, quanto al resto, degli atti impositivi impugnati.
La CTR, in particolare, ha evidenziato che nel caso di specie i fatti acquisiti dalla Guardia di Finanza, posti alla base degli avvisi di accertamento, costituiscono un insieme di elementi gravi, precisi e concordanti idonei a dimostrare che RAGIONE_SOCIALE non poteva non essere consapevole di partecipare alla frode fiscale, con la conseguente fondatezza della contestazione di indeducibilità dell’Agenzia delle Entrate limitatamente ai rapporti con alcuni fornitori, mentre per altri fornitori non era emersa, con certezza, la prova che la contribuente fosse consapevole della loro condotta fraudolenta.
2.1. Rileva, quindi, che: « dalla sentenza di primo grado si evince che i primi Giudici hanno compiuto un’analisi puntuale dei fatti esposti negli atti di causa, individuando per ciascuno emittente delle fatture contestate la sussistenza o meno dell’ipotesi di fatturazione di operazioni oggettivamente inesistenti o sostanziate in somministrazione di manodopera. Questa Commissione ritiene che in sede di appello l’Agenzia delle Entrate non ha fornito elementi idonei a dimostrare l’erroneità dell’analisi compiuta dalla Commissione Tributaria Provinciale».
2.2. Con riferimento alle dichiarazioni della sig.ra NOME COGNOMErappresentante legale dal 20/05/2011 al giorno 08/10/2013 e firmataria delle dichiarazioni fiscali per l’anno 2011) in merito al fatto che il sig. NOME COGNOME pagasse in nero usando fatture false e su 30 padroncini neppure 10 fossero in regola, ha richiamato il divieto di prova testimoniale nell’ambito del processo tributario.
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con tre motivi.
La parte intimata non si è costituita.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata denunciata la nullità della sentenza per violazione degli artt. 61 e 36, comma 1, n. 4, d.l.gs. 31/12/1992, n. 546 e artt. 132, n. 4, c.p.c. e 118 d. att. c.p.c. (motivazione apparente o comunque perplessa), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
1.1. La ricorrente rileva che la sentenza ha respinto l’appello, senza esporre le ragioni sottese al ragionamento che ha condotto i giudici a ritenere parzialmente infondato l’avviso di accertamento impugnato.
In particolare viene censurato il duplice profilo inerente sia alla totale assenza dell’esternazione e chiarimento dell’iter logico seguito dal giudice nella formazione del proprio convincimento, sia al fatto che la conferma della sentenza di primo grado non si accompagna all’indicazione degli argomenti del giudice di prime cure condivisi dalla CTR.
1.2. Il motivo di ricorso è fondato: la motivazione, così come sopra riportata, supra, sub 2.1., non consente di individuare quali siano state le ragioni poste a fondamento della decisione del giudice
di seconde cure e della conferma di quanto già deciso in primo grado. Sul punto le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che, in tema di ricorso per cassazione, ove la sentenza di appello sia motivata “per relationem” alla pronuncia di primo grado, al fine ritenere assolto l’onere ex art. 366, n. 6, c.p.c. occorre che la censura identifichi il tenore della motivazione del primo giudice specificamente condivisa dal giudice di appello, nonché le critiche ad essa mosse con l’atto di gravame, che è necessario individuare per evidenziare che, con la resa motivazione, il giudice di secondo grado ha, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali (Cass., Sez. U, 20/03/2017, n. 7074).
Tale indirizzo trova riscontro nella successiva affermazione, secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, è nulla, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., la motivazione solo apparente, che non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, attraverso una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame (Cass., 25/10/2018, n. 27112). Inoltre, è stato precisato che la sentenza d’appello può essere motivata “per relationem”, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo
acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Cass., 05/11/2018, n. 28139).
Con il secondo motivo è stata denunciata la violazione o falsa applicazione dell’art. 19 d.P.R. 26/10/1972, n. 633 e gli artt. 2729 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
2.1. Con tale motivo, in via subordinata, la ricorrente censura la sentenza impugnata, che -nel confermare la decisione di primo grado -ha escluso l’inesistenza soggettiva delle fatture riconducibili a fornitori intestatari di autocarri, in assenza di ulteriori indizi tali da supportare la conoscenza e/o conoscibilità di RAGIONE_SOCIALE Rileva che la sentenza impugnata non abbia correttamente interpretato le norme poste a fondamento del motivo di ricorso e non abbia tenuto conto degli indirizzi giurisprudenziali interni e unionali. In sostanza, la CTR non ha applicato i principi vigenti in materia di operazioni soggettivamente inesistenti, in quanto, a fronte di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti indicati nei PVC che provano la fittizietà dei soggetti emittenti le fatture, ha ritenuto che la sola intestazione dei mezzi di trasporto fosse sufficiente per esonerare la società dall’esperire ulteriori controlli per verificare l’effettiva operatività dei fornitori e dimostrare, in tal modo, la propria fede.
Con il terzo motivo è stata denunciata la violazione o falsa applicazione dell’art. 7 d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
3.1. Con tale motivo la parte ricorrente censura l’affermazione della sentenza impugnata, in relazione alla valutazione delle dichiarazioni della sig.ra COGNOME (v. supra, nella parte espositiva, sub 2.2.), rilevando che l’interpretazione della CTR sull’art. 7 d.lgs. n. 546 del 1992 contrasta con l’orientamento giurisprudenziale che ha confermato la possibilità per gli uffici di fondare gli atti di accertamento sulla base delle dichiarazioni rilasciate dal
contribuente in sede di verifica, attribuendo alle stesse valore di confessione e, quindi, di prova legale e non si mere ammissioni liberamente apprezzabili dal giudice.
Il secondo e il terzo motivo di ricorso devono ritenersi assorbiti in conseguenza dell’accoglimento del primo motivo.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato deve essere accolto il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo e del terzo motivo.
5.1. La sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti il secondo e il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 10/04/2025.