Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4709 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4709 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso nr. 5910-2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 3330/2022 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA LOMBARDIA, depositata il 12.8.2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29/1/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia aveva respinto l’appello avverso la sentenza n.
in rigetto del ricorso proposto avverso avviso d’accertamento a seguito della rettifica di una pratica DOCFA presentata il 4.12.2017 e concernente aree destinate a cava, denunciate al catasto solo nel 2016, ubicate in territorio del Comune di Calcinato.
Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in rubrica, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., «nullità della sentenza – violazione degli artt. 111, comma 6, cost., art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., art. 36, comma 2, n. 4, dlgs 546/92» e lamenta che la sentenza, in quanto «motivata per relationem , non esplicit(erebbe)… le ragioni in forza delle quali il Giudice dell’appello si è determinato a condividere la decisione impugnata, considerate anche le censure svolte dall’appellante di cui non si fa(rebbe)… cenno».
1.2. La doglianza è infondata.
1.3. Va premesso che deve considerarsi nulla la sentenza di appello motivata per relationem alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (cfr. sulla motivazione per relationem , tra le tante, Cass. n. 15757 del 2020; Cass. n. 20883 del 2019; Cass. n. 28139 del 2018; Cass. n. 24452 del 2018; Cass. n. 22022 del 2017).
1.4. Ciò posto, il rilievo che si tratterebbe di mera motivazione per relationem alla sentenza di primo grado è smentito, in fatto, in primo luogo,
dal resoconto, nella parte narrativa della stessa sentenza, sia delle ragioni poste a fondamento della decisione di primo grado, sia dei motivi d’appello, ed in secondo luogo esso è smentito dalla stessa motivazione, nella quale si afferma la correttezza nel merito della decisione impugnata, in ragione di considerazioni dedicate proprio alla legittimità dell’avviso di accertamento con rettifica in aumento della rendita catastale dell’immobile della ricorrente stante l’attività di valutazione, da parte dell’Ufficio, dei terreni e dei fabbricati della cava, secondo i criteri stabiliti dalla legge di bilancio del 2016, e sul rilievo che «gran parte delle ragioni della contribuente (spese ed oneri di apertura ed ottenimento delle autorizzazioni, stato dei luoghi e potenzialità estrattiva residua, etc.) erano state considerate correttamente dall’Ufficio, soprattutto con riferimento alla proposta di mediazione non accettata dalla RAGIONE_SOCIALE ».
1.5. Alla luce di quanto ora osservato non sussistono le carenze motivazionali che inficerebbero, sotto il profilo della violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c., la sentenza impugnata della quale sono agevolmente ricostruibili i percorsi argomentativi che hanno condotto alla ricostruzione fattuale alla base della soluzione giuridica adottata.
2.1. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in rubrica, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., «nullità della sentenza: violazione dell’art. 115, comma 1, c.p.c.» in quanto la sentenza d’appello, confermando la sentenza di primo grado, «presuppo(rrebbe)… l’avvenuta dimostrazione di fatti invece non provati … alla luce anche delle difese svolte dalle parti, la cui riconosciuta insussistenza sarebbe stata … determinante ai fini di un diverso esito del giudizio».
2.2. La doglianza è parimenti infondata.
2.3. In merito alla dedotta violazione dell’art. 115 c.p.c. è da premettere che una questione di violazione o di falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. (nonché dell’art. 116 c.p.c.) non può porsi per un’erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle
prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (cfr. Cass. n. 27000 del 2016).
2.4. Le censure articolate con il motivo in esame, con le quali, in sostanza, si addebita alla sentenza impugnata di avere trascurato di specificare gli elementi che persuadevano alla conferma della sentenza di primo grado esulano, pertanto, dall’ambito della violazione di norme di diritto, pur formalmente denunziata, dovendosi altresì evidenziare che per consolidata giurisprudenza la valutazione degli elementi probatori rientra nella sfera di discrezionalità del giudice di merito il quale non è tenuto a confutare dettagliatamente le singole argomentazioni svolte dalle parti su ciascuna delle risultanze probatorie – sempreché risultanze non considerate partitamente non siano tali da condurre ad una diversa decisione – dovendo solo fornire un’esauriente e convincente motivazione sulla base degli elementi ritenuti più attendibili e pertinenti (tra le altre, cfr. Cass. n. 5045 del 1999).
Sulla scorta di quanto sin qui illustrato il ricorso va quindi respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da